Giovanni 10:1-18: Gesù è il buon pastore.
Noi vediamo che Gesù Cristo nel Nuovo Testamento è chiamato Buon Pastore in questo capitolo, e in Ebrei 13:20-21 è chiamato il Grande Pastore; in 1 Pietro 5:4 è chiamato Supremo Pastore. Giovanni 10 è un capitolo meraviglioso giustamente amato dai cristiani in tutto il mondo perché parla che Gesù è il Buon Pastore dei credenti.
“Buon Pastore” è una delle immagini più confortanti che troviamo nella Bibbia. Dio è descritto nella Bibbia come Pastore, non solo nel Salmo 23, ma anche nel Salmo 100:3 e in Isaia 40:11,ecc. L'immagine del Buon Pastore ci parla di amore, cura, guida e sostegno che il Buon Pastore ha per le sue pecore e dall’altra parte la fiducia e il punto di riferimento che le pecore hanno nel Buon Pastore.
I IL BUON PASTORE HA UNA RELAZIONE INTIMA CON LE SUE PECORE (vv.1-6).
Per capire bene questo testo è importante conoscere l’ambiente dove si svolge la vicenda che racconta Gesù. Ci troviamo in un piccolo villaggio giudaico, dove la maggior parte delle famiglie possedeva delle pecore. Gli abitanti dei villaggi avevano dei piccoli cortili circondati da muri, in questi cortili venivano tenuti le pecore. Poiché queste famiglie avevano poche pecore non vi era il bisogno di un pastore per ogni famiglia, così diverse famiglie condividevano un unico pastore per le loro pecore. Il pastore poteva essere un loro familiare o una persona al di fuori del loro nucleo familiare che veniva pagato. La mattina presto il pastore passava da una casa all’altra, e poiché era conosciuto dai portinai di ogni singola casa, questi gli aprono la porta. I cattivi intenzionati potevano scavalcare il muro benissimo il muro, visto che era alto poco meno di due metri.
In primo luogo vediamo:
A) Il Contrasto con i ladri e i briganti.
vv.1-3: "In verità, in verità vi dico che chi non entra per la porta nell'ovile delle pecore, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Ma colui che entra per la porta è il pastore delle pecore. A lui apre il portinaio".
La frase “in verità in verità” (amé̄n amé̄n), introduce una dichiarazione di notevole importanza. I ladri e i briganti entravano dentro per una via diversa dalla porta, perché il portinaio non li avrebbe fatti entrare. La combinazione delle due parole “ladro” (kléptēs) e “brigante” (lēsté̄s) indica esseri pronti per impegnarsi alla violenza e alla disonestà, perciò è gente senza scrupoli. Il pastore, invece, entra per la porta, a lui apre il portinaio. Chi sono questi ladri e briganti?
Questi versetti ricordano uno:
(1) Sfondo passato.
Nell’Antico Testamento il capitolo 34 di Ezechiele riporta il rimprovero del Signore ai pastori d'Israele dell’epoca, ai capi religiosi perché “pascevano se stessi”, usavano “il gregge”, il popolo, per i loro interessi e sono venuti meno alla loro responsabilità di prendersi cura delle pecore deboli, di guarire le malate, di fasciare le ferite, di ricondurre la smarrita, di cercare la perduta. Quei pastori, sono stati cattivi pastori, al posto di prendersi cura con amore, hanno dominato sul popolo con asprezza e violenza (Ezechiele 34:1-4).
Troviamo altri passi dell’Antico Testamento che parlano di rimproveri verso i pastori infedeli (Isaia 56:9-12; Geremia 23:1-4; 25:32-38; Zaccaria 11). Sempre in Ezechiele leggiamo che Dio stesso si prenderà cura del Suo popolo Ezechiele 34:10-16: "Così parla DIO, il Signore: Eccomi contro i pastori; io domanderò le mie pecore alle loro mani; li farò cessare dal pascere le pecore; i pastori non pasceranno più sé stessi; io strapperò le mie pecore dalla loro bocca ed esse non serviranno più loro di pasto. 'Infatti così dice DIO, il Signore: Eccomi! io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro. Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore e le ricondurrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre; le farò uscire dai popoli, le radunerò dai diversi paesi e le ricondurrò sul loro suolo; le pascerò sui monti d'Israele, lungo i ruscelli e in tutti i luoghi abitati del paese. Io le pascerò in buoni pascoli e i loro ovili saranno sugli alti monti d'Israele; esse riposeranno là in buoni ovili e pascoleranno in grassi pascoli sui monti d'Israele. Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare, dice DIO, il Signore. Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata, ma distruggerò la grassa e la forte: io le pascerò con giustizia'".
