Gli elementi essenziali della devozione a Dio.
L’atteggiamento personale verso Dio che si traduce in azioni che gli sono gradite, nel Nuovo Testamento è chiamato: pietà, nel senso di devozione (eusebeia 1 Timoteo 2:2; 4:7-8; 6:3-6,11; Tito 1:1; 2 Pietro 1:3, 6-7; 3:11 ). La devozione non tocca solo le emozioni, non si riferisce solo alla preghiera e alla meditazione della Bibbia, elementi importanti della nostra spiritualità, ma è anche altro.La devozione è la vita donata a Dio (Romani 12:1), indica colui, o colei che non vive più secondo la propria volontà, i propri desideri, o il modo, le tendenze e il sistema di pensiero di questo mondo (Galati 2:20; 1 Giovanni 2:15-17). Ma vive secondo la volontà di Dio, che mette Dio sopra ogni cosa (Luca 14:25-27), che lo serve unicamente ed esclusivamente ogni giorno, in ogni aspetto della propria vita per la gloria di Dio (1 Corinzi 10:31).
Dio è al centro dei suoi pensieri sempre, Dio è lo scopo della Sua vita (Filippesi 1:21).
Tre sono gli elementi importanti per la devozione a Dio: il timore di Dio, la misericordia di Dio, il desiderio di Dio. Da questi tre elementi importanti nascerà e crescerà il carattere del cristiano, senza questi tre elementi non cercheremo di assomigliare a Cristo e di camminare insieme a Cristo, e nemmeno matureremo spiritualmente.
Il primo elemento importante da dove nascerà e crescerà il carattere cristiano è il :
I TIMORE DI DIO.
Per molti cristiani, oggi, il timore di Dio è un concetto antiquato, imbarazzante, eppure la Bibbia ne parla in termini positivi riguardo il nostro rapporto con Dio. Per esempio Isaia parlando profeticamente di Gesù disse che il timore del Signore sarebbe stato per Lui come un profumo, cioè si sarebbe deliziato, sarebbe stato una cosa piacevole (Isaia 11:3; cfr. Deuteronomio 10:12-13; Salmo 147:11; Atti 9:31; 1 Pietro 1:17).
Il timore del Signore è significativo, importante riguardo la devozione, forse per questo John Murray diceva: "Il timore di Dio è l'anima della pietà". (Pietà intesa come devozione, consacrazione).
Il significato principale per chi appartiene a Dio riguardo il timore di Dio è l’adorazione, l’onore, la riverenza, il rispetto che si concentra in primo luogo sulla maestà, gloria, santità di Dio, e poi sugli altri Suoi attributi, ed è importante per rimanere umili davanti a Dio. A riguardo Jerry Bridges scrive: “È impossibile essere devoti a Dio se il cuore non è pieno di timore di Dio. È questo profondo senso di venerazione e di onore, riverenza e timore, che trae dal nostro cuore il culto e l'adorazione che caratterizza la vera devozione a Dio. Il riverente, devoto cristiano vede Dio prima nella Sua gloria trascendente, maestà e santità prima di vederlo nel suo amore, misericordia e grazia. C'è una sana tensione che esiste nel cuore di una persona divina tra il timore reverenziale di Dio nella sua gloria e la fiducia filiale in Dio come Padre celeste. Senza questa tensione, la fiducia filiale del cristiano può facilmente degenerare in presunzione”.
Vediamo alcune caratteristiche del timore di Dio.
A) Il timore di Dio è la consapevolezza corretta della natura di Dio.
Ai nostri giorni, dobbiamo cominciare a recuperare il timore di Dio, questo accadrà se siamo consapevole di ciò che Dio in realtà è!
Noi dobbiamo pensare che:
(1) Dio è sovrano
In Giosuè 24:14 è scritto: ” Dunque temete il Signore e servitelo”.
Nel contesto vediamo che Giosuè raduna il popolo e fa un discorso da parte di Dio, parla delle cose grandi che ha fatto Dio e poi dice: “dunque temete il Signore”.
Possiamo dire che il: timore è la reazione dello spirito umano (Marco 2:12; Marco 4:41; Luca 7:16), in questo caso alla Sovranità di Dio.
