IL MINISTERO EFFICACE (Matteo 3:7-10; Marco 1:4-8).
LA PREDICAZIONE DELL’ARALDO. (1)
Il predicatore scozzese John Knox (1514-1572), considerato uno dei predicatori più potenti del suo tempo, cominciò a predicare dal pulpito all'età di 40 anni.
I biografi concludono che gran parte del fuoco e dell'energia della sua predicazione, era dovuto al fatto che la fiamma era stata così a lungo repressa nel suo petto.
Al di là, del fatto se questa interpretazione dei biografi possa essere giusta o meno, rimane il fatto che questo uomo di Dio era un predicatore formidabile questo perché era infuocato per Dio.
Qualche anno più tardi un altro predicatore efficace Charles H. Spurgeon (1834-1892) riguardo l’efficacia del conquistare le anime per Cristo disse: “ Se si chiedesse a me quale sia la qualità più indispensabile che assicuri a un ministro cristiano il successo nel conquistare anime a Cristo, io risponderei: ‘ il fervore’. E se me lo si chiedesse per una seconda o una terza volta, non cambierei risposta, perché l’osservazione personale mi porta alla conclusione che, di regola, il vero successo è direttamente proporzionale al fervore del predicatore”.
Ora anche Giovanni Battista era appassionato, bruciava per Dio, infatti, era una lampada ardente e splendente (Giovanni 5:35), e il suo ministero è stato efficace.
Noi leggiamo in Marco 1:5: “E tutto il paese della Giudea e tutti quelli di Gerusalemme accorrevano a lui ed erano da lui battezzati nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”.
Noi oggi mediteremo Matteo 3:7-10 e Marco 1:4-8, in questi versetti vediamo perché il ministero di Giovanni Battista e la sua predicazione furono efficaci.
Oggi vedremo solo due aspetti della predicazione Giovanni Battista, l’araldo del Signore.
Giovanni il Battista era un predicatore, è scritto in Marco 1:4: “Venne Giovanni il battista nel deserto predicando un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati”.
In questo versetto riecheggia la citazione di Isaia 40:3.
Questo modo di presentarlo ci fa capire, presuppone che i lettori di Marco sapevano chi fosse Giovanni.
“Venne” (egeneto) indica apparire, entrare in scena, sul palcoscenico della storia. Enfatizza l’emergere in accordo al proposito divino.
Il “deserto” (erēmō) è il luogo dove Dio vuole stare con il Suo popolo e dove si vuole rivelare a esso (Osea 2:14).
Il predicatore scozzese John Knox (1514-1572), considerato uno dei predicatori più potenti del suo tempo, cominciò a predicare dal pulpito all'età di 40 anni.
I biografi concludono che gran parte del fuoco e dell'energia della sua predicazione, era dovuto al fatto che la fiamma era stata così a lungo repressa nel suo petto.
Al di là, del fatto se questa interpretazione dei biografi possa essere giusta o meno, rimane il fatto che questo uomo di Dio era un predicatore formidabile questo perché era infuocato per Dio.
Qualche anno più tardi un altro predicatore efficace Charles H. Spurgeon (1834-1892) riguardo l’efficacia del conquistare le anime per Cristo disse: “ Se si chiedesse a me quale sia la qualità più indispensabile che assicuri a un ministro cristiano il successo nel conquistare anime a Cristo, io risponderei: ‘ il fervore’. E se me lo si chiedesse per una seconda o una terza volta, non cambierei risposta, perché l’osservazione personale mi porta alla conclusione che, di regola, il vero successo è direttamente proporzionale al fervore del predicatore”.
Ora anche Giovanni Battista era appassionato, bruciava per Dio, infatti, era una lampada ardente e splendente (Giovanni 5:35), e il suo ministero è stato efficace.
Noi leggiamo in Marco 1:5: “E tutto il paese della Giudea e tutti quelli di Gerusalemme accorrevano a lui ed erano da lui battezzati nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”.
