La parabola della stoffa nuova e degli otri nuovi (Luca 5:33-39).
Qualcuno ha detto: “Tutti sono a favore del progresso. È il cambiamento che non piace”. Questa frase ci fa capire come a moltissime persone non piacciono i cambiamenti, le novità.
Tempo fa il Duca di Cambridge, avrebbe affermato: "Qualsiasi cambiamento in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo deve essere deplorato".
Questo era anche il problema di molte persone ai tempi di Gesù.
Gesù portò qualcosa di nuovo, inconciliabile con certe tradizioni locali, ma molte persone rifiutarono il Suo insegnamento.
Continuiamo la nostra serie di predicazioni sulle parabole di Gesù.
In questa parabola vediamo la causa, cioè perché Gesù l’ha detto, vediamo il cuore, e poi faremo delle considerazioni finali.
I LA CAUSA DELLA PARABOLA (vv.33-35).
Nella causa della parabola osserviamo:
A) La Disapprovazione (v.33; Matteo 9:14; Marco 2:18).
v.33: “Essi gli dissero: ‘I discepoli di Giovanni digiunano spesso e pregano; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono’”.
Chi sono questi “essi”? Alcuni studiosi pensano che si tratti dei farisei e i loro scribi, quando Gesù insieme ai Suoi discepoli, era a mangiare da Matteo, con i pubblicani e i peccatori, e lo avevano criticato per questo (Luca 5:30).
Matteo, però scrive che furono i discepoli di Giovanni Battista con una domanda (Matteo 9:14); così anche Marco scrive che i discepoli di Giovanni e i farisei erano soliti digiunare, e poi dice, senza specificare i soggetti, che “alcuni” andarono da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano e i tuoi discepoli non digiunano?” (Marco 2:18), quindi ci troviamo di fronte una domanda e non un’affermazione come ci scrive Luca.
C’è una contraddizione? La risposta potrebbe essere che erano entrambi i gruppi, oppure è un altro episodio e quindi ci troviamo in un ambiente distinto dalla casa di Matteo ed è avvenuto dopo, oppure Luca dice semplicemente un’osservazione dalla folla.
Anche se non ci fosse una stretta connessione cronologica tra la festa in casa di Matteo e l’affermazione critica riguardo il digiuno, cioè, tra Luca 5:27-32 e Luca 5:33-39, ci potrebbe essere stata una relazione logica, o di attualità.
Gesù e i suoi discepoli mangiavano con pubblicani e i peccatori (a parte Luca 5:27-32 vedi anche Luca 7:34; 15:1-2; 19:10; Cfr. Matteo 11:19) , mentre i discepoli di Giovanni e dei farisei si astenevano da tali banchetti, e praticavano una certa austerità.
Luca non identifica chi fece l’affermazione, il soggetto non è detto, comunque, noi vediamo che in questo passo c’è una disapprovazione con un tono di rimprovero, una critica da parte di alcuni verso Gesù riguardo ai Suoi discepoli che non digiunano, ma che mangiano e bevono.
Queste persone si chiedevano come mai i discepoli di Gesù non erano così rigidi nell’osservare il digiuno e nel pregare, il digiuno, era molto considerato in questo periodo.
Riguardo al digiuno, possiamo dire che vi era un digiuno fisso prescritto dalla legge mosaica -il giorno delle espiazioni- ogni Israelita doveva umiliarsi e offrire dei sacrifici consumati dal fuoco (Levitico 23:26-27; Atti 27:9).
Zaccaria 8:19 riportando le parole del Signore, parla di quattro digiuni fissi per la commemorazione dei quattro eventi maggiori della distruzione di Gerusalemme (decimo mese- inizio dell’assedio 2 Re 25:1; quarto mese- caduta della città, Geremia 39:2; quinto mese-distruzione della città e del tempio 2 Re 25:8-9, settimo mese- uccisione di Ghedalia, 2 Re 25:25).