Il “timore” (yārēʾ) è un sentimento positivo riverenziale, di soggezione o trepidazione di fronte a persone fortemente autorevoli, di fronte un pericolo, o un castigo (Geremia 42:16; Ezechiele 11:8).
Dio è una persona fortemente autorevole, più di ogni altra sulla terra, è il Sovrano in assoluto, pertanto lo dovremmo temere. Nel Salmo 99:1 è scritto: “Il Signore regna tremino i popoli”.
Per Sovranità di Dio s’intende il fatto, che Dio regna sulla sua creazione e fa quello che vuole e nessuno gli può impedire questo (Daniele 4:34-35).
Giosùè mette in enfasi la Sovranità di Dio: scelse Abramo, lo fece diventare una grande nazione, colpì l’Egitto giudicandolo e liberò Israele con grandi prodigi; li guidò nel deserto provvedendo ai loro bisogni e sconfisse per Israele eserciti più potenti; diede loro una terra fertile (Giosuè 24:1-13).
L’intervento di Dio in favore del suo popolo, provoca terrore anche tra gli altri popoli (Esodo 15:14-16; Giosuè 2:8-11; 1 Samuele 4:7-8).
(2) Dio è maestoso.
Timore è il senso di creaturalità di fronte alla Maestà di Dio. “Senso di creaturalità”, non si riferisce al fatto che sappiamo di essere creature di Dio, ma che siamo consapevoli della nostra fragilità di fronte alla Maestà del Dio Creatore.
In Genesi 18:27 è scritto che Abramo davanti a Dio si definisce polvere e cenere, cioè che non è niente, cioè riconosce che è una creatura!
Nel Salmo 145:3 è scritto: “Il Signore è grande e degno di lode eccelsa, e la Sua grandezza non si può misurare”.
Nessuno può misurare Dio! Come non possiamo contenere nel palmo di una mano tutte le acque, come non possiamo misurare il cielo con la mano, così non possiamo misurare Dio! Come non possiamo raccogliere e pesare la polvere della terra, le montagne in un recipiente, o nella bilancia, così non possiamo pesare Dio!
Dio è incommensurabile, non si può misurare perché è infinito! Nei Suoi confronti le nazioni sono come una goccia di acqua, come polvere minuta! Tutte le nazioni sono come nulla davanti a Lui! (Isaia 40:12-18). Davanti questo Dio maestoso siamo davvero piccoli! (Cfr. Esodo 3:6).
(3) Dio è santo.
Dio è santo! (Isaia 6:3; 1 Pietro 1:16). C'è un solo Dio e questo Dio è santo! La santità appartiene solo a Lui e a nessun altro! La santità è un'esclusiva solo di Dio! (Esodo 15:11; 1 Samuele 2:2).
Dio è assolutamente inaccessibile all’uomo (1 Timoteo 6:16), alla Sua presenza l’uomo sperimenta la propria profanità (Isaia 6:5; Luca 5:8).
Il suo nome è tremendo, cioè temuto, preso in considerazione, e ha un’intima relazione con la Sua santità (Salmo 99:3; 111:9; cfr. Esodo 15:11; Deuteronomio 7:21; 10:17).
Il timore di Dio è il senso di profanità davanti la Sua presenza.
(4) Dio è diverso.
Timore è il senso di stupore e terrore verso la Diversità di Dio, il Totalmente Altro, Colui, cioè che ha una natura completamente diversa dalla nostra. Nessuno è pari a Dio! Il profeta Geremia dice: “Non c’è nessuno pari a Te, Signore; tu sei grande, e grande in potenza è il Tuo nome. Chi non ti temerebbe, Re delle nazioni? Poiché questo ti è dovuto; poiché fra tutti i saggi delle nazioni e in tutti i loro regni nessuno è pari a te” (Geremia 10:6-7).
Come i profeti della Bibbia anche oggi rimaniamo meravigliati riguardo a Dio! Una delle caratteristiche della divinità è proprio il fatto che noi non possiamo capire pienamente la Sua natura, i Suoi progetti (Isaia 55:8-9), e ne rimaniamo meravigliati. Il timore di Dio è la meraviglia sbigottita di fronte al Totalmente Altro, a quel che non è usuale, comprensibile, familiare. Dio non è comune per il Suo carattere! Non è familiare per i Suoi piani! Dio non è comprensibile per come opera!
