Giacomo 2:14-26: La fede in azione.
Noi facciamo male quando diciamo a una persona che è salvata, ma che in realtà non ha quelle opere che dimostrano tale salvezza! Giacomo sta confutando un insegnamento distorto all’interno delle chiese a cui scrisse riguardo il rapporto tra la fede e le opere. Nei vv.14-26 Giacomo sottolinea che la vera religione inizia con la fede, e questa vera fede agisce, opera.
Alcune considerazioni sulle parole chiave:
Giacomo parla di “fede” (pistis- vv. 14, 17, 18, 20, 22, 24, 26).
Qui, fede è da intendersi come il v.1, quindi del rapporto con Gesù, un rapporto di salvezza. La parola “fede” indica ferma persuasione, convinzione, credere. Indica il riconoscere come verità e accogliere il messaggio di salvezza del Vangelo e quindi un comportamento che si orienta e si basa sul Vangelo (Romani 1:8; 1 Corinzi 2:5; 15:1-4, 11, 14-17; 1Co.15:1-4,11; Efesini 2:8-9).
Giacomo parla anche di “opere” (erga- vv.14, 17, 20, 22, 24, 25, 26).
La parola tradotta con “opere” significa lavoro, azione, realizzazione. La forma plurale indica il comportamento etico e religioso. La forma plurale implica che gli atti debbano essere numerosi. Giacomo utilizza “opere” in un senso generale, fa riferimento alle azioni fatte in obbedienza e sottomissione a Dio, anche se dal contesto si riferisce in modo particolare alla carità, ad azioni di amore verso gli altri (Giacomo 1:22-27, 2:1-14) quindi alle buone opere.
Giacomo parla di salvezza (v.14).
“Salvezza” (só̄zō) si riferisce all’intero processo che inizia con la fede in Cristo fino alla glorificazione in cielo, come vediamo dal contesto (Giacomo 2:12-13, 21-25).
Giacomo parla di “Giustificazione”.
“Giustificare” (dikaióō- Giacomo 2:21,24,25) indica fare o avere un verdetto favorevole.
Significa che Dio dichiara giusto, retto davanti a Lui il peccatore che a fede in Gesù! Giustificare equivale ad assolvere colui che è colpevole a causa del peccato! Quindi un vero credente non sarà condannato da Dio!
(Atti 13.39; Romani 3:23-26,30; 4:5; 8:30; Galati 3:8).
Ma nei versetti 14-26 vediamo quattro aspetti riguardo la fede: noi vediamo la fede morta, la fede mendace, la fede modello e la fede matura.
In primo luogo vediamo:
I LA FEDE MORTA (vv.14, 17, 20, 26).
La fede senza le opere non è di alcuna utilità! È morta!
v.14: “ A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? ”
v.17: “Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta”.
v.20: “ Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore? ”
v.26: “ Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta”.
Giacomo ipoteticamente, in questi versetti ci sta dicendo che la fede non serve a niente se non ci sono le opere!
“A che serve”(ophelos-vv.14,16) è enfatico, indica profitto, beneficio, vantaggio (cfr. 1 Corinzi 15:32). Il tempo presente del verbo “avere” (echein-infinitivo presente attivo, v.14) e “ha”( echē congiuntivo presente attivo) implica una pretesa quotidiana di avere fede, ma una mancanza continua di azioni appropriate e coerenti alla fede, quindi una fede che non opera.
“A che serve”, è in riferimento al beneficio riguardo la propria salvezza finale! “A che serve” se uno se uno dice (legē congiuntivo presente attivo) di avere fede, ma non ha opere, può la fede salvarlo dai peccati e dal giudizio di Dio? La risposta è no! Dio non ti salva se hai una fede senza le opere!
La seconda domanda con un esempio conferma l’inutilità di questo tipo di fede senza le opere! In Giacomo 2:15-16: leggiamo: “Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: ‘Andate in pace, scaldatevi e saziatevi’, ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve?”