Poi troviamo digiuni non fissi e nazionali, digiuni limitati alle occasioni di speciale bisogno e di emergenza (2 Cronache 20:4; Esdra 8:21-23. Per altri digiuni comunitari vedi anche altri passi biblici, 1 Samuele 7:6; Neemia 9:1-3; Ester 4:16; Gioele 1:14; 2:15-16; Atti 13:29).
Troviamo anche digiuni individuali per ragioni diverse (2 Samuele 12:16-20 ; 1 Re 21:27; Salmo 35:13; 69:10).
Il digiuno, quindi, era una pratica religiosa, con un’astensione parziale (Daniele 1:8-15), o totale dal cibo per un certo periodo, di tempo (Ester 4:16).
Colui, che digiunava rifletteva l'umore di una persona in lutto, era associata di solito alla confessione del peccato e al cordoglio (1 Re 21:27; Neemia 9; Ester 4:3; Salmo 69:10; Isaia 58:5; Daniele 9:3; Gioele 2:12-13).
Mentre i discepoli di Gesù erano gioiosi e non si dedicavano al digiuno, e i discepoli dei farisei e di Giovanni erano perplessi per questo.
I farisei avevano una pratica del digiuno due volte alla settimana (Luca 18:12), probabilmente il lunedì e il giovedì, questo digiuno era volontario, non era prescritto dalla legge.
I discepoli di Giovanni (altri passi dove si parla di loro Luca 7:18; 11:1; Marco 6:29; Giovanni 1:35, 37; 3:25) probabilmente seguivano le pratiche ascetiche di Giovanni (Luca 7:33), Giovanni aveva uno stile di vita ascetico con una dieta austera costituito da cavallette e miele selvatico ( Matteo 3:4; Marco 1:6).
Così anche i discepoli dei farisei, erano coloro, che avevano accettato gli ideali dei farisei, o che appartenevano al partito dei farisei.
Il digiuno era di solito accompagnato con la preghiera, nel combinare entrambe le cose, la speranza era che Dio avrebbe esaudito il loro desiderio (Neemia 1:4; Esdra 8:21, 23; vedi anche Luca 2:37; Atti 13:3; 14:23). Le persone che digiunavano concentravano la loro attenzione su Dio.
La preghiera e il digiuno, non era una questione periferica, marginale della religione, era al centro della devozione ebraica.
B) La Reazione (vv.34-35).
vv.34-35: “Gesù disse loro: ‘Potete far digiunare gli amici dello sposo, mentre lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto: allora, in quei giorni, digiuneranno’”.
Gesù ha dovuto affrontare la questione del perché i suoi discepoli non digiunavano come i discepoli di Giovanni e dei farisei, anzi mangiavano e bevevano.
Anche Gesù fu accusato di essere un mangione e un beone, amico dei pubblicani ( Luca 7:34), visto che partecipava ai loro banchetti (Luca 5:27-29).
Ma Gesù, non era contrario al digiuno, era contrario al digiuno fatto con ipocrisia e per farsi vedere dagli altri (Matteo 6:16-18), quando il digiuno è legalistico, motivato dall’auto-giustizia (Luca 18:11-12).
Anche in questo passo vediamo la conferma con una metafora in forma di domanda e cioè: “potete far digiunare gli amici dello sposo, mentre lo sposo è con loro?” La risposta implicita è no!
I discepoli che partecipano con il loro maestro, Gesù, al banchetto di Matteo, vivono l’atteggiamento giusto al tempo messianico, che è tempo di gioia.
Anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo, alcuni vedono questa immagine (sposo) come l’espressione di matrimonio di Dio con il suo popolo e sono spesso utilizzati per alludere a tempi messianici (Isaia 54:5-6 ; 62:4-5 ; Geremia 2:2; Osea 2 :14-23.
Mentre altri pensano che non ci sia nessuna allusione ai tempi messianici, ma Gesù fa solo un esempio.