Un’altra caratteristica del timore di Dio è la:
B) Consapevolezza dell’opera di Dio.
Quando gli uomini sperimentavano la potenza di Dio in azione nella storia e nella natura, allora reagivano con timore. Possiamo fare alcuni esempi. Quando Israele fu liberato dalla schiavitù Egiziana, quando vide che loro passarono attraverso il mare diviso, e videro morire gli Egiziani, è scritto in Esodo 14:31: “Israele vide la grande potenza con cui il SIGNORE aveva agito contro gli Egiziani. Il popolo perciò ebbe timore del SIGNORE, credette nel SIGNORE e nel suo servo Mosè”. (Cfr. Deuteronomio 10:21; 2 Samuele 7:23).
Così anche gli altri popoli quando udirono questo tremarono (Esodo 15:11-16; 1 Samuele 4:7-8).
Anche nel Nuovo Testamento leggiamo che quando Gesù calmò la tempesta è scritto in Marco 4:41: “Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri:‘Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?’” (cfr. Matteo 8:27; Luca 8:25); oppure quando Gesù risuscita il figlio della vedova di Nain è scritto: “Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: ‘Un grande profeta è sorto tra di noi’; e: ‘Dio ha visitato il suo popolo’” ( Luca 7:16).
Chi è consapevole dell’opera di Dio, lo teme!
Un’altra caratteristica del timore di Dio è la:
C) Consapevolezza della presenza di Dio.
Quando Dio si rivelò a Mosè con il pruno ardente, Mosè si nascose la faccia perché aveva paura di guardare Dio (Esodo 3:5-6).
Quando diede i dieci comandamenti a Mosè sul Sinai, tutto il popolo udiva tuoni, il suono della tromba e vedeva i lampi, e il monte fumante, il popolo temette Dio, questo era lo scopo di Dio. Dio si è rivelato in modo particolare affinché il popolo lo potesse temere e non peccare (Esodo 20:18-20; Deuteronomio 5:5).
L’incontro con Dio era considerato pericoloso per l’uomo, anzi letale (Esodo 19:21; 33:18-23; Giudici 6:22-23; 13:22; 1 Samuele 6:19-20; Isaia 6:5).
Mosè, per esempio in Esodo 3:6 nasconde la faccia perché aveva paura di contemplare Dio. (Cfr. Genesi 28:17; Esodo 20:18-20; Apocalisse 1:17).
Se abbiamo un po’ di consapevolezza della santità di Dio e del Suo odio del peccato, insieme alla presenza di Dio in tutte le nostre azioni e pensieri, allora tale timore di Dio influenzerà e regolerà la nostra condotta, e la nostra adorazione (Ebrei 10:19; 12:28-29).
Questo ci porta all’ultimo punto sul timore di Dio e cioè che il timore di Dio è la:
D) Consapevolezza dei nostri obblighi davanti a Dio.
Paolo in Romani 3:18 dice che gli uomini senza timore di Dio stanno sotto la potenza del peccato. Il timore di Dio è associato all’obbedienza (Deuteronomio 5:29; 6:2,24; Salmo 119:63). Il timore di Dio determina il nostro comportamento (Atti 9:31; 1 Pietro 1:17), causa la santificazione (1 Pietro 1:13-16; 2 Corinzi 7:1), quindi la devozione.
Il timore di Dio è la consapevolezza della santità e dei giudizi di Dio (Isaia 6:1-7; Apocalisse 15:4), è la consapevolezza che la sua approvazione è la cosa migliore che possiamo avere e la sua disapprovazione la cosa peggiore (Luca 12:4-5; Ebrei 10:31).
A volte le persone temono Dio perché hanno peccato e hanno paura del castigo divino come Adamo ed Eva per esempio (Genesi 3:10); Abimelec che stava per unirsi con Sara la moglie di Abramo (Genesi 20:8); così Mosè per Israele ( Deuteronomio 9:19); così anche nel giorno del Signore, giorno di giudizio (ad esempio Isaia 2:19-21; . 13:6-7).
Il timore di Dio è qualcosa che s’impara (Deuteronomio 4:10; 14:23), ovviamente attraverso la rivelazione di Dio (Deuteronomio 17:19-20; 31:11-12), ed è il desiderio dei devoti (Salmo 86:11).