A che cosa serve se vedi qualcuno nella chiesa, indifferentemente se sia un fratello o una sorella, nel bisogno e gli dici solo parole di augurio, di benedizioni o di buona fortuna, ma non lo aiuti concretamente dando loro le cose necessarie al suo corpo?
In altre parole, la fede senza le opere non serve a niente come quando ipoteticamente ti accorgi che qualcuno della tua chiesa sai che è nel bisogno estremo, disperato, un bisogno immediato, urgente, che è senza mangiare e vestiti e tu non fai praticamente niente per aiutarlo, gli fai gli auguri di prosperità e benessere! Gli dici: “Tanti auguri e benedizioni!” E poi che fai!? ………..Niente! Rimangono solo parole? A che cosa gli servono le tue parole? A Niente! Che aiuto le possono dare? Niente! Magari ci può essere un vero desiderio di benessere per questi bisognosi o di certezza che Dio provvederà per loro, ma comunque gli sta comunicando: “Non ti aspettare niente da me!”
Le buone parole o i buoni desideri non sono di alcun beneficio se non accompagnate da buone azioni! Sono parole inutili! Così la fede senza le opere è inutile a salvarci come le parole di pietà non accompagnate da atti di misericordia concreti! La fede senza le opere è inutile per la tua salvezza! Giacomo accetta la professione di fede di una persona, non nega che la fede salva, ma che Dio non può salvare la persona con questo tipo di fede, cioè non concorda che questa persona di cui parla Giacomo abbia una fede viva, vera!
Questa persona che non ha le opere, non ha una vera fede, lui solo afferma di averla, è solo una dichiarazione inutile se non è dimostrata dalle opere di Dio!
L'uso delle domande nei vv.14 e 16 incoraggia i lettori, quindi coloro che si dicono credenti a pensare seriamente alla questione! La vera fede, quella viva è quella che opera, perché le opere fanno parte della vera fede come lo spirito fa parte del corpo! (v.26). Senza lo spirito vitale il corpo cessa di esistere! Lo spirito è la vita che anima il corpo, senza lo spirito il corpo cessa di essere, è morto! (Genesi 2:7; Luca 8:55; 23:46; 1 Corinzi 7:34). Allo stesso modo la fede priva di opere cessa di essere! È morta! (Nekra-vv.17,26).
Questo tipo di fede, è una semplice dichiarazione e non ha alcuna pretesa di essere la fede Biblica, quella vera, perché le opere dimostrano che la fede è vera e genuina, quindi senza la vera fede non c’è salvezza. Quindi le opere non salvano il credente, ma dimostrano la genuinità della fede!
v.14 dice: “ A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?" La risposta è no! Perché non è la vera fede! Perché è una fede morta, perché non ha valore v.20 (argē) cioè è una cosa inutile, sterile, che non dà profitto, non porta a termine niente!
In secondo luogo vediamo:
II LA FEDE MENDACE (vv.18-20)
Qualcuno ha detto che la fede è come le calorie, anche se non le vedi, vedi i risultati!
Perciò vediamo:
A) Le Prove della vera fede.
Una professione di fede che non è supportata dall’evidenza delle opere, è una professione di fede falsa, bugiarda!
Una vera fede e quindi un vero credente si vede dalle opere come leggiamo ancora nei vv.18-19: “ Anzi uno piuttosto dirà: ‘Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede’. Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano”.
C’era un tempo in cui il credente non era credente e le sue opere erano malvagie (Colossesi 1:21-22). Oggi non è più così se siamo veri credenti! (Matteo 5:16; Efesini 5:11). La nuova nascita è seguita da una nuova vita! Come può un uomo essere convertito non essere cambiato? Questa è una contraddizione! L’apostolo Paolo è d’accordo con Giacomo come leggiamo in 2 Corinzi 5:17: “ Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove”.