Gesù, quindi, risponde con una domanda che illustra situazione attuale dei discepoli. Egli usa l'immagine di un matrimonio.
Infatti, “Gli amici dello sposo” (uhious tou numphōnos) letteralmente è “figli della sala matrimoni, o camera nuziale”, è un modo di dire ebraico e designa gli assistenti dello sposo e quindi quelli s’identificano più strettamente con lo sposo nella gioia della celebrazione del matrimonio e contribuiscono alla festa generale e alla gioia di quest’occasione.
Così anche: “mentre lo sposo è con loro?”, indica durante le nozze.
I discepoli di Gesù erano i suoi amici e si rallegravano con Lui. Questo è il motivo per cui il digiuno in questo momento non era appropriato. Sarebbe altrettanto impensabile per i presenti a un matrimonio digiunare durante i festeggiamenti: la gioia, non il digiuno, è l'atteggiamento appropriato per discepoli, gli amici di Gesù.
La presenza di Gesù è ciò che rende il presente, un tempo di festa di matrimonio, la Sua presenza procura gioia ai Suoi discepoli simile a quella che sono presenti al matrimonio.
È un giorno di gioia di un matrimonio e non di cordoglio, di digiuno! Gesù vuole dire che fin quando Lui è con loro presente, è un momento di festa, poi lo sposo sarà loro tolto, in quei giorni digiuneranno.
Marco riportando le parole di Gesù dice: “Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare” (Marco 2:19).
Mentre Matteo dice: “Possono gli amici dello sposo far cordoglio finché lo sposo è con loro?” (Matteo 9:15).
Questa illustrazione implica che il digiuno è stato un mezzo per esprimere tristezza, malinconia, dolore e non era opportuno con la gioia di essere con lo sposo.
Sarebbe assurdo pensare che i Suoi discepoli potessero digiunare, mentre Gesù era con loro, era un momento di felicità e non di cordoglio!!
C’è un tempo e luogo per il digiuno, ma il tempo della presenza e del ministero di Gesù non è questo periodo.
Gesù considerava il digiuno come espressione di dolore volontario, piuttosto che un dovere religioso richiesto. Il digiuno non è quello di essere una disposizione meccanica insieme a giorni fissi, dal momento, che il digiuno è determinato dalle condizioni, o circostanze.
Verrà un tempo in cui le cose saranno diverse, lo sposo sarà loro tolto, allora i discepoli digiuneranno.
Perché Gesù dice in questo modo? In che modo lo sposo viene portato via nel quadro di un matrimonio? Dal momento, che il linguaggio figurativo di paragonare Gesù allo sposo durante il matrimonio, la maggior parte dei commentari, vedono, questo versetto come una tragedia che si verifica nella sala delle nozze, mentre lo sposo è rimosso dalla scena del suo matrimonio.
Lo sposo viene ucciso durante il matrimonio e gli invitati alle nozze velocemente cadono nella profonda oscurità, quindi il riferimento è alla morte in croce di Gesù prima della sua resurrezione e dopo la sua ascensione.
Oppure si riferisce a un evento non collegato alle nozze a un diverso periodo in cui il digiuno sarà opportuno, il momento in cui lo sposo è tolto via.
Comunque sia “sarà loro tolto” (aparthē) è un riferimento profetico della morte di Gesù, la Sua morte in croce, con un accenno alla rimozione violenta, allora, in quei giorni, i discepoli, digiuneranno, ma non dice dovranno digiunare, sembra più un digiuno volontario.
Alcuni pensano che il digiuno è causato dalla loro tristezza, o dolore, e lutto per il Suo arresto e crocifissione e secondo alcuni termina con la Sua resurrezione (Giovanni 16:16-22; Luca 24:52) oggi la chiesa non è più in lutto a causa della presenza spirituale di Gesù nella chiesa.
