Giovanni 20:19-31: L'apparizione del Gesù risorto ai discepoli.
Si racconta che Michelangelo visitò alcune grandi gallerie d'arte nelle città europee, è stato profondamente colpito dalla preponderanza di dipinti raffiguranti Cristo appeso alla croce. Egli chiese: "Perché le gallerie d'arte sono piene di tanti ritratti di Cristo sulla croce, del Cristo morente? Perché gli artisti si concentrano su quell’episodio passeggero, come se fosse l'ultima parola e la scena finale? Cristo morto sulla croce è durato solo poche ore. Ma alla fine dell'eternità senza fine, Cristo è vivo! Cristo domina e regna e trionfa!" Che meravigliosa verità che Cristo non è rimasto appeso alla croce! Che meravigliosa verità la resurrezione di Cristo!
La prima apparizione del Signore risorto in questo vangelo è stata a Maria Maddalena (Giovanni 20:14-17).
La seconda apparizione è stata ai dieci discepoli senza Tommaso (Giovanni 20:19-22).
La terza apparizione è stata ai discepoli con Tommaso (Giovanni 20:24-29).
I L’APPARIZIONE DÌ GESÙ PORTA CONFORTO (vv.19-20).
Gli avvenimenti descritti nei versetti 1-18, ebbero luogo presso la tomba dove era stato posto Gesù nella mattina di una domenica, ma che Maria Maddalena, Pietro e Giovanni, trovarono vuota. Ecco che due angeli, vestiti di bianco apparvero a Maria e le chiesero perché piangesse. La donna rispose loro v.13: "Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l'abbiano deposto". Detto questo poi si voltò e vide Gesù, ma non lo riconobbe subito, pensava che fosse l’ortolano. Chiede a Lui se avesse portato via Gesù e dove l’abbia messo, così sarebbe andata a prenderlo. Gesù si fa riconoscere e le disse v.17: "Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va'dai miei fratelli, e di loro: 'Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro'".
Così Maria andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore. Giovanni racconta quanto avvenne la sera, riportandoci in una casa dove erano chiusi dentro i dieci discepoli tranne Tommaso e ovviamente Giuda Iscariota.
I discepoli erano chiusi dentro per timore dei Giudei v.19. Queste porte serrate, erano dotate di bulloni e serrature, il che impediva a chiunque di entrare se non gli fosse stata aperta la porta. Questa circostanza ci ricorda che, se crediamo nella resurrezione di Gesù, non dobbiamo nasconderci per paura degli altri come fecero gli apostoli. Pietro e Giovanni sapevano della resurrezione di Gesù, ma rimasero chiusi, insieme agli altri dentro casa, s’isolarono nel più completo anonimato. Gesù Cristo risorto vive nei nostri cuori e ci dà la potenza di servirlo, perciò apriamo le porte alla gente affinché sappia che siamo discepoli di Gesù senza paura. Queste porte serrate potevano impedire l’accesso ai Giudei, ma non al Signore Gesù risorto, la funzione delle porte chiuse a chiave sia qui che al v. 26, è quello di sottolineare il carattere miracoloso dell'apparizione di Gesù, noi leggiamo al v.19 che: "Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: 'pace a voi'".
“Pace a voi” è convenzionale, è un saluto ebraico (šâlōm). Il “pace a voi” ha un triplice significato importante.
A) In primo luogo è una pace interiore.
Il teologo Giovanni Calvino disse: “ La pace è un dono gratuito e scaturisce dalla pura misericordia di Dio”. Dio dona la pace ai Suoi figli, non è meritata. I discepoli avevano paura dei Giudei, erano turbati e si trovavano senza il loro Maestro, senza la loro guida, quindi smarriti e senza speranza. Gesù aveva detto loro in precedenza che avrebbe dato loro la Sua pace per indicare una pace interiore nel mezzo delle prove e delle persecuzioni.
Giovanni 14:27: "Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti". Così anche in Giovanni 16:32-33: "L'ora viene, anzi è venuta, che sarete dispersi, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo".
