Fai una donazione per il sito

Cerca nel blog

Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

La chiamata al discepolato. La Sovranità di Gesù.


Marco 1:16-20: La chiamata al discepolato. La Sovranità di Gesù.
Forse ci saremmo aspettati che Marco riportasse prima di ogni altra cosa un miracolo spettacolare di Gesù, o un sermone potente, oppure qualche altra cosa sensazionale, invece riporta la semplice chiamata di quattro semplici uomini (quattro pescatori) per essere Suoi discepoli. 
Forse ci saremmo anche aspettati che Marco raccontasse tutti i particolari relativi al tempo, al luogo, alle circostanze precise di questa chiamata, ma non lo fa, mostra solo l’essenziale, ciò che reputa veramente rilevante. 
In questo brano vediamo la chiamata di quattro discepoli in due momenti diversi. Con Giovanni in prigione Gesù avrebbe potuto decidere di continuare a esercitare il Suo ministero da solo, ma ha scelto di non farlo perché evidentemente aveva delle ragioni molto importanti. 

L’obiettivo di Gesù era di raccogliere intorno a sé una comunità a cui Egli poteva insegnare le verità del Regno di Dio, verità spirituali e pratiche, in modo tale che i discepoli le avrebbero insegnato ad altri secondo il Suo compito (Matteo 28:18-20). 
Gesù ha cominciato a predicare il Suo messaggio (Marco 1:14-15), ora deve raccogliere intorno a sé uomini che possono insegnare ad altri il Suo insegnamento in modo che possano diventare anche loro partecipi di questo. Pertanto ha ragione C.E.GraHam Swift quando dice: “La scelta e la preparazione dei Dodici, che avrebbero condiviso con Lui la proclamazione della Buona novella e continuato a farlo dopo la Sua ascensione, fu una questione di importanza vitale nel ministero di Gesù”.
C’è anche un altro motivo, per cui Gesù ha deciso di avere con sé dei discepoli: affinché potessero essere testimoni della Sua vita, della Sua natura, come anche dei fatti più importanti della Sua vita sulla terra. Dei dodici (Matteo 3:13-19), tre di questi (Pietro, Giacomo e Giovanni) hanno avuto il privilegio in tre occasioni speciali, infatti furono testimoni del miracolo di Gesù della resurrezione del figlio del capo della sinagoga Iairo (Marco 5:37), la trasfigurazione (Marco 9:2) e il momento dell’agonia di Gesù nel giardino del Getsemani Marco 14:33). 
Tutti i discepoli furono testimoni della resurrezione di Gesù (Atti 2:21-22; 2 Pietro 1:16; 1 Giovanni 1:1-4). Marco in questo breve passo vuole sottolineare in primo luogo la chiamata dei discepoli, attestando che erano presenti all'inizio e quindi legittimi portatori dell’insegnamento di Gesù (cfr. Luca 1:1-2; Atti 1:21-22; 10:37-39). 
In secondo luogo, l'evangelista vuole indicare il rapporto integrale tra Gesù e i discepoli (Vedi anche Marco 3:13-19;6:7-13; 8:31-38). Questa interazione di Cristologia e di discepolato offre uno dei temi centrali nel Vangelo di Marco. 
La storia della loro chiamata, prima quella di Simone (Pietro) e Andrea, poi quella di Giacomo e Giovanni, benché si tratti del contesto del settore della pesca a cui appartenevano, rappresenta gli elementi essenziali del discepolato validi ancora oggi. 
In questa predicazione vedremo la sovranità di Gesù in relazione alla chiamata al discepolato.

Nella sovranità di Gesù vediamo che:
I GESÙ ELEGGE I DISCEPOLI PER SERVIRLO (vv.17-20).
Gesù sceglie i discepoli.
vv.17-18: “Gesù disse loro: ‘Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini’. Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono”.
“Seguitemi” (Deute opisō mou – letteralmente è: venite dietro me - imperativo aoristo attivo). 
Nei vv.19-20 leggiamo: “Poi, andando un po' più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono dietro a lui”.