Altri dicono che si riferisce anche ai giorni della persecuzione della chiesa. Altri, ancora pensano che si alluda alla mancanza fisica di Gesù, al dolore che Gesù era assente fisicamente (2 Corinzi 5:6-8; Filippesi 1:23), fino a quando Gesù non ritornerà di nuovo per liberarci completamente da questo mondo, alla piena redenzione della chiesa e restaurerà ogni cosa (Romani 8:17-30; 1 Corinzi 15:20-28; Apocalisse 19-22). Ma nello stesso tempo,la chiesa gioiva nella sua comunione con Gesù (Giovanni 15:11; 17:13; Romani 15:13; Galati 5:22; Filippesi l'intera epistola; 1 Pietro 1:8; 4:13; 1 Giovanni 1:4; 2 Giovanni 12).
Questo passo non significa che una volta che Gesù è risuscitato, la chiesa vivendo nella gioia non avrebbe più digiunato, infatti, noi vediamo che la chiesa primitiva comunque digiunava, ma non per il lutto!
Il digiuno non ha solo l’aspetto del cordoglio, è associato anche per esempio nella richiesta della benedizione nel servizio cristiano, o per la guida (Atti 13:2-3; 14:21-23).
Comunque sia, è meglio sostenere qui, l'assenza fisica dello sposo in generale. Con la partenza di Gesù, la totalità della liberazione è ancora un evento che la chiesa attende (Atti 3:12-26), e si può digiunare desiderando ardentemente il suo ritorno e il compimento finale.
Gesù non vieta il digiuno, ma non è la regola o un test di spiritualità, e non va fatto per vanagloria (Matteo 6:16-18), né per avere l’approvazione di Dio (Luca 18:9-14), ma per la gloria di Dio (Zaccaria 7:5; 1 Corinzi 10:31-33).
Ma adesso vediamo:
II IL CUORE DELLA PARABOLA (vv.36-39).
C’è stato un certo disprezzo nella disapprovazione. Gesù era molto criticato per il suo stile e per il suo insegnamento, la sua missione era una rottura con le pratiche religiose tradizionali e per questo motivo molte persone tradizionaliste erano molto ostili a Gesù e questo sfocerà alla morte in croce.
Questa disapprovazione, in questo contesto, è un’opportunità per Gesù per insegnare un’importante verità.
Nei vv.36-39, Gesù dice due (o tre) parabole che hanno lo stesso significato, ma che Luca sintetizza nella parola “parabola” tre esempi che indicano lo stesso punto: la parabola della stoffa e la parabola degli otri, alcuni pensano che la frase del v.39 sia ancora un’altra parabola distinta.
Cominciamo con la parabola della:
A) Stoffa (vv.36).
v.36: “Disse loro anche una parabola: ‘Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio; altrimenti strappa il nuovo, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio’”.
Gesù racconta una parabola tratta dalla vita domestica: quella cioè di mettere una toppa su un vestito, un pezzo di stoffa per riparare un buco, o uno strappo di un vestito.
Se abbiamo un vestito vecchio rovinato da un buco, non strappiamo un pezzo di stoffa da un vestito nuovo per metterlo sul vecchio, si rovinano entrambi perché quello nuovo è strappato, e il vecchio ha una toppa che non si adatta (sumphōnei- presente attivo indicativo).
Il riferimento non è al colore, ma alla differenza del materiale, uno è forte, resistente e nuovo, mentre l’altro è vecchio e fragile, il vestito vecchio, è rovinato dai continui lavaggi e dal tempo, mentre il nuovo non è rovinato.
Matteo e Marco dicono che nessuno cuce un pezzo di stoffa nuova (agnafos) su vestito vecchio; altrimenti la toppa nuova porta via il vecchio, cioè essendo più forte strappa ancora di più il vestito e lo strappo si fa peggiore (Matteo 9:16; Marco 2:21).