Noi oggi mediteremo Matteo 3:7-10 e Marco 1:4-8, in questi versetti vediamo perché il ministero di Giovanni Battista e la sua predicazione furono efficaci.
Oggi vedremo solo due aspetti della predicazione Giovanni Battista, l’araldo del Signore.
Giovanni il Battista era un predicatore, è scritto in Marco 1:4: “Venne Giovanni il battista nel deserto predicando un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati”.
In questo versetto riecheggia la citazione di Isaia 40:3.
Questo modo di presentarlo ci fa capire, presuppone che i lettori di Marco sapevano chi fosse Giovanni.
“Venne” (egeneto) indica apparire, entrare in scena, sul palcoscenico della storia. Enfatizza l’emergere in accordo al proposito divino.
Il “deserto” (erēmō) è il luogo dove Dio vuole stare con il Suo popolo e dove si vuole rivelare a esso (Osea 2:14).
Noi vediamo che Giovanni Battista predicava come un araldo, infatti “predicando” (kērussōn- presente attivo participio) descrive l’attività di un araldo, il quale convocava le persone e richiedeva una risposta immediata.
Che tipo di predicazione fece il Battista? Era una predicazione di:
I CONDANNA (Matteo 3:7-10).
Giovanni Battista predicava il giudizio di Dio con franchezza!
In Matteo 3:7-10 leggiamo: “Ma vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: ‘Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l'ira futura? Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento. Non pensate di dire dentro di voi: -Abbiamo per padre Abraamo-; perché io vi dico che da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abraamo. Ormai la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero dunque che non fa buon frutto, viene tagliato e gettato nel fuoco’”.
Noi in primo luogo vediamo:
A) Il Carattere dei capi religiosi
Giovanni Battista li chiama: “razza di vipere”. Luca dice che si riferisce alle folle, quindi a tutti (Luca 3:7).
Perché i capi religiosi andarono da Giovanni Battista? Non possiamo saperlo con certezza, forse per andare a vedere cosa Giovanni stesse facendo, diciamo per curiosità, o per controllarlo e per trovare qualche difetto, o forse per essere battezzati loro stessi, o forse per far capire che erano interessati senza essere veramente pentiti per conquistare le folle che erano attratte da Giovanni Battista.
Giovanni certamente non gli dà il benvenuto, infatti, li chiama: “Razza di vipere”, come farà anche Gesù più tardi per indicare la loro ipocrisia (Matteo 12:34; 23:33).
La descrizione dei capi religiosi come " razza di vipere " dimostra che non erano veramente pentiti, è un'immagine orribile, forte, ma precisa; indica il carattere e il comportamento astuto (Matteo 16:1;22:15), ingannevole infatti, a volte queste vipere erano confuse con rami secchi e quindi si attaccavano alle mani com’è accaduto all’apostolo Paolo a Malta (Atti 28:3-5). Ma indica anche il carattere e il comportamento velenoso, il loro approccio sottile, seduttore e devastante come il serpente antico: il diavolo (Apocalisse 12:9; 20:2; Genesi 3:1-6; Giovanni 8:44) che porta fuori strada.
Quindi Giovanni ha usato una metafora per chiamare i farisei e i sadducei ingannatori intelligenti e malvagi, ipocriti che portano le persone fuori strada.
In secondo luogo vediamo:
B) La Condizione dei capi religiosi (v.7,10).
Giovanni mette in evidenza la gravità della posizione di coloro che non si sono mai veramente pentiti.
Nel v.7 leggiamo: “chi vi ha insegnato a sfuggire l'ira futura?”
Al v.10 Matteo riporta le parole di Giovanni: “Ormai la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero dunque che non fa buon frutto, viene tagliato e gettato nel fuoco”. (Vedi anche Matteo 7:15-20).
Nel v.12 di Matteo 3 è scritto: “Egli ha il suo ventilabro in mano, ripulirà interamente la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con fuoco inestinguibile”.