Il secondo elemento importante dove nascerà e crescerà il carattere cristiano:
II LA MISERICORDIA DI DIO
In Romani 12:1 è scritto: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale”.
A) L’Esortazione di Paolo.
Paolo dice: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio”.
“Dunque” (oun) raggruppa tutto il grande argomento dei capitoli 1-11, cioè l’insegnamento dottrinale e in modo particolare il capitolo 11 dove si parla della grazia di Dio.
Paolo vuole dimostrare che le esortazioni che vanno dal capitolo 12:1-15:13 sono costruite saldamente sulla teologia della capitoli 1-11.
Martin K. Bussey riguardo questo testo scrive: “In molte chiese oggi si parla ‘dell’etica’. I predicatori spendono del tempo per insegnare alle persone come dovrebbero vivere. Quello che devono e non devono fare. Invece dovrebbero spiegare le dottrine che Paolo ha esposto nei primi 11 capitoli di Romani. Se una chiesa vuole crescere in santità, allora l’insegnamento dovrebbe andare oltre l’etica, e approfondire le dottrine che cambiano la vita. In particolare più capiamo la grazia di Dio e più vivremo una vita che piace a Dio. Solo quando realizzeremo quanto Dio è stato misericordioso con noi, quanto ci ha perdonato, incominceremo ad amare Dio in modo opportuno”.
Chi ama Dio gli sarà devoto, consacrato, più lo conosceremo e più lo ameremo e più gli saremo devoti!
“Esorto” (parakalō- presente attivo indicativo), è implorare, incoraggiare, fare un appello ai credenti a consacrarsi a Dio, ad arrendersi completamente a Dio nel nome della misericordia di Dio.
La consacrazione è una risposta di gratitudine per quello che Dio ha fatto per noi secondo la Sua misericordia!
“Misericordia” (oiktirmōn) è la grazia, la compassione e la pietà che rialzano da una miserabile condizione una persona nel bisogno, o la compassione e la pietà che si sente nei confronti di un altro, e spesso si manifesta in qualche forma di assistenza.
La misericordia esprime la disposizione di Dio verso l'uomo, si riferisce alle molteplici benedizioni e doni che derivano, appunto, dalla misericordia di Dio, in particolare gli atti salvifici di Dio e il piano di salvezza in Cristo Gesù. Misericordia riassume tutto quanto è stato detto nei primi undici capitoli, e in particolare nei capitoli 9-11, quando l’apostolo parla del piano salvifico di Dio (9:15-16, 18; 11:5-6, 30 – 32; cfr. Efesini 2:4-5 ; Tito 3:5).
La consacrazione del cristiano è la sua risposta a quanto Dio ha fatto in Gesù Cristo! “Per la misericordia di Dio” indica il fondamento dell’esortazione, dell’appello di Paolo, riassume la motivazione della risposta di consacrazione: la misericordia di Dio in Cristo. In questo senso, la dedizione completa della vita cristiana è l’espressione di gratitudine a Dio.
La nostra condotta deve essere alla luce di ciò che Dio ha fatto Cristo in noi! La vita cristiana è una risposta gioiosa di gratitudine alla misericordia di Dio che ci ha salvati in Cristo. Così la vita cristiana è un’espressione sia della nostra dipendenza della misericordia di Dio e sia della nostra risposta a essa.
B) La presentazione del corpo.
“a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale”.
La presentazione del corpo:
(1) È sacrificio.
“Presentare” (parastēsai -aoristo attivo infinito), già è stato usato in Romani 6:13,16,19 quando Paolo scrive di non offrire il corpo al peccato come strumenti d’iniquità, ma di presentare sé stessi a Dio come strumenti di giustizia. “Presentare” è un termine tecnico per indicare l’offerta in sacrificio.
La stessa parola è usata per la presentazione di Gesù quando era bambino nel tempio secondo la legge mosaica di consacrare i primogeniti in dono al Signore (Luca 2:22-23).
Paolo dice di presentare i nostri corpi. Dobbiamo considerare che il corpo è molto importante, la Bibbia ci dice che il corpo del cristiano può essere " strumento di giustizia (Romani 6:13), membra di Cristo (1 Corinzi 6:15); è il tempio dello Spirito Santo ( 1 Corinzi 6:19 ).