In questa elezione vediamo:
A) La chiamata al discepolato.
Gesù ordinò a Simone e Andrea con un “forte comando militare”, i due hanno reagito come se avessero ricevuto un ordine da un ufficiale superiore. “Seguitemi” è un termine importante che non indica solo semplicemente andare dietro Gesù fisicamente, ma indica, appunto, il discepolato (Marco 2:14; 8:34; 10:21,28-29; Giovanni 21:19; cfr. 1 Pietro 2:21). 
Indica che Gesù li chiamava a diventare Suoi discepoli e implica accettare Gesù come il proprio leader.
“Seguirono” (ēkolouthēsan- aoristo indicativo attivo) è accompagnare, percorrere la stessa strada, è utilizzato sia in senso letterale (Marco 5:24; 6:1,10), ma anche seguire come un discepolo (Marco 2:14, 8:34, 9:38, 10:21, 28, 15:41).
La stessa cosa vediamo con i fratelli Zebedeo, Gesù li chiamò al discepolato.
“Chiamò” (ekalesen- aoristo indicativo attivo) indica una persona che è invitata da altri (Matteo 20:8, 22:3, Luca 14:7-9), ma qui ha un significato teologico per indicare la chiamata al discepolato (Matteo 9:13; Marco 2:17; Luca 5:32; cfr.1 Corinzi 15:9; Galati 1:15). Sempre in modo teologico questa parola è usata per la chiamata alla salvezza (Romani 8:30; 9:11,24-25; 1 Corinzi 1:26). 
Dunque, il discepolo è scelto e chiamato da Dio e non viceversa.
“Andarono” (apēlthon-aoristo attivo indicativo) indica andare via, separarsi per seguire qualcuno; ha un senso radicale e un nuovo inizio, lasciare un posto per diventare un seguace di qualcuno, andare dietro, seguire qualcuno, in questo caso Gesù. Pertanto troviamo la stessa idea di discepolato della parola: “seguirono” del v.18 (ēkolouthēsan).
Il discepolato è una chiamata per tutti i credenti, tutti i credenti sono discepoli come vediamo nel libro degli Atti (Atti 6:1-2,7; 9:10,19; 14:20-22; 15:10), ma lo vediamo anche dal grande mandato che Gesù ordina ai dodici e cioè di fare discepoli tutti i popoli (Matteo 28:18-20).
La chiamata alla salvezza di Cristo è una chiamata a essere Suoi discepoli. L’idea che uno può decidere di diventare un discepolo successivamente alla professione di fede non sembra in armonia con il Vangelo.
Essere discepolo ed essere cristiani non sono separati! Non esiste nella Bibbia una differenza tra l’essere un cristiano e l’essere un discepolo. Alcuni insegnano che un cristiano è colui che accetta per fede Gesù come Salvatore, riceve la vita eterna ed è sicuro nella famiglia di Dio, invece un discepolo, secondo sempre questo insegnamento, è più attivo nella pratiche delle discipline spirituali e nella formazione degli altri. Ma la salvezza, che è legata alla croce, alla morte di Gesù, va mano nella mano con l'essere discepoli di Gesù.
Nel Vangelo di Marco per esempio vediamo la salvezza in azione, come Gesù chiama gli esseri umani in un rapporto di discepolato con Lui. Dal Vangelo di Marco vediamo che il discepolato è il segno della salvezza, il segno che una persona è stata salvata da Gesù (cfr. Marco 1:16-20, 2:14; 8:31-38; 9:47; 10:17-31).
Essere salvati dai peccati, quindi accettare Gesù come personale Salvatore e Signore, non significa che vi sia una separazione con il discepolato, ogni vero cristiano sarà un discepolo di Gesù e lavorerà con l’aiuto dello Spirito Santo a essere un discepolo maturo di Gesù.
Il discepolo secondo la visione Biblica, è un’esperienza permanente per tutti i credenti, dove persone imperfette sono modellate nella stessa immagine di Gesù, segnate dalla crescita (Romani 8:29; Galati 4:19; 2 Corinzi 3:18; Efesini 4:13).
Il cristianesimo implica un cambiamento radicale di vita, la consacrazione di noi stessi, delle nostre anime, dei nostri corpi a Dio in modo totale. È dannoso distinguere il cristiano dal discepolo perché in questo modo il cristiano non seguirà Cristo e sarà giustificato a non seguire Cristo, mentre ogni cristiano è chiamato a seguire Cristo,
“Discepolato” è un termine ampiamente accettato che descrive la vita del discepolo in corso. Questa parola non è proprio una pura espressione Biblica, ma un derivato. Come vediamo nei Vangeli, i discepoli seguivano Gesù durante il Suo ministero terreno.
“Discepolato” è il rapporto maestro-discepolo come appunto quello di Gesù con i discepoli, e si applica all’esperienza cristiana e al modo di vivere. 
Il discepolato è la condizione e il processo di seguire Gesù. Non è a breve termine, non è un programma o un evento, è un modo di vivere, non è per un tempo limitato, ma per tutta la nostra vita. 
Il discepolato coinvolge il salvare le persone dal peccato, da sé stesse e dall’inferno e permettere a Dio una trasformazione, un cambiamento dall’interno verso l’esterno attraverso l’insegnamento della Parola di Dio. 
Nel versetto 17, Gesù stava chiedendo a questi uomini di diventare Suoi discepoli ed essere pescatori di uomini per fare di loro Suoi discepoli (Matteo 28:18-20), è una chiamata al servizio.
Il vero discepolato si verifica quando una persona trasformata dalla Parola di Dio, irradia Cristo a coloro che lo circondano. Quando una persona sperimenta veramente l’amore di Dio e la salvezza, influenzerà coloro che la circondano. 
Il discepolato comporta il vivere in intima unione e comunione quotidiana con Cristo, non è solo per i principianti o per alcuni credenti, ma è per tutti i credenti ogni giorno della loro vita. 
Gesù disse loro: "seguitemi", questo significa riconoscere Gesù come Signore, per seguire il Suo insegnamento, la Sua vocazione, il Suo esempio, e unirsi al Suo gruppo. Il discepolo, è una persona che impara a vivere come il suo Maestro (Gesù) vive.
Il discepolato è più che conoscere ciò che il Maestro sa, significa cercare di essere quello che il Maestro è. Implica anche continuità e perseguire un obiettivo: servire Cristo (il Maestro).
L'espressione "seguitemi" indica che Gesù non ha chiamato Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni in un partenariato tra pari, ma per essere Suoi seguaci e servitori. 

