Fedeltà (Galati 5:22).
Un postino gallese ha avuto la medaglia dalla regina Elisabetta per la sua fedeltà: non aveva perso un giorno di lavoro in 43 anni di attività.
La parola “fedeltà”, cioè “pistis” è la stessa parola che usa Paolo altrove in questa lettera tradotta con fede, per l’apostolo questa parola ha un’importanza notevole.
La parola “pistis” porta diversi significati distinti nel Nuovo Testamento, tre dei quali li troviamo in Galati.
In primo luogo, c'è la fede nel senso del contenuto di base del messaggio cristiano, la fede trasmessa ai santi una volta per sempre (Galati 1:23).
In secondo luogo, più comunemente, “pistis” si riferisce all’accettazione del messaggio evangelico, cioè di Gesù Cristo come Salvatore e Signore, in un’incondizionata fiducia in Dio solo nel riceverlo.
“Fede” perciò è la risposta di fiducia di una persona per quanto riguarda la salvezza di Dio offerta in Cristo Gesù (cfr. Galati 2:16-20; 3:6-14; 5: 6), e continua a esprimersi nel cammino cristiano (Galati 3:3-5; 5:5-6).
In terzo luogo qui in Galati 5:22, “pistis” indica fedeltà, cioè l’onestà, la lealtà e l'affidabilità nei propri rapporti con Dio e gli altri (cfr. Matteo 23:23; Romani 3:3; Tito 2:10).
Il nostro esempio di fedeltà è Dio, Dio è fedele (Salmo 145:13; Isaia 49: 7; Romani 3:3; 1 Corinzi 1:8-9; 10:13; 1 Tessalonicesi 5:23; 2 Tessalonicesi 1:4; 2 Timoteo 4:7; Tito 2:10; 1 Pietro 4:19; Ebrei 10:23; 1 Giovanni 1:9).
La fedeltà di Dio è grande (Lamentazione 3:23); fondata nei cieli (Salmo 89:2); continua (Salmo 89:33; 2 Timoteo 2:13); infinita (Salmo 36:5); eterna (Salmo 119:90; 146:6).
Così anche Gesù Cristo è il nostro esempio di fedeltà (2 Tessalonicesi 3:3; cfr. Ebrei 2:17; 3:2,6; Apocalisse 1:5; 19,11).
Cominciamo col dire:
I LA FEDELTÀ È UNA RARITÀ.
Proverbi 20:6: “Molta gente vanta la propria bontà; ma un uomo fedele chi lo troverà?”
(Salmo 12: 1-2).
La fedeltà non è una virtù naturale, come è scritto qui in proverbi.
Se vogliamo essere fedeli come Dio, la fedeltà deve essere una priorità, deve essere in alto nel nostro sistema di valori.
Questo proverbio sulla fedeltà richiama i temi di amicizia del capitolo precedente di proverbi (Proverbi 19:4,6-7,22).
I proverbi spesso ci avvertono del fatto che le cose non sono sempre quello che sembrano, come in questo caso, molte volte, le affermazioni di una persona sono false.
“Bontà” (hesed) e “fedele” ( ‘emûnîm) sono spesso associati con il Signore (per esempio Salmo 57:10; 36:5).
“Bontà” indica un amore fedele, inesauribile, quindi potrebbe indicare, in particolare dare aiuto ed empatia a un'altra persona nel momento del bisogno.
Il senso è: “Molti dicono che amano i loro amici, ma nell’atto pratico non è così, non sono fedeli”.
L'idea è: molte persone si vantano della loro carità (cfr. Matteo 6:2), ma non molti sono fedeli.
Quindi, non tutti quelli che sostengono di amare amano veramente!
“Fedele” indica fermezza, attendibilità, stabilità, verità, essere costante, durevole.
Indica essere fedele a una persona, o a uno standard (Deuteronomio 32:20; Proverbi 13:17; 14: 5; 20:6; Isaia 26:2).
Si riferisce a essere fedeli alle promesse, è l'esecuzione pratica della benevolenza di cui uno si vanta (qārāʾ), cioè proclama, annuncia di avere.
“Chi lo troverà” indica che tali amici sono rari!! (cfr. Proverbi 31:10; cfr. Giobbe 6:14).
La forma ebraica “chi lo troverà” è una domanda retorica, è utilizzata nella letteratura sapienziale per indicare sia rarità, come qui, o addirittura l'impossibilità di trovarlo, o l’impossibilità che possa accadere, ha il significato che è impossibile trovare una persona che è veramente fedele.
Quindi è raro trovare un amico veramente fedele, affidabile!
Leggendolo insieme con Proverbi 20:5 (c’è chi collega il v.6 con il v. 5), questo proverbio suggerisce che il discorso imprudente, o ingannevole non può nascondere i suoi veri scopi a lungo.
Nel versetto 5 le profondità nascoste del cuore umano sono in contrasto con la rara, persona perspicace, solo l’uomo intelligente saprà attingervi.
Ritornando al v.6 l’auto-proclamazione di molti per la loro virtù di bontà (cfr. Proverbi 19:22; 25:14), è in contrasto con chi (persona coscienziosa e preziosa) veramente agisce nel momento del bisogno verso gli altri.
Questo passo parla contro i molti ipocriti che si vantano di fare il bene, ma che nella realtà invece non lo sono, pochi sono quelli che fanno del bene veramente, che sono fedeli.
