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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (2)

 Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (2)
Nel cammino di fede cristiana, ci troviamo spesso di fronte a situazioni che sembrano umanamente impossibili. 
Momenti in cui la logica, le circostanze e persino la scienza ci dicono che non c’è più speranza. 

È proprio in questi frangenti cruciali che la storia di Abramo illumina il nostro sentiero spirituale con una verità sconvolgente: quando la speranza umana si esaurisce, la speranza divina inizia a manifestarsi.

Nella nostra precedente riflessione, abbiamo esplorato come la fede di Abramo fungesse da telescopio spirituale, capace di rivelare le promesse divine al di là delle limitazioni terrene. 
Abbiamo visto come, di fronte all’impossibilità biologica di generare un figlio alla sua età avanzata e a quella della moglie sterile, Abramo scelse di aggrapparsi non alle evidenze tangibili, ma alla promessa del Dio immutabile di diventare il padre di una moltitudine di nazioni.

Questa fede straordinaria ci insegna a distinguere tra due tipi di speranza: quella umana, limitata dalle circostanze visibili e dalle possibilità naturali, e quella divina, fondata sull’affidabilità e sulla potenza senza limiti di un Dio che trascende ogni vincolo materiale. 
Mentre la prima può esaurirsi, la seconda non conosce confini.

Oggi approfondiremo ulteriormente questa dimensione della speranza divina, quella che opera quando ogni calcolo umano dice: “Impossibile!”. 

Vedremo come questa stessa qualità di speranza sia disponibile per ciascuno di noi oggi, permettendoci di affrontare le nostre sfide apparentemente insormontabili con la certezza che, come per Abramo, Dio è sempre fedele alle Sue promesse.

Salmo 31:24: La risolutezza della speranza

 Salmo 31:24: La risolutezza della speranza
Agostino leggeva spesso il Salmo 31 con cuore e occhi in lacrime, e prima di morire lo fece scrivere sul muro che era di fronte al suo letto di malattia, per rifletterci sopra in modo che penetrasse nella sua anima ed esserne confortato nella sua malattia.
Questo versetto incoraggia coloro che sperano nel Signore a stare saldi e a fortificare il proprio cuore in particolare nei momenti di angoscia e incertezza.
Sperare nel Signore è fondamentale per sopportare i momenti difficili, sottolineando la necessità della fede rispetto alla paura e alla disperazione.
Il salmista, Davide, si trova in difficoltà; dei nemici cercano di ucciderlo, ma lui confida in Dio, riconosce che la sua vita è nelle mani di Dio e non dei suoi nemici.
Chiede a Dio di essere salvato per la Sua benevolenza; riconosce che la bontà di Dio è grande verso coloro che lo temono e confidano in Lui, che li nasconde all’ombra della Sua presenza, li custodisce al riparo della maldicenza. 
Davide, che ha scritto questo salmo, ha sperimentato la benevolenza di Dio, ha sperimentato la Sua protezione ed è per questo che esorta chi gli appartiene ad amarlo, preserva i fedeli, ma giudica con rigore chi agisce con orgoglio. 
A questo punto esorta coloro che sperano nel Signore a stare saldi e a fortificarsi. 
Il Salmo 31 esprime una profonda fiducia in Dio in mezzo al caos e all’angoscia. Davide alterna richieste di aiuto e affermazioni di fede, sottolineando l’affidamento al carattere di Dio e alle azioni passate. 
In definitiva, il salmo trasmette che la propria vita e il proprio futuro sono saldamente nelle mani di Dio, alimentando speranza e forza nelle avversità.
Vediamo da vicino il v.24.
Prima di tutto in questo versetto troviamo:

Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (1)

 Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (1) 
Oggi riflettiamo su uno dei versetti più potenti della lettera ai Romani, ma anche di tutta la Bibbia, che ci parla della natura stessa della fede che è legata alla speranza. 

Questo versetto è come una fiamma che illumina l’essenza stessa della fede cristiana.

La fede è come un telescopio spirituale che ci permette di vedere ciò che è invisibile agli occhi naturali. 
Quando guardiamo al cielo notturno a occhio nudo, vediamo solo piccoli punti di luce, ma quando usiamo un telescopio potente, improvvisamente galassie intere si rivelano davanti a noi. 

Questo è ciò che accadde ad Abramo: gli occhi della fede videro nazioni intere come sua discendenza in un momento in cui non aveva ancora un figlio insieme alla moglie Sara.

Per apprezzare pienamente la portata di questo versetto, dobbiamo considerare il contesto dell’Antico Testamento e la situazione di Abramo.

Quando Dio chiamò Abramo da Ur dei Caldei, gli promise discendenti numerosi come le stelle (Genesi 15:5) e come la sabbia del mare (Genesi 22:17). 

La promessa di Dio sembrava impossibile poiché Abramo aveva 75 anni quando ricevette la promessa (Genesi 12:4); Sara, sua moglie, era sterile (Genesi 11:30); passarono venticinque anni prima che la promessa si realizzasse con la nascita di Isacco, quando cioè Abramo aveva cent’anni (Genesi 21:5) e la sterile Sara aveva novant’anni (Genesi 17:17).

Molti di noi hanno pregato per qualcosa, ma dopo due, o tre mesi, anche prima, ci siamo scoraggiati perché Dio ancora non aveva risposto alle nostre preghiere.

Pensate ad Abramo ha dovuto attendere venticinque anni affinché la sua promessa venisse esaudita! 

