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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Galati 3:13: La sostituzione della salvezza in Cristo

 Galati 3:13: La sostituzione della salvezza in Cristo
John Stott disse: “La croce non è un compromesso tra Dio e il diavolo, ma il trionfo di Dio sulla maledizione della legge".

La croce non rappresenta un accordo tra Dio e il male, come se ci fosse stata una sorta di trattativa; ci fa anche capire che Dio non ha fatto concessioni al peccato, ma lo ha condannato nella persona di Gesù Cristo.

Allora la croce non è un fallimento di Dio, ma la massima espressione del Suo amore, giustizia e santità.
È attraverso la croce che siamo liberati dalla schiavitù del peccato e dalla condanna della legge grazie a Gesù Cristo.

Questa è la terza predicazione da questo versetto.

Nelle precedenti predicazioni abbiamo visto la salvezza in Cristo considerando in modo particolare il significato di “Cristo” e di “riscattati”; poi nella seconda predicazione abbiamo visto la specificazione della salvezza concentrandoci sulla maledizione della legge, cioè Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge.

Oggi vedremo la sostituzione della salvezza considerando la punizione, la propiziazione e il posto della salvezza.

Iniziamo con:

Galati 3:13: La specificazione della salvezza in Cristo

Galati 3:13: La specificazione della salvezza in Cristo
Dopo che Harriet Tubman fuggì dalla schiavitù nel 1849, si impegnò immediatamente nel movimento abolizionista, organizzando incontri e parlando contro la schiavitù. 
Ma non era abbastanza; tornò al Sud per aiutare altri schiavi a trovare la libertà. 
Se fosse stata catturata, sarebbe stata ricacciata in schiavitù, o uccisa come esempio per altri fuggitivi. 
Tubman tornò al Sud diciannove volte per salvare circa trecento compagni schiavi nonostante i rischi che correva da parte dei cacciatori di schiavi.
In Galati 3:13 però, non si tratta di una libertà dalle altre persone bensì dalla maledizione della legge di Dio!
Nella precedente predicazione abbiamo visto la salvezza in Cristo, parlando della persona e del prezzo della salvezza, oggi vediamo la specificazione della salvezza, cioè da che cosa Cristo ci libera: dalla maledizione della legge.
Ora dobbiamo chiarire un punto come ha detto qualcuno: "Cristo ha redento dalla maledizione della legge non abolendo la legge, ma diventando una maledizione per noi".
Paolo non sta parlando che non siamo più obbligati a osservare la legge morale di Dio, i dieci comandamenti, ma dalla maledizione della legge, che è la conseguenza che non siamo in grado di osservarla costantemente e perfettamente.
Anche se l’osservanza della legge morale di Dio (i dieci comandamenti) non ci salva, rimane comunque uno standard che regola il nostro comportamento informandoci della volontà di Dio e del nostro dovere verso di Lui.
I dieci comandamenti ci mostrano il giusto modo di vivere, perché si basano sulla santità e giustizia di Dio, esprimono la volontà di Dio per la nostra vita!  
Gesù non è venuto ad annullare in nessun modo la legge, anzi rafforza notevolmente il nostro obbligo di osservarla  (cfr. per esempio Matteo 5:17,27-28) facendoci capire come dirà poi Paolo, che: “… La legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono” (Romani 7:12).
Non siamo salvati per la legge dice Paolo, ma per fede, poi dice in Romani 3:31: "Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo la legge". 

Galati 3:13: La salvezza in Cristo

 Galati 3:13: La salvezza in Cristo
Questo testo ci dà alcune verità evangeliche molto basilari.
Paolo, l'autore della lettera ai Galati, si trovava in una situazione complessa. 
Le chiese in Galazia stavano subendo pressioni da alcuni insegnanti che sostenevano che la salvezza si ottenesse non solo attraverso la fede in Cristo, ma anche osservando la legge Ebraica. 

Paolo smentisce questo falso insegnamento dicendo che tramite la legge c’è la condanna, la maledizione di Dio piuttosto che la salvezza e questo perché non siamo in grado di mettere in pratica la legge di Dio (Galati 3:10,12; cfr. per esempio Romani 3:19-20), e poi dice che siamo giustificati, cioè dichiarati giusti davanti a Dio per fede (Galati 3:11; cfr. per esempio Galati 2:16; 3:24), quindi per la sola grazia di Dio e non per opere (cfr. per esempio Romani 3:23-24; 11:5-6; Efesini 2:8-9).

Ma attenzione come dice Ralph P. Martin: “Non che la fede in sé salvi; piuttosto la fede è l'atteggiamento umano di essere ricettivo che accetta ciò che Dio nella sua grazia ci offre”. 

La fede è un dono di Dio! (cfr. per esempio Atti 18:27; Filippesi 1:29).