Dunque a livello individuale, questa pace mantiene la calma in mezzo alle difficoltà e dissolve la paura. Questa è la pace che custodisce i nostri cuori e le nostre menti contro l'invasione dell’ansia (Filippesi 4:7). Di questa pace Gesù dice: "Io non vi do come il mondo dà". Come può il mondo dare una vera pace se nel mondo c’è odio, egoismo, amarezza, malizia, ansia, orgoglio e paura? Il mondo non dà una vera pace e quella che dà è passeggera. I profeti di questo mondo dicono che vi è la pace, mentre la pace non c’è! (Geremia 6:13).
Non cercare la pace altrove, non la troverai, solo Gesù ti può dare la vera pace!
B) In secondo luogo è una pace relazionale.
Non vi è pace interiore senza la pace con Dio dal quale abbiamo il Suo sorriso. William Hendriksen: “ La pace è il sorriso di Dio riflessa nell'anima del credente”. Prima di morire Gesù aveva detto ai discepoli che sarebbero stati dispersi e che lo avrebbero lasciato solo (Giovanni 16:32), così è stato quando fu arrestato (Giovanni 18:8-9) e fu condotto da solo dal sommo sacerdote e poi da Pilato. I discepoli, specialmente Pietro, che lo aveva rinnegato tre volte (Giovanni 18:17-18,25-27), dovevano provare una grande vergogna per aver abbandonato da solo il loro Maestro.
Quel “pace a voi”, avrebbe risuonato nel loro cuore come un dolce suono, dimostrava che Gesù non stava facendo pesare su di essi, i loro fallimenti nei suoi riguardi, ma stava invece soffrendo loro una relazione rinnovata. Solo tramite la croce l’uomo può essere riconciliato con Dio! (Romani 5:1,9-11 2 Corinzi 5:18-21; Colossesi 1:20). La pace è stata ratificata nel momento in cui Gesù dichiarò, pochi attimi prima di morire sulla croce: “tutto è compiuto!” (Giovanni 16:33).
Onde evitare qualche dubbio, Gesù fa vedere loro i segni della Sua crocifissione e i dieci discepoli si rallegrarono v.20. I discepoli erano pieni di gioia quando videro il Signore. Era venuto a loro e trasformato il loro dolore in gioia, proprio come aveva promesso precedentemente in questo Vangelo (Giovanni 14:18; 16:20-22).
La gioia è una benedizione principale del regno di Dio (Isaia 25:6-9; 54:1-5; 61:1-3). Il cristianesimo è gioia e pace nel Signore, il Cristo risorto reca gioia e pace, perché in Lui abbiamo il perdono dei peccati. In Gesù, benché pecchiamo, ogni giorno possiamo avere il perdono dei peccati, dalla pienezza di Gesù abbiamo grazia su grazia (Giovanni 1:16); come le onde del mare, onda su onda (abbondanti e continue). Dove il peccato abbonda, la grazia sovrabbonda ( Romani 5:21).
C) In terzo luogo è una pace del regno messianico atteso nell’Antico Testamento.
La pace una delle caratteristiche fondamentali del regno messianico come attestato diverse volte. (Numeri 6:26; Salmi 29:11; Isaia 9:6-7; 52:7; 54:13; 57:19; Ezechiele 37:26; Aggeo 2:9. Questa pace compie nel Nuovo Testamento (Atti 10:36; Romani 1:7; 5:1; 14:17). Nel suo contesto dell'Antico Testamento, pace significa benessere.
“Pace” raccoglie tutte le benedizioni del regno di Dio, è la vita al suo meglio sotto la mano benevola di Dio in Gesù Cristo. Gesù, perciò quella sera, diede il primo vero autentico conferimento di pace nella storia del mondo grazie alla Sua morte e alla Sua resurrezione!
Ma in questi versetti vediamo che:
II L’APPARIZIONE DÌ GESÙ PORTA UN COMPITO (vv.21-22).
A) In primo luogo vediamo l’esempio del compito.
Gesù ripete il Suo saluto: “Pace a voi!” Stavolta, però è accompagnato da una commissione, da un compito importante: “Come il Padre mi ha mandato, così io mando voi”.