L’espressione “chi vi ha insegnato a sfuggire l'ira futura?”, il pronome “chi” è enfatico, la risposta implicita di Giovanni potrebbe essere: “certamente non io!”.
Mentre tutta la domanda è una domanda sarcastica e ironica, indica che Giovanni non crede che i farisei e sadducei si fossero pentiti veramente, che fossero sinceri e quindi affronteranno l’ira di Dio, il giudizio di Dio definitivo a venire (Romani 2:5; 1 Tessalonicesi 1:10), quando Gesù ritornerà (Malachia 3:2-3; 4:1,5; Matteo 25:31-46; 2 Tessalonicesi 1:7-10).
Se non siamo sinceri davanti a Dio, e Lui ci conosce molto bene, conosce i nostri cuori (per esempio Salmo 139:1-4), saremo giudicati da Dio!
L’ ira di Dio è descritta vividamente come la scure che taglia gli alberi alla radice, questa è un immagine profetica di giudizio che troviamo in diversi passi dell’Antico Testamento (per esempio Isaia 10:33-34; Geremia 46:22).
Gli alberi che non portano frutto e sono gettati nel fuoco, immagine dell’inferno (Matteo 5:22, 29; Marco 9:43 , 47; Luca 3:17; Apocalisse 20:11-15).
Troviamo anche la descrizione che Gesù brucerà la pula con fuoco inestinguibile, mentre raccoglierà il suo grano, cioè i veri credenti, i veri ravveduti nel suo granaio.
Giovanni Battista predicando il giudizio di Dio, voleva avvertire e incoraggiare i capi religiosi e le folle al pentimento.
A riguardo la predicazione di Giovanni Battista R.T. France scrive: “Il timore del giudizio di Dio è quindi un elemento rilevante della predicazione di Giovanni, inteso a condurre i suoi ascoltatori al pentimento (v.7)”.
Giovanni come alcuni profeti dell’Antico Testamento prima di lui, richiama il popolo al pentimento altrimenti, il popolo sarà giudicato!
Ora è importante specificare che l’ira di Dio è la sua indignazione, l’indignazione di un Dio santo e di un giusto giudice che non farà passare il colpevole per innocente, non lascia il colpevole impunito (Esodo 34:7; Naum 1:3; Romani 1:18).
L’ira di Dio è giudiziale, cioè l’ira del Giudice che amministra la giustizia (Romani 2:5-6), l’ira di Dio è un’espressione della sua santità e giustizia!
Tim Shenton a riguardo scrive: “ Dio, come giudice, amministra la giustizia con la severità che essa richiede. In questi giudizi Dio non è mai arbitrario o indulgente sulla base delle instabili emozioni umane. Egli non è malizioso e non accusa se non ve ne è la necessità. Egli semplicemente manifesta una giusta e necessaria reazione al male ed esprime la sua eterna avversione per l'ingiustizia”.
L’unico modo per non incorrere sotto l’ira di Dio è essere in Gesù, è appartenere a Gesù Cristo! (Giovanni 3:16,36).
In quel giorno grandioso e terribile del Signore, solo i veri credenti, grazie a Gesù saranno salvati dalla collera divina (I Tessalonicesi 1:10; Romani 5:9).
Sei tu salvato?
In terzo luogo vediamo:
C) La Convinzione dei capi religiosi.
Nei vv.8-10 di Matteo 3 leggiamo:”Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento. Non pensate di dire dentro di voi: ‘Abbiamo per padre Abraamo’; perché io vi dico che da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abraamo”.
La discendenza fisica da Abraamo non garantiva di essere un vero figlio di Abraamo.
Per molti Ebrei era impensabile che i discendenti del grande patriarca potessero essere esclusi dalla benedizione di Dio.
