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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

La profezia riguardo l'incarnazione di Gesù (Isaia 9:5-6).

 La profezia riguardo l'incarnazione di Gesù (Isaia 9:5-6).
Questi versetti di speranza, di luce seguono un periodo di difficoltà, di oscurità, un periodo pieno di angoscia, dovuta all’invasione dell’Assiria per il giudizio di Dio (Isaia 7:1-7-9:4).  
Come Dio coprì d’obbrobrio Zabulon e Neftali, le prime a subire l’invasione Assira (2 Re 15:29) così coprirà di gloria la Galilea (Isaia 8:23). 
A riguardo John MacArthur scrive: “ Il Nuovo Testamento mette in relazione questa profezia della gloria futura della Galilea con il tempo della prima venuta di Gesù Cristo (Matteo 4:12-16). Matteo 4:12-16 cita Isaia 8:23-9:1 in modo diretto. Ma il suo pieno adempimento avverrà alla sua seconda venuta, quando la regione sarà liberata dal giogo degli invasori stranieri”.
Dio libererà il Suo popolo dalla schiavitù delle potenze straniere.
Anche se le zone settentrionali tribali di Zabulon e di Neftali sarebbero state invase e umiliate, ci sarebbe stato un tempo futuro lontano in cui tali aree sarebbero state riempite con la presenza gloriosa del Messia. 
Le persone che un tempo vivevano nelle tenebre vedranno una grande luce e gioiranno come al momento del raccolto, o di vittoria (Isaia 9:2).
In questi versetti vediamo:

Is.9:5-6. La profezia riguardo a Gesù.

Is.9:5-6. La profezia riguardo a Gesù. 
Questi versetti di speranza, di luce seguono un periodo di difficoltà, di oscurità, un periodo pieno di angoscia, dovuta all’invasione dell’Assiria per il giudizio di Dio (Isaia 7:1-7-9:4).  
Come Dio coprì d’obbrobrio Zabulon e Neftali, le prime a subire l’invasione Assira (2 Re 15:29) così coprirà di gloria la Galilea (Isaia 8:23). 
A riguardo John MacArthur scrive: “ Il Nuovo Testamento mette in relazione questa profezia della gloria futura della Galilea con il tempo della prima venuta di Gesù Cristo (Matteo 4:12-16). Matteo 4:12-16 cita Isaia 8:23-9:1 in modo diretto. Ma il suo pieno adempimento avverrà alla sua seconda venuta, quando la regione sarà liberata dal giogo degli invasori stranieri”.
Dio libererà il Suo popolo dalla schiavitù delle potenze straniere.
Anche se le zone settentrionali tribali di Zabulon e di Neftali sarebbero state invase e umiliate, ci sarebbe stato un tempo futuro lontano in cui tali aree sarebbero state riempite con la presenza gloriosa del Messia. 
Le persone che un tempo vivevano nelle tenebre vedranno una grande luce e gioiranno come al momento del raccolto, o di vittoria (Isaia 9:2).
In questi versetti vediamo:

Lo sfondo storico di Gesù. La persona di Gesù (Giovanni 1:1-5).

Lo sfondo storico di Gesù.
La persona di Gesù (Giovanni 1:1-5).
A differenza degli altri Vangeli che cominciano la loro storia riguardo a Gesù sia col ministero di Giovanni Battista (Marco), o con i racconti sulla nascita di Gesù (Matteo e Luca), il Vangelo di Giovanni invece non perde tempo nel presentare chi è Gesù, inizia nel dire che Gesù era più di un semplice uomo.
I versetti introduttivi del capitolo 1 sono stati scritti da Giovanni per sottolineare che l’intero suo libro è da leggere alla luce di questi versetti e cioè che  i gesti e le parole di Gesù sono le azioni e le parole di Dio!

Luca 1:39-45. La visita di Maria a Elisabetta.

Luca 1:39-45. La visita di Maria a Elisabetta. 
Le donne nel piano di Dio hanno avuto sempre un ruolo di rilievo, lo avrà in modo ancora più importante Maria, e cioè il ruolo di portare in grembo il Figlio dell’Altissimo, Gesù.
Dopo l’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria riguardo il fatto che avrebbe avuto un figlio per opera miracolosa dello Spirito Santo, cioè Gesù Cristo, la giovane ragazza va a trovare la cugina Elisabetta.
In questi versetti vediamo il movimento di Maria, il momento in cui arriva a casa di Elisabetta, e il messaggio di Elisabetta.
Cominciamo con:

Luca 1:34-38 L’annuncio della nascita di Gesù a Maria. Seconda parte.

Luca 1:34-38 L’annuncio della nascita di Gesù a Maria.
Seconda parte. 
Qualcuno chiese a Emily Post: "Qual è la procedura corretta quando si è invitati alla Casa Bianca e si ha un precedente impegno?" Lei rispose: "Un invito a pranzo o cena alla Casa Bianca è un comando, e annulla automaticamente qualsiasi altro impegno” .
La stessa cosa avviene per chi è chiamato da Dio per l’opera Sua: quando Dio chiama dobbiamo lasciare tutto per servirlo!
Il cristiano mette Dio sopra ogni cosa e prima di tutto, questo è quello che c’insegna Maria, la madre di Gesù.
Nei versetti precedenti (vv.26-33) abbiamo visto la prima parte dell’annuncio dell’angelo a Maria, abbiamo visto il mese quando è apparso, quindi chi era e il messaggio che le ha recato. 
In questo passo vediamo:

Luca 1:26-33. L’annuncio della nascita di Gesù a Maria. Prima parte.

Luca 1:26-33. L’annuncio della nascita di Gesù a Maria. 
Prima parte.
L’annuncio della nascita di Gesù è il parallelo dell’annuncio della nascita di Giovanni, e serve a dimostrare la grandezza di Gesù rispetto a Giovanni. 
Il concepimento di Giovanni ha del miracoloso (genitori anziani e mamma sterile) ed è importante per il ministero di Gesù, il ruolo di Giovanni era di preparare la via a Gesù (Luca 1:17), ma il concepimento e la nascita di Gesù lo è ancora di più: Gesù è il Figlio dell’Altissimo ed è generato dallo Spirito Santo!
In questi versi abbiamo una storia misteriosa, incredibile e gloriosa! Perché qui è descritto che Dio ha mandato un essere celeste sulla terra con la notizia dell’imminente incarnazione di suo Figlio, Gesù, il Salvatore del mondo!
Noi in questi versi vediamo il mese, il messaggero e il messaggio.

Matt.7:3-5: La pagliuzza e la trave.

 Matt.7:3-5: La pagliuzza e la trave.
“Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?  O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo?  Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello”.
Verso la fine del 1800 l’astronomo più illustre del mondo, Sir Percival Lowell, era certo c'erano che vi erano canali su Marte. Con il suo telescopio gigante in Arizona, osservava Marte, e vedeva dei canali. Egli era convinto che questi fossero la prova di vita intelligente sul pianeta rosso, forse una razza più antica, ma più saggia di umanità. Le sue osservazioni avevano guadagnato ampia accettazione e nessuno osava contraddirlo. Da quel momento le sonde spaziali hanno orbitato Marte e sono sbarcate sulla sua superficie. L'intero pianeta è stato mappato e nessuno ha mai visto un canale. Oggi sappiamo che Lowell soffriva di una rara malattia degli occhi che gli fece vedere i vasi sanguigni nei suoi occhi!! I "canali" di Marte che vedeva non erano altro che le vene sporgenti dei suoi occhi, una malattia nota come "sindrome di Lowell ". 
Come Lowell non era in grado di studiare e quindi giudicare rettamente il pianeta Marte perché aveva un problema nei suoi occhi, così noi non possiamo aiutare a togliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro se noi abbiamo una trave nel nostro!  
In questo senso, noi non siamo in grado di giudicare gli altri!
Gesù nei versetti precedenti esorta a non giudicare gli altri affinché non siamo giudicati ovviamente da Dio.

La pagliuzza e la trave (Matteo 7:3-5).

La pagliuzza e la trave (Matteo 7:3-5).
“Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?  O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo?  Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello”.
Verso la fine del 1800 l’astronomo più illustre del mondo, Sir Percival Lowell, era certo c'erano che vi erano canali su Marte. Con il suo telescopio gigante in Arizona, osservava Marte, e vedeva dei canali. Egli era convinto che questi fossero la prova di vita intelligente sul pianeta rosso, forse una razza più antica, ma più saggia di umanità. Le sue osservazioni avevano guadagnato ampia accettazione e nessuno osava contraddirlo. Da quel momento le sonde spaziali hanno orbitato Marte e sono sbarcate sulla sua superficie. L'intero pianeta è stato mappato e nessuno ha mai visto un canale. Oggi sappiamo che Lowell soffriva di una rara malattia degli occhi che gli fece vedere i vasi sanguigni nei suoi occhi!! I "canali" di Marte che vedeva non erano altro che le vene sporgenti dei suoi occhi, una malattia nota come "sindrome di Lowell ". 
Come Lowell non era in grado di studiare e quindi giudicare rettamente il pianeta Marte perché aveva un problema nei suoi occhi, così noi non possiamo aiutare a togliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro se noi abbiamo una trave nel nostro!  
In questo senso, noi non siamo in grado di giudicare gli altri!
Gesù nei versetti precedenti esorta a non giudicare gli altri affinché non siamo giudicati ovviamente da Dio.

Matt. 7:1-2: Non giudicate!

Matt. 7:1-2: Non giudicate!
In un suo libro un certo Richard DeHaan elenca alcune delle critiche che ricevono i pastori. 
In un modo ironico scrive se il pastore è giovane, dicono gli manca l'esperienza. Se ha i capelli grigi, lui è troppo vecchio per i giovani. Se ha cinque o sei figli, lui è irresponsabile; se non ha figli, è un cattivo esempio. Se utilizza un sacco d’illustrazioni, trascura la Bibbia; se egli non ne usa abbastanza, non è rilevante. Se egli condanna azioni sbagliate, lui è irritabile; se non lo fa, si sta compromettendo. Se lui guida una vecchia auto, si vergogna la sua congregazione; se ne guida una nuova, lui ama le cose della terra. 
La critica è parte integrante della vita pubblica di un pastore, ma anche di qualsiasi altra persona, anche per la tua.
Qualsiasi cosa fai, sei criticato!
Non puoi fare nulla senza essere criticato da qualcuno: sia per il metodo come studi, sia per come guidi, per come cammini, per come lavori, per come educhi i figli, per il taglio di capelli e così via!
La nostra natura umana peccaminosa, tende a giudicare gli altri, siamo sempre pronti a puntare il dito e a condannare gli altri!
Questo purtroppo avviene anche nella chiesa di Gesù Cristo! 
Nella chiesa ci sono molti che hanno l'abitudine a essere ipercritici e a condannare gli altri. 
Alcuni pensano erroneamente che il loro spirito ipercritico sia un dono spirituale. Ma non è così!

Giuda 5-7: Tre esempi di giudizio di Dio.