Gli apostoli sono stati incaricati a portare avanti l'opera di Cristo come anche dirà in Matteo 28:18-20, quindi fare discepoli, ma questo non si riferisce solo a loro, ma anche ai credenti di oggi! La missione degli apostoli e quindi anche la nostra.
(1) L’esempio di Gesù abbraccia il Suo atteggiamento verso il Padre.
Gesù è stato obbediente in modo perfetto al Padre, non si è tirato indietro.
Filippesi 2:5-8: "Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". Anche se in questo passo, Paolo mette in evidenza solo l’ubbidienza di Gesù e non a chi ha obbedito, comunque si riferisce a Dio e non agli uomini, anche se Gesù si è sottomesso gli uomini, ma lo ha fatto per obbedienza a Dio (Vedi Isaia 50:5; Marco 14:35-36; Romani 5:19; Ebrei 5:8; 10:5-8). Il Vangelo di Giovanni parla spesso di Gesù mandato dal Padre nel mondo per fare la Sua volontà (Giovanni 6:38-39; 8:29); per riportare le Sue parole (Giovanni 3:34; 8:28; 12:49;14:24; 17:8), per compiere le Sue opere (Giovanni 4:34; 5:36; 9:4) e per portare la salvezza (Giovanni 3:16-17).
Gesù era zelante Giovanni 2:17; quindi siamo chiamanti ad essere zelanti nel servire Dio! Romani 12:11: "Quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore".
“Zelo” (spoudé) indica l’attività, urgenza, mentre “ferventi” (zéō) indica bollire come l’acqua in pentola, avere un grande fervore. Noi siamo chiamati a dare il meglio di noi stessi nel servire il Signore.
Noi troviamo molti esempi nel mondo dello sport, del lavoro e così via di persone che sono zelanti, appassionati che danno tutto per ciò che credono come un l’ inglese Sir Joshua Reynolds (Plympton, 16 luglio 1723 – Londra, 23 febbraio 1792) fu uno dei pittori più illustri del suo tempo e, in risposta alla domanda come ha raggiunto l'eccellenza, egli rispose: "Osservando una semplice regola, cioè rendere ogni quadro il meglio possibile".
Non dovremmo essere così appassionati per il Signore dare il meglio possibile? Nel servizio cristiano, i credenti, che hanno una mente trasformata non devono essere pigri o apatici nel servire il Signore. Non tutti i cristiani hanno grandi capacità mentali, capacità oratorie o hanno una personalità estroversa, o sono grandi predicatori, ma tutti dovrebbero essere zelanti. Pertanto non prendiamo scuse se non ci sentiamo all’altezza e nemmeno di dormire sugli allori, siamo chiamati a servire il Signore, punto e basta!
Dunque:
(2)L’esempio di Gesù abbraccia il seguire il Suo atteggiamento verso gli altri.
Quindi noi siamo chiamati a seguire l’esempio di Gesù, ovviamente per quello che ci è possibile secondo la volontà di Dio. Seguire il modello di Gesù non significa fare le stesse cose che faceva Lui, non possiamo, per esempio morire in croce per i peccati del mondo, ma possiamo seguire il principio del dare agli altri (Atti 20:33-35), nel servire gli altri per il loro progresso spirituale (2 Corinzi 12:14-15; Filippesi 2:17). Perciò il modello abbraccia l’umiltà, l’amore; spirito sacrificio Filippesi 2:5-8; 1 Tessalonicesi 2:7-8.
Non possiamo dire: “se faccio questo, quando mi costerà.” Ma lo facciamo perché sappiamo che quella è la volontà di Dio e agiremo per amore di Gesù e il bene del prossimo! Purtroppo dobbiamo ammettere che oggi nel nostro cristianesimo c’è più sentimento che spirito di sacrificio. Il segno del nostro amore per Gesù è la misura del sacrificio che siamo disposti a fare per il progresso dell’opera Sua. Noi dobbiamo pensare in termini di avere riconoscimenti, perché Dio è la nostra ricompensa per ogni sacrificio! Avere Dio e avere tutto!
Non c’è sacrificio troppo grande che possiamo fare per Gesù come dice C. T. Studd: “Se Gesù Cristo è Dio ed è morto per me, allora nessun sacrificio può essere troppo grande per me da fare per lui”.