Nella prima e nella seconda parte del v.18 quando Giacomo dice: “Anzi uno piuttosto dirà: ‘tu hai fede, e io ho le opere’”; probabilmente sono le parole di una conversazione di un obiettore immaginario contro un’altra persona che pensa che uno può avere fede e l’altro può avere opere, come dire che ognuno ha il suo dono, sono doni diversi (1 Corinzi 12:4–10; Romani 12:3), e quindi questi due aspetti della vita cristiana possono essere separati ed entrambi sono salvati: uno perché ha la fede e l’altro perché ha le opere!
In questo senso vediamo una persona più preoccupata per la dottrina e la teologia con una forte enfasi sulla fede, mentre per l’altra è più importante la pratica. Così chi mette l’enfasi solo sulla fede dice che ci sono due tipi di credenti diversi e dice: “Per te è più importante le opere, per me la fede!”.
Mentre l’ultima parte del v.18 dove dice: “Mostrami la tua fede senza le tue opere e, io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”, è la replica di Giacomo. Giacomo non sta dicendo che le buone opere dimostrano automaticamente che una persona è un vero credente, perché è la fede che salva, infatti sappiamo che ci sono persone si comportano meglio di alcuni credenti, ma sono atee!
Giacomo riprende e condanna coloro che pensano che si può avere fede senza le opere e sfida chi la pensa in questo modo a dare, se può, un esempio di fede vera che non si esprima in opere e aggiunge che per conto suo lui non ha nessuna difficoltà a dimostrare per mezzo delle sue azioni che la sua fede è vera!
Dunque Giacomo si riferisce contro chi pensa che le opere non siano indispensabili nella vita del credente, si può essere credenti senza le opere. Giacomo si riferisce verso coloro, che pensano erroneamente che la fede e le azioni sono indipendenti l'uno dall'altro, e lo fa ripudiando ogni separazione tra fede e opere come se fossero contraddittorie o alternative!
Giacomo risponde che la fede e le opere non sono doni speciali, non sono opzioni! Fede e opere sono inseparabili! Come lo spirito dal corpo! Come faremo a dimostrare la fede senza le opere? Il principio è un po’ come quello che dice Gesù: l’albero si vede dal frutto, un buon albero non può fare frutti cattivi, ne un albero cattivo far frutti buoni (Matteo 7:15-20). Un vero credente si vede dai frutti, dalle opere! Con le opere dimostriamo la vera fede!
È impossibile, per la natura e la realtà della fede non vederla nel nostro stile di vita! Un cinese andò da un missionario a chiedere il battesimo. Il missionario gli chiese, quando aveva sentito il Vangelo, il cinese rispose che lui non aveva sentito mai il Vangelo, ma l'aveva visto in un uomo che era un accanito fumatore di oppio e con un temperamento violento. Ma dopo che divenne cristiano la sua vita intera cambiò. Il cinese disse al missionario: “Io voglio il potere che ha cambiato lui ”.
È impossibile, per la natura e la realtà della fede non vederla nel nostro stile di vita! Un cinese andò da un missionario a chiedere il battesimo. Il missionario gli chiese, quando aveva sentito il Vangelo, il cinese rispose che lui non aveva sentito mai il Vangelo, ma l'aveva visto in un uomo che era un accanito fumatore di oppio e con un temperamento violento. Ma dopo che divenne cristiano la sua vita intera cambiò. Il cinese disse al missionario: “Io voglio il potere che ha cambiato lui ”.
Senza opere non saremo in grado di mostrare la nostra fede ci fa capire Giacomo! Non stiamo parlando che preghiamo, che veniamo alle riunioni o che ci sentiamo bene! Stiamo parlando di un comportamento che assomiglia a quello di Gesù!
Perciò:
B) La sola Professione di fede non è indice che siamo salvati.
Giacomo vuole dimostrare che l’assenso mentale, o alzare la mano in una riunione evangelistica, la nostra professione di fede, non significa niente se non sono suffragate dai frutti della fede, cioè le opere! Anche i demoni credono che c’è un solo Dio dice il v.19: “Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e tremano”.