In questa elezione troviamo:
B) Una chiamata diversa da tutti le altre chiamate.

(1) È una chiamata diversa da quella degli uomini di Dio dell'Antico Testamento.
Né Mosè, né i re, né i vari uomini di Dio, né i profeti, chiamavano le persone, di regola, a seguirli. La chiamata, invece, era quella di camminare nelle vie di Dio e secondo le Sue leggi (Cfr. per esempio Deuteronomio 6:4-9;6:13-17;8:6-11; 13:5). 
L’unico esempio che troviamo nel seguire un profeta, è la chiamata di Elia su Eliseo in 1 Re 19:19-21, ma è una chiamata diversa perché Elia, consente ad Eliseo di tornare a casa e dire addio a sua madre e suo padre, mentre la fedeltà a Gesù da parte dei discepoli non permette neppure nemmeno di dare l’addio alla famiglia, il discepolato comporta una rinuncia radicale agli affetti familiari (Luca 9:57-62), il mettere Gesù sopra ogni cosa, anche delle persone più care (Luca 14:26). 

(2) È una chiamata diversa dai dottori della legge ai tempi di Gesù.
I dottori della legge avevano discepoli che venivano a loro per essere istruiti appunto nella legge, era il discepolo che sceglieva, adottava il maestro da seguire per imparare da lui, ma nessuno di questi maestri diceva ad altri: "seguitemi". 
Su questo punto particolare Gesù era un leader molto diverso dai rabbini e dagli scribi del giudaismo. Non ci sono storie rabbiniche analoghe di questo tipo di chiamata di discepoli. 
A differenza della chiamata decisiva che viene da Gesù, l'ingresso in una scuola rabbinica dipendeva dall'iniziativa dello studente aspirante, non dalla chiamata di un rabbino. 
Il rilievo personale che Gesù assume nella chiamata dei quattro pescatori è molto inusuale nella tradizione ebraica nel suo complesso (Edwards, J. R.).
Piuttosto che essere scelto dai Suoi discepoli come un rabbi (cfr. Matteo 8:19) al fine di studiare la legge come nel giudaismo, Gesù invece, sceglie e chiama i Suoi discepoli autorevolmente a unirsi a Lui (Marco 1:17; 3:14; 6:7; cfr. Giovanni 15:16). 
Non è stata dunque la loro iniziativa, non è un’iniziativa da parte dell’uomo, ma è un’iniziativa di Dio, l’uomo è chiamato a lasciare tutto per seguirlo. 