Paolo, dimostra che la religione legalistica, lungi dall'essere un extra richiesto da Dio, piuttosto è sottoposta al giudizio di Dio stesso!

L'unica eccezione a questo verdetto di condanna sarebbe trovare un uomo che osservasse perfettamente la legge, ma questa possibilità è esclusa dalla realtà della natura umana.

Solo Cristo ci riscatta dalla maledizione della legge di Dio!

Oggi mediteremo solo su: “Cristo ci ha riscattati.

Prima di tutto vediamo:

Salmo 74:21-22: La natura della supplicazione di Asaf (2)

 Salmo 74:21-22: La natura della supplicazione di Asaf (2)
La storia raccontata in questo salmo di lamento, la possiamo dire in un modo poetico.
Il cielo, una tela di nero inchiostro, era squarciato da strisce frastagliate di lampi. Il tuono rimbombò, un rombo assordante che scosse le fondamenta della terra. La pioggia scrosciava a torrenti, ogni goccia era un piccolo proiettile ghiacciato che si abbatteva sui vetri delle finestre. 
Il vento ululava, una sinfonia luttuosa che portava con sé l'odore del sale e della decadenza. 
Israele era un mare tempestoso in un fragile vascello, sballottato dall'implacabile tempesta.
Ma cosa fa Asaf in questo momento di profonda angoscia? Asaf alza gli occhi al cielo e rivolge a Dio una supplica urgente e appassionata, ma piena di fede.
Sebbene il salmo sia ambientato in un contesto storico specifico, i sentimenti di paura, angoscia e speranza espressi da Asaf sono universali. 
La tempesta che si era abbattuta su Israele è un'allegoria delle tempeste che ciascuno di noi affronta nella vita.
Questa è la seconda parte della natura della supplicazione del salmista Asaf a Dio.
Nella prima parte (vv.18-20,23), abbiamo visto che Asaf esorta Dio a ricordare gli oltraggi del nemico fatti proprio a Dio e a rispettare il patto che Dio aveva fatto a Israele, quindi a ricordare le Sue promesse.
In questa predicazione vediamo che Asaf supplica Dio di salvare e di operare in favore del Suo popolo.
Cominciamo con la supplicazione di:
I SALVARE (v.21) 
Il popolo di Israele, oppresso e sofferente, può essere paragonato a una nave in balia di una tempesta furiosa. 
Proprio come una nave ha bisogno di un timoniere esperto per guidarla in salvo, così gli oppressi hanno bisogno della guida e della protezione di Dio per superare le loro grandi difficoltà.
Come abbiamo già visto nel v.19, il salmista supplica il Signore di non abbandonare Israele ai nemici, quindi di salvarlo, ed è quello che leggiamo anche 
nel v.21: “L'oppresso non se ne torni confuso; fa' che il misero e il povero lodino il tuo nome”.
Questa è una richiesta di intervento divino a favore dei più deboli e dei bisognosi. 

Salmo 74:18-20,23: La natura della supplicazione di Asaf (1)

 Salmo 74:18-20,23: La natura della supplicazione di Asaf (1)
In questi versetti vediamo che il salmista Asaf supplica Dio.
Questa sua supplicazione è caratterizzata da un profondo senso di urgenza, da una fiducia incrollabile nelle promesse divine e da una richiesta dell’intervento di Dio in favore del Suo popolo e ripristini la Sua giustizia.
Steven J. Lawson scrive: “Poche prove nella vita sono più strazianti che subire sconfitte mentre si serve Dio. Quando l'opera di Dio incontra battute d'arresto, il suo popolo si tormenta per queste perdite e desidera ardentemente che l'opera del regno di Dio venga ristabilita. E finché il regno di Dio non prospererà di nuovo, l'angoscia riempie i cuori dei suoi servitori. In questi tempi di devastazione, devono invocare Dio per sollievo e restaurazione. Questo è il fulcro del Salmo 74, un canto di lamento che esprime l'agonia del popolo di Dio devastato. I nemici di Israele avevano distrutto il tempio (2 Re 25), ma ancora peggio sembrava che Dio si fosse dimenticato di loro”.
Il salmista in questi versetti presenta una richiesta esplicita a Dio, gli chiede di intervenire e di liberare il Suo popolo. 
È un appello urgente e appassionato, basato sulla fiducia nelle promesse divine.
Dopo aver descritto con perplessità il problema della devastazione su Gerusalemme da parte dei nemici Babilonesi, Asaf poi si è concentrato su Dio, ora lo supplica ricordandogli che il nemico ha oltraggiato Lui e il Suo popolo, gli chiede di salvarlo, di agire in suo favore; quindi, lo richiama a essere fedele al patto.
Nella natura della supplicazione viene chiesto a Dio pima di tutto di:

Galati 3:13: La sostituzione della salvezza in Cristo

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