Il Signore aveva promesso la venuta del Messia, di Gesù come solo pastore che si prenderà cura del gregge (Geremia 23:2-4; Ezechiele 34:23-25; Michea 5:2-4).
Questi versetti hanno uno:
(2)Sfondo presente ai tempi di Gesù.
Nel contesto immediato del ministero di Gesù, “ i ladri e i briganti” sono i leader religiosi come ai tempi di Ezechiele che approfittavano del gregge, del popolo per i loro interessi. Gesù stava parlando con alcuni farisei che non riconoscevano che Gesù aveva guarito un cieco dalla nascita, anzi dicevano che era un peccatore (Giovanni 9:24,35-41). Ancora vediamo, che i farisei nei Vangeli sono visti come guide cieche che portano fuori strada la gente! (Matteo 23:13-24).
Dunque Gesù si riferisce all’irresponsabilità dei capi religiosi Ebrei.
In secondo luogo vediamo:
B)La Conoscenza familiare.
v.3: "A lui apre il portinaio, e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori".
Noi vediamo che c’è una conoscenza reciproca tra il pastore e le pecore, questo è ancora confermato in Giovanni 10:14: "Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me".
Quindi:
(1) Le pecore ascoltano la voce del pastore.
Phillip Keller: “Le pecore si abituano abbastanza rapidamente alla particolare risonanza della voce del loro padrone, ed acquistano la conoscenza di quel tono singolare e delle sue varie inflessioni, distinguendola chiaramente dalla voce di qualsiasi altra persona. Se un estraneo s’intromettesse fra loro, non riconoscerebbero la sua voce e non ubbidirebbero ai suoi comandi, come invece fanno quando sentono la voce del loro pastore. Anche se il visitatore usasse le stesse parole e le frasi abituali del loro padrone, esse non risponderebbero allo stesso modo, perché sono abituate alle sfumature e all’accento personale della sua chiamata.”
“Ascoltano” (akoúō) indica l’obbedienza come indicato anche dal v.5. Le pecore ascoltano la voce del pastore, ma non quella degli estranei come dice ancora Gesù al v.5: "Ma un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei". A volte dei viaggiatori, nel recente passato, nel Medio Oriente pagavano un pastore per lo scambio degli abiti con i loro e quindi poi provavano a chiamare le pecore, ma le pecore li ignoravano perché obbedivano solo alla voce del loro pastore che conoscevano. Anche se le pecore sono considerate stupide, sanno riconoscere la voce del loro pastore e lo seguono, ubbidiscono.
Le pecore ascoltano la voce del Pastore, significa che ascoltano la voce di Gesù, che non rigettano la verità proclamata di Gesù e sono quelle che vivono in conformità alla Sua volontà rivelata! (Esodo 16:20; Deuteronomio 11:27; Neemia 9:34; Isaia 48:18; Luca 9:35; Giovanni 5:24; Giovanni 8:40-47; 18:37).
Coloro che ascoltano la voce del Pastore non restano immobili lo seguono per fare ciò che sono stati chiamati a fare (Matteo 7:21-23). Chi riconosce Gesù come Pastore lo seguiranno fiduciosamente!
(2) Il pastore chiama le sue pecore per nome.
Era comune per i pastori orientali dare dei nomi particolari alle pecore in base alle loro caratteristiche, tipo “lunghe orecchie”, “naso bianco”,ecc.
È in termini personali che Gesù chiama i suoi discepoli di oggi. Gesù chiama le sue pecore per nome, perché sono suoi, li conosceva già prima della creazione (Geremia 1:5; Galati 1:15; Efesini 1:4).
I loro nomi sono stati scritti fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello che è stato immolato (Apocalisse 13:8; 17:8, 20:12,15; 21:27).
Avendoli conosciuti in precedenza, Gesù li chiama poi per nome (Romani 8:28-30). Il pastore chiama le sue pecore per nome, cioè, individualmente piuttosto che collettivamente come ha fatto per esempio con Filippo (Giovanni 1:43); con Matteo il pubblicano (Matteo 9:9); anche con Zaccheo anche lui pubblicano (Luca 19:5).
