Matt.7:3-5: La pagliuzza e la trave.
“Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo? Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello”.
Verso la fine del 1800 l’astronomo più illustre del mondo, Sir Percival Lowell, era certo c'erano che vi erano canali su Marte. Con il suo telescopio gigante in Arizona, osservava Marte, e vedeva dei canali. Egli era convinto che questi fossero la prova di vita intelligente sul pianeta rosso, forse una razza più antica, ma più saggia di umanità. Le sue osservazioni avevano guadagnato ampia accettazione e nessuno osava contraddirlo. Da quel momento le sonde spaziali hanno orbitato Marte e sono sbarcate sulla sua superficie. L'intero pianeta è stato mappato e nessuno ha mai visto un canale. Oggi sappiamo che Lowell soffriva di una rara malattia degli occhi che gli fece vedere i vasi sanguigni nei suoi occhi!! I "canali" di Marte che vedeva non erano altro che le vene sporgenti dei suoi occhi, una malattia nota come "sindrome di Lowell ".
Come Lowell non era in grado di studiare e quindi giudicare rettamente il pianeta Marte perché aveva un problema nei suoi occhi, così noi non possiamo aiutare a togliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro se noi abbiamo una trave nel nostro!
In questo senso, noi non siamo in grado di giudicare gli altri!
Gesù nei versetti precedenti esorta a non giudicare gli altri affinché non siamo giudicati ovviamente da Dio.
I IL CONTENUTO DELLA PARABOLA (Matteo 7:3-5).
v.3:“Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?”
La parola "perché" all'inizio d questa parabola introduce la causa, quindi per quale motivo si giudica gli altri!
R.H. Mounce riguardo la natura umana scrive. ”La natura umana ci incoraggia a prestare molta più attenzione alle carenze di altri che alle nostre colpe. Tendiamo a valutare gli altri sulla base di uno standard alto di giustizia che in qualche modo non è applicabile alle nostre prestazioni”.
Molte volte si giudica gli altri secondo un certo metro di misura di giustizia che non siamo nemmeno noi in grado di realizzare nella nostra vita!
Si ha la tendenza a preoccuparsi di quello che fanno tutti gli altri e a giudicarli senza considerare quello che stiamo facendo noi stessi!!
Siamo molto più rapidi e acuti a giudicare i piccoli errori e i difetti degli altri, piuttosto che a farci un’ auto-analisi e a condannare i nostri grandi errori, difetti e peccati.
È proprio questo che vediamo in questa parabola.
È una parabola tratta dalla bottega di un falegname.
È un’illustrazione esagerata, un’iperbole, un immaginario grottesco fatto con una domanda per attirare l’attenzione dell’uditorio e prepararlo per l’esortazione del v.5 sul fatto che non bisogna essere ipocriti.
L'immagine di Gesù è volutamente ridicola, assurda e sarcastica.
Nel contenuto della parabola vediamo:
A) La pagliuzza
“Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello”.
Gesù si rivolge a coloro, che guardano la pagliuzza che è nell’occhio del fratello.
“Guardi” (blepeis-presente attivo indicativo) indica il vedere così bene.
Il contesto indica che il significato non è solo quella di osservazione casuale, ma di prestare attenzione a qualcosa.
Il presente ha una forza continuativa, cioè continuare a guardare.
“La pagliuzza” (karphos) è una sottile scheggia di legno, o proprio una pagliuzza, o qualsiasi corpo estraneo, comunque qualcosa di molto piccolo.
Può significare qualsiasi oggetto di piccole dimensioni che s’inserisce in un occhio.
La pagliuzza è nell’occhio del fratello (adelphou), si riferisce al credente, al fratello della comunità, quindi il riferimento è in primo luogo alla comunità cristiana.
Purtroppo anche nella comunità cristiana si guarda ai difetti degli altri per giudicarli.
Nel contenuto vediamo:
B) La trave.
“mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?”
“Non scorgi” (ou katanoeis) è non avvertire, percepire, o osservare con attenzione, o prestare attenzione che hai una trave nell’occhio!
“ La trave” (dokon) è un asse di legno considerevole abbastanza grande e grosso usato come trave principale sia per il pavimento, o il tetto di un edificio.
È un'esagerazione volutamente ridicola nel suo contrasto con la pagliuzza.
Si guarda al piccolo difetto in un altro, ma non ci accorgiamo dei nostri difetti più grandi!!!
Questa è ipocrisia, si desidera correggere gli altri con un atteggiamento ipercritico, ma trascuriamo i nostri difetti!!