Loro dicevano: “Abbiamo Abraamo come padre, abbiamo una sicurezza eterna”. Quindi, Giovanni si rivolge a coloro, che fanno affidamento a uno stato sociale, a coloro, che fanno parte della comunità del patto, del popolo d’Israele, al cui interno si credeva che per i meriti di Abraamo potessero avere la garanzia della benedizione di Dio.
Gesù attaccava la stessa falsa sicurezza per esempio quando alcuni gli dissero che erano figli di Abraamo, mentre Gesù diceva loro che erano figli del diavolo perché facevano le opere del diavolo (Giovanni 8:33-45).
Anche Paolo concludeva che non tutti i discendenti d’Israele sono Israele; né per il fatto di essere stirpe di Abraamo, sono tutti figli d’Abraamo (Romani 9:6-8).
È una falsa sicurezza pensare che appartenere a una chiesa, a una nazione, a una famiglia di cristiani, sia il passaporto per andare in cielo!
Se non si ha Cristo nel cuore, se non si è nati di nuovo, se non c’è una vera fede, un vero ravvedimento, non si va in cielo.
Nella predicazione di Giovanni Battista vediamo:
II IL CAMBIAMENTO RADICALE: UN BATTESIMO DI RAVVEDIMENTO.
Noi, infatti, leggiamo in Marco 1:4: “predicando un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati”.
E in Matteo 3:2 leggiamo:”Ravvedetevi perché il regno dei cieli è vicino”.
Il ravvedimento deve essere reale se vogliamo sfuggire all'ira futura come vediamo in Matteo 3:7 e tutto il nostro stile di vita deve essere in armonia con il nostro pentimento orale, ci devono essere i frutti dice in Matteo 3:8.
I versetti ci parlano di cambiamento radicale.
Noi vediamo:
A) Il Segno di questo cambiamento.
Lo vediamo nell’espressione quando dice: “un battesimo di ravvedimento” (v.4).
La parola greca “battesimo” (baptízōn) significa immersione, quindi essere immerso nell’acqua.
L’immersione rituale era una pratica comune nel giudaismo, così comune che gli abitanti più ricchi di Gerusalemme avevano le loro piscine costruite proprio all’interno delle loro case.
Ma il battesimo di Giovanni differisce significativamente dalle normali immersioni ebraiche per la purificazione cerimoniale, perché è fatto solo una volta e non ha bisogno che sia ripetuto.
Il battesimo di Giovanni era un segno visibile che una persona aveva deciso di cambiare la propria vita, rinunciando a un modo peccaminoso ed egoistico di vivere rivolgendosi a Dio.
Era un segno esteriore di un cambiamento interiore.
Il battesimo di Giovanni, dunque, era un’espressione del ravvedimento.
L'atto battesimale stesso, trasmetteva la certezza che il proprio pentimento era valido e gradito a Dio, a condizione che vi fossero i frutti genuini di pentimento (Matteo 3:8; Luca 3:8-14).
Mentre la parola: “ravvedimento” (metanoias) significa un cambio di mente che dà luogo a un cambiamento di stile di vita.
Come vediamo per esempio in Luca 3:8-11 dove troviamo il rapporto tra ravvedimento e comportamento: “Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento, e non cominciate a dire in voi stessi: ‘Noi abbiamo Abraamo per padre!" Perché vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere dei figli ad Abraamo. Ormai la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero dunque che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco’. E la folla lo interrogava, dicendo: ‘Allora, che dobbiamo fare?’ Egli rispondeva loro: ‘Chi ha due tuniche, ne faccia parte a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto’”. (vedi anche Matteo 3:8).
A riguardo John Piper dice: “Questo significa che il ravvedimento è ciò che accade dentro di noi. Successivamente questo cambiamento porta ai frutti di un nuovo comportamento. Compiere azioni nuove, non è questo il ravvedimento; il ravvedimento invece è il cambiamento interiore che produce i frutti di azioni nuove. Gesù esige che sperimentiamo questo cambiamento interiore”. (cfr. Luca 24:47; Atti 5:31; Atti 11:18; Atti 26:20; Romani 2:4; 2 Corinzi 7:9; 2 Timoteo 2:25; Ebrei 6:6; Ebrei 12:17; 2 Pietro 3:9).