Giacomo sta dicendo che i demoni che sono all’inferno non sono atei! I demoni credono che Dio ha creato ogni cosa, che è Sovrano su ogni cosa che Cristo è morto e risuscitato, ma non sono salvati! Giacomo elogia forse in modo ironico l’oppositore che crede in modo intellettuale, ma non ha quella personale fiducia che implica l’ubbidienza e la sottomissione, è semplicemente la convinzione che esiste un solo Dio come i demoni che tremano davanti a Dio per la sua santità e per il giudizio che avranno! La convinzione intellettuale di per sé non è sufficiente.
Affermare che Dio è uno, senza che influenza la nostra vita e la nostra condotta è semplicemente insufficiente e irreale. Tale conoscenza di Dio non intende necessariamente una vita devota; anche se la conoscenza stessa è buona e costituisce il primo passo verso la vera fede che si traduce in ubbidienza. La vera fede deve essere abbracciata e praticata. Se le opere della fede non sono presenti, l'autenticità della propria fede è messa in dubbio.
La fede salvifica riconosce la signoria di Cristo e risponde alla parola di Cristo con le azioni di obbedienza (Luca 6:48; Romani 10:9). Cristo è al tempo stesso Salvatore e Signore, non può essere separato in due persone. La vera fede salvifica include necessariamente la fiducia in Cristo sia come il nostro Salvatore e seguirlo come il nostro Signore.
Se tu hai accettato Cristo o se vorrai accettare Cristo non lo puoi accettare a metà! O lo accetti tutto, quindi come Signore e Salvatore o non lo avrai per niente! La vera fede inizia in profondità dentro di noi e si esprime attraverso le nostre azioni.
Ci possono essere persone battezzate, che credono fermamente a un credo, che sono d’accordo con la confessione di fede della propria chiesa, ma che comunque non sono veri credenti! Quindi il punto è che, credere alla verità senza obbedire alla verità non salva, non più di quanto possano essere salvati i demoni eppure credono!
C'è una storia che i demoni avevano fatto una volta una conferenza. Lo scopo della conferenza era concepire un metodo efficace per danneggiare l’opera di Dio sulla terra. Un demone propose: “Andiamo giù e persuadiamo uomini che Dio non esiste”. Questo piano fu rifiutato dalla maggioranza dei demoni e dal diavolo, perché era impossibile per gli uomini intelligenti non credere nell'esistenza di Dio. Poi un altro demone propose di dire alle persone che Gesù Cristo non è mai realmente esistito e solo una favola. Anche questa proposta fu rifiutata perché la maggioranza degli storici dicono che Gesù Cristo è realmente esistito. Poi un altro demone suggerì di persuadere gli uomini a preoccuparsi sulla vita dopo morte, perché non c’è niente. Ma anche questa proposta fu messa da parte, perché è da schiocchi pensare che non ci sia nulla dopo la morte. Poi un demone, davvero intelligente, propose di andare sulla terra e dire che Dio esiste, Gesù esiste, anche la sua salvezza è vera, ma basta solo la professione di fede e poi puoi vivere come ti pare! Questa proposta è stata accettata e acclamata!
Oggi i demoni fanno questo tipo di lavoro: credi in Dio, credi in Gesù, credi nell’ al di là, ma non è importante come ti comporti! Questa fede non salva è del diavolo! Il problema non risiede con la confessione stessa, ma dalle implicazioni di essa che non va al di là della nostra mente! È una buona cosa avere e credere in una dottrina, ma è insignificante se questa buona dottrina non ci possiede!
Chi pensa che possa esistere la fede senza le opere è insensato! Giacomo dice al v.20: “Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?”
“Insensato” (kene ) indica un uomo vuoto, uno che è privo di conoscenza e d’intendimento spirituale, pertanto implica che è inaffidabile e in errore e quindi le sue parole sono vuote e vane!
In terzo luogo vediamo:
III LA FEDE MODELLO ( vv. 21-25).
La fede modello agisce con le opere!
Giacomo fa due esempi dell’Antico Testamento per dimostrare questa verità.