Perché Matteo e Marco raccontano una versione diversa? Perché molto probabilmente Gesù ha usato questa parabola diverse volte in forme leggermente diverse.
“Nuovo” (kainou) è in enfasi è ripetuto tre volte nel v.36.
Luca mette in enfasi aggiungendo al pezzo (la toppa), il vestito nuovo, mentre Matteo e Marco parlano solo di toppa, in questo modo Luca aggiunge l'effetto negativo sul nuovo vestito e sulla toppa nuova che non si adatta al vecchio. Invece di concentrare l'attenzione sul vestito vecchio, qui l'attenzione, è al vestito nuovo che è sacrificato senza risultati soddisfacenti nel vestito vecchio.
Non soltanto la toppa nuova fa, il vestito vecchio, ancora più brutto, ma soprattutto rovina anche l’abito nuovo, quindi a differenza di Marco, il danno non riguarda solo il vestito vecchio, ma anche quello nuovo, è assurdo rovinare un vestito nuovo per uno vecchio!!
Luca, quindi si concentra sull'immagine dal punto di vista del nuovo pezzo di stoffa che viene dal vestito nuovo. Luca mette, in evidenza che il nuovo tessuto è strappato rovinando il vestito nuovo e che non corrisponde al vecchio.
Vediamo ora, la parabola degli:
B) Otri (vv.37-39).
vv.37:39: “Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo fa scoppiare gli otri, il vino si spande, e gli otri vanno perduti. Ma il vino nuovo va messo in otri nuovi. E nessuno, che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: ‘Il vecchio è buono’".
Questa è la seconda parabola, ma che ha lo stesso significato della parabola della stoffa, rafforza la prima parabola e completa il pensiero che il nuovo non può stare con il vecchio.
Il vino era messo in otri. Gli otri erano recipienti fatti di pelle di capra, o di pecora conciata e cucita per contenere e trasportare liquidi, soprattutto vino e olio.
Il vino nuovo indica il succo d'uva appena pressato e quindi in fase di fermentazione, o è nelle fasi iniziali della fermentazione.
Gesù dice che non si mette vino nuovo in otri vecchi, perché il vino nuovo fermentando fa gonfiare e scoppiare gli otri vecchi, cioè usati e deteriorati, che hanno perso l’elasticità, mentre gli otri nuovi si estendono alla fermentazione e sono più resistenti.
La parabola del:
C) Vino vecchio e il vino nuovo (v.39).
È chiaro che gli interlocutori di Gesù non erano disposti al cambiamento a bere il vino nuovo di Gesù, come vediamo dalla frase ironica di Gesù: v.39: “E nessuno, che abbia bevuto vino vecchio, ne desidera del nuovo, perché dice: ‘Il vecchio è buono’" .
Questa frase è anche un rimprovero ironico di Gesù per coloro che si ostinano a rimanere nel loro tradizionalismo inflessibile e indica che si sbagliano a non accettare il nuovo, il Vangelo di Gesù Cristo.
Gesù, quindi non sta giustificando queste persone che si aggrappano alle loro tradizioni, ma ha sottolineato che non vogliono cambiare.
Gesù riconosce che le vecchie abitudini e modi di pensare non sono facilmente modificabili. Non è facile staccarsi dalle vecchie abitudini, o credo, per i Giudei era difficile lasciare la loro religione per seguire Gesù.
Per un Ebreo e un fariseo, il vino vecchio è qualitativamente migliore del vino nuovo (buono-chrēstos-indica valore elevato, superiore, migliore), e una persona che ha assaggiato il vino che è stato invecchiato nella maniera giusta, non lo cambierebbe con il vino nuovo.
Alcuni non seguiranno Gesù, perché sono soddisfatti con il vino vecchio che possiedono, lo ritengono migliore, superiore e non sentono il bisogno del nuovo, nemmeno di provarlo. Niente potrà farli cambiare idea.