In questa elezione troviamo:
C) È una chiamata irresistibile.
Nel verbo “seguitemi” Marco mostra che Gesù chiama i discepoli con autorità divina, così come Dio nell’Antico Testamento chiamava i profeti, Marco mette in evidenza la potenza della Sua chiamata. 
“Seguitemi”, oltre l’autorità di Gesù, come vediamo anche dal fatto che lasciarono ogni cosa e lo seguirono (vv.17-18,20), vediamo il Suo magnetismo, la Sua forza attrattiva (cfr. Giovanni 12:32). 
Ma è interessante notare che Gesù non disse loro venite e vi insegnerò un nuovo sistema teologico, o un nuovo sistema etico da insegnarvi, ma solo “seguitemi” e i lo seguirono.
Gesù è stato seguito per ciò che Lui è e non per ciò che Lui faceva o diceva, anche se ciò che avrebbe fatto o avrebbe detto poi dimostrerà ciò che Lui è. 
Come risultato, i seguaci di Gesù furono presto chiamati “cristiani” (Atti 11:26) perché non erano seguaci tanto di un insegnamento particolare, o di un sacramento, o di una denominazione, o di un etica, ma di una persona: Gesù Cristo.
L'oggetto della loro fede e della loro speranza è Gesù Cristo, il Figlio di Dio (Marco 1:1), questo deve essere anche per noi oggi, siamo chiamati a seguire Gesù e non una religione!

Nella Sua sovranità: 
II GESÙ ESIGE DAI DISCEPOLI CHE LO SEGUANO (VV.17,19-20). 
Dietrich Bonhoeffer scrisse: “Cristo chiama, il discepolo segue. Questo è al tempo stesso grazia e comandamento”. 
La grazia della sua elezione, il comandamento perché ci ordina di seguirlo.
v.17: “Gesù disse loro: ‘Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini’”.
vv.19-20: “Poi, andando un po'più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono dietro a lui”.

A) Gesù chiama alla Sua sequela.
La sequela è la chiamata a seguire Gesù, seguirlo passo dopo passo, indica il rapporto che vi è tra Gesù e il cristiano. Cristo chiama, il discepolo segue. 
La sequela è vincolo solo a Cristo, perché Cristo è il solo Signore (1 Corinzi 8:6) poiché c’è Cristo il Signore, ci deve essere sequela.

La chiamata alla sequela significa seguire il Suo esempio, o modello (Galati 4:19; Efesini 4:13;), significa seguirlo in modo come Lui ha vissuto, seguire la Sua strada e condividere il Suo destino (Marco 8:34-35).
Quindi la sequela non è solo accettare intellettualmente una dottrina o il suo insegnamento staccati dalla Sua persona, ma è anche assomigliare a Lui nel carattere e nel comportamento, seguire Lui anche a costo della morte come Lui ha fatto con il Padre (Giovanni 4:34;6:38).
Il vincolo solo a Cristo è l’eliminazione alla nostra volontà, ai nostri ideali, alle nostre preferenze per seguire Cristo. Cristo deve essere l’unico! Non si possono seguire due padroni contemporaneamente (cfr. Matteo 6:24). Il discepolo ha un solo desiderio fare la volontà del Suo Maestro.
Oswald Chambers disse: “Nostro Signore aveva un solo desiderio:doveva fare la volontà del Padre suo, avere questo desiderio è caratteristico di un discepolo”. 
È scritto in Giovanni 4:34: “Gesù disse loro: ‘Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l’opera sua’” (Giovanni 6:38).
La chiamata alla sequela è una chiamata a seguire Gesù, una chiamata a lasciarsi cambiare da Gesù e a diventare Suoi servitori per la missione che ci chiama a compiere (v.17; cfr. Marco 3:13-15).
La vita cristiana unisce indissolubilmente questi tre aspetti.
La chiamata alla sequela è radicale.

