Giobbe 19:25-27: Il trionfo della fede.
Giobbe ha perso tutto ciò che aveva: averi, figli, inoltre
ha una brutta malattia alla pelle e tre dei suoi amici lo vanno a trovare
dicendogli di pentirsi, perché la causa delle sue sofferenze è il peccato,
mentre Giobbe si crede giusto (Giobbe 13:8) e se la prende con Dio (Giobbe 6:4;
10:8-14; 13:24, 16:7-14; 19:7-12) e chiede a Dio di aiutarlo (Giobbe
16:20-17:3).
Alla fine un giovane porta Giobbe a riflettere e poi il
Signore rimprovera Giobbe che si ravvede e si umilia. La causa della sua
sofferenza è il diavolo. Nel capitolo 19 vediamo che Giobbe non si sentiva
capito dagli amici, lo accusavano dicendo che se è nella sofferenza è per il
castigo di Dio a causa dei suoi peccati. Il capitolo 19 è una risposta
all’amico Bildad che invita Giobbe a riconoscere il suo peccato. Vediamo perciò
la sua solitudine nella sofferenza da parte di tutti perfino dalla moglie
(vv.13-22).
Nei versetti 25-27 vediamo che Giobbe focalizza Dio, ha la
certezza del Salvatore e della salvezza.
Primariamente vediamo:
I LA CERTEZZA DEL SALVATORE.
v.25: “ Ma io so che
il mio Redentore vive”.
Perché dice “ma”? In contrasto a che cosa lo dice? Nei
vv.23-24, Giobbe desidera che le sue parole fossero impresse in un libro o
incise in una roccia come testimonianza favorevole duratura nel tempo per la
sua innocenza davanti a Dio contro le false accuse degli amici, ma ciò non è
possibile, allora c’è una testimonianza maggiore, la consapevolezza del
redentore.
Noi leggiamo che:
A) Il Salvatore è personale.
v.25: “Ma io so che il mio Redentore vive”.
Noi notiamo:
(1) La convinzione personale di Giobbe del Salvatore.
In ebraico “io” (ʾǎnî) è messo in enfasi e indica che Giobbe
aveva una convinzione consolidata come dire: “Io, sì, lo so, io credo
fermamente!”. Nel presente sofferente, Giobbe guarda con fiducia al suo
Redentore, la sua fede, vola in un più grande pensiero! Nonostante tutte le
grandi afflizioni che si sono abbattute violentemente su di lui, Giobbe fa una
grande dichiarazione di fede in Dio. È vero che Giobbe, nei capitoli
precedenti, ha fatto alcune dichiarazioni di perplessità su Dio, mostrando la
debolezza della natura umana sotto la prova, ma adesso dice che ha un Salvatore
personale. (Aveva detto che Dio è il suo nemico Giobbe 6:4; 10:8-14; 13:24;
16:7-14; 19:7-12; egli non ha alcuna speranza di essere riconosciuto da Dio
innocente Giobbe 9:2-3, 20, 28 -33; 13:15; 19:7).
Noi vediamo:
(2)La relazione personale di Giobbe con il Salvatore.
“Mio Redentore” indica un rapporto personale. Noi vediamo
nella Bibbia che il rapporto con Dio è personale. Il Pastore chiama le proprie
pecore per nome dice Giovanni 10:3. L’apostolo Paolo in Galati 2:20 parlando
del Figlio di Dio dice: “il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me”.
Quindi un cristiano ha un rapporto personale con Dio per la grazia di Dio!
(cfr.Galati 2:21)
B)Il Salvatore vive.
Giobbe in mezzo alla sofferenza, anche se morirà è certo che
il suo redentore vive, non è morto e non morirà e si prenderà cura della sua
causa!
Nell’Antico Testamento
la parola redentore ” go’el” è usato in vari modi:
(1) Sul versante giuridico.
Il redentore (Go’el) faceva giustizia nel caso in cui una
persona veniva uccisa, ci poteva essere chi lo vendicava, il “vendicatore di
sangue". Un Go’el poteva vendicare un parente ucciso. (Numeri 35:12-28;
Deuetronomio 19:6-12; Giosuè 20:2-5; 2 Samuele 14:11).