Giuda 5-7: Tre esempi di giudizio di Dio
“Ora voglio ricordare a voi che avete da tempo conosciuto tutto questo, che il Signore, dopo aver tratto in salvo il popolo dal paese d'Egitto, fece in seguito perire quelli che non credettero.  Egli ha pure custodito nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio, gli angeli che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora. Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro, alla fornicazione e ai vizi contro natura, sono date come esempio, portando la pena di un fuoco eterno”.
 “Ora voglio ricordare” è un’ espressione tipica epistolare, segnala il passaggio a una sezione di spiegazione.
“Ora” (de) indica un contrasto, in riferimento ai falsi insegnanti eretici e libertini (v.4). 
Giuda aggiunge qualcosa di più su questi uomini:saranno sicuramente giudicati!
Questo è quello che Giuda desidera riportare alla mente della chiesa dopo averci ragionato, infatti “voglio” (boulomai-presente medio o passivo indicativo) indica un desiderio basato sulla deliberazione, un desiderio che nasce dalla facoltà di ragionamento.

Giacomo 1:2: Come affrontare le prove: con gioia!

Giacomo 1:2: Come affrontare le prove: con gioia!
“Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate”.

Avete capito bene! Con gioia! Quando arriva un evento increscioso, doloroso, inaspettato dovremmo essere contenti! Giacomo sta parlando di avere la stessa gioia (charan) che c’è in cielo per la salvezza di un peccatore (Luca 15:7); o quando Zaccheo accolse Gesù in casa (Luca 19:6); o le donne quando seppero della resurrezione di Gesù (Matteo 28:8); quando Filippo fece molte liberazioni dai demoni in Samaria, la città era gioiosa (Atti 8:6-8), l’eunuco convertito (Atti 8:39). Certo la fede non è masochista, non desideriamo subire pressioni, soffrire, ma quando, questo accade, non dovrebbe turbarci, le prove dovrebbero essere occasione di gioia genuina. La gioia non è per la prova in sé, ma in quello che produce la prova: la salute e la crescita spirituale (vv.3-4 ). 
Considerate una grande gioia deve essere:
(1) Un atteggiamento impellente nella prova.
Il tono di Giacomo è solenne e incoraggia ad agire subito, implica una priorità assoluta, quindi da fare subito, infatti è un ordine.
Il verbo “considerate” (hēgēsasthe aoristo imperativo) indica che ogni caso particolare di prova è da considerarsi un'occasione di gioia, è un imperativo, perciò quando ci saranno le prove, dobbiamo gioire! 
Una grande gioia deve essere:
(2) Un atteggiamento intenzionale nella prova.
La parola “considerate” ha il significato di tener presente (Atti 26:2; 2 Corinzi 9:5); giudicare (Atti 15:22); stimare (Filippesi 2:3; 1 Tessalonicesi 5:13; 1 Timoteo 1:12; 6:1), ritenere (Filippesi 2:25; 3:8; 1 Pietro 2:13); calcolare (Ebrei 10:29; 11:26), perciò “considerate” indica un esercizio, una funzione mentale. Quindi la gioia non è qualcosa di emotivo, o di sentimentale, è intenzionale e viene da un accurato ragionamento basato sul fatto che Dio è all’opera e guida la storia per un progetto ben preciso: il mio bene spirituale, la maturità (vv.3-4).
Una grande gioia deve essere:
(3) Un atteggiamento integrale nella prova.
“Grande” (pasan) è ogni, tutto, indica la piena e completa gioia (1 Pietro 2:18) oppure pura, genuina e intera gioia. Indica che non deve essere mescolata con altre reazioni: rancori, lamentele. Quindi la prova deve essere solo occasione di gioia!
Una grande gioia nella prova è:
(4) Un atteggiamento inconsueto nella prova.
La gioia in periodi di prova non è un atteggiamento normale, della nostra natura. La nostra tendenza è, quella di essere turbati e scoraggiati per le prove e non di certo gioire. Questa gioia non deve essere confusa con la felicità, o con il piacere che dipende dalle circostanze. Giacomo sapeva a che cosa conduce la prova ecco perché dice di gioire. Come si può reagire con gioia nelle difficoltà? Con gli eventi difficili? Nella sofferenza? Solo chi ha una relazione con Dio può gioire! Solo chi conosce Dio e si fida veramente di Lui può gioire nella prova!
Rallegratevi sempre nel Signore! (Filippesi 4:4).
     

Giacomo:1:2: La natura delle prove nella vita del cristiano.

Giacomo:1:2: La natura delle prove nella vita del cristiano.
“Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate”.

La parola “prova” (peirasmois) indica sottoporre a un test per vedere la qualità, o il valore di qualcuno o qualcosa. 
La parola nel Nuovo Testamento è usata sia in senso negativo come istigazione al peccato e sia in senso positivo come prova dimostrativa della fede.
In questo contesto si riferisce in senso positivo, Dio ci prova per mettere in luce la genuinità della fede, e quindi dell’obbedienza, delle risorse morali  (Deuteronomio 8:2; 13:1-4; Giudici 2:21-23; 3:1,4). La prova è un esame serve a vedere di che pasta è fatta la nostra fede, attraverso la prova Dio mette a nudo la natura della nostra fede. Dio ci prova anche per rafforzare la fede e insegnarci cose importanti riguardo il rapporto con Lui (Deuteronomio 8:3). La persona provata da Dio è purificata, corretta, disciplinata, esce dalla tribolazione rafforzata nella fede, perfezionata, purificata, desiderosa di camminare con il Signore (Giacomo 1:3; 1 Pietro 1:6-7; Cfr. Salmi 66:10; Proverbi 17:3; Malachia 3:3). Dio non ha promesso una vita cristiana senza problemi, o sofferenze, ma guida e controlla ogni circostanza della vita, anzi tutte le circostanze della vita sono sotto il Suo controllo per un suo piano prestabilito (Romani 8:28-29; Efesini 1:11-12). 
“Venite a trovarvi” (peripesēte) indica: 1) il carattere esterno della prova, 2) la rapidità come può avvenire e quindi caderci dentro e 3) l'incapacità, o l’impotenza di uscirne fuori con i propri mezzi. Si riferisce a cadere dentro una circostanza non proprio bella, è l’arrivo di un evento fulmineo, increscioso, doloroso, inaspettato. È una difficoltà che viene dall’esterno, qualcosa che non è cercata, un qualcosa d’inatteso, di sorpresa, dove ci si trova impreparati, una brusca circostanza nella quale ci si intoppa, qualcosa di spiacevole che ci disorienta, che sconvolge perché non te lo aspetti. Questo può portare anche a una crisi di fede, per questo Giacomo scrive queste parole, per incoraggiarli!
Le prove sono svariate (poikilois) cioè di tutti i colori, varietà di via e di forme, quindi diversità d’intensità e di enfasi. 
Non ci lasciamo cogliere di sorpresa le prove ci saranno e possono essere in diversi campi, con forme diverse, intensità ed enfasi diverse, ma quando incapperemo in una situazione difficile, che non vediamo via di uscita dobbiamo gioire ricordandoci:
(1) Dio ha tutto sottocontrollo e guida anche i dettagli della nostra vita, perciò la tua prova è nelle sue mani e ha uno scopo: renderti più maturo, sempre più assomigliante a Cristo! (Romani 8:28-29).
(2) Le prove di Dio sono svariate, ma lo è anche la Sua grazia dice 1 Pietro 4:10. 
(3) La prova non è per sempre.
Giacomo dice: “quando venite a trovarvi”, quindi non è sempre e Pietro dice per breve tempo (1 Pietro 1:6). 
(4) Non sarai schiacciato dalle prove.
(1 Corinzi 10:13; 2 Pietro 2:9; Apocalisse 3:10).
Dio con le prove ci dà la forza per sopportarle e una via di uscita per superarle.

Ebrei 1:3: Gesù sostiene tutte le cose.

Ebrei 1:3: Gesù sostiene tutte le cose.
"Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi".

Questo versetto si riferisce a Gesù, il Figlio di Dio, si riferisce al governo provvidenziale di Gesù del mondo. La parola “sostiene” è dinamica, non è statica e passiva, non indica solo supporto, ma include anche il concetto di movimento, progresso, verso un fine, uno scopo. 
Questo lo vediamo, sia dal verbo nel greco (sostiene- pherōn- presente attivo participio) che indica continua e ripetuta azione e anche dal significato della parola. La parola greca, infatti, “sostenere” (phérō) è usata comunemente nel Nuovo Testamento per portare qualche cosa da un luogo a un altro, come quando è stato portato un uomo paralizzato su un letto a Gesù (Luca 5:18), o quando Gesù, dopo aver fatto il miracolo dell’acqua in vino disse ai servitori di portarlo al maestro di tavola (Giovanni 2:8). 
Perciò “sostiene” non vuol dire semplicemente sostenere, ma ha anche il senso “di controllo attivo e decisivo nel preservarlo……”.Gesù continuamente sta sostenendo tutte le cose nell'universo con la potenza della sua parola, questo significa che Gesù regna Sovrano sull’universo!!! Gesù ha tutto sotto controllo. Niente nella creazione è indipendente da Lui.
Gesù non è come il dio dei deisti, che, dopo aver creato il mondo, l’ha lasciato funzionare da solo! Gesù è personalmente e continuamente coinvolto nel sostenerlo. 
Se Cristo cessasse la sua attività di sostenere tutte le cose, la nostra esistenza cesserebbe immediatamente, questo un giorno accadrà (2 Pietro 3:5-10). 
Gesù sostiene tutte le cose con la sua potenza! Gesù governa l’universo con la sua potenza, proprio come per la sua potenza ha creato ogni cosa (Giovanni 1:1-2; Colossesi 1:16; Ebrei 1:2).
Egli è al di sopra di tutte le altre potenze! (cfr. Filippesi 3:21).
Cosa significa per noi che Gesù ha tutto sotto controllo? Pace, sicurezza, conforto! Non siamo nelle mani del caso, o degli eventi della natura, ma di Gesù stesso! 
Possiamo essere certi che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio! (Romani 8:28). 
Questo significa anche accettare la Sua volontà per la nostra vita, qualsiasi cosa ci possa accadere, perché è sotto il Suo controllo! Gesù ha a cuore la nostra vita, siamo più preziosi dei passeri, e come la loro vita dipende da Dio così anche la nostra dipende da Lui! (Cfr. Matteo 10:28-31). Gesù preserva la nostra vita spirituale, la nostra salvezza! Infatti, è scritto che siamo nelle sue mani e nessuno ci può rapire da queste. (Giovanni 6:37-39; cfr. Giovanni 10:27-29; Romani 8:35-39).
Grazie Signore Gesù che ti prendi cura dei tuoi figli.

Come il Signore (Matteo 10:24-25; Luca 6:40; Giovanni 13:16; 15:20).

Come il Signore (Matteo 10:24-25; Luca 6:40; Giovanni 13:16; 15:20).
Le persone di questo mondo hanno i propri guru, maestri a cui guardano, il cristiano guarda solo Gesù Cristo: il Maestro e il Signore!
“Il servo non è più grande del suo signore”, il principio di questa parabola nelle sue varie forme, è ripetuta più volte nella Bibbia. Per quale motivo? Cosa significa? Come possiamo applicarle alla nostra vita oggi?
Di questa parabola vediamo le versioni, i contesti dove è stata detta, e infine gli insegnamenti.

Alcune teorie diverse dal monoteismo Biblico.

Alcune teorie diverse dal monoteismo Biblico.
Nella Bibbia l’esistenza di un unico Dio è presupposta, è affermata senza che sia data una prova, o ragionamento per stabilirlo.
Credere nell'esistenza di un unico Dio è, quindi, la cosa più normale e naturale da fare.
In questo studio vediamo brevemente alcune teorie diverse dal monoteismo Biblico.
La prima teoria è:

LA CONOSCIBILITÀ DI DIO (Studio).