Quindi:
B) Gesù chiama all’obbedienza.
v.18: "Essi lasciate subito le reti, lo seguirono".
Gesù non aspetta i volontari, ma sceglie i Suoi discepoli e richiede da loro obbedienza assoluta.  “Seguirono” (ēkolouthēsan- aoristo indicativo attivo) implica comunione, compartecipazione, fare un passo alla volta con un altro, quindi camminare insieme (Cfr. Genesi 5:22), questo da parte del discepolo comporta sottomissione, obbedienza. 
Gesù ci chiama a prendere il Suo giogo, questo indica sottometterci a Lui (Matteo 11:28). 
Seguire Gesù significa far parte di Lui come discepolo, aderire fermamente a Lui, essere del tutto conforme al Suo esempio, e se necessario alla morte. 
“La salvezza senza discepolato è 'grazia a buon mercato'” diceva Dietrich Bonhoeffer. Questa espressione famosa del pastore e teologo tedesco, indica che vi è un tipo di cristianesimo che crede alla remissione dei peccati senza ravvedimento, senza impegno per Gesù, senza seguire Gesù, senza santificazione, senza croce, senza sofferenza, 
Noi siamo d’accordo con Bonhoeffer, infatti, vediamo nella Bibbia che non esiste la grazia a buon mercato, esiste una grazia a caro prezzo soprattutto perché è costata a Dio un prezzo alto, la vita del Figlio (1 Corinzi 6:20) e che sempre per la Sua grazia siamo scelti, chiamati, accettati e salvati (Marco 1:16-20; Romani 3:23-26; 5:1-2; 8:29-30; Efesini 1:4-6; 2:8).
È una grazia perché il Suo giogo è dolce e il Suo carico leggero da portare (Matteo 11:28-30), ma è anche vero che Gesù ha detto che seguirlo come Suoi discepoli avrebbe avuto un costo (Matteo 16:24-28; 19:16-30; Marco 8:34-38; Luca 9:23-26; 14:28-32). 
Nel mondo greco, la parola “seguire” significava seguire in un senso intellettuale, morale, o religioso e coinvolgeva un rapporto personale con quello che si seguiva imitando il modello della sua vita. Quindi il fatto che hanno lasciato le reti per seguire Gesù (vv.18, 20) indica il cambiamento di vocazione della loro vita per ubbidire alla chiamata di Gesù seguendolo intellettualmente, moralmente, imitando il Suo modello di vita e quindi avendo una comunione con Lui. 
“Seguirono” indica un forte attaccamento a Gesù, una piena disponibilità alle Sue scelte, alle Sue direttive e una sincera fedeltà alla Sua guida. 
Rudolf Schnackenburg: “Questo seguire (v.18), che in un senso esteriore viene spesso detto alle folle, per il ‘discepolo’ ha un significato spirituale più profondo: il discepolo entra a far parte d’una comunione di vita col maestro, che da questo momento gli mostra le mete da raggiungere, lo istruisce, lo guida, ne traccia in precedenza la via terrena e lo fa partecipare alle sue imprese”.
Il Vangelo predicato da Gesù è un invito a essere discepoli, una chiamata a seguirlo in obbedienza, in sottomissione, non è solo prendere una decisione con un’alzata di mano o fare solo una preghiera, ma è seguire Cristo mettendolo sopra ogni cosa (Marco 1:15-20; 2:14; Luca 14:25-27; cfr. Luca 5:32; Atti 3:19; 20:21; 26:20).
Gesù non è solo il nostro Salvatore, ma anche il nostro Signore a cui  dobbiamo ubbidire (Matteo 7:21, 21:28-32; Luca 6:46; Giovanni 13:13; Atti 2:21,36; 16:31; Romani 10:9; 14:9; Efesini 1:20-23; Filippesi 2:9-11).
L’obbedienza alla Signoria di Cristo è un aspetto della natura (è intrinseca) della fede salvifica. Il semplice credere senza obbedienza è come il credere dei demoni che non sono salvati dice Giacomo (Giacomo 2:19). L'obbedienza al Signore Gesù a volte è vista nel Nuovo Testamento come sinonimo di fede o che implica la fede (Atti 5:32; Romani 15:18; 2 Tessalonicesi 1:8; 1 Pietro 1:2; 4:17). 
C. H. Spurgeon affermava: “La fiducia che salva è quella pratica che la fiducia obbedisce a Gesù Cristo. La fede che non obbedisce è fede morta, la fede nominale. È la parte esterna della fede, la corteccia della fede, ma non è il nucleo vitale della fede”.  
La vera fede è conoscenza, la vera fede è convinzione, la vera fede è la resa a Gesù Cristo!  Così affermiamo ancora una volta che tutti i veri credenti sono veri discepoli che seguono Gesù in obbedienza, credere in Gesù non ha alcun significato se non lo si segue in obbedienza. 
La risposta alla chiamata di Gesù comporta il riconoscimento e la fede nell’identità di Gesù (Giovanni 2:11; 6:68-69), l’obbedienza sopra ogni cosa (Matteo 19:23-30; Marco 1:18, 20; Luca 14:25-28; Romani 12:1-2). Una vera conversione comporta una vera obbedienza.
Una conversione genuina coinvolgerà un sincero pentimento, l’impegno totale a Cristo e la sottomissione al dominio sovrano del Signore. 
Ora questo non significa che la salvezza è per opere e per fede, ma che una conversione genuina o un segno della vera salvezza, comporta appunto il discepolato, e quindi il seguire Gesù. 
Per alcuni il cristianesimo è solo il mezzo per scampare dall’inferno e la garanzia per andare in paradiso, ma quando qualcuno afferma di avere fede in Cristo, egli deve anche impegnarsi a seguire Cristo costi quel che costi (Matteo 28:18-20; Marco 8:34-38; Luca 9:23-25).
La Sua chiamata è l’inizio di qualcosa di nuovo, vuol dire perdere la propria vita precedente, tagliare i ponti alle spalle (Matteo 10:34-37; Marco 1:16-20; Luca 9:23-25) e trovare una nuova vita nella famiglia di Dio facendo la volontà del Padre (Matteo 12:46-50). 
Credere senza obbedienza non è vera fede, è solo essere d’accordo o accettare solo intellettualmente una serie di fatti circa una figura religiosa. La vera fede implica azione secondo la volontà di Dio, quindi obbedienza (Luca 6:46-49; Efesini 2:8-10; Ebrei 11:4-38; Giacomo 2:14-17). 