Sono stati educati e abituati al vecchio e lo ritengono migliore, e avendo dei pregiudizi per il nuovo, non conoscendolo, non avendolo sperimentato, non abbandoneranno il vecchio, non cambieranno idea, non hanno voglia di qualcosa di diverso che lo ritengono inferiore al vino vecchio.
Il ragionamento è: “ Tu puoi dire e fare quello che vuoi, ma non noi cambieremo le nostre vie, non ne sentiamo il bisogno, la nostra via è meglio della tua”.
Alcune persone sono fissate nei loro modi e rifiuteranno il nuovo insegnamento, o modo che Gesù porta, anche oggi.
Il rifiuto da parte di alcuni è inevitabile e Gesù subirà una forte opposizione fino alla morte in croce.
C) Il punto della parabola.
Tutti è tre i Vangeli hanno lo stesso punto di base: la miscela del vecchio e del nuovo è distruttivo e non può davvero essere fatto, perché il risultato è un danno per entrambi i vestiti, il nuovo non si adatta al vecchio.
Queste due o tre parabole avevano lo scopo di chiarire il rapporto tra il vecchio ordine e il nuovo che Gesù stava presentando, Luca scrive il contrasto, o l’incompatibilità che c’è tra il nuovo e il vecchio.
Il punto della parabola è: l'incompatibilità dell’insegnamento di Gesù con la tradizione, o i vecchi modi del giudaismo, in modo particolare dei farisei come per esempio con il loro digiuno legalistico e di cordoglio, contrapposta alla gioia che porta il Vangelo, conciliarli avrebbe un effetto distruttivo.
Leon Morris parlando dell’insegnamento di Gesù scrive: “Se si tenta di racchiuderlo dentro i vecchi otri del giudaismo (per esempio imponendo il digiuno) si avrà un risultato disastroso”.
È interessante notare che il vocabolo greco per “strappo” usato sia da Matteo che da Marco è “schisma”, spesso usato metaforicamente per indicare divisioni, dissenso, conflitti (Giovanni 7:43; 9:16;10:19; 1 Corinzi 1:10; 11:18; 12:25).
A riguardo R.T. France scrive: “Mettere insieme visione e comportamenti religiosi incompatibili fra loro è la ricetta per ottenere uno scisma”.
Ora il digiuno alla maniera farisaica è un esempio di contrasto, ma il discorso è più generalizzato; il libro degli Atti ci dà alcuni esempi che sono legati alla circoncisione, alle leggi sul cibo, riguardo ai Gentili. Il nuovo non può essere combinato con il vecchio, o all’interno dei vincoli del vecchio, il nuovo perde la sua completezza e il vecchio, la sua consistenza.
Gesù porta una nuova era e un nuovo approccio a Dio, che non può essere miscelato con le antiche tradizioni (Matteo 15:3). L’arrivo di Gesù sulla terra ha inaugurato un Nuovo Patto tra Dio e il Suo popolo con nuove forme, spirito, approcci e modi per esprimere la fede personale e le pratiche del giudaismo non può contenerlo.
G. Schneider dice: “Il nuovo che Gesù ha portato non è fatto per riparare il vecchio, ma deve veramente prendere il posto del vecchio”.
Ma Gesù non sta respingendo l’Antico Patto, non è tanto che Gesù sta facendo qualcosa di radicalmente nuovo, Lui, infatti, non è venuto ad abolire la legge o i profeti, ma a portare a compimento (Matteo 5:17). Gesù, quindi non si è ribellato all’insegnamento dell’Antico Testamento (Matteo 23:23; Luca 10:25-37).
Gesù non sta dicendo che il vecchio è da buttare che la stoffa vecchia, o l’otre vecchio sono inutili, sono sbagliati, ma che c’è incompatibilità tra il vecchio e il nuovo, il vecchio conduce al nuovo (vedi per esempio (Galati 3:21-29).