(2) Sul versante civile.
Il redentore era colui che riscattava l’eredità perduta di
un parente deceduto acquistando dalla schiavitù o sposando la vedova del
defunto al fine di fornire un erede, o salvaguardare i diritti e le proprietà
della sua famiglia come è accaduto con la vedova Rut che sposò il parente del
marito Boaz (Rut 2:20; 3:13, 4:1-6).
Boaz è stato il parente “redentore” che si è preso cura di Rut salvandola da
una brutta situazione e dandole una nuova vita in una nuova terra. Oppure il
riscatto da schiavitù di un parente (Levitico 25:48) e riottenere la proprietà
della famiglia da parte di un parente più vicino (Proverbi 23:10-11; Levitico
25:25-34,49,54; 27:20,27,28,33; Isaia 52:3; Geremia 32:6-15).
Il go’el era perciò, il parente più stretto a cui la legge
civile imponeva il dovere di riscattare la proprietà o la persona di un suo
congiunto.
(3) Sul versante teologico.
In diverse parti dell’Antico Testamento, Dio è il Redentore
del Suo popolo (Salmi 19:14; Isaia 44:6; 47:4; 60:16; 63:4-9). In Isaia 41:14
leggiamo: “Non temere, Giacobbe, vermiciattolo, e Israele, povera larva. Io ti
aiuto, dice il SIGNORE. Il tuo redentore è il Santo d'Israele”. Dio ha mostrato
di essere redentore liberando il suo popolo dalla schiavitù di Egitto (Esodo
6:6; 15:13) e dall’esilio babilonese (Geremia 50:34) e libera una persona da
morte imminente (Salmi 103:4; Lamentazioni 3:58).
Perciò la parola redentore indica difendere, soccorrere,
salvare da un situazione difficile, tragica ( Cfr. Genesi 48:16).
C) Il Salvatore difende.
v.25: “Alla fine si alzerà sulla polvere”.
Questa frase è un espressione legale, giuridica.
(1) “Alla fine”
(Aharon) indica parlerà per ultimo.
Si riferisce ad avere l’ultima parola, sarà l’ultimo a
parlare in tribunale. Con il significato che la sua decisione sarà definitiva,
autorevole e senza ulteriore ricorso.
Infatti:
(2) “Si alzerà” (qûm)
è stare in piedi.
È un’espressione legale utilizzata in un'aula di tribunale,
significa "tenere la posizione di un testimone" (Giobbe 31:14;
Deuteronomio 19:16; Salmi 12:5; 27:12; 35:11; Isaia 19:21) o di un “giudice”
(Salmi 76:9; 94:16; Isaia 2:19).
In precedenza, Giobbe aveva parlato del suo bisogno di un
arbitro (yā∙ḵǎḥ) al capitolo 9:33-34 e di un
testimone(ʿēḏ, Esodo 20:16) , garante e sostenitore (yā∙ḵǎḥ) in cielo al
capitolo 16:19-21.
“Garante” (śāhēḏ) in Giobbe 16:19 è avvocato e arbitro o
sostenitore (yā∙ḵǎḥ) si riferisce “è fare un dialogo giuridico”, “ragionare
insieme in una causa legale o controversia” (Giobbe 23:7; Isaia 1:18).
Il redentore (go’el) perciò è lo stesso di Giobbe 9:33-34 e
di Giobbe 16:19-21 per indicare
testimone, l’avvocato e intercessore in senso giuridico.
(3) Sulla polvere.
Nel libro di Giobbe polvere è usata sia per la morte (
Giobbe 7:21; 17:16; cfr. Salmi 22:29; Isaia 26:19), o terra (Giobbe 28:2, 30:6,
41:33). Il senso può essere la difesa su questa terra oppure dopo la
morte. Riguardo al redentore ci possono
essere due interpretazioni uno può essere Dio stesso (Giobbe 17:3) oppure una
terza persona in cielo che fa da testimone e da avvocato (Giobbe 16:19-21).