S’immagina una persona che fissa il suo sguardo su qualcosa di poco importante, la pagliuzza, qualcosa d’insignificante, ma si trascura qualcosa di molto più significativo in se stesso!
Gesù dice: “Che è nell’occhio tuo”.
“Tuo” si concentra sul contrasto tra gli occhi del fratello e i propri occhi.
Ora questa è una cosa impossibile: non accorgersi che vi è una trave nell’occhio!
Il contrasto illustra la differenza tra l'esiguità del problema degli accusati in confronto alla grandezza del problema dell'accusatore.
L'accusatore non può aiutare qualcun altro perché la sua visione spirituale è compromessa dalla trave nel proprio occhio!!
Succede così! Molti sono pronti a criticare gli altri su questioni di poca importanza, ma trascurano peccati seri che loro hanno!
Un esempio dell’Antico Testamento della pagliuzza e la trave si trova quando il re Davide era al punto più basso moralmente nella sua vita.
Davide prese la moglie di Uria e commise adulterio con lei.
Quando Betsabea rivelò a Davide che era incinta, Davide tramò di uccidere Uria.
Il Signore mandò Natan da Davide e gli raccontò la storia di un uomo ricco con enormi greggi di pecore che vivevano accanto a un uomo povero.
Il poveretto aveva solo una piccolina agnellina che amava come una figlia, ma l'uomo ricco, la prese e la cucinò per un suo ospite.
Davide era furioso e disse che quell’uomo doveva morire e doveva pagare quattro volte il valore dell’agnellina.
Natan, disse a Davide che lui era quell’uomo!
Davide guardò la pagliuzza nell’altro, ma non la trave nell’occhio suo! (2 Samuele 12:1-7).
Non possiamo guardare e nemmeno chiedere di togliere la pagliuzza nell’altro, infatti, Gesù in forma interrogativa, ci fa capire che non possiamo dire al fratello di lasciarlo fare nel togliergli la pagliuzza dall’occhio se noi abbiamo una trave nel nostro occhio.
Nel v.4 Gesù dice: “O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo?”
Questo versetto ripete sostanzialmente il contenuto del versetto 3.
Questa forma interrogativa implica che l’azione di togliere la pagliuzza è davvero una cosa impossibile per la trave che nel proprio occhio!
“Come potrai dire a tuo fratello” indica in che modo? O con quale diritto? O come ti permetti? Denota disapprovazione, o rifiuto.
Gesù sta attirando l'attenzione su una caratteristica particolare e curiosa del genere umano in cui una profonda ignoranza di se stessi è spesso combinata a un’arrogante presunzione di conoscenza di altri, in particolare delle loro colpe.
Prima di aiutare gli altri, dobbiamo affrontare i nostri peccati, le nostre pagliuzze!
Fatto questo saremo in grado di aiutare gli altri!
Gesù senza mezzi termini chiama questi “oculisti” ipocriti!
Noi vediamo quindi:
C) L’ipocrisia.
v.5: “Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello”.
Quindi chi è questo aspirante oculista? La risposta è: un "ipocrita"!
“Ipocrita” una parola che Gesù usa generalmente per caratterizzare gli scribi ei farisei del suo tempo (Matteo 5:20; cfr. 6:2,5,16; 15:1,7; 23:13); questi pensavano di essere giusti e disprezzavano tutti gli altri (Luca 18: 9).
Gesù si riferisce a coloro che hanno un atteggiamento farisaico!
Per coloro, cioè che sono ipercritici e giudicano gli altri, ma non guardano dentro loro stessi.
L'essenza dell’ipocrisia è quello di giudicare altri e non di giudicare se stessi onestamente.
“Ipocrita” (Hupokrita) si riferisce a colui, o colei che compie atti esterni di giustizia, ma maschera, anche a se stesso, la propria corruzione interiore.
Atha Mossana, che dal 759 al 779 regnò sulla Sogdiana, la regione asiatica corrispondente agli attuali Uzbekistan e Tagikistan, portava giorno e notte una maschera, per non far vere che aveva perso un occhio in battaglia.
L’ipocrit è uno che indossa una maschera, un attore che nasconde la sua vera natura, o che è cieco alle proprie colpe.
In questo caso, l'ipocrita pensa di poter vedere chiaramente il peccato di un altro e lo sta condannando davanti a Dio, tuttavia, egli non ha visto il proprio peccato.
“Togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello”.
“E allora ci vedrai bene”, indica chiaramente, abbastanza, o abbastanza bene, quindi in grado di vedere per togliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro.