“I corpi” (sōmata) indicano tutta la persona, non solo una parte di noi stessi, indicano tutto quello che noi siamo nel complesso della nostra vita concreta, reale di ogni giorno, è l’individuo che si manifesta concretamente nella vita di tutti giorni in mezzo alla società, tramite il corpo noi possiamo relazione con gli altri e muoverci in questo mondo.
In questa manifestazione con il mondo dobbiamo presentare noi stessi a Dio, cioè consacrarci ogni giorno a Dio, in ogni cosa che facciamo, non solo interiormente, ma anche esteriormente.
Dio vuole tutto il corpo: Egli vuole il nostro cervello, i nostri occhi, le orecchie, la lingua, le mani e i piedi come suoi strumenti per la Sua gloria.
Paolo ci dice che la consacrazione, la devozione a Dio deve essere radicale, totale, senza compromessi in questo mondo come confermato nel v.2.
Paolo parla di tre aspetti del sacrificio: vivente, santo, gradito a Dio. Ognuno di questi è un aspetto importante della devozione della vita cristiana.
In primo luogo vediamo che è:
(2) Un sacrificio vivente (thusian zōsan).
Nell’Antico Testamento si offrivano animali per l’espiazione dei peccati. Una volta che gli animali vivi erano offerti morivano e poi si offriva un’ altro animale. Perciò, il contrasto è con questo tipo di sacrificio. Dio oggi ci chiama a offrire noi stessi e non tanto a morire fisicamente per i nostri peccati, ma a morire al nostro Io, al peccato (Romani 6:2) per vivere per Lui in novità di vita con una vera consacrazione e non servirlo con ipocrisia, perché siamo nuove creature. (Romani 6:4-13; 2 Corinzi 5:17).
“Sacrificio vivente”, quindi non è solo la natura dinamica del sacrificio, la sua forza in atto, ma anche lo stato spirituale della "nuova vita " in Cristo e nello Spirito (Romani 6:4, 8-11, 13), non è la morte fisica, ma dinamismo, è dedicare la propria vita, energie, forze,ecc. al servizio di Dio costantemente.
In secondo luogo vediamo che è:
(3) Un sacrificio santo.
“Santo”(hagian) indica due verità:
• La prima è che tutti coloro che appartengono a Dio sono santi e quindi appartati, messi a parte per servire solo Dio, consacrati interamente a Dio (Esodo 19.6; 1 Pietro 2:9).
• La seconda ha un contenuto etico e cioè di essere santi come lo è Dio (1 Pietro 1:14-16).
Indica essere moralmente puri, in contrasto con i corpi dominati dal peccato (Romani 6:3-14).
In terzo luogo vediamo che è:
(4) Un sacrifico gradito (euareston) è corretto secondo ciò che Dio desidera, ciò che gli piace!
Quindi il significato è di offrirci a Dio, ma in modo santo, questo sarà gradito a Dio!
I sacrifici a Dio nell’Antico Testamento erano un odore soave (Esodo 29:18,25,41; Numeri 15:7-14; Salmo 51:19), ma a volte erano offerti in modo superficiale, e quindi non erano graditi a Dio (Salmo 50:14,23; 51:16-17; 141:2; Osea 8:13; Amos 5:22; Michea 6:7; Malachia 1:8, 10, 13).
Quindi non possiamo servirlo a modo nostro (orgoglio, egoismo), ma siamo chiamati a servirlo a modo Suo, sforzandoci di essergli graditi. (Cfr. Romani 14:18; 2 Corinzi 5:9; Filippesi 4:18; Colossesi 3:20; Ebrei 11:5–6; 12:28; 13:16, 21).
Questo:
(5) Sacrificio sarà il culto spirituale.
“Culto” (latreian) è un termine cultuale (Giovanni 16:2; Romani 9:4; Ebrei 9:1,6) può riferirsi all’adorazione (Romani 1:25; Filippesi 3:3), o al servizio (Romani 1:9; 2 Timoteo 1:3), oppure a entrambi.
Comunque il culto non si limita a un luogo, o a un tempo, ma coinvolge tutti i luoghi e continuamente.