(3) L’esempio di Gesù abbraccia l’autorità.
“Come il Padre mi ha mandato, così io mando voi”.
“Mi ha mandato” (apéstalka tempo perfetto), indica che la missione di Gesù continua ancora e che la missione divina non è solo nelle mani degli uomini. Non significa che gli apostoli iniziano un’opera nuova e lo fanno per conto loro, gli apostoli sono incaricati a portare avanti l’opera di Cristo sotto l’autorità di Cristo! Non sono due missioni diverse, con insegnamenti diversi e secondo la propria autorità, ma portando gli insegnamenti di Gesù sotto l’autorità di Gesù come Lui del resto è venuto sotto l’autorità del Padre (Matteo 11:27; Giovanni 3:35).
Matteo 28:18-20: "E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: 'Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente'".
La missione di Gesù continua attraverso la nostra missione secondo la sua autorità divina. Gesù manda e ci accompagna! Quindi l’autorità non è nel predicatore, ma in Cristo che accompagna il predicatore! In una partita di calcio, il potere non è nel calciatore, se è bravo e talentuoso o grintoso e muscoloso, ma in un uomo in divisa (nera, fuxia, o gialla) e fischietto in bocca. L'arbitro è l'unico ad avere autorità suprema nel gioco. Egli solo ha il potere di fermare il gioco e buttare fuori dal campo i giocatori che non rispettano le regole. Questo è il tipo di autorità che ha Gesù. Nonostante i tentativi di Satana di controllare l'universo e gli uomini, Gesù dirige la partita. Egli controlla il campo di gioco. Se ci accingiamo a compiere la sua missione, dobbiamo operare sotto la sua autorità!
B)In secondo luogo vediamo l’energia per il compito.
D. Martyn Lloyd-Jones: “Se fosse possibile mettere lo Spirito Santo in un libro di testo di farmacologia lo avrei messo sotto gli stimolanti, perché è lì che appartiene”.
Lo Spirito Santo è l’energia, la forza, la potenza per realizzare il compito del Signore è lo Spirito Santo.
v.22: "Detto questo, soffiò su di loro e disse: 'Ricevete lo Spirito Santo…'". Questo passo è stato interpretato in vari modi per armonizzarlo con la discesa dello Spirito Santo alla Pentecoste. Al di là di quale possa essere la giusta interpretazione, comunque sia, vediamo che lo Spirito Santo prese il posto di Gesù nella vita degli apostoli e questo va visto alla luce del servizio cristiano, della missione dei credenti.
(1) Lo Spirito Santo è un dono promesso.
Gesù aveva promesso lo Spirito Santo più volte in questo Vangelo (Giovanni 4:10,13-14; 7:37-39; 14:16-17,26,28; 15:26-27; 16:7-15).
(2) Lo Spirito Santo è un dono per tutti i veri credenti.
“Un cristiano non può essere sempre consapevole della presenza dello Spirito Santo, ma non sarebbe neanche un cristiano in sua assenza”. John Blanchard.
Lo Spirito Santo è in tutti i veri credenti nati di nuovo. Non è solo per gli apostoli. Così afferma Paolo (Efesini 1:13-14; Romani 8:9).
(3) Lo Spirito Santo è un dono primario.
Lo Spirito Santo è di primaria importanza. Gesù soffiò (emphusáō) su di loro lo Spirito Santo. Questo ricorda quando Dio soffia la vita nell’uomo formato dalla polvere (Genesi 2:7); Elia che soffiò nelle narici del figlio morto della vedova (1 Re 17:21), ma soprattutto (Ezechiele 37:9-14) il quale doveva profetizzare allo Spirito di soffiare ai morti affinché potessero rivivere.
La potenza dello Spirito Santo è dimostrata dal fatto che ha creato materialmente ogni cosa (Salmi 104:29), che ha formato Gesù uomo senza peccato nel grembo di Maria (Luca 1:35), nel risuscitare Gesù dai morti (Romani 8:10-11). Così come è stato in grado di dare la vita materiale, è in grado di dare la vita spirituale.