Gesù ci chiama per nome, personalmente per la salvezza, ma nessuno può andare da Lui se non gli è dato dal Padre secondo il Suo piano di salvezza (Giovanni 6:44,65; 17:6, 9, 24; 18:9; Romani 8:28-30; 2 Tessalonicesi 2:13-14). Esiste un rapporto familiare, intimo tra il pastore e le pecore e la stessa cosa avviene per Gesù e coloro che fanno parte del Suo popolo.
Ma questo modello è secondo la relazione che vi è tra il Gesù e il Padre vv.14-15: " Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore".
La “conoscenza” (ginó̄skō) a cui si riferisce Gesù, è una conoscenza che va al di là di una conoscenza intellettuale, è una conoscenza intima e una relazione personale, infatti, la stessa parola la troviamo per indicare un rapporto d’amore (Genesi 4:1,17,25; Matteo 1:25).
“Conoscere” indica un rapporto intimo, speciale, personale, esclusivo che Dio ha con il Suo popolo, che Dio ha scelto sovranamente e incondizionatamente (Genesi 18:19; Esodo 33:12; Amos 3:2 ; Romani 9:10-11; Efesini 1:4).
Include l’idea dell’amore e della cura, dell’amicizia di grazia di Dio con il Suo popolo (Esodo 2:25; 19:4; Osea 13:5). Significa che Dio osserva chi gli appartiene ed è interessato al loro destino, si prende cura di loro. Perciò se il credente conosce Dio e perché prima Dio ha conosciuto il credente Galati 4:8. Quindi è una conoscenza reciproca esperienziale che rispecchia la conoscenza reciproca intima del Padre e del Figlio.
Il tema della conoscenza reciproca del pastore e le pecore è di grande importanza per le pecore e seguono soltanto il loro pastore. Il credente non è un numero per Gesù! Quando vediamo un gregge, le pecore ci sembrano tutte uguali, ma il pastore conosce le sue pecore per nome, ne conosce le caratteristiche e ne conosce le differenze. La conoscenza del Pastore, di Gesù che ha per noi implica anche una conoscenza totale che si estende nella parte più profonda della nostra vita e va ancora più indietro dalla nostra nascita.
Salmi 139:15-16: " Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora".
Prima della nostra nascita, Gesù già conosceva tutto di noi! La conoscenza di Gesù è profonda e intima. Lui conosce il nostro passato con i suoi fallimenti, con le sue ferite e con le sue gioie. Lui conosce il nostro presente, i nostri desideri non realizzati. Egli conosce le nostre avversioni, frustrazioni e sogni, conosce i punti forti e deboli nel nostro carattere, conosce la profondità abissale del nostro cuore! Gesù ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi stessi!! Ma la cosa importante è che la sua conoscenza è personale!
Salmi 139:15-16: " Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora".
Prima della nostra nascita, Gesù già conosceva tutto di noi! La conoscenza di Gesù è profonda e intima. Lui conosce il nostro passato con i suoi fallimenti, con le sue ferite e con le sue gioie. Lui conosce il nostro presente, i nostri desideri non realizzati. Egli conosce le nostre avversioni, frustrazioni e sogni, conosce i punti forti e deboli nel nostro carattere, conosce la profondità abissale del nostro cuore! Gesù ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi stessi!! Ma la cosa importante è che la sua conoscenza è personale!
Max Lucado: "Quando vediamo una folla, vediamo esattamente quello, una folla. Che riempie uno stadio o che si riversa in un viale. Quando vediamo una folla, vediamo la gente, non delle persone, ma la gente. Una moltitudine di esseri umani. Una miriade di volti. Ciò che vediamo è questo. Ma non è così per il Pastore. Per lui ogni viso è diverso. Ogni faccia ha una storia. Ogni volto è un figlio".
In terzo luogo vediamo:
C) LA CONDUZIONE DEL PASTORE.
Gesù conosce, chiama e conduce fuori le pecore. vv.3-4: "… ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori. Quando ha messo fuori tutte le sue pecore, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce".
Durante la Prima Guerra Mondiale, alcuni soldati turchi tentarono di rubare un gregge da una collina vicino a Gerusalemme. Il pastore, che stava dormendo, improvvisamente si risvegliò e vide che le sue pecore si stavano allontanando. Come faceva a riconquistare il suo gregge con la forza da sola, ma improvvisamente ebbe un pensiero. In piedi, si mise la mano alla bocca e fece la sua chiamata peculiare, che facevano ogni giorno per raccogliere le sue pecore a lui. Le pecore sentirono la chiamata familiare. Per un attimo ascoltarono e poi, sentendo di nuovo, si voltarono e corsero verso il loro pastore. Era del tutto impossibile per i soldati fermare gli animali. Il pastore poi andò via con il suo gregge in un luogo sicuro prima che i soldati potessero inseguirlo. Le pecore si salvarono perché conoscevano la voce del loro pastore!