Noi vediamo:
A) La fede modello di Abraamo.
Abramo è uno dei più autorevoli personaggi della storia ebraica, è considerato l’esempio di fede per eccellenza (Atti 7:2-8; Romani 4:11-12,16; Galati 3:7-14; Ebrei 11:8).
Abramo è anche considerato dagli Ebrei come una grande forza morale.
Alcuni scritti dicono: "Abramo è stato perfetto in tutte le sue opere con il Signore, e ben gradito alla giustizia tutti i giorni della sua vita" (Giubilei 23:10).
" Nessuno è stato trovato come lui nella gloria "(Siracide 44:19).
Giacomo dice ancora per dimostrare la natura della fede modello che:
B) La fede di Abraamo era attiva, era in azione.
vv.21-22: “ Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull'altare? Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa”.
Giacomo sta ancora affrontando l'immaginario obiettore e prosegue per mostrare che la fede è inseparabilmente legata alle opere. Abramo è stato giustificato per le opere quando offrì in sacrificio Isacco come gli aveva ordinato Dio (vv.21, 24; Genesi 22:9,12,16-18).
Ma in questo modo Abraamo dimostrava di avere una vera fede, di essere giusto! La fede di Abraamo agiva insieme alle sue opere. “Agiva insieme”( sunērgei- indicativo imperfetto attivo; 1 Corinzi 6:16; 2 Corrinzi 6:1); indica cooperare con, questo sottolinea come le opere sono unite in modo inscindibile alla vera fede. Il punto principale, non è che le opere devono essere aggiunte alla fede, ma che la vera fede comprende le opere!
Il tempo del verbo (imperfetto indicativo attivo) indica una cooperazione sempre attiva, costante! Questo significa che non è stata un’azione occasionale, ma era una caratteristica della vita di Abraamo!
Giacomo sottolinea quindi che la fede di Abramo non è stata limitata a un indirizzo mentale al momento della sua "conversione" o ad una professione verbale occasionale, ma che si è trattato di una forza attiva, costantemente al lavoro insieme con le sue opere.
Quando Abraamo offrì Isacco, la fede agiva insieme alle opere! Abraamo obbedì al punto di sacrificare il figlio, ma già aveva fede era giusto! In lui c’era la fede, una forza potente attiva, viva! Non era morta! Non era falsa! L'opera che agiva con la fede, in realtà è un frutto della fede! Come poteva Abraamo offrire il figlio in sacrificio senza fede? Giacomo è intento a dimostrare che la fede di Abramo è andato molto oltre semplice assenso intellettuale. Perciò chi ha la fede modello agisce senza ma e se, ma punto è basta costi quel che costi!
Hai questo tipo di fede? Pronto a sacrificare le cose che ti sono più preziose?
Poi Giacomo fa un altro esempio:
C) La fede modello di Raab.
In Giosuè 2:8-11 è scritto: “Prima che le spie si addormentassero, Raab salì da loro sulla terrazza, e disse a quegli uomini: ‘Io so che il SIGNORE vi ha dato il paese, che il terrore del vostro nome ci ha invasi e che tutti gli abitanti del paese hanno perso coraggio davanti a voi. Poiché noi abbiamo udito come il SIGNORE asciugò le acque del mar Rosso davanti a voi, quando usciste dall'Egitto, e quel che faceste ai due re degli Amorei, di là dal Giordano, Sicon e Og, che votaste allo sterminio. Appena l'abbiamo udito, il nostro cuore è venuto meno e non è più rimasto coraggio in alcuno, per causa vostra; poiché il SIGNORE, il vostro Dio, è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra”.
Raab è inserita tra gli uomini e donne di fede in Ebrei 11 (Ebrei 11:31).
Giacomo fa un esempio ancora dell’Antico Testamento citando Raab la prostituta per dare un’altra prova che la fede va con le opere, anche Raab fu giustificata per le opere.
La scelta di Rahab come un esempio, in contrasto ad Abraamo è interessante.