Dopo aver visto cuore della parabola e quindi il punto possiamo fare alcune considerazioni, quindi vediamo:
III LE CONSIDERAZIONI DELLA PARABOLA.
Il succo della parabola abbiamo visto è l’incompatibilità dell’insegnamento di Gesù con la tradizione degli uomini e come gli uomini sono restii ai cambiamenti.
Noi possiamo fare le seguenti considerazioni:
A) La Chiusura.
Nella chiusura vediamo:
(1) La Chiusura per la Conversione.
L'uomo naturale ama le sue vecchie cose, gli piace il suo “vecchio vino”: la sua vecchia religione, i suoi vecchi desideri, comportamenti, metodi, aspirazioni, ideali e pensa che siano migliori del vino nuovo di Gesù, del Vangelo.
Questo era particolarmente vero per gli interlocutori di Gesù che consideravano l'insegnamento di Gesù inferiore a quello che era vecchio, pertanto lo rifiutavano a priori.
Ma lo è anche per molti oggi che rifiutano di seguire Gesù perché pensano che il loro “vino vecchio” sia migliore del Vangelo.
Ma c’è un altro tipo di chiusura che vediamo oggi:
(2) La Chiusura nella chiesa.
Nella chiusura nella chiesa vediamo:
(a) La chiusura a nuove Idee.
L'intero brano è la condanna di Gesù della mente chiusa e un appello che le nuove idee non devono essere respinte a priori.
Ovviamente il riferimento è che queste idee, non siano contrarie alla verità di Dio.
Non dobbiamo aver paura a quelle idee nuove, innovative, se non contraddicono la rivelazione di Dio come rivelata così nella Bibbia. È vero che Dio non rivela nuove verità, ma possiamo avere nuove idee per esempio sull’evangelizzazione, riunioni di preghiera, il culto e così via, rinnovarsi restando al passo con i tempi, ma rimanendo fedeli a Dio e alla Sua rivelazione.
Cosa sarebbe stato oggi per esempio nel campo della medicina, o della tecnologia, se i medici, o gli ingegneri si fossero limitati a farmaci, o macchine, o a tecniche di trecento anni fa?
Le innovazioni sono sempre state ostacolate, il nuovo non dà nessuna sicurezza, e certi responsabili di chiesa hanno paura del nuovo.
Gli innovatori sono sempre stati visti con un certo sospetto: Galileo (1564-1642) è stato bollato come eretico quando diceva che la terra gira intorno al sole. Joseph Lister (1827-1912) ha dovuto lottare per la tecnica antisettica nelle operazioni chirurgiche. Sir James Simpson (1811-1870) ha dovuto combattere contro l'opposizione per l’uso anestetico del cloroformio.
Se un’ idea non contraddice la Bibbia e abbiamo la convinzione che porta gloria a Dio, non dobbiamo aver paura di portarla avanti!
È sbagliato dire: “abbiamo fatto sempre così”, se ci lasciamo guidare veramente dallo Spirito Santo!
Nella chiusura nella chiesa vediamo:
(b) La chiusura a nuovi metodi.
Non dovremmo mai avere paura di nuovi metodi se questi non contraddicono ciò che è scritto nella Bibbia. Se un metodo non è mai stato fatto prima ed è coerente con la verità di Dio, può essere un motivo buono per provarlo.
Siamo convinti che la parola di Dio è verità, immutabile in eterno (Matteo 24:35; Giovanni 17:17), ma i tempi cambiano, noi siamo chiamati certamente a rimanere radicati nella Parola di Dio, ma anche ad andare a passo con i tempi, senza conformarci a questo mondo (Romani12:1-2).
Facciamo un esempio, noi cristiani siamo chiamati e dobbiamo preoccuparci di predicare con franchezza il Vangelo e lo dobbiamo fare senza compromessi con la menzogna. Oggi abbiamo nuovi metodi per comunicarlo come per esempio tramite internet, dvd,ecc, metodi che cinquant’anni fa non erano possibili.