LA CONOSCIBILITÀ DI DIO (Studio).
Nonostante molti dicono che Dio non esista - la Bibbia questi li chiama: “stolti”  (Salmo 14:1) - ci sono delle prove evidenti della Sua esistenza come per esempio la creazione, la Bibbia, Gesù Cristo, la coscienza dell’uomo.
Se Dio esiste ne vale la pena conoscerlo.
L'umanità ha bisogno di conoscere Dio più di qualsiasi altra cosa.
C.H. Spurgeon disse: “La conoscenza di Dio è la grande speranza dei peccatori”.
In questo studio parlerò della possibilità di conoscere Dio, la parzialità nel conoscere Dio, il prerequisito per conoscere Dio.

Si può conoscere Dio? (Studio).

Si può conoscere Dio? (Studio)
In Geremia 9:23-24 è scritto: "Così parla il SIGNORE: 'Il saggio non si glori della sua saggezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza: ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono il SIGNORE. Io pratico la bontà, il diritto e la giustizia sulla terra, perché di queste cose mi compiaccio', dice il SIGNORE".
Questi versetti ci parlano su che cosa dobbiamo davvero vantarci! 
In questo caso l’esortazione non è a vantarsi per la propria sapienza, forza o ricchezza. 
Artur Wiser disse: " L’uomo, chiuso nella sfera puramente terrena e umana, è esposto al pericolo di idolatrare se stesso, in quanto per la sua superbia cieca non coglie le dimensioni più profonde della vita e dimentica il fattore più importante sul quale deve orientare la sua esistenza”.
L’uomo è profondamente narcisista, cioè ha'eccessivo senso di ammirazione, o compiacimento per sé stessi, o per i propri meriti, reali o presunti. 
L’uomo tende sempre a vantarsi, ma il Signore ci dice che il vanto non deve essere in noi stessi ma nella conoscenza di Dio! 

Giuda 4: Lo scopo della lettera di Giuda (Seconda parte).

Giuda 4: Lo scopo della lettera di Giuda (Seconda parte). 
Giuda voleva scrivere una lettera a questi credenti riguardo la loro comune salvezza, ma cambia progetto e scrive questa nuova lettera perché c’è una situazione grave d’affrontare. 
Giuda spiega il motivo per cui ha dovuto cambiare progetto.
Il motivo è: “Perché si sono infiltrati fra di voi certi uomini (per i quali già da tempo è scritta questa condanna); empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio e negano il nostro unico Padrone e Signore Gesù Cristo”.
Un gruppo di falsi insegnanti era arrivato nella chiesa. 
Giuda li descrive come persone di condotta irreligiosa, che pervertono la grazia di Dio e negano l’unico Padrone e Signore Gesù Cristo.
Il loro slogan era: “Dio è un Dio di grazia che perdona sempre, tutto è lecito!” 
Giuda ci dice qualcosa riguardo la loro:

Giuda 3: Lo scopo della lettera di Giuda. (Prima parte).

Giuda 3: Lo scopo della lettera di Giuda. (Prima parte). 
Le questioni della verità e dell’integrità morale sono fondamentali per la salute e la vitalità della chiesa, quando queste vengono a mancare l'esistenza stessa della chiesa è in pericolo. 
Questo pericolo vi è sempre stato fin dalla nascita della chiesa, lo è anche oggi, soprattutto nel mondo occidentale, dove il concetto di verità è sempre più sotto attacco e dove vi è una cultura morale sempre più decadente. 
La lettera di Giuda è più che mai attuale. 
Giuda scrive per mettere in guardia la chiesa contro i falsi insegnanti con le loro eresie che distorcevano la verità e promuovevano un comportamento immorale!

Giuda 1-2: Introduzione dell’epistola di Giuda.

Giuda 1-2: Introduzione dell’epistola di Giuda.
Senza dubbio, la più grande minaccia per la chiesa è sempre stata il falso insegnamento. 
La sua sottigliezza e gravità è come un veleno di un serpente velenoso nel corpo di una persona, crea seri danni, può portare anche alla morte.
Gesù ha detto di guardarsi dai falsi profeti che si presentano in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci (Matteo 7:15-20). 
Nella sua esortazione agli anziani di Efeso, l'apostolo Paolo avverte: “Io so che dopo la mia partenza s’introdurranno tra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli” (Atti 20:29-31). 
Nel resto del Nuovo Testamento sono registrati simili avvertimenti, mediante i quali s’istruiscono i credenti a proteggere se stessi contro la natura ingannevole di un falso insegnamento mascherato da verità cristiana (Matteo 24:10-14; 2 Tessalonicesi 2:3-12; 1 Timoteo 4:1-3; 2 Timoteo 3:1-9; 2 Pietro 2:1-3,7; 1 Giovanni 2: 18-19; 4:1-3; 2 Giovanni 7-10; Apocalisse 2:6,14-16,20-23; 3:1-3, 14-18).
Giuda scrisse questa lettera per avvertire i cristiani, sul pericolo di soccombere alle lusinghe dei falsi insegnanti, infiltratisi nella chiesa, che avevano distorto la dottrina della grazia e l’avevano trasformato in una scusa per la licenza morale. 
Giuda esorta la chiesa a combattere per la verità, per la fede che è stata trasmessa ai credenti, e da dei consigli su come aiutare coloro che sono stati portati nell’errore. 

Gen.6:9: La consacrazione di Noè.

Gen.6:9: La consacrazione di Noè.
“Questa è la posterità di Noè. Noè fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio.  Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet”.
La versione della Bibbia “San Paolo” traduce: “Questa è la storia di Noè. Noè era un uomo giusto, integro tra i suoi contemporanei, e camminava con Dio!”
Noè visse in un contesto d’immoralità, la malvagità degli uomini era grande sulla terra e il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi (Genesi 6:5-7,11-13). Questa malvagità ha attirato il giudizio di Dio, che giudicherà uomini e donne con il diluvio, ma soltanto Noè (e la sua famiglia) trovò grazia davanti al Signore (Genesi 6:8,18-19).
Noi in questi versetti vediamo la consacrazione di Noè.
Noè divenne famoso per la sua consacrazione in tempi successivi (Ezechiele 14:14, 20; Isaia 54:9-10), e fu comunemente ricordato come uomo di fede e predicatore di giustizia (Ebrei 11:7; 1 Pietro 3:20; 2 Pietro 2:5). 
La letteratura ebraica celebra Noè nella storia come la pietra di paragone della giustizia (ad esempio, Siracide 44:17; Giubilei 5:19; Sapienza di Salomone 10:4, 1 Enoc 67:1)
Nella consacrazione di Noè vediamo il suo carattere esemplare e la sua comunione eccezionale con Dio.

La consacrazione di Noè (Genesi 6:9).

La consacrazione di Noè (Genesi 6:9).
“Questa è la posterità di Noè. Noè fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio.  Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet”.
La versione della Bibbia “San Paolo” traduce: “Questa è la storia di Noè. Noè era un uomo giusto, integro tra i suoi contemporanei, e camminava con Dio!”
Noè visse in un contesto d’immoralità, la malvagità degli uomini era grande sulla terra e il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi (Genesi 6:5-7,11-13). Questa malvagità ha attirato il giudizio di Dio, che giudicherà uomini e donne con il diluvio, ma soltanto Noè (e la sua famiglia) trovò grazia davanti al Signore (Genesi 6:8,18-19).
Noi in questi versetti vediamo la consacrazione di Noè.
Noè divenne famoso per la sua consacrazione in tempi successivi (Ezechiele 14:14, 20; Isaia 54:9-10), e fu comunemente ricordato come uomo di fede e predicatore di giustizia (Ebrei 11:7; 1 Pietro 3:20; 2 Pietro 2:5). 
La letteratura ebraica celebra Noè nella storia come la pietra di paragone della giustizia (ad esempio, Siracide 44:17; Giubilei 5:19; Sapienza di Salomone 10:4, 1 Enoc 67:1)
Nella consacrazione di Noè vediamo il suo carattere esemplare e la sua comunione eccezionale con Dio.

Gioele 2:27: Come sperimentare la potenza di Dio.

Gioele 2:27: Come sperimentare la potenza di Dio.
“Conoscerete che io sono in mezzo a Israele, che io sono il SIGNORE, vostro Dio, e non ce n'è nessun altro; e il mio popolo non sarà mai più coperto di vergogna”.

Gioele precedentemente aveva parlato del paese che soffre per la devastazione delle locuste e della siccità (1:1-20), del giorno del Signore, giorno di giudizio (Gioele 1:15; cfr.2:1,11).  Poi esorta il popolo al ravvedimento (Gioele 2:12-17), e infine parla delle promesse di benedizioni di Dio, promesse di restaurazione materiale, spirituale e nazionale (vv.18-32).
Il v.27, dunque rientra tra queste promesse di benedizione.
Alla domanda dei popoli: “Dove il loro Dio” (v.17), a causa del Suo giudizio su Israele per la sua disubbidienza, ora, il Suo popolo pentito, può sperimentare la presenza del Signore (cfr. Esodo 8:22; 17:7; Numeri 11:20-21; Deuteronomio 17:20) il suo Dio, l’unico Dio (Deuteronomio 4:35,39; Isaia 45:5-6, 18, 22, 46: 9). Questa esperienza è a favore del popolo, non sarà più coperto di vergogna, cioè esposto allo scherno delle nazioni (v.17). 
Il popolo sperimenterà di nuovo le opere potenti di Dio come evidenziato dalle parole: “Io sono il SIGNORE, vostro Dio”.
Queste, o simili parole compaiono più volte in Esodo (Esodo 6:7;7:17; 8:22; 11:7; 16:6, 8, 12, cfr. Numeri 16:28-30; Ezechiele 6:7; 7:4;11:10,9,12; 1 Re 20:13, 28; Isaia 49:23; 60:16; Geremia 44:29). 
Con queste affermazioni, il Signore ha affermato che il suo rapporto con il suo popolo era vitale, proprio come lo era stato ai tempi passati, ai giorni di Mosè, Dio non è cambiato. Non solo il Signore farà opere potenti, ma queste susciteranno timore e riverenza, e non derisione (cfr. v.17; Esodo 15:11-16; Salmo 77:14).
La vergogna e l'umiliazione saranno invertite per sempre (cfr. Gioele 3:18-20), viene ricordato al popolo che il potere del Signore è in realtà più forte e più duraturo di qualsiasi minaccia che sembra senza pari e permanente. 
Possiamo sperimentare la potenza di Dio e quindi la sua benedizione quando sinceramente ci convertiamo dalle nostre vie malvagie, facendo cordoglio per i nostri peccati come leggiamo nei vv.12-14: “‘Nondimeno, anche adesso’, dice il SIGNORE, ‘tornate a me con tutto il vostro cuore, con digiuni, con pianti e con lamenti!’ Stracciatevi il cuore, non le vesti; tornate al SIGNORE, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira e pieno di bontà, e si pente del male che manda.  Può darsi che egli torni e si penta, e lasci dietro a sé una benedizione: un'offerta e una libazione per il SIGNORE, vostro Dio”.
Questa è la chiave per sperimentare la potenza di Dio, la chiave del risveglio personale e comunitario!

Osea 2:14: Il deserto, luogo di rinnovato incontro con Dio.

Osea 2:14: Il deserto, luogo di rinnovato incontro con Dio.
“Perciò, ecco, io l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”.