Ci sono almeno tre motivi:
(1) Il primo motivo è che Abraamo è il patriarca del popolo di Israele l’esempio della fede e Rahab è una donna Gentile e una prostituta, una donna peccatrice.
Ma le origini completamente diverse dei due individui non fecero differenza quando furono giustificati. Dio giustifica precisamente l'ebreo e il Gentile allo stesso modo (Romani 1:16).
Inoltre Raab rispetto ad Abraamo rappresenta una persona dove la grazia di Dio è più evidente con cui ci possiamo identificare meglio che con Abraamo.
(2) Il secondo motivo è che la sua confessione di fede era simile a quello che dice Giacomo al v.19 riguardo al credere in un solo Dio.
Infatti lei ha riconosciuto che c’è un solo Dio come scritto in Giosuè 2:11, ma lo ha dimostrato con azioni concrete!
(3) Il terzo motivo è che Raab ha messo in pericolo la sua vita identificandosi con il popolo di Dio sottomettendosi a Dio.
La fede modello s’identifica con Dio riconoscendolo Sovrano e agendo in sottomissione a Dio e per Dio come ha fatto Raab! Cosa fece Raab? In che cosa consistettero le sue opere? Accolse le spie ebree e li nascose a casa salvandoli da coloro che li cercavano per ucciderli e li fece ripartire per un’altra strada. Ma perché fece quest’opera? Perché aveva fede in Dio!
In quarto luogo vediamo:
IV LA FEDE MATURA (vv. 21-24).
vv.21-22: “Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull'altare? Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa”.
Forse Giacomo sta dicendo che la fede che ci dona Dio non è perfetta? Per capire il significato di quest’affermazione dobbiamo capire in che modo quell’offerta di Abraamo del figlio Isacco potesse completare la fede! “Completa” (eteleiōthē -indicativo aoristo passivo) significa completare un compito o una missione, raggiungere un obiettivo (Giovanni 17:4; 19,28; Atti 20:24), o portare alla perfezione o alla maturità (Filippesi 3:10; Ebrei 2:10).
“Fu resa completa” (indicativo aoristo passivo) implica che la fede di Abraamo esisteva prima della sua azione di offrire il figlio in sacrificio e la fede in atto lo ha portato al proprio traguardo o obbiettivo.
Quindi per le opere la fede fu resa completa indica:
A) Il Raggiungimento dell’obbiettivo.
Quale obbiettivo? Come la fede di Abraamo è stata resa completa dalla fede?
(1) La fede di Abraamo ha raggiunto il suo obiettivo quando ha fatto ciò che Dio gli ha chiesto di fare.
Solo quando la fede produce le opere, diventa sempre più completamente quella che dovrebbe essere secondo la sua natura e obbiettivo. Lo scopo di un albero di arance è portare frutto, così sarà completo quando farà il frutto, dimostra di essere vivo e in buona salute. Così anche la fede ha lo scopo di produrre opere e sarà perfezionata dalle opere e dimostrerà di essere viva e in buona salute.
Secondariamente:
(2) Lo scopo della fede è glorificare Dio e quando noi facciamo le buone opere questo porta gloria a Dio come dice Matteo 5:16.
Ora quale era lo scopo della fede di Abraamo? Non stava salvando certamente la vita di suo figlio, ne stava cercando il suo guadagno personale o la prosperità, ma doveva ubbidire completamente a Dio senza mettere in dubbio la saggezza dei Suoi comandi. Pertanto quando obbediamo a Dio lo stiamo glorificando! (cfr. Isaia 43:7)
Infine:
(3) La volontà Abramo di sacrificare suo figlio non solo ha dimostrato che la sua fede era vera, ma anche attraverso la sua obbedienza la sua fede è cresciuta.
La fede cresce sempre di più, si perfeziona a ogni atto o attraverso successivi atti di ubbidienza! Abraamo ha imparato di più sul carattere di Dio, rafforzando ulteriormente la sua fede quando offrì Isacco in sacrificio secondo l’ordine di Dio. Praticare la fede con l’ubbidienza è come allenare il muscolo, più lo alleni e più diventa forte!