Il pastore chiama le proprie pecore per nome, il che significa chiamarli individualmente e quindi le conduce fuori e va avanti a loro per portarli al pascolo. Gesù ha chiamato e ha condotto fuori le sue pecore ognuna da ogni circostanza diversa: chi dal materialismo, chi dalla religiosità, chi dall’immoralità più sfrenata, chi dalla filosofia, chi da una vita disastrata, e così via.
Le parole del v. 4 ricordano la preghiera di Mosè per un suo successore, quelle di Numeri 27:15-17: "Mosè disse al SIGNORE: 'Il SIGNORE, il Dio che dà lo spirito a ogni creatura, costituisca su questa comunità un uomo che esca davanti a loro ed entri davanti a loro e li faccia uscire e li faccia entrare, affinché la comunità del SIGNORE non sia come un gregge senza pastore'".
Che un tale pastore va avanti delle sue pecore e li attira costituisce un mirabile ritratto del rapporto: maestro e discepolo. Il discepolo di Gesù segue il Suo Maestro riguardo l’ insegnamento, il carattere e l’etica. Chi incontra veramente Gesù conosce la Sua voce, l’ha imparata a conoscerla attraverso la Bibbia e la guida dello Spirito Santo. La Sua voce indica la presenza, quindi la protezione e l’autorità. A un vero credente, la Sua voce non da fastidio, non lo turba, è una delizia ascoltarla anche quando questa voce rimprovera e ammonisce.
Il vero credente riconosce che quella voce è salutare, saggia, giusta e piena di amore, è consapevole che in Gesù troverà riposo e sicurezza! Perciò sarà felice di seguire il Buon Pastore. Gesù fa spesso riferimento alle pecore per illustrare l’impotenza della gente e la necessità di guida, noi perciò abbiamo bisogno di Gesù. Ma i suoi interlocutori non avevano capito la similitudine (paroimía) di Gesù. La Parola tradotta similitudine è l’equivalente della parola ebraica māšāl.
Il vero credente riconosce che quella voce è salutare, saggia, giusta e piena di amore, è consapevole che in Gesù troverà riposo e sicurezza! Perciò sarà felice di seguire il Buon Pastore. Gesù fa spesso riferimento alle pecore per illustrare l’impotenza della gente e la necessità di guida, noi perciò abbiamo bisogno di Gesù. Ma i suoi interlocutori non avevano capito la similitudine (paroimía) di Gesù. La Parola tradotta similitudine è l’equivalente della parola ebraica māšāl.
“Similitudine” ha un’ampia serie di significati: parabola, enigma, favola, allegoria, proverbio,ecc. “Similitudine” descrive un linguaggio velato, enigmatico che nasconde un significato simbolico.
I leader religiosi, non sono riusciti a cogliere il suo significato. Gli interlocutori non avevano capito il discorso di Gesù (Matteo 13:11-17).
II IL BUON PASTORE PROVVEDE PER LE SUE PECORE (vv.7-10)
La collocazione di questo passo è diversa da quella dei vv.1-6, infatti, non è più nel villaggio, in un cortile, ma in aperta campagna dove il pastore conduceva le pecore a pascolare.
A) Il pastore provvede protezione.
vv.7-8: "Perciò Gesù di nuovo disse loro: 'In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati'".
Gesù si rappresenta come il pastore che si fa Egli stesso la porta dell’ovile per proteggere le pecore. Quando G. Campbell Morgan (1863-1945) era in viaggio attraverso l'atlantico su una nave a vapore, notò che tra i passeggeri vi era Sir George Adam Smith, il più famoso studioso dell’ Antico Testamento di quel periodo. Il più grande predicatore di quel periodo (Morgan) e il più grande studioso dell'Antico Testamento (Smith) hanno avuto molto tempo per stare insieme e parlare. Morgan disse che tra i racconti di Sir George riguardo il Medio Oriente che lo hanno colpito di più, è stato questo e riporta le parole dello studioso: "Un giorno ero in viaggio con una guida e mi sono imbattuto in un pastore con le sue pecore. Cominciammo a parlare, l'uomo gli mostrò l’ovile dove erano state condotte le pecore durante la notte. Era costituito da quattro mura. Sir George disse: ‘Questo è dove stanno di notte? ’ ‘Sì ’ , disse il pastore,’e quando sono lì dentro, sono perfettamente al sicuro.’ ‘ Ma non c'è nessuna porta’ disse Sir George. ‘Io sono la porta’ rispose il pastore. Non era un cristiano, egli non parlava la lingua del Nuovo Testamento. Stava parlando dal punto di vista del pastore arabo. Sir George lo guardò e disse: ‘Che vuoi dire con la porta?’ Il pastore rispose: ‘Quando si fa buio e tutte le pecore sono dentro, mi sdraio nello spazio aperto e le pecore non vanno mai fuori e nemmeno i lupi a meno che non attraversano il mio corpo, io sono la porta’".