Gli ipocriti sono duri e aspri verso gli altri.
Ora se esaminiamo noi stessi davanti a Dio, diventeremo consapevoli del nostro peccato e questo dovrebbe ammorbidire i nostri cuori e quindi eviteremo di giudicare gli altri!
Noi non siamo giudici degli altri, perché siamo anche noi peccatori.
Non possiamo guardare i peccati degli altri con il microscopio, e guardare i nostri dalla parte sbagliata del binocolo, dalla parte, cioè che si vede lontano!
L’ipocrita usa forti termini per il peccato di qualcun altro, ma nomi alternativi miti per le proprie colpe per giustificarsi.
L’ipocrita censura un piccolo difetto in un'altra persona e convenientemente dimentica le grandi lacune che ha in se stesso.
Ha la tendenza a evidenziare e a volte a esagerare i difetti degli altri e minimizzare la gravità dei propri peccati.
Quando si parla dei difetti degli altri si parla in termini di peccato, mentre per i propri usiamo eufemismi!
È da ipocriti preoccuparci dei peccati degli altri e trascurare i propri che molte volte sono più gravi!
La persona ipocrita non vede il peccato nella sua vita personale, non vede la necessità per la grazia di Dio in suo favore.
Gesù dice ancora: “E allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello”.
I credenti devono prima affrontare i propri peccati, ma anche devono correggere e guidare i fratelli che peccano.
In Matteo 18:15 è scritto: “Se tuo fratello ha peccato contro di te, va'e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello”
Luca 17:3 dice: “State attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca, riprendilo; e se si ravvede, perdonalo”.
In Galati 6:1-2 leggiamo: “Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato. Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo”.
Quindi Gesù non sta dicendo che non dobbiamo correggere i peccati degli altri, ma prima di farlo di esaminarsi onestamente per vedere se c’è “una trave” nel nostro occhio!
II LA COMUNICAZIONE DELLA PARABOLA.
La parabola:
A) Ci comunica di evitare la stoltezza.
Questa iperbole sarcastica illustra la stoltezza sentenziosa, ma non dobbiamo trascurare l'implicazione che un fratello è chiamato ad aiutarne un altro.
I cristiani sono tenuti ad aiutarsi l'un l'altro per maturare in Cristo e crescere nella grazia.
Gesù non intendeva vietare la disciplina comune in cui un fratello sarebbe stato aiutato con uno spirito di mansuetudine come abbiamo letto prima.
Gesù incoraggia sia l’auto-disciplina e sia la disciplina reciproca, dopo che si sono messe le proprie colpe a posto.
Nella chiesa è responsabilità di tutti i discepoli aiutarsi reciprocamente a rimuovere la pagliuzza del peccato, ma siamo stolti se prima non rimuoviamo la nostra trave!!
Con la trave nel nostro occhio siamo impossibilitati di vedere la pagliuzza nell’occhio dell’altro, dunque è da stolti cercare di farlo.
Martyn Lloyd-Jones scrive: “La nostra condizione è tale da renderci del tutto incapaci di aiutare gli altri. Ci diciamo sinceramente preoccupati per gli altri, per i loro difetti, e diamo l’impressione di avere a cuore solo il loro bene. Diciamo di essere dispiaciuti per quel loro piccolo difetto, di volerli aiutare a liberarsi della pagliuzza che irrita il loro occhio. Il Signore, però, ci dice che non siamo in grado di farlo, perché il processo è delicatissimo. La trave che abbiamo nel nostro occhio ci rende incapaci di farlo”.
Siamo stolti se proviamo ad aiutare gli altri con la trave nell’occhio!
È come se un oculista con una trave nell’occhio cerca di togliere la pagliuzza dall’occhio di un paziente! Non lo può fare, è impossibilitato a farlo!
Non possiamo aiutare gli altri se prima non aiutiamo noi stessi.
Prima di poter correggere gli altri, dobbiamo prenderci cura dei nostri grandi problemi, dei nostri peccati, della nostra trave.
Togliamo prima la nostra trave e poi saremo pronti e capaci di togliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro!
Gesù c’insegna che l'introspezione onesta è assolutamente necessaria prima discernere chiaramente i peccati degli altri.
I cristiani dovrebbero giudicare se stessi in modo che possano poi aiutare gli altri.
Se abbiamo una trave, questo c’impedisce di aiutare gli altri.
Se noi non affrontiamo onestamente i nostri peccati e li confessiamo, se non tiriamo la trave dal nostro occhio, siamo ciechi e quindi non possiamo vedere abbastanza chiaramente per aiutare gli altri.