CONCLUSIONE.
In questo passo vediamo in modo chiaro e inequivocabile, la sovranità di Gesù in primo luogo nel fatto che sceglie i Suoi servitori (Marco 1:17,20; 2:14; 3:13-14;cfr. Giovanni 15:16). Non è stata un’iniziativa da parte dell’uomo, ma è un’iniziativa divina. Non è l’uomo che si muove alla ricerca di Dio, ma è Dio che va alla ricerca dell’uomo. Non è che l’uomo conquista Dio, ma è Dio che conquista l’uomo (cfr. Filippesi 3:12). 
In secondo luogo la sovranità di Gesù la vediamo nel fatto che Lui rivendica per sé il nostro servizio.
“Seguitemi” (v.17), ma anche “li chiamò” (v.20) esercitano la sovranità di Gesù, Egli dimostra che ha il diritto di rivendicare per se quegli uomini per il servizio nel Suo regno. 
È l'indicazione che Gesù “che è più forte” (Marco 1:7), che attira e coinvolge altre persone in un senso più radicale. Essi devono essere pronti a seguire immediatamente quando Lui li chiama. Marco ci racconta la chiamata dei primi discepoli di Gesù, ma non dice nulla se ci sono state parole da parte dei discepoli, le uniche sono solo quelle di Gesù e racconta solo la reazione di obbedienza dei quattro discepoli. 
Questo passo è dominato dalla sovranità di Gesù e dall’assoluta obbedienza, e resa dei quattro pescatori. “L'assenza nel racconto di Marco, di ogni contesto precedente che potrebbe rendere comprensibile un tale evento, come una consapevolezza precedente o contatto con le persone coinvolte (cfr. Giovanni  1:35-42), serve solo ad accrescere la centralità della chiamata di Gesù  e la risposta di obbedienza dei discepoli” (Guelich, R. A.).
Egli chiama, essi seguono. Quindi l’enfasi è su chi è Gesù e su ciò che significa essere un seguace di Gesù: lasciare tutto (beni e famiglia vv.18,20) per essere pescatori di uomini (v.17). 
Egli è Gesù Cristo, il Figlio di Dio (Marco 1:1), che ha dato la Sua vita per il riscatto di molti (Marco 10:45) e per la Sua morte sacrificale, il Suo sangue sparso per molti, è il sangue del patto, la nuova alleanza (Marco 14:22-25), i veri cristiani pertanto oggi rispondono con cuore riconoscente e lo seguono con assoluta e radicale obbedienza. 
Se sei un vero cristiano, Gesù ha il diritto di rivendicare per sé la tua persona affinché tu lo possa servire in base ai doni spirituali che Lui ti ha dato! 
Se riconosci Gesù come il Signore, come rispondi alla Sua chiamata? (Luca 6:46).
Sei obbediente a Gesù?
Stai servendo Gesù? Sei disposto a sacrificarti per Lui se fosse necessario?


Galati 3:13: La sostituzione della salvezza in Cristo

 Galati 3:13: La sostituzione della salvezza in Cristo John Stott disse: “La croce non è un compromesso tra Dio e il diavolo, ma il trionfo ...

Post più popolari dell'ultima settimana