Giobbe forse nella sua fede rudimentale non si rendeva conto che stava
anticipando in maniera impressionante il fatto che Gesù è il nostro Redentore,
avvocato e intercessore davanti a Dio!
Dio ci ha redento dai peccati tramite Gesù!
Ebrei 9:11-12: “Ma venuto Cristo, sommo sacerdote dei futuri
beni, egli, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da
mano d'uomo, cioè, non di questa creazione, è entrato una volta per sempre nel
luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio
sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna” (Luca 2:38; Atti 20:28;
Romani 3:25; 1 Pietro 1:19; Efesini 1:7; Apocalisse 1:5; 5:9).
1 Giovanni 2:1-2: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose
perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso
il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è il sacrificio propiziatorio per i
nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il
mondo". Grazie a Dio abbiamo un avvocato presso di lui: Gesù.
La parola “avvocato” (paraklētos) significa “chiamato al
fianco”. Questa parola descriveva chiunque era invocato per l’assistenza di un
altro, era usato in modo particolare nelle corti di assise per indicare un
avvocato, la cui responsabilità, era quella di difendere la causa di una
persona sotto processo.
Gesù ci difende davanti al Padre essendo il sacrificio
propiziatorio, tramite la sua morte per i nostri peccati, Gesù acqueta l’ira di
Dio.
Smith: “Il nostro Avvocato non sostiene la nostra innocenza,
o non adduce circostanze attenuanti. Egli riconosce la nostra colpa e presenta
la Sua opera vicaria come base per la nostra liberazione”. Gesù non cerca di
sminuire la nostra colpa, ma alla luce della nostra colpa ci difende
presentando continuamente la sua opera vicaria, quindi la difesa di Cristo è la
continua applicazione della Sua morte per la nostra salvezza.
Romani 8:31-34: “Che diremo dunque riguardo a queste cose?
Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?
Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi
tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti
di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui
che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede
per noi”.
Chi potrà sporgere accuse contro i credenti? Chi li
condannerà? Nessuno! Nemmeno Dio! Gesù è morto per noi per cancellare la colpa
davanti a Dio dei nostri peccati, ma ancora di più è risuscitato e
intercede alla destra di Dio per noi!
Benché la sua opera di espiazione sia terminata, Gesù nella sua qualità di
Sommo Sacerdote presenta e offre continuamente al Padre, senza interruzione
come nostro pegno quella natura umana perfetta sacrificata fino a quanto tutti
i credenti non saranno salvati pienamente in cielo.
Ebrei 7:25-26: “Perciò egli può salvare perfettamente quelli
che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per
intercedere per loro. Infatti a noi era
necessario un sommo sacerdote come quello, santo, innocente, immacolato,
separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli”.
Gesù è in grado di salvarci completamente. Sei salvato dai
tuoi peccati e dall’inferno? Gesù vive per lo scopo di parlare con Dio in
favore degli uomini e per loro conto.
Ma in questi versetti vediamo:
II LA CERTEZZA DELLA SALVEZZA (vv.26-27)
A) La certezza di vedere Dio dopo la morte.
Giobbe era sicuro dell’esistenza della vita dopo la morte e
di Dio! Nonostante la sua condizione attuale, Giobbe per la fede ha una
prospettiva certa per il futuro. Giobbe non ha sempre parlato in questo modo.
La sofferenza l’ha quasi sopraffatto, Giobbe non vedeva nulla, solo morte e
tenebre. Ma ora le nebbie, le nubi del dubbio e dello sconforto si sono
dissolte e Giobbe ha una certezza: un giorno vedrà Dio. La triste situazione di
Giobbe non avrebbe ostacolato questa certezza futura!
Nessuna circostanza, non importa quanto male provasse, non
avrebbe intaccato questa certezza! Giobbe dice dopo la mia pelle. Il senso è
dopo che la sua pelle sarà scorticata, scrostata, consumata dalla malattia,
dalle piaghe aveva un’ulcera maligna su tutto il corpo (Giobbe 2:7; 7:5; 30:30)
o il senso può essere la pelle consumata dai vermi nella tomba (Giobbe 17:14;
24:20) e quindi il corpo consumato, senza il suo corpo,senza la carne vedrà
Dio.