La parola “spirituale” (logikos) è stata interpretato in vari modi: 1) per descrivere il culto spirituale, interiore, in contrapposizione alla natura esterna e cerimoniale del culto nel tempio. 2) Per descrivere il culto che è ragionevole aspettarsi, il modo più sensato, o appropriato per rispondere a Dio come creature razionali e spirituali di Dio. È perfettamente ragionevole offrire sé stessi interamente a Dio, il non farlo sarebbe stupido e irrazionale. Questo è ciò che ci si aspetta da coloro, che hanno una corretta comprensione della verità rivelata in Cristo, è un culto appropriato per chi ha veramente compreso la verità rivelata in Cristo, il che significa che è coerente con la verità del Vangelo, questo onora Dio e richiede l'offerta di sé stessi nel corso della vita di tutti i giorni, non solo nei pensieri e sentimenti, ma anche in parole e opere. 3) La terza interpretazione descrive il culto come vera adorazione, descrive il coinvolgimento di una rinnovata mente che può comprendere correttamente Dio, rendendo questo l'unico fine del culto appropriato e vero.
Molto probabilmente la prima e la seconda interpretazione sembrano le più corrette, infatti, la parola “spirituale” (logikos) nel greco ha il significato di genuino, vero, razionale, intelligente, quindi con un’intelligenza spirituale, di una mente rinnovata in Cristo, quindi può essere inteso come interiore, contrapposta a riti esterni! Ma indicherebbe, anche un culto logico, sensato, appropriato, cioè coerente alla comprensione della verità del Vangelo, alla verità oggettiva del Vangelo!
Quello che crediamo va vissuto, quello che conosciamo del Vangelo va applicato in tutto!! Questo è il culto spirituale, cioè razionale, logico!
Il terzo elemento importante dove nascerà e crescerà il carattere cristiano è:
III IL DESIDERIO DI DIO
Salmo 73:25: “Chi ho io in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero che te”.
Se noi non desideriamo Dio, se non lo mettiamo al primo posto, se non abbiamo sete di Dio, non cresceremo nel carattere cristiano.
Ma desiderare Dio è anche il segno che siamo Suoi discepoli devoti. George Verwer scrive: “Saprete di essere veramente dei discepoli di Gesù soltanto quando desidererete con tutto il cuore, una profonda comunione con il vostro Creatore, quando avrete il desiderio di conoscerlo, di camminare con Lui e di vivere con Lui”.
In altre parole il Verwer dice per un vero discepolo, il Signore è la cosa più importante della vita, quando si desidera genuinamente una profonda devozione!
La vera pietà impegna i nostri affetti e suscita in noi il desiderio di godere della presenza di Dio.
La parola “desidero” (ḥāpaṣtî) denota la direzione del cuore, ciò che ha valore, il piacere, la passione, la gioia.
La stessa radice di questa parola è nel Salmo 1:2 tradotta con diletto chi si diletta nella legge del Signore, e indica non solo un’ inclinazione emotiva, ma anche un orientamento esistenziale della vita intera!
Il contrario degli empi che non desiderano Dio (Giobbe 21:14; Geremia 6:10; Proverbi 18:2)
Perché il salmista desiderava Dio? Perché era consapevole della grandezza delle opere di Dio e della presenza di Dio nella sua vita, protezione e guida e della certezza della sua salvezza! (Salmo 73:23-24,26-28; Cfr. Salmo 111:2).
Senza consapevolezza di chi è Dio e della nostra salvezza noi non lo desidereremmo!
Questo salmo si può dividere in due parti: da una parte notiamo che il salmista porta invidia ai prepotenti, ai malvagi che prosperano e non sono tribolati, sono violenti, arroganti, increduli e il popolo va dietro a loro, sono sempre tranquilli e accrescono le loro ricchezze. In questa prima parte vediamo che il salmista ha una visione egocentrica e materialista e utilitarista della fede (Salmo 73:13), come per dire a che serve la fede se questi hanno tutto e non sono credenti, mentre io no?
Ma poi dal v.16 ha visto le cose in modo diverso perché ha cominciato a vedere le cose dal punto di vista spirituale (Salmo 73:17), è ha considerato la fine di costoro, ma soprattutto ha cominciato a guardare se stesso in relazione a Dio (Salmo 73:23-28).