Una volta che abbiamo affrontato i nostri peccati, siamo in grado di aiutare in modo delicato e amorevole gli altri che hanno sbagliato (cfr. Galati 6:1).
La parabola:
B) Ci comunica di evitare l’ipocrisia.
Questa parabola mette in luce l’ipocrisia
“L’errore dell’ipocrita non è nella sua diagnosi, ma nel non saper applicare a se stesso la critica che tanto meticolosamente rivolge a suo fratello” (R.T.France).
Si osservano acutamente i piccoli peccati degli altri, ma non si vede il peccato più grande evidente in noi!
La soluzione a tale ipocrisia vana è chiara. La priorità per i discepoli è: devono togliere la trave dai propri occhi!!
Solo allora possono vedere chiaramente il piccolo pezzo di segatura a un altro occhio. Gesù ha avvertito che è necessario guardare a noi stessi e lavorare sui nostri difetti prima di cercare di aiutare gli altri.
Non tutti sono idonei a riprendere gli altri, quelli che hanno la trave non lo sono!
Persone giudicano spesso gli errori degli altri, ma loro stessi non sono in grado di applicare a se stessi la loro critica!
È sbagliato per chiunque concentrare la propria attenzione sulla pagliuzza nell'occhio del fratello e, ignorare la trave nel proprio occhio.
L'ipocrita ignora le notevoli carenze nella propria vita, mentre è più preoccupato per i fallimenti più leggeri degli altri.
Martyn Lloyd-Jones riguardo questi versetti, riguardo chi giudica e ciò che il Signore vuole dimostrare scrive: “ Prima di tutto fa notare che quando giudichiamo, noi non abbiamo affatto a cuore la giustizia e la santità, altrimenti le metteremmo in pratica nella nostra stessa vita. Noi vorremmo auto-convincerci che abbiamo sinceramente a cuore la verità e la giustizia, che questo è il nostro unico interesse. Diciamo di non voler essere ingiusti con la gente, che il nostro intento non è di criticare le persone, ma di sostenere la verità. Il Signore ci risponde, però, che se avessimo a cuore la verità, giudicheremmo prima di tutti noi stessi; ma siccome non lo facciamo, è evidente che il nostro vero interesse è un altro”.
La parabola:
C) Ci comunica di fare una valutazione amorevole.
Gesù si riferisce alle persone che giudicano e lo fanno non per sostenere i principi, ma per colpire le persone!!
Il Signore qui condanna l’atteggiamento che giudica duramente, ipocritamente, senza pietà, senza amore, come anche il passo parallelo indica (Luca 6:36-37).
Questo passaggio riguarda le relazioni nella comunità e può essere considerato come un’espressione dell'etica d'amore che è la sintesi della legge e dei profeti (cfr. Matteo 7:12; 22: 9-40).
La procedura per la rimozione di una pagliuzza da un occhio è molto difficile e delicata. Non c'è nulla nel corpo umano più sensibile dell'occhio; nel momento che lo tocchiamo, si chiude.
Questo richiede dolcezza, prudenza, pazienza ed empatia per l'altra persona.
Nel regno spirituale, la cura è ancora più delicata, perché noi stiamo maneggiando l’anima, la parte più sensibile di un essere umano.
Anche se i discepoli non possono evitare le riprensioni, le esortazioni e gli ammonimenti, questi devono essere fatti senza giudicare (cioè avere un senso di superiorità) e con amore.
Devono guardare al fatto che sono peccatori anche loro che sono stati perdonati a sua volta da Dio, consapevoli di questo saranno mansueti e amorevoli nell’aiutare gli altri peccatori a crescere spiritualmente e moralmente.
Chi vuole aiutare gli altri è consapevole che forse domani potrebbe toccare a lui essere aiutato!!
I veri discepoli non si giudicheranno l'un l'altro in modo inappropriato, perché hanno sperimentato la misericordia e il perdono di Dio e così si estenderà ad altri la stessa misericordia e il perdono di Dio.
CONCLUSIONE.
Una persona una volta disse al pastore James Montgomery Boice: "Se il diavolo non è in grado di distruggere la testimonianza del cristiano facendolo apatico, egli cercherà di farlo, facendo di lui un fanatico".
Lo zelo nell’essere giudici, ipercritici degli altri è distruttivo sia per se stessi che per la testimonianza.
Attenzione dunque; se vuoi togliere la pagliuzza dall’occhio di una persona, sii consapevole se hai una trave e toglila, dopo sarai pronto per aiutare gli altri.