Il rapporto tra Dio e il Suo popolo d’Israele, è paragonato al rapporto di amore tra un marito e una moglie. Quando il popolo d’Israele segue altre divinità, questo tradimento viene chiamato adulterio (Geremia 3:7-10; 13:27). Osea, precedentemente aveva parlato dell’infedeltà di Israele al Signore con altre divinità. A causa di questa infedeltà Dio li giudicherà (Osea 2:13). 
Ma Dio è in grado di richiamare il suo popolo, nonostante la sua infedeltà. Il Dio misericordioso, prenderà l'iniziativa (Io l’attrarrò, la condurrò, parlerò). Dio non rinuncia al suo popolo. Ristabilirà di nuovo una relazione con il suo popolo in fedeltà, giustizia, equità, benevolenza e compassioni e il popolo si sarebbe arreso (Osea 2:15-23).
“Parlerò al suo cuore” è un’espressione di corteggiamento, sentimentale, Dio avrà parole di tenerezza e d’incoraggiamento (Genesi 34:4; 50:21; Giudici 19:3; Rut 2:13; Isaia 40:1).
Dio dunque corteggerà di nuovo Israele per riconquistare il suo amore. Dove? Nel deserto. “Deserto” (midhbār) indica un’area deserta, un luogo caldo, arido, ostile. 
"Deserto" qui è metaforico, indica il luogo d’incontro con Dio (Genesi 32:24-31; Esodo 3; 19-20; 1 Re 10:10-18; Matteo 3:1-3). Sempre in senso metaforico possiamo dire che a volte Dio ci fa passare per il “deserto”. Ma ricordiamo: Dio è fedele e si prende cura di noi, attraverso il deserto ci vuole insegnare delle verità spirituali importanti (cfr. Deuteronomio 8:2-4).
“Deserto” richiama, anche alla mente il tempo delle peregrinazioni nel deserto d’Israele dopo che è stato salvato dall'Egitto (Cfr. Osea 2:15).
Proprio come coloro che si amano piace tornare al luogo in cui si sono conosciuti, così Dio dice al suo popolo che sta per condurli attraverso quello stesso deserto dove egli li liberò, quando il popolo amava Dio (Geremia 2:2), quindi ci ritorneranno simbolicamente.
In un certo senso, spiritualmente parlando, ritornare indietro e ricordare il momento e il luogo quando abbiamo conosciuto Dio, ai giorni del primo amore (Apocalisse 2:4) può essere di grande incoraggiamento e di rinnovamento spirituale in periodi tristi per circostanze avverse, o se non stiamo vivendo fedelmente con il Signore. 
Il deserto, possiamo infine dire, è il luogo di rinnovata speranza (Geremia 31:2), come il rapporto d’Israele con Dio poteva essere realizzato di nuovo, così se non stai vivendo una relazione fedele con Dio, per te c’è speranza, la speranza di andare tra le braccia di Dio per essere di nuovo accolto come lo fu il figliol prodigo (Luca 15:11-24).

La condanna alle guide spirituali cieche (Matteo 15:14; Luca 6:39).

La condanna alle guide spirituali cieche (Matteo 15:14; Luca 6:39).
Matteo 15:14:  “ Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; ora se un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso”.
Che questa frase sia una parabola lo dice chiaramente Gesù come vediamo da Luca 6:39 dove troviamo scritto: “Poi disse loro anche una parabola: ‘Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?’”
Quindi esistono due versioni di questa parabola nella Scrittura detti in due contesti diversi: in Matteo e in Luca. 
La versione di Luca è nella forma di una domanda e chiede: "Può un cieco guidare un altro cieco?" La domanda implica la risposta ovvia di: "No." 
La versione di Matteo indica semplicemente i fatti. 
Ma entrambi le versioni contengono lo stesso principio circa l’incapacità dei ciechi a guidare correttamente altri ciechi.
Noi vediamo la situazione, la sostanza e gli scopi della parabola.

Daniele 2:20-21: Dio controlla la storia e i governanti.

Daniele 2:20-21: Dio controlla la storia e i governanti. 
“’Sia benedetto eternamente il nome di Dio perché a lui appartengono la saggezza e la forza. Egli alterna i tempi e le stagioni; depone i re e li innalza, dà la saggezza ai saggi e il sapere agli intelligenti’”.

Il tema predominante del libro è il controllo sovrano che Dio esercita su tutte le nazioni e sui loro dominatori e il loro finale spodestamento da parte di Dio.
Il controllo di Dio della storia è espressa nella visione nel capitolo 7, dove si vede Dio sul trono dell'universo decidere il destino delle superpotenze della storia e dare il dominio a chi vuole. Nella sua sovranità, egli volle che i Babilonesi (605-539 a.C.), i Medo-Persiani (539- 331 a.C.), i Greci (331-146 a.C.) e i Romani (146 a.C. 476 d.C.) dominassero Israele. (Cfr. Giosuè 21:44-45; Proverbi 21:31; Isaia 10:5-19; 14:26-27; 45:1-13; Abacuc 1:5-11). 
Dio stabilisce il destino e i confini geopolitici delle nazioni. "Egli li ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione” (Atti 17:26). 
Dio stabilisce anche chi deve governare! (Daniele 4:17; Romani 13:1). Nabucodonosor era il re più potente della terra in quel momento, ma la sua autorità era stata concessa dal Signore sovrano ed era sotto il Suo completo controllo!! 
I cristiani hanno bisogno di ricordare la potenza di Dio sui governanti del mondo, soprattutto in tempi di elezioni nazionali. Molti cristiani sono così frustrati se viene eletto questo, o quell’altro leader, mentre dovrebbero ricordare che Dio è sovrano su chi deve governare.
Dio preordina e realizza il Suo piano! (Isaia 46:9-10). Egli è colui che ha l’ultima parola, sia nella storia del mondo e sia nei singoli individui. (Salmi 33:10-11; Proverbi 16:9; 19:21; Giacomo 4:13-15). 
Dio domina sulle nazioni! (2 Cronache 20:6).
Dio governa le diverse epoche e gli eventi della storia umana ed è in grado di modificarli a piacimento come indicato dall’espressione: “Egli alterna i tempi e le stagioni”.
Dio ha autorità nel corso del tempo e della storia. Egli esercita il suo potere, non solo in cielo, ma anche sulla terra. Alla fine, il suo regno, un regno eterno e la sua giustizia, trionferanno, perché né gli uomini e né gli angeli, o qualsiasi altra cosa lo potranno ostacolare! (Daniele 7:27). In Isaia 40:22-24 è scritto: "Egli è assiso sulla volta della terra, da lì gli abitanti appaiono come cavallette; egli distende i cieli come una cortina e li spiega come una tenda per abitarvi; egli riduce i prìncipi a nulla, e annienta i giudici della terra; appena piantati, appena seminati, appena il loro fusto ha preso radici in terra, egli vi soffia contro, e quelli inaridiscono e l'uragano li porta via come stoppia”.  
Pertanto, possiamo affermare: la storia degli uomini è nelle mani di Dio! Questo dovrebbe infondere in noi fiducia e ispirare la preghiera al Dio che può cambiare le circostanze!

Tito 1:16: Le nostre azioni negano, o affermano la nostra professione di fede.

Tito 1:16: Le nostre azioni negano, o affermano la nostra professione di fede. 
“Professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, essendo abominevoli e ribelli, incapaci di qualsiasi opera buona”.

Molte persone affermano di conoscere Dio. Come possiamo sapere se davvero lo conoscono? Non lo sapremo con assoluta certezza in questa vita, ma uno sguardo al loro stile di vita ci dirà tanto se lo conoscono veramente.
Paolo ha lasciato Tito a Creta per organizzare la chiesa e costituire gli anziani (responsabili di chiesa). L’anziano deve avere certe caratteristiche, tra le quali quella di essere attaccato alla Parola di Dio, in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono (Tito 1:9). Paolo mette in guardia Tito riguardo il fatto che a Creta vi sono molti ribelli, ciarloni e seduttori, quindi falsi dottori; Tito li deve riprendere perché siano sani nella fede e non diano retta alle favole giudaiche e né a comandamenti degli uomini che girano le spalle alla verità (Tito 1:10-14).
Queste persone dicevano di conoscere Dio, ma lo rinnegavano con i fatti! Si può dire di conoscere Dio con la bocca, ma essere atei nella pratica! La professione di fede deve essere accompagnata da azioni che siano conformi alla verità che crediamo, quindi essere fedeli a Dio e alla Sua parola rivelata. Con le loro azioni, dice Paolo, questi uomini, stavano negando proprio le cose che affermavano, quindi il conoscere Dio. Il loro comportamento smentiva la loro affermazione che conoscevano Dio. Infatti, erano abominevoli (bdeluktoi), cioè indica qualcosa che è detestabile, che provoca disgusto a Dio perché è immorale (cfr. il sostantivo corrispondente in Matteo 24:15 riguardo l’anticristo. Apocalisse 21:27). Erano ribelli (apeithes), vale a dire che si rifiutavano di sottomettersi a Dio e alla sua verità, disobbedienti come i pagani (cfr. Efesini 2:2; 5:6; Colossesi 3:6; Tito 3:3). Erano incapaci di qualsiasi opera buona, in contrasto cioè con il continuo appello contenuto in questa lettera (2:7,14; 3:8,14). Incapaci (adokimoi) significa respinti dopo la prova, suggerisce essere messo alla prova con lo scopo di essere approvato, ma non rispondendo ai requisiti richiesti ne consegue che è disapprovato.  Dio disapprova quelle persone che dicono di essere credenti, ma che sono privi di qualsiasi opera buona.
Questi versetti dovrebbero fare riflettere coloro, che affermano di conoscere Dio, ma le loro azioni sono incoerenti con quest’affermazione. Si può essere orgogliosi di conoscere Dio, ma quando la professione di fede e la pratica sono in conflitto, allora viene dimostrato che non si conosce veramente Dio!! Le nostre azioni dimostrano se conosciamo veramente Dio (cfr. Matteo 7:15-20;1 Giovanni 2:4-6). 
Dunque, la nostra condotta dice chiaramente se conosciamo Dio. Cosa dice la tua condotta agli altri? Stai comunicando con le tue azioni che conosci veramente Dio?

Ezechiele 1:4: La gloria del nostro Dio manifestata.

Ezechiele 1:4: La gloria del nostro Dio manifestata.
“Io guardai, ed ecco venire dal settentrione un vento tempestoso, una grossa nuvola con un fuoco folgorante e uno splendore intorno a essa; nel centro vi era come un bagliore di metallo in mezzo al fuoco”.