Non c’è vita cristiana, non c’è rigenerazione senza lo Spirito Santo (Tito 3:5-7) e quindi potenza nel servizio senza lo Spirito Santo come leggiamo in Atti 1:8: "Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra". Questa promessa si è realizzata nella vita degli apostoli come leggiamo nel libro degli Atti. Non possiamo servire il Signore efficacemente senza lo Spirito Santo.
Oltre alla resurrezione di Gesù, ciò che ha reso coraggiosi e potenti nella predicazione gli apostoli era lo Spirito Santo! Senza lo Spirito Santo non saremo efficaci, non ci sarà potenza, non ci sarà la vita, non ci saranno persone trasformate! Un cristiano avendo la pienezza dello Spirito Santo e la Bibbia in mano non avrà bisogno di niente altro nella sua testimonianza! L'evangelista D.L. Moody diceva: "Non c'è un evangelista migliore nel mondo che lo Spirito Santo".
C) In terzo luogo vediamo l’entità del compito.
v.23: "A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti". Questo non significa che gli apostoli e quindi anche oggi certi uomini, avevano e hanno il potere da Dio di assolvere i peccati degli uomini. La confessione fatta a un uomo dei propri peccati non ottiene il perdono di Dio! Solo Dio può perdonare i nostri peccati (Salmi 32:1-2; Isaia 38:17; 44:22; Luca 5:21-24). Il senso di queste parole è dichiarativo, cioè non è l'assoluzione dei peccati in sé, ma solo la dichiarazione del perdono dei peccati e non il potere di assolvere i peccati. Dichiarare quanto è stato fatto da Dio al peccatore che crede e si pente dei propri peccati, cioè il perdono dei peccati.
L’uomo non può assolvere i peccati, non ha l’autorità di assolvere o di ritenere i peccati degli uomini, ma può proclamare il perdono dei peccati che Dio opera in Cristo! Quelli che rifiutano di accettare il perdono inevitabilmente rimangono nei loro peccati. Giovanni si concentra sulla proclamazione del perdono (in caso di pentimento) o di ritenzione dei peccati (in caso di rifiuto di una persona a credere e a pentirsi).
Questo è confermato in Luca 24:46-47: "Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme".
Gesù perdona i peccati in risposta al ravvedimento predicato. Del resto noi vediamo nel Nuovo Testamento che gli apostoli non si sono mai arrogati della facoltà di assolvere i peccati, né nel libro degli Atti, ne nelle lettere, non si legge che gli anziani o i vescovi hanno l’autorità di ricevere la confessione e di assolvere dai peccati. I discepoli non avevano il potere di perdonare i peccati (solo Dio può rimettere i peccati), ma Gesù ha dato loro il privilegio di proclamare ai nuovi credenti che i loro peccati sono stati perdonati perché hanno accettato il messaggio di Gesù.
Tutti i credenti hanno questo stesso privilegio. Siamo in grado di annunciare il perdono dei peccati con certezza quando il peccatore si pente dei propri peccati davanti a Dio e crede in Gesù (Atti 20:21).
III L’APPARIZIONE DÌ GESÙ PORTA UNA CERTEZZA (vv.24-28).
A) La diffidenza di Tommaso.
vv.24-25: "Or Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesù. Gli altri discepoli dunque gli dissero: 'Abbiamo visto il Signore!' Ma egli disse loro: 'Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò'".
Se fosse stato presente quando il Cristo risorto apparve ai dieci discepoli (vv.20-21), senza dubbio anche lui avrebbe creduto. Perché lui non era presente, quella domenica di pasqua, non è ci è stato detto, ma nella provvidenza di Dio, la sua assenza e la sua successiva dichiarazione di fede hanno generato una delle più grandi confessioni Cristologiche nel Nuovo Testamento. Informato dai suoi condiscepoli, Tommaso è diffidente riguardo, la resurrezione di Gesù, richiede non solo un segno palpabile, ma anche la prova più personale e concreta che la persona che conosceva era stata uccisa in un modo specifico e quindi che era effettivamente risorta dai morti.
Come conferma il v.27, il Gesù risorto aveva una continuità fisica con il Gesù crocifisso.