Quindi il “ravvedimento” indica una svolta deliberata, implica anche il riconoscimento dei propri peccati, essere addolorati per essi e ammetterli pubblicamente (Marco 1:5).
Anche i discepoli di Gesù e quindi anche noi, sono chiamati a un riorientamento dei valori del regno di Dio (Marco 8:27-10:45), che non è solo una nuova mentalità che s’impara in un momento iniziale d’ impegno per il Signore, ma ha implicazioni per tutta la vita.
Il ravvedimento, infatti, è vissuto ogni giorno della vita cristiana e per tutta la vita, non è l’emozione di un momento.
Il contenuto morale ed etico della predicazione del Battista (Matteo 3:7-10; Luca 3:7-10) indica che il ravvedimento comprendeva una condotta appropriata senza la quale l'atto battesimale sarebbe stato senza dubbio inutile.
Il ravvedimento significa, quindi, fare dietro-front, dall’egocentrismo che porta ad azioni sbagliate: come mentire, truffare, rubare, spettegolare, vendicarsi, abusare, immoralità sessuale,ecc al Cristocentrismo: quindi a dire la verità, l’onestà, l’altruismo, il perdono, la santità.
Una persona che si pente smette di ribellarsi a Dio e comincia a seguire la via di Dio, comincia a vivere secondo la Sua Parola.
Quando Giovanni predicava il ravvedimento stava parlando alle loro coscienze, stava loro dicendo quello che loro dovevano fare secondo la verità di Dio.
Senza scuse o esitazioni, Giovanni predicava che la gente non poteva dire di credere e poi vivere in qualunque modo avrebbero voluto.
Giovanni Battista, poi lo stesso Gesù e gli apostoli, predicava con franchezza (Matteo
3:7-12; Luca 3:7-17; Marco 1:15; Marco 6:12), predicava senza paura ciò che le persone dovevano fare secondo la verità di Dio.
La franchezza sarà anche la caratteristica della predicazione apostolica (Atti 4:13,29,31; 9:28; 13:46; 14:3; 18:26; 19:8; 26:26).
La predicazione deve essere franca!
Come diceva Charles Hodge: “Quando un uomo in una chiesa è convinto che il Vangelo viene da Dio, che è indescrivibilmente glorioso, adatto a tutti e necessario a tutti per essere salvati, allora egli predicherà la Parola apertamente e senza restrizioni”.
Ed era proprio questo che alimentava il Suo fuoco dentro di lui!
La verità che lui credeva, bruciava dentro la sua anima e pertanto la predicava con franchezza!!
Noi vediamo ancora:
B)Lo Scopo di questo cambiamento:il perdono dei peccati (v.4).
“Il perdono dei peccati” è stato profetizzato dai profeti dell’antico Patto (ad esempio: Geremia 31:34; 33:24; 53:5-6; Ezechiele 18:31; 36:25-27; Zaccaria 13:1; Michea 7:18).
Così è stato anche predicato dai primi cristiani (Matteo 26:28; Luca 24:47; Atti 2:38; 5:31; 10:43; 13:38; 26:18; Colossesi 1:14; Ebrei 10:18).
Il "perdono" (aphesin) indica la cancellazione, o l’atto di liberare da un obbligo, o da un debito, da una colpa, o da una punizione.
Il verbo corrispondente “perdonare” (aphiemi) indica spedire via, lasciare andare via.
Si tratta di un’espressione molto confortante, che ricorda alcuni passaggi sul perdono
dei peccati dell’Antico Testamento come per esempio Salmi 103:12 dove troviamo
scritto: “Come è lontano l'oriente dall'occidente, così ha egli allontanato da noi le nostre colpe”.