Ma vediamo:
B) L’Adempimento della Scrittura.
v.23: “Così fu adempiuta la Scrittura che dice: ‘Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia’; e fu chiamato amico di Dio”.
Giacomo si riferisce alla citazione di Genesi 15:6 dove dice che Abraamo, crede alla promessa di Dio riguardo la discendenza, ciò gli viene messo in conto come giustizia, quindi giustificato opposto alla condanna, quindi dichiarato giusto!
“In conto” (elogisthē -indicativo aoristo passivo) era una parola usata in contesti finanziari e legali, e significava prelevare qualcosa che appartiene a qualcuno e accreditarlo sul conto di qualcun altro, era una transazione unilaterale.
Ad Abraamo Dio gli accreditò sul suo conto personale la Sua giustizia, prese la Propria Giustizia e ne diede credito ad Abraamo! Quindi prima di offrire Isacco, Abraamo era stato giustificato! Tra la citazione di Genesi 15:6 e il sacrificio di Isacco in Genesi 22:1-14 passarono trent’anni!
Giacomo dice che Abraamo fu giustificato per opere e per le opere la fede di Abraamo fu resa completa e poi dice così fu adempiuta la Scrittura citando Genesi 15:6, quindi Abraamo era già giustificato prima di offrire Isacco.
“Adempiuta” (eplērōthē - indicativo aoristo passivo) indica pienamente realizzata o con pieno significato o significato completo. Perciò possiamo dire che Abraamo offrendo Isacco in sacrificio ha dimostrato, provato o confermato inequivocabilmente di avere una vera fede e quindi di essere giustificato.
Come Matthew Poole ha affermato: “Le cose si dicono adempiute quando si manifestano più chiaramente”. Quindi Abraamo ha mostrato chiaramente di avere una vera fede con le opere e Dio ha mostrato chiaramente ad Abraamo la sua giustificazione.
Giacomo conferma ancora il tipo di fede che Dio approva, la vera fede che si vede dai frutti, dalle opere, perciò Abraamo è stato giustificato! Abraamo sacrificando Isacco ha confermato di avere una vera fede che già era giustificato, quindi era il comportamento di un giustificato come dice la Scrittura di Genesi 15:6.
Quindi Abraamo non fu giustificato perché offrì Isacco, ma l’offerta di Isacco dimostra che lui era giustificato. L’accreditamento della giustizia è il primo risultato, il secondo è che Abraamo fu chiamato amico di Dio. (2 Cronache 20:7; Isaia 41:8).
Secondo il linguaggio biblico indicherebbe diletto, ed è un appellativo onorifico che esprime l’intima amicizia di Abraamo con Dio (Cfr. Giovanni 15:14).
Sei amico di Dio? Dio ti chiama amico? Lo puoi sapere dall’ubbidienza verso di Lui!
Ma noi dobbiamo fare:
C) Un Chiarimento.
Paolo e Giacomo sono forse in contraddizione?
Noi leggiamo che Giacomo dice vv.23-24: “Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull'altare? Dunque vedete che l'uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto”.
Noi leggiamo che Paolo dice in Romani 4:1-5 così: “Che diremo dunque che il nostro antenato Abraamo abbia ottenuto secondo la carne? Poiché se Abraamo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che vantarsi; ma non davanti a Dio; infatti, che dice la Scrittura? ‘Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia’. Ora a chi opera, il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito; mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede è messa in conto come giustizia”. (Cfr. Romani 3:21-30; Galati 2:16).
Paolo e Giacomo non si contraddicono!
Ecco i motivi:
(1) Le lettere a cui scrisse Paolo avevano bisogni diversi di quelli a cui scrisse Giacomo.
Paolo lotta contro la menzogna che la salvezza è per opere! Paolo confuta il legalismo nelle sue lettere come quella ai Romani o ai Galati, il fatto che per essere salvati dobbiamo fare le buone opere!