Non abbiamo modo di sapere cosa Ezechiele stesse facendo al momento di questa visione. Qualunque cosa stesse facendo, la sua attenzione fu improvvisamente attirata da un forte vento e dalla vista di un'enorme nuvola con un fuoco folgorante e uno splendore intorno a essa, nel centro vi era come un bagliore di metallo incandescente. 
Tempesta, nuvole e fuoco indicano la manifestazione della gloria di Dio.
Tempesta e fuoco a volte è usato per indicare l’aiuto del Signore verso il Suo popolo, che combatteva per loro contro i nemici e li disperdeva (Salmi 18:12-14;1 Samuele 22:11-15), per la protezione (Zaccaria 9:14-15). Ma in questo contesto sembri che si riferisca alla manifestazione del giudizio di Dio.
Infatti, a volte nella Bibbia, una tempesta è spesso l'immagine del giudizio divino (Proverbi 1:27; Isaia 66:15; Geremia 4:13; 23:19; Naum 1:3). 
Così anche la nuvola e il fuoco folgorante indicano la santità e il giudizio (Osea 8:5; Lamentazioni 2:4; Naum 1:6), un fuoco consumante (Deuteronomio 4:24; Ebrei 12:29), ma era anche il simbolo della presenza di Dio (Esodo 3:1-15); della sua purificazione (Malachia 3:1-6) e del suo giudizio (Salmi 97:1-5,8;13:17-22; 19:16,18). 
Se il popolo d’Israele e quindi anche Ezechiele si trovano esiliati a Babilonia (2 Re 24:1-2,10-17; 25:1-17; 2 Cronache 36), questo era per il giudizio di Dio!! Questo giudizio Dio l’ha realizzato tramite l’esercito Babilonese distruggendo la città e il tempio a Gerusalemme (Geremia 1:13-16; 4:6; 6:1). Per quarant'anni, Dio aveva gentilmente guidato Israele con una nuvola di fuoco, ma ora una nuvola di fuoco ricorda il suo giudizio al suo popolo disobbediente. Quindi tempesta, nuvole e fuoco sono elementi che indicano la manifestazione di Dio (cfr. v.3) la Sua presenza in tutta la sua maestosità e magnificenza che ci parlano di un Dio santo che giudica. Gli esuli avevano perso il senso di timore reverenziale e la maestà del Signore. Il Signore si presentò al profeta con il Suo potere, maestà e santità in modo che Ezechiele potesse essere consapevole del carattere di Dio e comunicarlo ai suoi connazionali.
Come dobbiamo reagire, allora di fronte questo Dio?
Sicuramente non con leggerezza e superficialità!, ma con timore (Isaia 6:1-5; Ebrei 12:28-29).
Esiste la teologia del Dio Babbo natale! In che cosa consiste? Semplicemente consiste che i peccati per Dio non creano nessun problema e che possiamo comportarci come ci pare tanto Lui è buono. Ma noi nella Bibbia vediamo sia la Sua bontà, ma anche la Sua severità (Romani 11:22) verso il peccato e i peccatori e troviamo diversi avvertimenti di giudizio contro quelli che peccano volontariamente (Romani 2:1-5; Ebrei 10:26-31; 12:25-29).

2 Timoteo 2:13: La fedeltà di Dio è coerente.

2 Timoteo 2:13: La fedeltà di Dio è coerente.
 “Se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso”. 

Queste parole non forniscono una concessione a peccare, o ad allontanarsi da Dio, bensì sono una consolazione per chi è scoraggiato a causa del proprio peccato, o fragilità. Paolo con queste parole non vuole incoraggiare l’apostasia e la disobbedienza, ma vuole calmare una coscienza turbata e incoraggiare a essere fedeli a Dio! 
È inconcepibile che la nostra infedeltà possa intaccare la fedeltà di Dio, poiché Egli non può rinnegare se stesso. La nostra debole fede, o un peccato, un dubbio non cambia il carattere di Dio, non cambia la Sua fedeltà verso di noi!! La fedeltà di Dio è parte integrante della sua natura. Dio è fedele perché non cambia e la sua benignità non viene mai meno (Esodo 34:6). Dio è sempre fedele con se stesso, agisce sempre in conformità alla sua natura e parola data. 
Questo versetto afferma la coerenza e l'integrità di Dio. Anche se gli esseri umani sono infedeli a Dio, egli rimane fedele perché non può contraddire se stesso. In Dio è presente l’impossibilità morale che contraddica se stesso, questo costituisce la base della Sua fedeltà! Dio prima di essere fedele agli uomini è fedele a se stesso! La fedeltà di Dio a se stesso significa in primo luogo che agisce secondo il Suo carattere perfetto e immutabile e quindi che agisce in base alle promesse che ha fatto agli uomini, è fedele alla Sua parola data! 
Se non fosse fedele al proprio carattere e alla parola data, non sarebbe più Dio! Se Dio fosse infedele profanerebbe se stesso! La fedeltà è: Dio garantisce ciò che Egli non sarà mai, o che agisce in contraddizione con se stesso. Dio non cesserà mai di essere quello che Egli è. Dio è lo standard di se stesso!! Dio non imita nessuno e non è influenzato da nessuno! Tutto ciò che Dio dice, o fa è in accordo con se stesso. Egli sarà sempre fedele a se stesso, alle sue opere e alla sua creazione. 
Cosa significa per noi che Dio è fedele?
Significa che dobbiamo fidarci di Dio anche quando le circostanze non sono favorevoli (Isaia 50:10; Lamentazioni 3:22-23; 1 Pietro 4:19).
Egli può essere invocato in modo sicuro! Possiamo affidare a Lui le nostre anime con la certezza che si prende cura di noi.
Nessuno ancora che ha veramente avuto fiducia in lui, l’ha fatto invano!! Nessuno è mai stato deluso!
Significa che dobbiamo accettare con umiltà e gratitudine ogni cosa senza lamentarci (Efesini 5:20; 1 Tessalonicesi 5:16-18).
Significa che è di grande conforto per coloro che gli appartengono!  
Significa essere liberi dall’ansia e dalle preoccupazioni!
Ricordiamo dunque, ogni giorno la fedeltà di Dio perché porta una nuova speranza e con essa nuove forze! (Isaia 40:30-31).

Lamentazioni 3:22-23: Grande è la fedeltà del Signore!

Lamentazioni 3:22-23: Grande è la fedeltà del Signore!
“È una grazia del SIGNORE che non siamo stati completamente distrutti; le sue compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà!” 

Dio sostiene il suo popolo in mezzo alle più grandi afflizioni come quando Gerusalemme è stata attaccata e distrutta per mano di Nabucodonosor, strumento di giudizio di Dio (2 Cronache 36:11-21; Lamentazioni 1:5-22). Queste parole, dunque, sono state dette in circostanze davvero drammatiche di guerra. Potete immaginare cosa porti la guerra: distruzione, dolore, morte, fame, malattie, feriti così via. Ma nonostante il suo giudizio; per la Sua grande fedeltà le Sue compassioni si rinnovavano ogni giorno. Il profeta nella drammaticità della situazione ha parole di conforto, lui non vede in modo negativo, ma guarda al Signore ricordando ciò che è! Il carattere di Dio, come rivelato attraverso l'esperienza passata d’Israele, è il fondamento della speranza dell'uomo.
Il profeta ricorda la grazia di Dio: non sono stati completamente distrutti!
Il profeta ricorda le compassioni di Dio: non sono esaurite!
Il profeta ricorda la grande fedeltà di Dio: le compassioni si rinnovano ogni mattina.
“Grande” (rǎḇ) può essere intesa come molta, numerosa, cioè, appartenente a una grande quantità (cfr. Esodo 12:38); oppure estesa, di dimensione enorme, abbondante (Numeri 20:11; 1 Cronache 22:8). “Grande” può quindi, indicare l'ampiezza dell'azione del Signore, che è tale da abbracciare tutti i tipi di situazioni, con un impegno che non cambia direzione. 
Il disastro che il profeta e la sua nazione hanno sperimentato, non segna la fine dell'amore di Dio! Gli Israeliti non erano stati completamente distrutti: stavano bruciando, ma non erano consumati! La fedeltà di Dio rimane intatta, anche se le circostanze possono sembrare diverse! Ogni respiro, ogni piccolo sorso d'acqua, ogni piccolo pezzo di crosta di pane, ogni pezzo di vestito consumato che avevano ancora addosso è considerato dal profeta come prova della grande fedeltà di Dio!!
Per la sua fedeltà Dio rinnova ogni giorno le sue compassioni!
La sua fedeltà, la possiamo vedere con le benedizioni che riceviamo! Anche dalle piccole cose che diamo per scontato! Fai un elenco delle benedizioni che hai per esempio una casa, l’acqua, il cibo, i vestiti, le scarpe, ecc. Così, non dobbiamo lamentarci davanti a Dio per ciò che non abbiamo, ma ringraziarlo per ciò che abbiamo, che Lui ci ha dato!
Dio è fedele ai suoi figli, pieno di compassione, Egli offre ogni giorno un rifornimento fresco, efficace e adatto ai loro bisogni.
Dio non dimentica e abbandona i suoi figli (Isaia 49:13-16; Ebrei 13:5) anche nei momenti più difficili della nostra vita. Dio è con noi anche nella valle dell’ombra della morte (Salmo 23:4). Dio è con noi in qualsiasi situazione di pericolo ci troviamo. In qualsiasi situazione difficile, di afflizione, tenebrosa, minacciosa e ostile, anche se siamo vicino alla morte, Dio non ci abbandona! 
A volte la sua presenza la sentiamo, altre volte no, ma questo non significa che la sua presenza è discontinua, Dio è sempre presente con noi anche nella sofferenza! (cfr. Isaia 43:2).
Dio è fedele! Dio non ci abbandona!

Geremia 1:11-12: Dio vigila sulla sua parola per mandarla a effetto.

Geremia 1:11-12: Dio vigila sulla sua parola per mandarla a effetto.
“Poi la parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: «Geremia, che cosa vedi?» Io risposi: «Vedo un ramo di mandorlo».  E il SIGNORE mi disse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per mandarla ad effetto»”.

Geremia è chiamato da Dio a essere un Suo profeta, operò in Giudea. Il popolo di Giuda era spiritualmente corrotto e idolatra (cfr. Geremia 1:16; 2). 
In questi versetti leggiamo che Geremia vede un oggetto che può sembrare insignificante: un ramo di mandorlo. Non si capisce bene se Geremia stesse facendo una passeggiata in campagna dove vi erano degli alberi di mandorle, oppure se ebbe una visione interiore.
“Mandorlo” in ebraico (šāqēḏ) indica colui che veglia. Il mandarlo era indicato in ebraico come l’albero che vigila, perché comincia a fiorire prima di tutti gli altri alberi, già da Gennaio, mentre gli altri alberi sembrano ancora dormire.
Così Dio chiama Geremia e lo invita a riflettere su questo ramo di mandorlo che diventa simbolo di quel che gli vuole comunicare riguardo la realizzazione della Sua parola.
“Io vigilo sulla mia parola per mandarla ad effetto” sono parole  d’incoraggiamento per Geremia, per il suo ministero, per rassicurarlo che il Signore avrebbe realizzarlo i suoi piani secondo la Sua parola (Geremia 1:4-10).
“Vigilo” (šōqēd) significa che Dio è attento, sempre sveglio e controlla sulla sua parola per mandarla a effetto. Questo verbo descrive le attività di Dio di giudizio e di benedizione in Geremia 31:28 e in Geremia 44:27 di giudizio.
Possiamo essere certi che Dio realizza le sue promesse di benedizioni come i suoi giudizi! Dio è sovrano niente e impossibile a Lui, Dio è fedele alla Sua parola, ed è fedele a se stesso, adempirà, pertanto, la Sua parola.
In Isaia 55:10-11 il Signore dice:  “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata”. 
Dio opera attivamente per raggiungere i suoi scopi! Possiamo essere certi che questo avverrà! Non ci sono ostacoli per Lui (Salmo 33:11; Isaia 46:9-11; Daniele 4:35). Dio in modo inesorabile porterà avanti i suoi progetti. Il Signore della storia si adopera per le Sue parole dette e le realizzerà, parole che riguardano le sue benedizioni e parole che riguardano le sue maledizioni.
Questo deve far riflettere sia il credente come anche il non credente, sia riguardo la salvezza come anche il giudizio. Può essere d’incoraggiamento per il credente, come di avvertimento verso il non credente, e anche per coloro che sono credenti in modo apparente e che si rifugiano nella loro falsa sicurezza di esserlo (cfr. Matteo7:21-23).