Quando il credente muore va alla presenza di Dio. Quando
Gesù morì c’erano due ladroni con lui: uno riconosceva che quella pena era
giusta per loro, ma non per Gesù e disse a Gesù Luca 23:42-43: “…. ‘Gesù,
ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!’Gesù gli disse: ‘Io ti dico in
verità che oggi tu sarai con me in paradiso’. Il corpo quando muore rimane
nella tomba, ma l’anima va in cielo in attesa della resurrezione.
Paolo in 2 Corinzi 5:6-9: “Siamo dunque sempre pieni di
fiducia, e sappiamo che mentre abitiamo nel corpo siamo assenti dal Signore
camminiamo per fede e non per visione);
ma siamo pieni di fiducia e preferiamo
partire dal corpo e abitare con il Signore. Per questo ci sforziamo di essergli graditi,
sia che abitiamo nel corpo, sia che ne partiamo". (Filippesi 1:23-24).
Noi vediamo:
(1) La contemplazione.
v.27: “Lo
contempleranno i miei occhi”.
Chissà quante volte guardando la televisione e vedendo quei
personaggi famosi, hai pensato di vederli di persona magari per dirgli
qualcosa. Ora il vero credente e non un altro contemplerà Dio, non una star
della televisione o di Holliwood o della
politica o dello sport! Contempleremo il Creatore, il nostro Salvatore! La
parola “contempleranno” (rā˒āh) nell’Antico Testamento è usata con vari
significati: per vedere in modo che si può imparare a conoscere un'altra
persona (Deuteronomio 33:9); per prestare attenzione (Geremia 2:31), trovare
piacere in una situazione (Salmi 22:17; 59:10).
Sicuramente il trovare piacere di stare alla presenza di Dio
e imparare a conoscerlo! Nell’Antico Testamento vedere il volto vale a dire
essere ammesso a vedere Dio era un privilegio (Esodo 24:10; 33:20) ed era anche
pericoloso per la loro vita (Genesi 16:11; 32:30; Giudici 13:22; Isaia
6:5).
Noi lo vedremo senza pericolo di morire! Gesù in Matteo 5:8:
“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”.
Così in 1 Giovanni 3:2 leggiamo: “Carissimi, ora siamo figli
di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che
quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è”.
(Salmi 11:7; 17:15; Isaia 33:17; 1 Corinzi 13:12; Apocalisse 22:1-4).
(2) La contemplazione è personale.
v.27: “Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei
occhi, non quelli d'un altro”.
Giobbe per fede è consapevole che lui personalmente e non
con gli occhi di un altro contemplerà Dio. Che meraviglia il vero credente,
potrà contemplare Dio e avere così un’esperienza personale diretta e non per
sentito dire da un altro!
Ma il credente non lo vedrà come giudice, infatti, vediamo:
B) La certezza di vedere Dio è Serena.
v.27: “ Io lo vedrò a me favorevole”.
Giobbe è convinto che dopo la morte avrebbe avuto un
incontro positivo con Dio! Dio era il suo redentore e gli avrebbe reso
giustizia. Questo fa pensare alla dottrina della giustificazione del credente e
per questo che il credente può affrontare la morte e incontrarsi con Dio serenamente.
Ma vediamo:
(1) La Necessità della giustificazione.
La giustificazione è un atto giuridico di Dio mediante il
quale rende accettabile il peccatore davanti a Se. Tramite la giustificazione,
Dio considera o dichiara giusti i peccatori. Noi credenti con la nostra natura
peccaminosa non possiamo piacere a Dio, allora Dio ha pensato come
giustificarci affinché potesse essere soddisfatto.
Noi vediamo che:
(2) La Modalità della giustificazione.
a) La giustificazione è per grazia di Dio mediante la fede.
Romani 3:23-28: “tutti hanno peccato e sono privi della
gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante
la redenzione che è in Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come sacrificio
propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia,
avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; e per
dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e
giustifichi colui che ha fede in Gesù.