Gesù protegge i Suoi figli, nessuno li rapirà dalle Sue mani Giovanni 10:27-30: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti; e nessuno può rapirle dalla mano del Padre.Io e il Padre siamo uno".
Gesù menziona ancora i ladri e i briganti che sono venuti prima di Lui, come menzionato al v.1.
“Tutti” (pás) si riferisce alla generale degradazione spirituale dei leader religiosi.
In secondo luogo:
B) Il Pastore provvede la salvezza.
vv.9-10: "Io sono la porta; se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà, e troverà pastura. Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io son venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza".
Questi versetti rivelano l’autorità di Gesù che è stato mandato da Dio per essere l’unico mediatore tra Dio e gli uomini.
Questi versetti dichiarano l’unicità di Gesù.
(1) Gesù è l’unica porta della salvezza!
Cosa significa entrare per la porta? Entrare per quella porta, equivale a credere in Gesù. Chi crede in Gesù è salvato, è al sicuro (Giovanni 3:16; Efesini 2:8-9). Gesù è l’unica via di salvezza che ci conduce a Dio, Giovanni 14:6: "Gesù gli disse: 'Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me'".
Gesù non è una porta, ma la porta della salvezza! È il Salvatore del mondo, che salva i peccatori (Giovanni 4:42; Atti 4:12; 1 Giovanni 4:14; 1 Timoteo 1:15). Gesù è l’unico mezzo attraverso il quale le pecore, i credenti, possono avere pastura. Gesù è l’unica fonte che può soddisfare il nostro bisogno spirituale. Mentre, il ladro (i capi religiosi come nel periodo di Geremia ed Ezechiele) non si prende cura delle pecore, ma le ruba, ammazza e distrugge (questi tre verbi negativi sono messi insieme per sottolineare l'effetto devastante di questi usurpatori sul popolo di Dio), Gesù si assicura che le Sue pecore siano ben curate e soddisfatte. Gesù si prende cura del Suo gregge, dei singoli credenti!
(2) Gesù dona la vita, la vita abbondante.
“Entrerà e uscirà” è un’ espressione che troviamo nell’Antico Testamento in riferimento al corso della vita (Deuteronomio 28:6; 31:2; Salmi 121:8). Il pastore porterà le sue pecore in verdeggianti pascoli e in acque calme, lontano dai pericoli. Noi vediamo qui l'immagine di sicurezza e di nutrimento. Le pecore sono sotto la cura del pastore e crescono attraverso il nutrimento dal cibo offerto e trovano poi protezione nel recinto protetto dal pastore. Gesù, è venuto nel mondo per dare la vita, una vita abbondante.
Nell’Antico Testamento il profeta Ezechiele prevedeva questi pascoli e vita in abbondanza (Ezechiele 34:12-15, 25-31).
“Abbondanza” (perissós) significa ciò che va ben oltre il necessario, come quando Gesù fece la moltiplicazione dei pani per oltre cinquemila persone da cinque pani e due pesci sfamando a sazietà tutta quella gente e ne avanzarono dodici ceste piene! Andò oltre il necessario! (Matteo 14:20).
“Vita abbondante” si può riferire sia a godere le ricchezze della vita vissuta in relazione con Dio qui e ora, o la vita eterna (1 Giovanni 5:13), o tutte e due, oppure alla vita come deve essere vissuta, gioia e pace, la soddisfazione che viene dalla fiducia che Dio provvede a ogni nostra necessità in Cristo Gesù (Salmi 23:2-3; Filippesi 4:19). Tutte queste interpretazioni sono valide e possono essere considerate insieme. Il credente gode le benedizioni di Dio, ha la vita eterna e perciò è soddisfatto e contento perché si trova nelle mani del Buon Pastore, il Buon pastore provvede oltre alle necessità (Salmi 23:23,6); provvede la pace e la guida (Salmi 23:3-4); il sostegno e la protezione (Salmi 23:4-5); ha la certezza di stare per sempre alla presenza di Dio (Salmi 23:6; Giovanni 14:2-3). Ci possono essere pericoli, infatti, ci saranno pericoli.