Così anche il profeta Michea con le sue confortanti parole parla ancora a noi oggi: “Quale Dio è come te, che perdoni l'iniquità e passi sopra alla colpa del resto della tua eredità? Egli non serba la sua ira per sempre, perché si compiace di usare misericordia” (Michea 7:18; vedi anche Isaia 1:18; 44:22; 55:6-7).
L'importanza di questo favore divino, senza il quale la vita eterna è impossibile, è sottolineata anche da molti passaggi del Nuovo Testamento come per esempio Atti 10:43 che parlando di Gesù afferma: “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome”.
Quindi anche Efesini 1:7 parlando di Gesù dice: “In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia”. (vedi anche Marco 3:29; Luca 24:47; Atti 2:38; 5:31; 13:34, 38; 19:4; 26:18; Colossesi 1:14).
Per la rimozione del peccato è stato necessario lo spargimento del sangue dell'Agnello:di Gesù, insegnato da Giovanni il Battista com’è riportato in un altro Vangelo (Giovanni 1:29), in completa armonia con l'insegnamento di Gesù e degli apostoli (Marco 10:45; 14:24; Matteo 20:28; Matteo 26:28; Luca 22:20; Giovanni 6:53, 56; Romani 3:25; Ebrei 9:22; 1 Pietro 2:24; Apocalisse 1:5; 5:6, 9).
Una ragazzina di nome Edith fu resa molto felice quando il predicatore lesse quel passo su Gesù quando riceve i peccatori e mangia con loro. Questa bambina consapevole che anche lei era una peccatrice e della grazia di Gesù che accoglie i peccatori disse : “Gesù accoglie i peccatori ed Edith è con loro!"
Possiamo dire che Gesù non accoglie solo Edith, Roberto, Pasquale, ma anche i peggio dei peccatori se si pentono e credono in Lui.
Tu sei tra questi perdonati?
Ora questo battesimo di ravvedimento suggerisce che la chiamata al ravvedimento e l'atto del battesimo erano integralmente legati solo al ministero di Giovanni.
Giovanni è stato unico nel suo genere.
Qual era allora il significato del battesimo di Giovanni?
Giovanni non stava cercando di convertire le persone in una comunità messianica, piuttosto, Giovanni si preoccupava di realizzare una coscienza messianica all'interno dei parametri di un pentimento genuino, preparare al Signore un popolo ben disposto ad accoglierlo, accogliere Colui che perdona i peccati e che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo (Luca 1:17; Matteo 26:28; Luca 24:47; Efesini 1:7,ecc.).
Il battesimo non dava il perdono; il battesimo era susseguente al ravvedimento, era un segno visibile che la persona si era pentita e quindi riceveva il perdono di Dio per i
propri peccati.
Matteo riporta, il fatto che alcuni dei capi religiosi ebrei (farisei e sadducei) andarono per farsi battezzare e Giovanni con rabbia li rimproverò perché sapeva che non c'era pentimento sincero nel loro cuore (Matteo 3:7-9).
CONCLUSIONE
Giovanni Battista predicava il giudizio di Dio e il ravvedimento, la prossima volta, a Dio piacendo vedremo anche che predicava Gesù Cristo.
La predicazione di Giovanni Battista era un'intrusione precisa nella vita di chi lo circondava. Non molti di noi oggi hanno questo coraggio e franchezza.
La predicazione di Giovanni non era accomodante, ma predicava contro i piaceri del peccato, predicava la necessità di un cambiamento interiore che si vedesse con il comportamento!!
Oggi, molti non predicano il peccato e quindi il ravvedimento dai peccati, la Signoria di Gesù, ma solo la fede in un Gesù Salvatore.
Predicando solo questo non si predica il vero Vangelo, o il Vangelo nella sua completezza!
E non predicando loro il giudizio di Dio non li stiamo certo aiutando a capire del pericolo che incorrono, e non stiamo onorando Dio e la Sua verità!