Dov'è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No,
ma per la legge della fede; poiché riteniamo che l'uomo è giustificato mediante
la fede senza le opere della legge”.
La giustificazione non è per le nostre opere, non è per i
nostri meriti, ma è un dono gratuito di Dio! Questo ci libera dall’ansia,
perché se fossimo accettati per le nostre opere, noi non saremmo mai sicuri di
aver superato l’esame, di aver avuto un comportamento sufficientemente
meritevole per ottenere l’approvazione divina.
Anche se faccio il meglio(il problema è che non lo faccio
sempre!) che posso come posso sapere che quel meglio è sufficiente per Dio? Lo
possiamo sperare, ma non possiamo esserne certi. Invece la giustificazione per
la grazia di Dio in Cristo mediante la fede mi assicura, mi da la certezza che
Dio mi accetta così come sono!
b) La giustificazione è solo grazie a Gesù Cristo.
La base meritoria
della giustificazione è Gesù.
Come ci giustifica Dio tramite Cristo? Come può Dio essere
soddisfatto?
• Dio Accredita a noi la giustizia di Gesù.
Il vangelo ci insegna che ciò che non si poteva trovare in
noi e che si doveva cercare in altri, non si poteva trovare in altri se non in
Cristo. Con la sua vita e obbedienza perfetta Gesù ha soddisfatto pienamente la
giustizia di Dio. (Romani 4:5-6;
5:18-19; 8:1-4; 1 Corinzi 1:28-31; 2 Corinzi 5:19-21; Filippesi 3:9).
Dio ci riveste della giustizia di Cristo, perciò la
giustizia non è la nostra, è al di fuori di noi, è di Cristo, che ci viene
imputata, attribuita per grazia di Dio.
Pertanto la giustificazione è una giustizia al di fuori di
noi, di un altro, non è la nostra, ma è un beneficio per grazia di Dio che ha
come fondamento Gesù e lo riceviamo per i meriti di Cristo, perché Cristo non
ha peccato! (Romani 8:1-4).
Dio ci giustifica:
• Addebitando su Gesù i nostri peccati.
Nell’espiazione Gesù soddisfa la giustizia di Dio.
Egli sopporta e prende su di se i nostri peccati e la nostra
colpa per i peccati, subisce al posto nostro l’ira di Dio (2 Corinzi 5:19;
Romani 5:9; Ebrei 10:14).
• Assicurando la giustificazione con la risurrezione di
Gesù.
Pertanto era necessaria non solo la morte, ma anche la
risurrezione di Gesù per la nostra giustificazione (Romani 4:23-25). Paolo
sottolinea che Gesù è morto per espiare i nostri peccati, ma che Dio lo ha
risuscitato per garantire la nostra giustificazione.
La risurrezione di Gesù è una garanzia della nostra
effettiva giustificazione:
1) Perché la risurrezione di Gesù è l’approvazione e l’accettazione
di Dio dell’opera di redenzione di Gesù (Cfr. Filippesi 2.8-11).
Dio è soddisfatto del sacrificio espiatorio di Gesù e l’ha
risuscitato. M.L. Jones scrisse: “La risurrezione è la proclamazione del fatto
che Dio è pienamente e totalmente soddisfatto
dell’opera di suo Figlio sulla croce”.
La risurrezione è una prova evidente e sicura che Dio ha
accettato il sacrificio del Figlio come valevole ad espiare i peccati.
La risurrezione di Gesù è una garanzia della nostra
effettiva giustificazione:
2) Perché la risurrezione completa l’opera di redenzione
della Sua morte.
La morte e la risurrezione sono indissolubilmente unite, se
non ci fosse stata la risurrezione, viene a mancare anche il significato della
Sua morte, noi saremmo ancora nei peccati dice 1 Corinzi 15:17.
Charles Hodge teologo 1800 scrisse: “Con un Salvatore morto,
un Salvatore sul quale la morte avesse trionfato e che avesse tenuto
prigioniero, la nostra giustificazione sarebbe stata per sempre impossibile.