Ci possono essere le tempeste, a volte, anche la siccità e la carestia. Eppure, nelle mani del Buon Pastore le pecore sono tranquille. Pertanto come Buon pastore, Gesù dà, alle sue pecore, non solo il sufficiente, ma di più, dà in abbondanza. La grazia di Dio è più che sufficiente per le nostre esigenze e nessuno ce la toglierà, perché il favore di Dio verso di noi è senza fine Giovanni 1:16. Il denaro può comprare molte cose, si può anche acquistare un pascolo, ma non può comprare la vita abbondante di Dio, quella si ha solo in Cristo. Hai questa vita abbondante?
III IL BUON PASTORE HA UN CUORE PER LE SUE PECORE (vv.11-18).
L’immagine che troviamo in questi versetti è ancora la pastorizia nell’aperta campagna, dove il pastore deve essere pronto a dare la propria vita per proteggere le sue pecore dagli animali selvatici.
Per due volte nei versetti 11 e 14 leggiamo che Gesù dice di se stesso di essere il Buon Pastore. “Buon” (kalós) si riferisce alla qualità del suo carattere che è nobile, in alcun modo ineccepibile, irreprensibile, eccellente, che è assolutamente degno di fiducia. Gesù non è un buon pastore, come se fosse una dei tanti del suo genere. Egli esclusivamente è il Buon Pastore!!! Unico nel Suo Genere!
In primo luogo questi versetti ci parlano del:
A) Sacrificio del Buon Pastore.
v.11: "Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga, e il lupo le rapisce e disperde".
Il mercenario si dà alla fuga perché è mercenario e non si cura delle pecore. Vi erano molte differenze tra un pastore che era parte della famiglia e chi fosse pagato per fare quel lavoro. Al contrario dei mercenari (forse Gesù ha ancora in mente i capi religiosi che trascuravano le loro responsabilità riguardo al bene del popolo), cioè di coloro che sono pagati per la cura del gregge, i quali non sono i proprietari e che quindi non sono disposti a morire in caso di pericolo, ma scappano. Gesù invece ha dato la Sua vita per le pecore, non si è tirato indietro!
Gesù presentò se stesso come un buon pastore che era disposto a morire per le proprie pecore.
“Per” (hupér) suggerisce sacrificio.
In Giovanni, oltre in questo versetto e al versetto 15, avviene sempre in un contesto sacrificale riferendosi alla morte di Gesù (Giovanni 6:51; 11:50-51; 17:19; 18:14).
In Giovanni, oltre in questo versetto e al versetto 15, avviene sempre in un contesto sacrificale riferendosi alla morte di Gesù (Giovanni 6:51; 11:50-51; 17:19; 18:14).
La morte è prevista per conto di qualcun altro. La morte di Gesù è stato un sacrificio unico a Dio, di Dio per i peccati (Efesini 5:2; Ebrei 7:27; 9:26; 10:12).
(1) Il sacrificio di Gesù non è stato opzionale.
Il sacrificio di Gesù era l’unico modo per l’espiazione dei peccati (Romani 3:23-26; Ebrei 2:14-17). L’unico modo per riscattare “i molti” (Marco 10:44-45; Romani 5:19). Ciò che i peccatori non potevano fare da se stessi, Gesù lo ha fatto per loro. Il Suo sacrificio è stato necessario (Marco 8:31, Giovanni 3:14), necessario per soddisfare la santità e la giustizia di Dio e quindi per salvare i peccati del Suo popolo (Matteo 1:21); della Sua chiesa (Efesini 5:25-27).
Senza il sacrificio di sangue non c’è remissione o perdono dei peccati (Ebrei 9:22).
(2) Il sacrificio di Gesù non è stato accidentale.
La morte di Gesù non è stato un incidente e nemmeno una tragedia come quando può morire un giovane di 33 anni. Il sacrificio di Gesù è stato predestinato prima della creazione secondo un piano prestabilito da Dio, non è stato un incidente di percorso, una soluzione del momento per tamponare un problema inaspettato.
Atti 4:27-28: "Proprio in questa città, contro il tuo santo servitore Gesù, che tu hai unto, si sono radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme con le nazioni e con tutto il popolo d'Israele, per fare tutte le cose che la tua volontà e il tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero". Così anche Pietro afferma 1 Pietro 1:18-20: "sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma con il prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia. Già designato prima della creazione del mondo, egli è stato manifestato negli ultimi tempi per voi".