Paolo nega l’efficacia delle opere nella pre-conversione, non sono i nostri sforzi a salvarci, l’auto-giustificazione, ma la grazia di Dio, noi non meritiamo la salvezza e non siamo in grado di salvarci siamo completamente peccatori!
E come diceva Spurgeon: “Dal momento che l’uomo è caduto in peccato, il Signore non ha stabilito per lui una via di salvezza tramite le buone opere, poiché sa che è impossibile da realizzare per gli esseri peccatori”.
Perciò Paolo mette in evidenza l’inizio del rapporto con Dio e la salvezza, mentre Giacomo il dopo! Giacomo, è interessato alla dimostrazione della vera fede, affronta il problema dell’ortodossia morta che parla di fede, ma che non prende sul serio le opere.
Giacomo a differenza di Paolo vuole confutare il pensiero che basta la fede, un semplice solo assenso intellettuale, mentre il modo di comportarsi non è importante, quindi può fare quello che vuole!
Giacomo mette in evidenza la normalità delle opere nel post-conversione della vera fede! Giacomo lottava contro il pensiero della fede senza sostanza che minimizza la normalità delle opere!
Paolo ha in mente l’inizio della giustificazione, Giacomo il risultato della giustificazione che porta alla maturità.
Paolo ha in mente la giustificazione davanti il tribunale di Dio per grazia in Cristo, Giacomo la giustificazione probativa, la prova alla legittimità della fede attiva contro la fede falsa e inattiva, la dimostrazione di un cuore trasformato.
È la natura stessa della fede vive e genuina di esprimersi in opere. Una persona riceve la salvezza per la sola fede e non per opere, ma una persona salvata opera, perché ha una vera fede! Il teologo del diciannovesimo secolo R. L. Dabney disse: “Mentre le nostre opere sono un nulla, come motivo di merito per la giustificazione, sono della massima importanza come testimonianza che siamo giustificati”.
Il secondo motivo perché Paolo e Giacomo non si contraddicono è che:
(2) Ci sono prospettive diverse nel presentare la figura di Abraamo.
Paolo mette in enfasi Abraamo come esempio di fede per la salvezza, come il peccatore è perdonato, invece Giacomo mette in enfasi Abraamo come esempio di fede operante, come ubbidienza.
Paolo ha in mente le opere che precedono la salvezza; Giacomo le opere che seguono la salvezza. Quando Abraamo offrì Isacco già aveva fede (Genesi 15:6) e la fede gli fu messa in conto come giustizia senza le opere, poi l’evento di offrire Isacco dimostrò che Abramo aveva una vera fede!
La fede di Abraamo non era solo "dire", ma anche "il dire e il fare”. La fede è una reazione pratica all’iniziativa divina, una risposta di ubbidienza! L’ubbidienza esprimendosi in azioni è l’emanazione inevitabile e immediata della fede. L’ubbidienza dimostra la realtà della fede! Quell’opera di offrire Isacco è stata una dimostrazione della vera fede e questo non contraddice l’insegnamento di Paolo come leggiamo in Efesini 2:8-10 (cfr.1 Corinzi 6:9–11; Galati 5:16–26). Fede e opere sono due realtà della stessa medaglia!
CONCLUSIONE.
Il teologo Battista John Dagg disse: “È una miserabile e fatale distorsione giungere, alla conclusione che, essendo stati convertiti, allora si sarà salvati, qualsiasi cosa si faccia nel corso della propria vita”.
Noi vediamo dal contesto e dal resto della Bibbia, che Giacomo non sta sostenendo la tesi che le opere vanno aggiunte alla fede per essere salvati.
Il suo punto, piuttosto, è che la vera fede Biblica sarà inevitabilmente caratterizzata dalle opere, da una vita santa. (Ebrei 12:14).
La salvezza e la giustificazione sono solo per grazia di Dio, mediante la sola fede! Ma la vera fede è dimostrata dalle opere!
Chi pensa di essere salvato a prescindere dal suo comportamento è un impostore!