Come, nell’antico patto, il sommo sacerdote doveva non solo uccidere la vittima
sull’altare, ma anche portarne il sangue nel luogo santissimo e spruzzarlo sul
propiziatorio dell’arca, così era necessario non solo che il nostro grande
Sommo Sacerdote soffrisse nel cortile esterno, ma anche che entrasse nel cielo
per presentare la Sua giustizia davanti a Dio per la nostra giustificazione.
Perciò, sia come prova del fatto che Dio ha accettato l’espiazione che Cristo
ha compiuto per noi, sia come passo necessario per garantire l’applicazione dei
meriti del Suo sacrificio, la risurrezione di Cristo fu assolutamente
essenziale anche per la nostra giustificazione”.
La risurrezione è stata necessaria affinché Gesù potesse
fare da mediatore, intercessore e avvocato nostro davanti a Dio, garantendo
così la nostra salvezza. Perciò per questo siamo liberi dall’ansia e dal dubbio
perché la giustificazione non dipende da noi!
John Bunyan: “Ma un giorno, mentre attraversavo il campo, e
anche questo lo facevo con tanta titubanza nella mia coscienza perché temevo
che non tutto fosse giusto, improvvisamente mi balenò nell’anima questa
frase:-la tua giustizia è in cielo- e mi sembrò pure di vedere con gli occhi
dell’anima Gesù Cristo alla destra di Dio; là dico, è la mia giustizia; così
che ovunque o qualunque cosa stessi facendo, Dio non poteva dire di me: Gli
manca la mia giustizia, perché quella giustizia era lì davanti a lui. Vidi
pure, inoltre, che non era la buona disposizione del mio cuore a far migliore
la mia giustizia, ne la mia cattiva disposizione a far peggiore la mia
giustizia, perché la mia giustizia era Lui, Gesù Cristo, lo stesso ieri, oggi,
e per sempre”.
Ancora da Giobbe impariamo che:
C) La certezza di vedere Dio è Struggente.
v.27: “il cuore, dal desiderio, mi si consuma!” (Cfr. Giobbe 7:6; Salmi 31:11).
Se sappiamo che Dio ci accoglierà perché ha perdonato i
nostri peccati in Cristo nostro redentore, avvocato e intercessore è chiaro che
non vediamo l’ora di essere alla Sua presenza consapevoli che ci sono gioie a
sazietà!
Salmi 16:9-11: “Perciò il mio cuore si rallegra, l'anima mia
esulta; anche la mia carne dimorerà al sicuro; poiché tu non abbandonerai
l'anima mia in potere della morte, né permetterai che il tuo santo subisca la
decomposizione. Tu m'insegni la via della vita; vi son gioie a sazietà in tua presenza;
alla tua destra vi son delizie in eterno”.
Così anche in Filippesi 1:21-24 leggiamo: “Infatti per me il
vivere è Cristo e il morire guadagno. Ma se il vivere nella carne porta frutto
all'opera mia, non saprei che cosa preferire.
Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di
essere con Cristo, perché è molto meglio;
ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è più necessario per voi”.
Desideri Dio a tal punto che questo ti consuma?
CONCLUSIONE.
Noi vediamo in questi versetti:
1) Come dobbiamo affrontare la sofferenza.
Dobbiamo avere la certezza che abbiamo un Salvatore e che ci
salverà nel suo regno dopo la morte! La malattia e la morte saranno
definitivamente sconfitte!
2) Non ci sono tanti modi per arrivare a Dio e per avere una
relazione personale con lui!
C’è solo una via Gesù, tutte le altre sono vie fuorvianti!
Abbi fede solo in Gesù!
J.I. Packer dice: “Le coscienze malate sono di due
tipi:quelle non abbastanza consapevoli del peccato, e quelle non abbastanza consapevoli
del perdono”.
Sei consapevole di essere un peccatore? Solo Gesù ti può salvare e nessun altro!
Se il tuo peccato ti sembra grave, Dio ti perdona anche di
questo in virtù del sacrificio e della resurrezione di Gesù.