DIO È FEDELE (2).

DIO È FEDELE (2).
Ci sono dei modi dire che usiamo per esprimere un’idea, uno stato d’animo, e così via.
Per esempio c’è il modo di dire: “Forse che sì, forse che no”. Questa si usa un po’ scherzosamente per indicare un’incertezza, o un dubbio, o una perplessità rispetto a quanto sta per avvenire. Questa espressione è il titolo di un libro di Gabriele D’Annunzio (1863-1938), un romanzo che scrisse nel 1910. La frase è anche un motto che si trova in una delle sale di palazzo Gonzaga a Mantova, che probabilmente alludeva alla difficile situazione di Vincenzo Gonzaga al tempo delle guerre con i Turchi. È anche una frase riportata in una canzonetta di Marchetto Cara (1470-1525) cantore della corte dei Gonzaga, le cui strofe cominciano proprio con questa frase. 
Ora in mezzo alle incertezze, ai dubbi, o alle perplessità della vita noi dobbiamo ricordare che Dio è fedele.
Fedele abbiamo visto nel primo studio indica stabilità, fermezza, quindi essere costante e coerente, che rimane uguale a se stesso, verace, affidabile.
Nella prima predicazione ho parlato della natura e della manifestazione della fedeltà di Dio.
In questa predicazione vedremo l’assicurazione e l’applicazione della fedeltà di Dio!

1 Timoteo 4:8: Le motivazioni alla pietà.

1 Timoteo 4:8: Le motivazioni alla pietà. 
“Perché l'esercizio fisico è utile a poca cosa, mentre la pietà è utile a ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella futura”. 

Troviamo due motivi per cui ricercare la devozione, la pietà.
Il primo motivo è il profitto della pietà.
Paolo spiega ora perché dobbiamo dedicarci alla pietà: perché l’esercizio fisico è utile a poca cosa, mentre la pietà è utile a ogni cosa. Paolo non vuole sminuire i benefici dell’esercizio fisico. Paolo sta dicendo che il vantaggio che conferisce la formazione del corpo, per quanto grande possa essere, è sicuramente inferiore all’utilità della pietà, e la sfera in cui la formazione del corpo è di beneficio è molto più ristretta del beneficio che arreca la pietà. 
Paolo dice che l’esercizio fisico ha un certo valore, ma solo un po’, è utile fino a un certo punto, ha un beneficio limitato e influisce solo sul fisico, mentre la pietà è utile a ogni cosa, cioè ha più valore, è utile per tutto, in ogni direzione, ha valore per tutte le cose, porta i maggiori benefici possibili, i benefici sono senza limiti.
Il secondo motivo è la promessa della vita presenta e la vita futura riguardo la pietà. 
“Avendo la promessa” indica i motivi perché la pietà è utile a ogni cosa. La promessa di Dio è: la pietà porta benefici nella vita attuale, presente, di questo mondo (1 Timoteo 6:17; 2 Timoteo 4:10; Tito 2:12; cfr. Romani 3:26; 8:18;11:5; 2 Corinzi 8:14; Galati 4:25; cfr. 2 Pietro 3:7) e nell’ età a venire, la vita futura che segue la vita terrena, la vita eterna (Matteo 12:32; Efesini 1:21; 1 Timoteo 6:19; Ebrei 6:5; cfr. Matteo 3:7; 1 Corinzi 3:22; Ebrei 2:5; 13:14).
Una nota importante è che “futura” indica qualcosa che è destinato, che è inevitabile (Matteo 17:22; Luca 9:44; Romani 4:24; 8:13), quindi sicura, certa e quindi possiamo crederci!! Troviamo un parallelo nei Vangeli, dove si parla di benedizioni nel tempo presente e nel tempo futuro:la vita eterna(Matteo 19:29; Marco 10:29-30; Luca 18:29-30, cfr. 1 Timoteo 6:19).
“Vita” (zōēs) descrive un tipo abbondante di vita che è promessa a coloro che sono in Cristo (cfr.1 Timoteo 1 :16). Il senso potrebbe anche essere: il contenuto della promessa è la vita nella sua pienezza sia nel tempo presente e sia nel tempo che verrà, includendo gli aspetti presenti e futuri della salvezza. In questo senso vita è la vita eterna che è già iniziata in questa vita (Tito 1:2; cfr. 2 Timoteo 1:1,10; Ebrei 9:15). Le persone che dimorano in Cristo per fede, cominciano a dimorare in eterno ora.
La vita eterna è in Cristo per fede, comincia nel momento in cui crediamo in Cristo (Giovanni 3:16).
Non possiamo che essere riconoscenti al Signore Gesù Cristo per la promessa della vita presente e di quella futura.

1 Timoteo 4:7: I nemici della pietà.

1 Timoteo 4:7: I nemici della pietà.
“Esercitati invece alla pietà”.

Siamo chiamati a consacrarci al Signore, ma la consacrazione è ostacolata da tre nemici.
(1) La pietà è ostacolata dal mondo.
Il mondo si riferisce agli standard, giudizi, desideri, influenze e valori umani corrotti rispetto a quelli di Dio. Si riferisce al sistema egocentrico ostile e ribelle a Dio controllato da Satana (Giovanni 12:31;14:30; 2 Corinzi 4:4, Galati 1:4; 1 Giovanni 2:15-17; 5:19). Il mondo è come una calamita che attira tutti, anche i credenti. La reazione dei discepoli non è di ritirarsi dal mondo, ma di vivere nel mondo senza seguire il suo sistema filosofico e quindi non esserne influenzati negativamente a livello morale e spirituale. Il cristiano deve conservarsi puro dal mondo (Giacomo 1:27). Questo significa mantenere se stessi puri ogni giorno senza permettere che il mondo possa influenzarci negativamente, quindi cercare di essere senza difetto, colpa, o corruzione.
(2) La pietà è ostacolata dalla carne.
La carne è potente, tende, o spinge verso il peccato e contrasta l’opera dello Spirito Santo (Galati 5:17). È la vita fuori dallo Spirito di Dio controllata dal peccato, è la sede del peccato (Romani 7:18,25; 8:5,9,12-13). La carne spinge sempre a vivere in modo egoistico e indipendente da Dio (Romani 8:5-8). Il vero credente è rigenerato dallo Spirito Santo e ha una nuova natura (Efesini 4:17-24; Colossesi 3:9-10), ma insieme alla nuova natura è presente anche la vecchia. La carne non può essere migliorata e sradicata fino a quando il credente non sarà in cielo. Quindi nel presente vi è un conflitto interiore benché il credente non sia nella carne, ma nello Spirito (Romani 7:15-23; 8:9). 
La carne con i suoi desideri controllata dal peccato, ci spinge a fare ciò che è contrario allo Spirito Santo, ma sempre per l’aiuto dello Spirito Santo il credente sarà in grado di vincere la battaglia contro il peccato (Romani 8:2; Galati 5:16-25). 
(3) La pietà è ostacolata da Satana. 
Due sono gli errori che fanno in genere le persone riguardo al diavolo: o lo prendono troppo sul serio, oppure non lo prendono abbastanza sul serio. Ci sono quelli che lo vedono dappertutto e quelli che invece pensano sia una favola. L'esistenza del diavolo è così chiaramente insegnata nella Bibbia che dubitare della sua esistenza significa dubitare della Bibbia stessa!!! Noi vediamo nella Bibbia che Satana è un nemico reale di Dio e implacabile contro coloro che appartengono a Dio. L’attività e lo scopo di Satana è quella di ostacolare l'opera di Dio (Matteo 13:36-39;16:23; Atti 13:8-10; 1 Tessalonicesi 2:18) e di allontanare le persone da Dio (Giobbe 2:4-5; Marco 4:15). Satana cerca di corrompere e sviare le menti dei credenti dalla consacrazione di Cristo (2 Corinzi 11:3) e di distorcere la verità delle Sacre Scritture (Matteo 4:5-6; 1 Timoteo 4:1). L’attività e lo scopo di Satana è quella d’istigare al peccato, quindi anche i credenti a commettere peccato; è il tentatore (Matteo 4:3;1 Tessalonicesi 3:5).
Contro questi nemici è importante la preghiera (Efesini 6:18).
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1 Timoteo 4:7: La pietà solo esteriore.

1 Timoteo 4:7: La pietà solo esteriore.
“Esercitati invece alla pietà”.

Esiste una pietà, che non è vera! C’è un tipo di persona che professa di essere cristiana, che sembra cristiana solo in apparenza, ma è un cristianesimo solo esteriore. Noi uomini guardiamo all’apparenza, Dio invece guarda al nostro cuore. In 1 Samuele 16:7 è scritto: “ Il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo: l’uomo guarda all’apparenza, ma il Signore guarda al cuore”.
La vera pietà non è solo una forma esteriore, ma anche una forza interiore. Paolo, sempre a Timoteo, dice che negli ultimi giorni gli uomini avranno determinate caratteristiche, una di queste è: “aventi l’apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza”  (2 Timoteo 3:5). Un po’ come quelle noci che fuori sembrano buone, ma dentro sono secche, o ci sono i vermi.
Un esempio di questo tipo di religiosità si trovava nei Farisei, Gesù li chiamava ipocriti simili ai sepolcri imbiancati che appaiono belli fuori, ma dentro sono pieni d’ossa di morti e d’ogni immondizia. Sembravano giusti alla gente, invece, erano pieni d’ipocrisia e d’iniquità (Matteo 23:27-28).
I falsi pii, hanno l’apparenza (morphōsis) la forma, ma ne rinnegano la potenza, cioè rifiutano consapevolmente il suo potere effettivo. Non negano, poiché esteriormente sembrano essere religiosi, ma non credono che il Vangelo possa veramente avere una forza rigenerante per la loro vita, in loro non c’è l’effetto rigenerante del Vangelo e dello Spirito Santo!
Le loro azioni indicano che la loro religione non significa nulla per loro. Anche se la loro religione li fa apparire rispettabili, non hanno, però un potere effettivo nella loro vita. Sono persone che vanno ogni giorno in chiesa, che pregano, che fanno opere di carità, ma in realtà nel loro cuore non c’è Dio, non c’è stato un vero cambiamento interiore, non hanno una vita totalmente consacrata a Dio secondo la sua volontà.
Essere religioso non è importante! Non sono importanti le forme, la conoscenza, il frequentare la chiesa, ma essere persone nate di nuovo (Giovanni 3:3-5; 2 Corinzi 5:17) che si manifesta con il carattere e il comportamento che proviene dal cuore. Gesù in Matteo 5:8 dice: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. 
C’è un altro tipo di persona che dice di essere cristiano, ma nella pratica non lo è, professa di conoscere Dio, ma lo rinnega con i fatti (Romani 2:17-24; Tito 1:16). Son credenti a parole, ma atei nella pratica, non seguono e camminano con Gesù Cristo.
Forse il più grande handicap del cristianesimo non è, che il peccatore sia riconosciuto, ma che chi dice di essere credente devoto non è coerente con la verità della Parola di Dio!!
Quindi nella falsa pietà troviamo persone che possono sembrare in apparenza cristiane, ma dentro non sono cambiate, oppure che dicono di essere cristiane, ma le loro azioni dicono che non lo sono.
La vera pietà è un atteggiamento del cuore che s’irradia attraverso il comportamento morale che assomiglia a quello di Dio.