Al v.25 dice: “Chi ho io in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero che te”. Il salmista dice che la cosa più importante delle cose materiali, della prosperità, ciò che lui desidera di più, è Dio!
In questo versetto vediamo due aspetti della vita del salmista riguardo a Dio.
In primo luogo:
A) Dio è al primo posto in cielo.
“Chi ho io in cielo fuori di te?
“Dio e le cose eterne sono il mio unico piacere” disse il missionario Henry Martyn.
Il primo comandamento dice: “Non avere altri dèi oltre a me”. Dio vuole che solo Lui sia adorato, servito e cercato e ne ha il diritto perché è l’unico Creatore Sovrano (Esodo 20:2; Isaia 40:28; 45:18; Atti 17:24; Apocalisse 4:11); Salvatore (Esodo 20:2; Atti 4:12; 1 Corinzi 6:19-20; 1 Timoteo 2:5) e ci ha creati e salvati per la Sua gloria (Isaia 43:7; Romani 11:36; Efesini 1:6,12,14).
Chi altro Creatore Sovrano e Salvatore esiste oltre al Signore Iddio? Nessuno!
Inoltre la persona devota desidera Dio perché desidera stare alla Sua presenza e godere della Sua bellezza (poiché Dio è uno spirito, la sua bellezza non si riferisce ovviamente all’ aspetto fisico, ma al Suo carattere, ai Suoi attributi (Salmo 27:4).
La vera devozione produce la sete di Dio! ( cfr.Salmo 42:1-2; 63:1-3; Isaia 26:9), questa sete sarà importante per la nascita e la crescita del carattere cristiano.
In secondo luogo:
B) Dio è al primo posto sulla terra.
Tutta la serie di beni che il salmista ha visto godere ai malvagi e che perfino ha invidiato, perde ogni valore al confronto di avere Dio.
Dio è l’unico bene che riempie la vita! In cielo e terra il suo desiderio è solo per il suo Dio (cfr. Salmo 16:2,8). Per il salmista, Dio è l'unico oggetto di adorazione e l’unico desiderio in tutto l'universo. Dio è l'unica fonte di felicità in tutto l'universo, avere Lui significa avere tutto!
Il salmista sta dicendo che Dio per lui è la cosa prioritaria, al di sopra, di ogni cosa! Possiamo essere cristiani, senza Dio! Dio diventa un qualcosa che è nella nostra mente, ma senza incidere nella nostra vita, Dio non è prioritario nella nostra vita, ma è altro!
Purtroppo per diverse persone, anche qualcuno che si professa cristiano, desiderare Dio è troppo forte. Jerry Bridges scrive: “ Forse quest’idea di un desiderio di Dio suona strano a molti cristiani di oggi. Noi comprendiamo il pensiero di servire Dio, di essere impegnato nell’opera sua. Potremmo anche avere un "tempo tranquillo," quando leggiamo la Bibbia e pregare. Ma l'idea di desiderio di Dio stesso, di voler godere profondamente la sua amicizia e la sua presenza, può sembrare un po’ troppo mistico, quasi al confine con il fanatismo. Noi preferiamo il nostro cristianesimo di essere più pratico”.
CONCLUSIONE
Milt Rood lavorò per anni e anni in una città americana come commesso di venditore di macchine, ma lui era con una missione per delinquenti minorili. Settimana dopo settimana lui insegnava pazientemente la Parola di Dio e pregava con questi ragazzi nei guai. Il Milt una settimana andò all’ospedale per dei controlli. I dottori si accorsero che era pieno di cancro, l’operarono e lo ricucirono, e lo rimandarono a casa. Lui morì dopo una settimana. Dopo il funerale, qualcuno disse: “è interessante che al funerale nessuno chiese quante macchine lui avesse venduto!” Questo fratello non è stato ricordato per le macchine vendute, ma molto probabilmente per la sua devozione a Dio!!!
Tu per che cosa vuoi essere ricordato? Perché avrai successo con il lavoro? Con le donne? O perché ami Dio e sei solo a lui devoto? Vuoi essere ricordato perché avevi un carattere orribile oppure perché assomigliavi a Gesù Cristo? Il carattere di Gesù Cristo nasce e cresce nella devozione a Dio! Sei devoto a Dio?