Venticinque lunghi anni di attesa, quando la biologia, la logica, l’esperienza umana, tutto gridava “impossibile!”

Luca 4:16-17: Gesù nella sinagoga di Nazaret

 Luca 4:16-17: Gesù nella sinagoga di Nazaret
Il momento in cui Gesù entra nella sinagoga di Nazaret rappresenta uno dei passaggi più significativi del Suo ministero terreno. 
In questa scena, vediamo il Figlio di Dio tornare nella città dove è cresciuto, partecipare al culto come aveva fatto tante volte prima e rivelare la Sua identità attraverso le antiche parole del profeta Isaia. 
Questo episodio ci offre preziosi insegnamenti sulla fedeltà nel culto comunitario, sull’importanza centrale della Parola di Dio e sul modo in cui la grandezza divina si manifesta nei luoghi più umili. 
La sinagoga di Nazaret diventa il palcoscenico dove l’ordinario si incontra con lo straordinario, dove il familiare si intreccia con il divino.

Cominciamo col vedere:
I IL LUOGO (v.16)
Nel v.16 è scritto: “Si recò a Nazaret, dov'era stato allevato e, com'era solito, entrò in giorno di sabato nella sinagoga”.

Nel luogo prima di tutto vediamo:
A) La città
“Si recò a Nazaret, dov'era stato allevato”.
La città dove andò Gesù dopo la tentazione nel deserto è Nazaret, una città della Galilea, città della madre, la vergine Maria e del padre adottivo, Giuseppe (Luca 1:26-27; 2:4)

A Nazaret Gesù è stato nutrito e accudito (allevato- tethrammenos – perfetto medio participio), finché non è diventato adulto, quindi è il posto dov’è cresciuto ci dice Luca in questo versetto, ma com’è scritto altrove (Matteo 2:23; Luca 2:39,51-52).

Luca dichiara diverse volte che Gesù è cittadino di Nazaret (Luca 1:26; 2:4,39,51; Atti 10:38).

La gente di Nazaret conosceva Gesù, lo avevano visto crescere fisicamente e spiritualmente (Luca 2:52), molti di loro avevano giocato con Lui per le strade, altri lo conoscevano come falegname, infatti come il padre Giuseppe, era un falegname (Matteo 13:55; Marco 6:3).

Questo mestiere era comune in una comunità rurale, dove la produzione di strumenti e arredi per la casa era fondamentale; Gesù stesso, crescendo, ha imparato questo mestiere.

Ma a quel tempo non aveva ancora compiuto miracoli né proclamato apertamente la Sua messianicità. 

Per questo motivo, dopo aver sentito parlare della sua crescente fama (cfr. per esempio Luca 4:14), i cittadini di Nazaret, erano curiosi di vederlo di nuovo personalmente e di ascoltarlo. 

Oggi, a causa dell'identificazione di Gesù Cristo con la città, è un nome ben noto ai nostri giorni, meta di pellegrinaggio mondiale, o turismo religioso. 

A Nazaret, sono stati costruiti numerosi santuari e chiese, tra cui la Basilica dell'Annunciazione, che ricorda il luogo dove l’angelo Gabriele annunciò a Maria che avrebbe concepito Gesù.

Ma se Cristo non avesse vissuto a Nazaret per quasi trent’anni, la città sarebbe probabilmente sconosciuta oggi e non sarebbe altro che una nota molto insignificante nella storia, nella migliore delle ipotesi.

Luca 4:14-15: Dalla Galilea al mondo, il viaggio che illumina le vite

 Luca 4:14-15: Dalla Galilea al mondo, il viaggio che illumina le vite
In un angolo remoto dell’Impero Romano, in una regione spesso disprezzata e considerata marginale, un giovane Ebreo iniziò un viaggio che avrebbe cambiato il corso della storia. 
Gesù, il Figlio di Dio, scelse la Galilea come palcoscenico per il Suo ministero.
 
Immaginate un faro che illumina una costa buia e tempestosa, così fece Gesù, portando la luce della speranza e della verità in Galilea e zone limitrofe, immerse nelle tenebre.

Perché proprio lì? E qual è stato l'impatto del Suo insegnamento? 

In questo messaggio, esploreremo il significato profondo del ritorno di Gesù in Galilea e come il Suo insegnamento continua a risuonare nelle nostre vite oggi.

I IL RITORNO (v.14) 
Nel v.14 leggiamo:“Se ne tornò in Galilea”.

Ci aspetteremmo che un ministero messianico iniziasse a Gerusalemme, il centro dell’autorità e del potere religioso, ma l’opera di Gesù iniziò in un luogo disprezzato come la Galilea (Luca 23:5; Atti 10:37; 13:31), da coloro che erano influenti (cfr. per esempio Giovanni 1:46; 7:52). 

Ed è proprio in Galilea che Gesù istruirà gli apostoli riguardo alla loro futura missione (Matteo 28:16-20) in un mondo tenebroso dovuto al peccato e al principe di questo mondo il diavolo (cfr. per esempio Giovanni 16:11), che tiene soggiogati a sé coloro che sono nel suo regno, cioè coloro che non fanno parte del regno di Dio (cfr. per esempio Atti 26:18; Colossesi 1:13-14; Ebrei 2:14-15).

Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (2)

 Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (2) Nel cammino di fede cristiana, ci troviamo spesso di fronte a situazioni...

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