1 Timoteo 4:7: La pietà deve essere centrata su Dio.

1 Timoteo 4:7: La pietà deve essere centrata su Dio.
“Ma rifiuta le favole profane e da vecchie; esercitati invece alla pietà”.

Se questo mondo ci dice che siamo padroni del nostro corpo, che dobbiamo vivere per il nostro piacere, la Bibbia afferma che il nostro corpo appartiene a Dio (1 Corinzi 6:19-20) e siamo chiamati a vivere per la gloria di Dio (1 Corinzi 10:31).
“Pietà” (eusebeian) nei tempi antichi era associato principalmente con l' idea di religioso, di rispetto, di timore verso gli dèi. Questa parola e altre della stessa radice, si riferisce alla riverenza che implica un culto e una vita di obbedienza attiva che si addice a quella riverenza. La pietà è una vita che mostra la riverenza a Dio. È l'adempimento osservabile della conoscenza di Dio e della verità nei modi appropriati. La pietà coinvolge tutto il nostro essere, sia la giusta fede e sia l’azione obbediente. È un atteggiamento verso Dio nel cuore del credente che dà a Dio il posto che gli spetta, nei pensieri, nell’emozioni e nelle azioni, mostrando quindi riverenza e rispetto nei Suoi confronti. La pietà è avere un carattere e una condotta inequivocabile secondo la volontà di Dio. Indica una pratica devota e un credo secondo la volontà di Dio, un comportamento che riflette il corretto credo e atteggiamenti morali e spirituali secondo Dio, secondo ciò che Dio gradisce. La pietà è una vita totalmente consacrata a Dio che si vede nella vita quotidiana (cfr. 1 Timoteo 2:2; 3:16). 
La pietà è una vita è condurre se stessi in modo divino, come Dio. La pietà non è altro che assomigliare a Dio! Le persone pie hanno sperimentato la rivoluzione radicale della conversione cristiana dall’egocentrismo alla centralità di Dio. Se prima la conversione, la persona pensava e diceva:  “ Non c'è posto per Dio” e di conseguenza viveva senza Dio (Salmo 10:4; 31:1), ora dice: “ Io ho posto il Signore davanti gli occhi miei” (Salmo 16:8). 
Queste persone hanno sperimentato la grazia di Dio, s’impegnano e rinunciano all’empietà e alle passioni mondane per vivere in questo mondo una vita devota a Dio (Tito 2:12), una vita dove al centro c’è il trono di Dio. 
“Pietà” si riferisce all’essenza della fede del cristiano ed è lo scopo di ogni vero cristiano. Non dobbiamo mai spostare il nostro obiettivo primario da tutto ciò che è Dio e da tutto ciò che ha fatto per noi in Cristo. Non dobbiamo trascurare il tipo di vita che Dio si aspetta da noi. Lo scopo della nostra vita è dedicarci completamente a Dio e compiere la Sua volontà per la nostra vita.
L'unico vero Dio, come creatore e redentore, richiede la nostra totale consacrazione e obbedienza attiva alla Sua volontà. 
Come Enoc che camminò con Dio (Genesi 5:24); Noè (Genesi 6:9) per esempio, ma soprattutto Gesù Cristo (Giovanni 8:29; Ebrei 5:7). 
Quindi lo scopo della disciplina spirituale (esercitati) è: assomigliare e comportarsi come Dio nel senso morale ovviamente.  

1 Timoteo 4:7: Un ordine al positivo.

1 Timoteo 4:7: Un ordine al positivo.
“Esèrcitati invece alla pietà”.

Letteralmente è: “esercita, invece te stesso per la pietà”. Al posto di perdere tempo con le favole profane, Timoteo deve esercitarsi alla pietà (v.6). “Esercitati” potrebbe essere tradotto con: “continua a esercitare te stesso”. “Esercitati” significa addestrarsi, disciplinarsi, mantenere se stesso disciplinato, tenersi allenato. Era un termine di disciplina sportiva, di atletica, quindi d’impegno, di sudore, di duro e serio allenamento di “esercizi ginnici”, infatti, era un termine usato per allenare gli atleti che gareggiavano. La parola “esercitati”, dunque, parla del rigore, di fatica, di formazione, di sacrificio di un atleta che si prepara per la gara. “Esercitati” indica anche il controllare se stesso con la disciplina in modo accurato, un atleta è disciplinato anche nel suo stile di vita:mangiare, bere, riposo per esempio.
Paolo prendendo l’esempio dagli esercizi fisici, trasferisce questo nella realtà spirituale, esorta Timoteo a esercitarsi a progredire verso la virtù nella sfera morale e spirituale secondo la volontà di Dio. “Esercitarsi” è utilizzato per sottolineare lo sforzo che è coinvolto per progredire verso una maggiore virtù, quella della divinità. Quindi, questo esercizio si occupa di crescita cristiana e disciplina spirituale.
Il verbo “esercitarsi” indica che questo tipo di formazione per una vita devota deve essere continuo e persistente. Non si raggiungono buoni risultati dall’oggi a domani, ci vuole tempo, costanza, e disciplina per vincere, così anche per la formazione spirituale. La formazione spirituale non avviene per caso! Richiede il tuo impegno, la tua responsabilità! Un atleta per vincere è concentrato e impegnato, in costante formazione, rifiutandosi di mollare. I credenti devono avere la stessa attenzione e impegno, rifiutando di essere distratti dall’ insegnamento sbagliato (vv.1-6). Non si diventa pii senza impegno (cfr. Ebrei 12:14; 2 Pietro 1:5-7) e senza pagare il prezzo di una rigorosa disciplina quotidiana per la formazione spirituale che Dio vuole per la nostra vita.
Come ci possiamo esercitare per la pietà?
Come per un atleta il credente è chiamato a disciplinarsi: allenarsi e a cibarsi di cibo spirituale sano, come la disciplina della preghiera, della lettura, meditazione e studio della Bibbia, il servizio, il digiuno, ecc. Non ci sarà crescita spirituale senza un impegno costante, o regolare in queste aree! Ma è importante sottolineare questo: le discipline non sono fini a se stessi, ma mezzi per una relazione più piena con Dio. Le discipline non ci cambiano, ma attraverso di queste ci mettiamo nelle condizioni, dove il cambiamento può avvenire. Le discipline spirituali non producono cambiamenti, ma sono mezzi, della grazia di Dio che Lui usa per farci crescere spiritualmente, ci permettono di metterci davanti a Dio in modo che lo Spirito Santo può operare in noi. Oppure sono “luoghi” dove il nostro cambiamento può verificarsi per opera di Dio. 
A noi aspetta coltivare la nostra vita quotidiana in un terreno fertile nel quale Dio può portare una crescita spirituale. Dio che ci fa crescere spiritualmente (Giovanni 17:17; 1 Tessalonicesi 5:23; Ebrei 2:11).

1 Timoteo 4:7: Un ordine al negativo.

1 Timoteo 4:7: Un ordine al negativo.
“Ma rifiuta le favole profane e da vecchie”.

Il “ma” indica un contrasto con la buona dottrina che Timoteo ha imparato. Paolo dà a Timoteo alcune indicazioni circa le sue responsabilità pastorali nei rapporti con l'eresia: deve informare e spiegarle alla chiesa, in questo modo sarà un buon servitore di Cristo Gesù. Timoteo, si deve nutrire con le parole della fede e della buona dottrina che ha imparato (1 Timoteo 4:1-6).
“Le parole della fede” si riferisce alla verità cristiana contenuta nella Scrittura (1 Timoteo 5:8; 6:21; Giuda 3) e richiede la nostra fede.
Timoteo deve contrastare con la verità cristiana rivelata le favole profane, le deve rifiutare! 
Potrebbe significare che Timoteo debba evitare d’insegnare tali cose, o che non deve entrare nel dibattito con gli avversari che insegnano tali cose, o che egli deve rifiutare tale insegnamento quando è dato da altri e impedire il loro insegnamento, o una combinazione di tutti questi.
La parola “rifiutare” comunque, indica un forte rifiuto!Non si tratta di un consiglio, il verbo indica un ordine chiaro da fare ogni giorno: “continua a rifiutare”. Timoteo deve, quindi, fare attenzione su questo punto, non deve avere niente a che fare con le favole profane e da vecchie.
“Favole” è miti, storie leggendarie, falsità, finzione (1 Timoteo 1:4). 
“Profane” indica ciò che è separato da Dio, o senza Dio, al di fuori di ciò che è santo, quindi di Dio (cfr.1 Timoteo 1:9; 6:20;2 Timoteo 2:16). 
Non c'è niente di sacro nelle favole, nei miti, sono indegni di attenzione di una persona devota a Dio. 
“Da vecchie” descrive qualcosa che è frivolo e non degno di seria attenzione, qualcosa che è insignificante nel suo contributo. L'espressione era usata spesso in modo sarcastico negli scritti filosofici greci per indicare il credere facilmente a cose inutili, o inattendibili. Era un termine di disprezzo per un punto di vista privo di credibilità e attrattiva, si riferisce alle chiacchiere insignificanti, sciocche, frivole, inutili, quindi solo per ignoranti. Nessun uomo intelligente avrebbe sentito queste favole. 
Probabilmente “le favole profane e da vecchie” si riferisce a qualche eresia che riguardava i miti e le genealogie senza fine (1 Timoteo 1:4), oppure alle storielle, o alle leggende ebraiche. Timoteo non doveva sprecare il tempo con i miti e con coloro che l’insegnavano, non doveva perdere tempo a discutere di queste cose! Non doveva nemmeno far posto nella sua mente a tali cose. Il buon servitore di Gesù Cristo mantiene la sua convinzione e la sua chiarezza nella Parola di Dio (Filippesi 4:8; 2 Timoteo 2:16). Sotto l'apparenza di un’istruzione teologica ed erudizione accademica, l’amore di un uomo per la verità può essere distrutta, e la sua mente essere confusa. È facile perdersi in questioni secondarie e rimanere impigliato in queste, cosa che avviene ancora oggi e fanno perdere tanto tempo.
È sulle grandi verità centrali rivelate nella Scrittura che noi dobbiamo costantemente nutrire le nostre menti e la nostra fede, su queste dobbiamo soffermarci, queste dobbiamo predicare.

2 Tessalonicesi 3:16: Una preghiera per la pace.

2 Tessalonicesi 3:16: Una preghiera per la pace.
“Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni maniera. Il Signore sia con tutti voi”.