Non ci fossilizziamo solo sui vecchi metodi che si usavano nel secolo scorso, oggi possiamo usare nuovi metodi, l’importante è che siano coerenti con la Parola di Dio, con la volontà di Dio.
Eppure, oggi, davanti una proposta nuova si dice: " Non abbiamo mai fatto in questo modo prima d'ora! ".
La tradizione in alcune chiese cristiane oggi, non si discosta molto da ciò che pensavano gli interlocutori di Gesù: preferiamo il vino vecchio, idolatrando così un metodo tradizionale!
Ma in questo passaggio vediamo anche:
B) La Censura.
(1) La Censura del legalismo.
Questa similitudine parabola attacca il legalismo, il seguire regole e regolette, tradizioni, mettendole al di sopra, della Parola di Dio (Matteo 15:3), e cercandole di raggiungerle con gli sforzi umani, o le nostre opere per essere approvati da Dio (Luca 18:9-14; Galati 2:16; 3:3) come facevano i farisei e che Gesù ha condannato!
C’è incompatibilità tra la grazia di Dio e il legalismo (Romani 11:6).
(2) La Censura al libertinismo.
Proprio come le nuove forme, modi, insegnamento portati da Gesù non poteva tollerare alcun compromesso con le vecchie forme, insegnamenti, modi, così è anche con la nuova vita di ogni persona rigenerata in Cristo.
Una persona nata di nuovo, rigenerata è chiamata a rinunciare a tutte le forme della vecchia vita di peccato e d’incredulità.
Non possiamo “rattoppare” la fede in Gesù sullo stile di vita che eravamo abituati prima della conversione. Gesù desidera ed è in grado di fare tutto nuova nella vita del credente.
Come c’è una censura per il legalismo, vi è anche una censura al compromesso con il peccato e la filosofia di questo mondo che esalta il peccato (Romani 12:1-2; 1 Giovanni 2:15-17).
Il vino nuovo di Gesù non è compatibile con il vecchio vino della natura umana decaduta che Paolo chiama “carne”. La persona che appartiene a Gesù è una nuova creatura con nuovi desideri, aspirazioni, comportamenti (2 Corinzi 5:17) cercherà con l’aiuto della grazia di Dio, e dello Spirito Santo a vivere in modo santo (Galati 5:16-22).
Eppure come diceva Ryle: "Ci sono migliaia di persone che stanno cercando di conciliare il servizio di Cristo e il servizio del mondo, ad avere il nome di cristiani e tuttavia vivere la vita degli empi – trattenersi con i servi di piacere e di peccati, e tuttavia essere seguaci di Gesù crocifisso, allo stesso tempo ".
(3) La Censura al corruzionismo.
Il Vangelo non può essere mescolato con tradizioni umane, pratiche pagane, filosofie umane. La dottrina rivelata da Dio deve essere mantenuta pura come rivelata nella Bibbia. Il cristianesimo non è una religione da includere nella nostra religione, filosofia, e tradizione! (Filippesi 1:27; 1 Timoteo 1:18-19; 6:20; 2 Timoteo 1:14; 2:13; Giuda 3).
Niente toppe nuove su vestiti vecchi!
Chiese hanno incorporato intrattenimenti del mondo e metodi promozionali per fare appello alle persone. Ma è una miscela distruttiva perché fa false conversioni.
CONCLUSIONE
Non si può adattare “il vestito nuovo” e “il vino nuovo” di Gesù, alle vecchie forme tradizionali di pietà.
C’è una certa distanza, un’incompatibilità tra il Vangelo e la visuale religiosa, ma anche con tradizioni umane, o filosofiche di questo mondo, e l’immoralità.
Inoltre Gesù ci comunica che non è facile staccarsi dalle vecchie abitudini, o credo, com’era difficile per i contemporanei di Gesù, lo è anche oggi!
Ma ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio! (Matteo 19:26).