In Giovanni 4:48 leggiamo che Gesù aveva previsto questo atteggiamento. Tommaso è un paradigma di tanti cristiani che sono capaci di grandi parole di consacrazione Giovanni 11:16, ma contraddittoriamente anche di esitazioni nella fede.
B) La dimostrazione di Gesù.
vv.26-27: "Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: 'Pace a voi!' Poi disse a Tommaso: 'Porgi qua il dito e vedi le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente'".
Dopo otto giorni, il Signore appare nello stesso modo di prima. Gesù sapeva le condizioni poste da Tommaso riguardo al credere alla Sua resurrezione, benché non fosse presente quando Tommaso rispose ai suoi condiscepoli quando gli dissero che Gesù era risuscitato dai morti. Gesù, cogliendo la sfida del discepolo diffidente, gli ordina di toccare i segni delle sue ferite.
Il corpo del Cristo risorto è il corpo del Cristo sacrificato. Questo dimostra che il corpo risuscitato di Gesù, anche se poteva passare attraverso le porte chiuse, era fisicamente reale, non era un fantasma! Gesù così rimuove tutti i possibili motivi di incredulità del discepolo e gli ordina di credere, e a non essere incredulo!
C) La dichiarazione di Tommaso.
Certamente davanti quell’apparizione, Tommaso non ha bisogno più di vedere i segni dei chiodi e della lancia, il vederlo fu più che sufficiente. Tommaso fa una delle più dichiarazioni cristologiche che troviamo nel Nuovo Testamento v.28: "Tommaso gli rispose: 'Signor mio e Dio mio!'"
(1) È una dichiarazione riguardo la divinità di Gesù.
L’imperatore Domiziano voleva essere adorato egli stesso come Signore e Dio, ma è chiaro che non lo era e forse queste parole storiche di Tommaso riguardo a Gesù sono state riportate per dichiarare chi è il vero Signore e Dio! Questa dichiarazione riflette il riconoscimento più importante che troviamo in questo Vangelo riguardo a Gesù. La sua espressione non si limita a riconoscere la realtà della risurrezione di Gesù, ma esprime il suo senso ultimo, cioè la rivelazione di chi è Gesù.
Lo scettico più inflessibile ci ha lasciato la confessione più profonda. Benché dice “mio”, non significa che sia una confessione di fede personale, Tommaso riconosce ciò che Gesù è in realtà. Tommaso, oltre a credere che Gesù risuscitò, confessò Gesù come Signore e Dio! Notate che è scritto che: “Tommaso gli rispose”, cioè rispose a Gesù: “Signor mio e Dio mio”, Tommaso si stava riferendo a Gesù, perciò non è una esclamazione, ma un riconoscimento, una confessione che proveniva dal profondo dell’anima di Tommaso riguardo la natura divina di Gesù.
Nell’Antico Testamento "Signore" e "Dio" sono spesso giustapposti con riferimento al Signore (Yhwh) ad esempio in Salmi 35:23-24.
Noi vediamo che Gesù è chiamato Signore (Kyrios) nel resto del Nuovo Testamento (Romani 10:9; 14:9; 1 Corinzi 8:4-6; 12:3). La confessione della Signoria di Cristo non è solo espressione di devozione personale, ma a sua volta è fondata sul dato di fatto: che Gesù è Signore di tutto il cosmo. Ma Gesù è chiamato anche Dio(Theós; Giovanni 1:1-3,14-18; Romani 9:5; Filippesi 2:6; Tito 2:13).
(2) È una dichiarazione che ha implicazioni pratiche.
Il pronome personale “Mio” (Signor mio e Dio mio), è importante, indica che per Tommaso il Gesù risorto e quindi ogni credente appartiene a Gesù come suo servo completamente disposto a fare la Sua volontà e a servirLo come merita (Romani 1:1) ad adorarLo e ubbidirGli (Giovanni 5:23; Matteo 28:17-20; Romani 12:11); a cui diamo e daremo conto (1 Corinzi 4:4; Atti 17:31).
(3) È una dichiarazione di fede culminante e funge da ponte per i credenti futuri.