Dio ha mandato il Figlio perché ama il mondo (Giovanni 3:16; Romani 5:8).
Dio ha mandato il Figlio perché ama il mondo (Giovanni 3:16; Romani 5:8).
(3) Il sacrificio di Gesù non è stato inutile.
Il piano di Dio è stato un completo successo! L’opera di salvezza del Figlio è stata completata e accettata da Dio stesso, e molti, secondo il Suo piano, sono stati salvati, gente di ogni tribù, lingua popolo e nazione (Isaia 53:10-12; Apocalisse 5:9-10).
Il sacrificio di Gesù ha soddisfatto interamente e definitivamente tutto ciò che la perfetta giustizia di Dio richiedeva, grazie al sacrificio di Gesù, l’ira di Dio non è più sui credenti (Giovanni 3:16,36; Romani 5:1-11; 1 Giovanni 2:2; Ebrei 10:14).
In secondo luogo vediamo:
B) Lo Svelamento del Buon Pastore.
Gesù rivela qualcosa di importante come leggiamo al v.16: "Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore".
“Le pecore di questo ovile” si riferisce a coloro che credevano in Gesù come Messia di origine Giudaica, ma non è tutto Israele (Romani 9:6-8). Gesù rivela il Suo disegno, il Suo scopo. “Le altre pecore” si riferisce al popolo dei Gentili (i non Giudei). Secondo le profezie dell’Antico Testamento anche queste pecore Gesù deve raccogliere (Isaia 42:6; 49:6; 56:8).
“Ascolteranno la mia voce” indica che avrebbero creduto in Lui, e “vi sarà un solo gregge e un solo pastore” si riferisce che Giudei e Gentili in Gesù saranno un unico gregge, credenti di diverse nazioni faranno parte di un unico popolo, ebrei e gentili in una comunità messianica (Efesini 2:11-22; 4:3-6). Questa è un’allusione a Ezechiele 34:23 ed Ezechiele 37:24.
Il concetto di un solo gregge guidato da un solo pastore come una metafora per la cura provvidenziale di Dio per il suo popolo è radicato saldamente nella letteratura profetica (Geremia 3:15; 23:4–6; Ezechiele 34:23–24; 37:15–28; Michea. 2:12; 5:3–5).
Questo passaggio indica chiaramente che Gesù pensava a una missione vera e propria Gentile, successiva alla sua morte in croce. Questa missione sarà effettuata attraverso i suoi discepoli, ma è chiaro che in virtù della Sua resurrezione e autorità Gesù sarebbe stato con loro Matteo 28:18-20.
In terzo luogo vediamo:
C) La Sovranità del Buon Pastore.
vv.17-18: "Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest'ordine ho ricevuto dal Padre mio". Vi è un amore unico e intimo tra il Padre e Gesù. L'elemento fondamentale in questo rapporto è la dipendenza e l'obbedienza di Gesù alla volontà di Dio. Ciò è espresso totalmente nella sua volontà di morire sulla croce, ma dobbiamo evitare l'idea che nel dare la sua vita, il Figlio vince l'amore del Padre, infatti, il Padre amava il Figlio prima della creazione del mondo (Giovanni 17:24).
L'amore del Padre per Gesù è eternamente legato con l'obbedienza senza riserve di Gesù al Padre, la sua dipendenza totale da Lui che si conclude con questo grande atto di obbedienza di morire in croce, la volontà di sopportare la vergogna e l’ignominia del Golgota, l'isolamento e il rifiuto della morte, il peccato e la maledizione riservata all’Agnello di Dio.
L'amore del Padre per il Figlio, collegata con la morte volontaria del Figlio per il mondo, è un segno distintivo della sua unione con la volontà del Padre e l'espressione dell'amore che condividono insieme. In altre parole, questo evento non è la causa di questo amore, perché già dall’eternità il Padre amava il Figlio, ma va visto come una manifestazione o conferma da parte di Dio.
Il Padre ha voluto che il Figlio desse la vita per l'umanità e il Figlio ha obbedito nella libertà e con autorità sovrana. Gesù mostra la Sua Sovranità, l’autorità, il potere (exousía) nel controllare l'ora della morte del tutto (Giovanni 2:4; 7:6,8; 8:20), nell’offrire la Sua vita, ma anche nel riprenderla secondo il comando di Dio. La morte di Gesù, da parte di quegli uomini malvagi non avvenne al di fuori del Suo controllo! Gesù non fu vittima delle circostanze degli uomini, perché Gesù aveva il controllo del Suo destino, Gesù si è dato volontariamente e poi è risuscitato in ubbidienza al Padre.