Paolo alla fine della sua seconda lettera ai Tessalonicesi saluta la chiesa con una preghiera:  “Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni maniera”.
La preghiera fa eco alla benedizione della pace di Numeri 6:26 e trova anche le sue radici nella benedizione di Gesù di pace data ai suoi discepoli, registrata in Giovanni 14:27.
“Pace” potrebbe essere l'assenza di conflitti all'interno della comunità (2 Tessalonicesi 3:6-15, o dai persecutori (cfr. Atti 24:2; Apocalisse 6:4), ma potrebbe anche essere l’assenza di turbamento, di ansia. I cristiani di Tessalonica potevano essere anche turbati per vari problemi come l’oppressione esterna (1 Tessalonicesi 2:14; 2 Tessalonicesi 1:4-10). La parola “pace” (eirēnē) indica il benessere totale, indica la prosperità della persona in tutta la sua interezza. Tale pace potrebbe venire solo da Dio, infatti, è diversa da quella effimera, fragile e superficiale di questo mondo, non dipende dalle circostanze e dal tempo. In mezzo alle difficoltà, al dolore, alle persecuzioni, ai problemi di vario genere, quando tutto va a rotoli, quando non vediamo nessuna via di uscita, nelle prove di vario genere, possiamo avere la pace del Signore. La sorgente della pace è sovrannaturale, è del Signore: il Signore della pace. Paolo stava pensando a una realtà spirituale che va oltre la pace umana, una pace che può esistere e resistere anche in mezzo alle turbolenze della vita (Filippesi 4:4-6). La pace del Signore è duratura, ed è un dono gratuito, non possiamo procurarcela con i nostri sforzi. Paolo prega affinché il Signore stesso dia la pace sempre e in ogni maniera; il significato è: una pace che rimane costante nonostante le circostanze e le condizioni. La pace del Signore non è intaccata dal tempo e dalle circostanze!!
Ora la pace del Signore è possibile se c’è la pace con Dio, questa è possibile grazie al sacrificio e alla mediazione di Gesù Cristo (Romani 5:1-11). Dio non dà la vera pace spirituale ai non credenti, la pace di Dio è una caratteristica di coloro che sono salvati e non per gli empi (Isaia 48:22; 57:21). 
La pace del Signore è collegata con la Sua presenza in noi. La pace del cristiano è la presenza del Signore, infatti, Paolo conclude la Sua preghiera con una benedizione: “Il Signore sia con tutti voi”. Questa benedizione anticipa la benedizione finale della lettera (v. 18) e riflette la consapevolezza che il Signore è con coloro che appartengono a Lui (Matteo 28:20; Atti 18:10; 2 Timoteo 4:22); per questo motivo Paolo poteva pregare e sperare per la Sua presenza in ogni situazione (Romani 15:33; Filippesi 4:9; 2 Timoteo 4:22). 
In mezzo ai conflitti, alla confusione, ai problemi, il cristiano non è mai solo! Il Signore è con tutti coloro che gli appartengono, pertanto questi avranno la Sua pace!

1 Tessalonicesi 4:9-10: Amatevi sempre di più!

1 Tessalonicesi 4:9-10: Amatevi sempre di più!
“Quanto all'amore fraterno non avete bisogno che io ve ne scriva, giacché voi stessi avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e veramente lo fate verso tutti i fratelli che sono nell'intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, ad abbondare in questo sempre di più”.

Cosa dovrebbe contraddistinguere i cristiani dal resto della società? Due particolarità distinguevano i cristiani nel periodo del Nuovo Testamento: la santità e l’amore. In questo passo vediamo che Paolo parla di amore fraterno.
“L’amore fraterno” (philadelphia), tra i greci si riferiva, all’amore familiare, all’amore che univa i figli di uno stesso padre, e nel Nuovo Testamento si riferisce all’amore che unisce i cristiani l’uno all’altro, quindi un amore che unisce i fratelli, figli di uno stesso Padre, cioè Dio.
Quelli di Tessalonica avevano imparato da Dio ad amarsi gli uni gli altri; Paolo non aveva bisogno di scrivere riguardo quest’argomento, la chiesa già ne era a conoscenza, per il dono e l’opera dello Spirito Santo (1 Tessalonicesi 4:8; cfr. Romani 5:5; Galati 5:22). Alla conversione, i cristiani ricevono lo Spirito Santo (Atti 2:38-39; 15:8; 1 Corinzi 12:13), e sono abilitati (Giovanni 14:16-17; Romani 8:11; Efesini 1:13-14; 5:18; 2 Timoteo 1:14; 1 Giovanni 2:27;cfr. Ezechiele 36:27). Lo Spirito Santo insegna loro ad amare (cfr. Giovanni 14:26; 16:13; 1 Corinzi 2:10).  Se l’odio non ha bisogno di essere insegnato, basta solo che sia provocato, l'amore deve essere appreso e imparato. Amare i fratelli della chiesa non è naturale, non fa parte della nostra natura umana decaduta, ma chi ha conosciuto Dio, chi è nato di nuovo, amerà (1 Pietro 1:22-23; cfr.1 Giovanni 4:7-8). Chi non ama non è nella luce, ma nelle tenebre (1 Giovanni 2:9-10; 3:14; 4:7-8, 12). Perciò è impossibile per i credenti non amare! (Giovanni 13:34-35; 1 Giovanni 3:17; 4:20-21; 5:1). L’amore fraterno è generato nell’intimo di un cristiano nel momento in cui diventa un figlio di Dio, il suo amore è rivolto verso coloro che fanno parte della famiglia di Dio. Quelli di Tessalonica amavano tutti i fratelli della regione, Paolo ne era a conoscenza, infatti dice: “veramente lo fate”. L’amore si dimostra con fatti concreti e questi cristiani lo facevano costantemente, infatti, “lo fate” (poieite- presente attivo) indica un’azione continuata, abituale. Questi cristiani non amavano a intermittenza, ma regolarmente, sempre. Non possiamo dire di amare senza mostrarlo praticamente (1 Giovanni 3:16-17; 4:9-11), e non possiamo amare solo quando le cose ci vanno bene, o quando è nei nostri interessi farlo, o quando non costa nessun sacrificio, siamo chiamati ad amare sempre! Paolo, però li esorta ad abbondare sempre di più in questo! Egli è desideroso che i Tessalonicesi continuino ad amarsi sempre di più, ad abbondare in questo. Non possiamo accontentarci che già amiamo, nell’amore fraterno dobbiamo abbondare sempre di più! Ci sono sempre nuovi bisogni per esercitare l’amore fraterno, ma è importante essere presenti, vivere una vita comunitaria per poterlo fare.

Cantico dei Cantici 8:6-7: la natura del vero amore.

                                        Cantico dei Cantici 8:6-7: la natura del vero amore.
"Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio; perché l'amore è forte come la morte, la gelosia è dura come il soggiorno dei morti. I suoi ardori sono ardori di fuoco, fiamma potente. Le grandi acque non potrebbero spegnere l'amore, i fiumi non potrebbero sommergerlo. Se uno desse tutti i beni di casa sua in cambio dell'amore, sarebbe del tutto disprezzato".

Questi versett1 sono tra i più significativi dell'intero libro, parlano della natura del vero amore.
1) Il vero amore è forte.
Il vero amore è forte come la morte. Si possono fare vari tentativi per fermare la morte, ma alla fine tutti moriremo. Nessuno può scampare alla morte: il giusto e l'empio moriranno, la persona religiosa come anche la persona irreligiosa, grandi e piccoli, ricchi e poveri, maschi e femmine. Tutti avremo la stessa sorte:tutti moriremo. Questo dimostra come la morte possa essere forte; ebbene il vero amore ha la stessa forza della morte! L'amore è irresistibile, risoluta e incrollabile.
2) Il vero amore è esclusivo.
Nel vero amore c'è anche la gelosia! La gelosia è dura come il soggiorno dei morti, cioè è tenace, vittoriosa, durevole nonostante gli ostacoli. La gelosia oggi è vista negativamente, ma qui non è vista come meschina ed egoista. La gelosia è lo zelo nel proteggere un legame di amore dagli intrusi. La gelosia è custodire ciò che ci appartiene. Quando qualcosa appartiene a noi è giusto proteggerlo, la gelosia è custodire ciò che ci appartiene. Nessun marito che ama veramente la moglie, non sopporta di vederla tra le braccia di un altro e viceversa! La gelosia è una devozione intensa nel curare e proteggere ciò che si ama, è la giusta sollecitudine di mantenere un rapporto integro!
3) Il vero amore resiste, è persistente.
Il vero amore è forte, resiste alle difficoltà, ai guai, o alle forze negative.
I suoi ardori sono ardori di fuoco, fiamma potente. Le grandi acque non potrebbero spegnere l'amore, i fiumi non potrebbero sommergerlo.
Il vero amore è potente, ha una forte energia come un grande fuoco che arde come un grande incendio devastante. Nel vero amore c'è passione.
L'amore è come un fuoco che non può essere spento e i fiumi sono insufficienti per coprirlo. Il vero amore supera ogni ostacolo. Nessuna circostanza avversa può estinguere, o sopprimere il vero amore!
4) Il vero amore non si compra.
Se uno desse tutti i beni di casa sua in cambio dell'amore, sarebbe del tutto disprezzato".
Il vero amore non ha prezzo, non ci sono ricchezze per comprare il vero amore, non rientra in un'azione commerciale chi lo fa è disprezzato!

Il vero amore ha la sua fonte in Dio, perché Dio è amore (1 Giovanni 4:8). Dio ama il Suo popolo e niente e nessuno potrà mai separarci dal suo amore (Romani 8:31-39). Dio ci ama di un amore eterno (Isaia 54:8-10). Chi fa parte del popolo di Dio è prezioso ai Suoi occhi (Isaia 43:4).

Ecclesiaste 7:3: La tristezza vale più di una risata!

Ecclesiaste 7:3: La tristezza vale più di una risata!
"La tristezza vale più del riso; poiché quando il viso è afflitto, il cuore diventa migliore".

Nei versetti precedenti l'Ecclesiaste aveva parlato di morte: la morte è meglio del giorno della nascita, e ancora: è meglio andare in una casa in lutto che andare in una casa in festa perché là è la fine di ogni uomo, e colui che vive vi porrà mente (vv.2-3). Poi l'Ecclesiaste parla che la tristezza ha più valore di una risata. La morte di una persona che conosciamo reca tristezza, ma la tristezza ha più valore del riso. Sembra che l'Ecclesiaste sia proprio negativo, pessimista, per la società di oggi che ricerca e incoraggia l'edonismo, il piacere egoistico. La stragrande maggioranza delle persone va più volentieri alle feste che ai funerali. Ma paradossalmente la tristezza porta benefici. Il cuore diventa migliore quando consideriamo la morte, quando ci rendiamo conto che ci attende la stessa fine di coloro che conosciamo e sono morti.
Quindi in che modo è meglio la tristezza? È migliore perché ha il potenziale per insegnarci qualcosa sulla vita, sensibilizzarci sui veri valori. Quando siamo tristi per i nostri problemi, quando siamo addolorati, o quando siamo in presenza di persone che sono nel dolore, impariamo più! Una triste esperienza ci può insegnare qualcosa di prezioso. Il dolore è più redditizio di una risata perché la tristezza ci rende più maturi. La tristezza è spesso un appuntamento con Dio e  siamo più sensibili a Dio. Possiamo imparare più cose attraverso la tristezza che con la gioia. Perciò il cuore del saggio è nella casa del pianto; ma il cuore degli stolti è nella casa della gioia (v.4).
La tristezza penetra nel cuore, forma e orienta il pensiero verso l'alto, lo purifica e lo trasforma. L'apostolo Paolo in 2 Corinzi 7:9-10 dice: "Ora mi rallegro, non perché siete stati rattristati, ma perché questa tristezza vi ha portati al ravvedimento; poiché siete stati rattristati secondo Dio, in modo che non aveste a ricevere alcun danno da noi. Perché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c'è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte".
La tristezza che viene da Dio, la tristezza secondo la sua volontà ci porta più vicini a Lui!

Galati 3:13: La sostituzione della salvezza in Cristo

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