V.29: "Gesù gli disse: 'Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!'" Gesù non lodò tanto Tommaso per la sua fede, piuttosto pronunciò una benedizione per coloro che avrebbero creduto in Gesù senza averlo visto risorto!
L'enfasi in questo versetto naturalmente, non è su Tommaso, ma su quelli che non lo hanno visto risorto, ma che avrebbero creduto. La loro è una fede suscitata dalla parola del Vangelo, dalla predicazione (Romani 10:17).
Questi sono beati (makários) cioè nella condizione di benedetti, felici, che sono accettati da Dio, che hanno una relazione con Dio! Quindi i beati sono coloro che, pur non avendo visto il Cristo risorto, condividono la fede di Tommaso che ha visto il Cristo risorto!
Non abbiamo il diritto di chiedere a Dio di dimostrare se stesso, di darci delle prove (benché ce ne siano diversi) prima di decidere a credere, ma lui ha tutto il diritto come il nostro Creatore, di aspettarsi la nostra fede e obbedienza.
Il fatto che Dio benedice coloro che credono, è semplicemente un dono aggiunto della sua grazia,non è nemmeno nostro merito (Giovanni 6:44; Filippesi 1:29).
I vv.30-31 non sono messi a caso, il racconto della dichiarazione di Tommaso conduce con naturalezza allo scopo per cui è stato scritto questo Vangelo coni segni miracolosi che racconta riguardo Gesù, lo scopo è affinché le persone che leggono credano che Gesù è il Cristo, il Messia, il Figlio di Dio e affinché credendo abbiate vita, la salvezza nel Suo nome dice Giovanni.
1) Da Tommaso impariamo la fatica della fede.
A volte credere è una fatica. L'esperienza di Tommaso ci fa capire che la fede a volte è in difficoltà (Marco 9:24). A volte c’è una vera e propria lotta interiore, a volte è una lotta dura, all’ultimo sangue, ma il Signore ci viene incontro come ha fatto Gesù con Tommaso.
2) Da Tommaso impariamo la forza della fede.
Per grazia di Dio, la fede di Tommaso ne è uscita vittoriosa. Dio non abbandona i Suoi! Dio è fedele! Tommaso con gli altri apostoli è stato usato per la nascita della chiesa a Gerusalemme, ma secondo la tradizione ha anche portato il Vangelo fino all'India e dato la sua vita per Cristo. Tommaso, pertanto, non è solo semplicemente il rappresentante di chi è scettico, ma il dubbioso che diventa convinto fino anche a dare la propria vita per Gesù!
3) Da Tommaso impariamo il frutto della fede.
Una vera fede manifesta adorazione e servizio in ubbidienza totale.
Chi ha fede in Gesù Cristo lo adora, lo serve e gli ubbidisce (Efesini 2:8-10; Giacomo 2:14-26).
4) Da Tommaso impariamo la finalità della fede (1 Pietro 1:8-9).
Lo scopo di Dio è dare la vita ai credenti, è di glorificare se stesso nel salvare gli eletti (Efesini 1:3-14).
CONCLUSIONE.
Riepilogando chi ha sperimentato il Cristo risorto:
1)Ha pace e gioia perché è consapevole che il Signore e Dio Gesù Cristo è vivo e controlla ogni cosa!
2)Serve Gesù consapevole della Sua autorità e dell’energia che proviene dello Spirito Santo.
3)Ha una fede praticante.
Questo passo ci parla del risveglio che hanno avuto gli apostoli! Oggi molti credenti e chiese hanno bisogno di un risveglio. Quante chiese e credenti sono in coma spiritualmente parlando! D. M. Paton: “Risveglio è l'irruzione dello Spirito di Dio in un corpo che rischia di diventare un cadavere”. I risvegli nascono per opera dello Spirito Santo, che opera in modo sovrano negli uomini e dalla consapevolezza delle grandi opere di Dio, e dei nostri limiti umani.
La resurrezione di Gesù una grande opera di Dio, gli apostoli furono risvegliati da questa evidente verità e la loro fede prese nuovo vigore….. i risultati sono evidenti nel libro degli Atti.