CONCLUSIONE
Possiamo fare delle conclusioni finali. Gesù è il Buon Pastore! Come Buon Pastore:
1) Gesù è la nostra Salvezza e il nostro Salvatore.
Sei salvato? Conosci Gesù? Sei stato chiamato fuori da Gesù? Hai risposto alla Sua chiamata? Fai parte del gregge di Gesù? Lo stai seguendo? Hai attraversato la porta? Credi in Gesù? Gesù invita ad andare a Lui (Matteo 11:28-30).
2) Gesù è nostro il Conforto.
Riguardo il fatto che Gesù conosce le sue pecore e le pecore lo conoscono è confortante.
a) È confortante perché indica che gli appartengono, che fanno parte del suo popolo.
b) È confortante perché conosce ogni cosa dei credenti, e in questo modo si sentono capiti, compresi, amati da Lui in modo unico e personale!
c) È confortante perché sono consapevoli che sono curati, guidati, sostenuti.
Se ha dato la Sua vita per loro sicuramente darà loro ciò di cui hanno di bisogno. Inoltre essendo sovrano non siamo nelle mani degli uomini o delle circostanze, ma siamo nelle Sue mani! Il credente non deve temere!
3) Gesù è il nostro modello.
a) Gesù è il modello di fedeltà.
Come Buon Pastore Gesù è stato ed è fedele alle Sue responsabilità. Non si è tirato indietro alla minaccia dei lupi è stato fedele fino alla morte sia quando le cose vanno bene che quando vanno male e non come il mercenario che si dà alla fuga. Noi siamo fedeli alle nostre responsabilità di servizio cristiano? Siamo fedeli quando non vediamo risultati o quando siamo sotto pressione? La fedeltà è di primaria importanza nella Scrittura, noi siamo chiamati ad essere fedeli a Gesù come lo è stato Lui (Matteo 25:14-30; 1 Corinzi 4:2; Colossesi 4:9; 2 Timoteo 2:2; 1 Pietro 5:12; Apocalisse 2:13).
b) Gesù è un modello di laboriosità.
Il pastore a cui fa rifermento Gesù, non era un mestiere senza fatica, richiedeva impegno e sacrifici. Pur di garantire la buona salute delle proprie pecore a volte stava sotto il sole, altre volte sotto la pioggia, altre volte seduto, ma altre volte camminava, comunque sempre attento ai pericoli, certamente era un lavoro, impegnativo e faticoso, in pericolo di vita. Gesù come il Buon Pastore c’insegna a servire con impegno dando il meglio di noi stessi. (Romani 12:11; 2 Timoteo 4:2, Apocalisse 3:15-16).
c) Gesù è il modello di generosità.
Anche se non saremo mai in grado di dare la nostra vita come Gesù ha dato la Sua vita per per i nostri peccati, tuttavia, ci sono altri modi in cui possiamo dare la nostra vita per gli altri. Possiamo dare il nostro tempo per aiutarli, possiamo sacrificare le cose che avremmo preferito fare o possiamo dare agli altri delle cose che sono di aiuto per gli altri. Siamo chiamati a mettere gli altri davanti a noi stessi. Il nostro primario desiderio deve essere il benessere spirituale e l’edificazione del nostro prossimo (2 Corinzi 12:15; 1 Tessalonicesi 2:8).
4) Gesù ha creato un'unica chiesa.
Il gregge, l’unica chiesa è composta di gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione.
a) Tutti coloro che riconoscono che Gesù è il Signore e il Salvatore che fanno la volontà di Dio sono cristiani (Matteo 7:21-23).
Secondo il Signore Gesù Cristo, vi è una chiesa a cui tutti coloro che lo confessano come Signore e Salvatore gli appartengono. Pertanto, tutti coloro che sono cristiani sottomessi a Cristo, sono uno con tutti gli altri veri cristiani sottomessi a Cristo.
b) Siamo chiamati ad amarci gli uni e gli altri.
Giovanni 13:35: "Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri".
c) Siamo chiamati a conservare l’unità della chiesa che non è semplicemente strutturale, ma di comunione (Giovanni 17; Efesini 4:3-6; Filippesi 2:1-5).
Gesù è il Buon Pastore che verità meravigliosa!