Il contrasto in questo versetto è tra quello che dice di fare il bene, che ha la reputazione di amare fedelmente, ma che effettivamente, praticamente non lo fa.
Il proverbio sottolinea il contrasto tra promesse e prestazioni; tra l'amore professato a parole e l'amore dimostrato in azioni.
Una persona può essere veloce a dire ti voglio bene, ma questo deve essere dimostrato dalle azioni!
Le parole sono a buon mercato (Proverbi 25:14.); le azioni sono costose.
Questo proverbio sottolinea il contrasto tra la normalità della natura umana e l'individuo eccezionale: molti si vantano del loro amore, ma pochi sono quelli che amano effettivamente, quindi che sono fedeli.
Quindi lo scopo di questo versetto è far vedere l’ipocrisia della natura umana e ha lo scopo di istruire a ricercare la fedeltà di fare il bene praticamente sempre, costringe il lettore a fare i conti con il proprio peccato.
Molte persone professano fedeltà, ma pochi lo dimostrano.
II LA FEDELTÀ È RELAZIONALE.
Una relazione con:
A) La divinità.
La fedeltà è la:
(1) Reazione alla chiamata di Dio.
William Gurnall diceva: “Come ci può essere una grande fede dove c’è poca fedeltà?”
Chi ha veramente fede in Dio sarà anche fedele a Dio.
La fedeltà è la risposta giusta, adeguata del suo popolo a Dio che si riflette in un impegno costante a Dio a osservare ciò che comanda, a camminare nelle sue vie e mettere in pratica le sue leggi, comandamenti, precetti e insegnamenti come sta scritto nella legge di Mosè.
La fedeltà è la risposta giusta, adeguata del suo popolo a Dio che si riflette in un impegno costante a Dio a osservare ciò che comanda, a camminare nelle sue vie e mettere in pratica le sue leggi, comandamenti, precetti e insegnamenti come sta scritto nella legge di Mosè.
Così anche se non troviamo scritta la parola “fedeltà”, lo stesso concetto lo troviamo per indicare la fedeltà del popolo d’Israele a Dio in relazione al patto.
In Esodo 19:5 leggiamo: “Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia”.
La fedeltà a Dio riflette la fedeltà di Dio che mantiene il Patto come leggiamo in Deuteronomio 7:9-10: “Riconosci dunque che il SIGNORE, il tuo Dio, è Dio: il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti, ma a quelli che lo odiano rende immediatamente ciò che si meritano, e li distrugge; non rinvia, ma rende immediatamente a chi lo odia ciò che si merita”.
Dopo l’uscita dall’Egitto, Dio stringeva un patto con Israele sul monte Sinai (Esodo 19-24), il popolo s’impegnava a fare secondo ciò che il Signore aveva detto e tutte le Sue leggi: i dieci comandamenti e il Libro del Patto (Esodo 19:5-8; 20:1-17; 20:22-23:33; 24:3).
Il patto era una relazione tra Dio e il Suo popolo, serviva a legare questa relazione che richiedeva fedeltà e la ricezione di benedizioni (Esodo 19-23).
Il patto non era un accordo tra eguali, ma una scelta della sovrana grazia di Dio, perciò un’iniziativa divina che aveva eletto, liberato e adottato Israele per la Sua grazia (Esodo 2:25; 4:22; 6:6-8).
Esodo 20:2 identifica l'autore della legge come colui che li ha già salvati con la sua grazia (Esodo 2:25; 19:4; 34:6-7).
Così la legge in Esodo 20-24 non è il modo per essere salvati, perché già, il popolo lo era e nemmeno la chiave per istaurare un rapporto con Dio, piuttosto indica la natura, la continuità e il benessere di questo legame (Esodo 20:5-6; 34:6-7).
Questo patto è sovranamente proposto da Dio ed è un impegno reciproco: Dio benedice o maledice, in base all’obbedienza, o alla disobbedienza del popolo (Esodo 34:6-7; Deuteronomio 27-30).
Dunque essere fedeli a Dio significa:
(2) Dedizione solo a Dio.
L’obbedienza sincera e completa, è l’elemento distintivo del popolo del patto appartato e fedele a Dio, il modo di camminare in comunione con Lui, amandolo sopra ogni cosa e questa sarebbe stata la loro benedizione (Esodo 19:3-8; 20:3-4; Deuteronomio 5:32-33; 10:12-13), ma il popolo non sempre è stato fedele a Dio (per esempio Deuteronomio 32:20,51; 1 Cronache 5:25; 2 Cronache 29:6; 30:7; Salmo 78:8).
Nell’Antico Testamento Dio è raffigurato come lo sposo di Israele e nel Nuovo Testamento la chiesa è raffigurata come la sposa di Cristo (Romani 7:3-4; 2 Corinzi 11:1-2; Efesini 5:22-23; Apocalisse, Apocalisse 19:7; 21:9).
Pertanto essere infedeli a Dio seguendo altre divinità, o il mondo, indica adulterio spirituale. (Per esempio Isaia 1:21; 50:1; 57:3; Geremia 2:2; 3:7-10,20; 13:27; Ezechiele 16:23-26,38, 23:45; Osea 1-3; 9:1; Matteo 12:39; 16:4; Giacomo 4:4).
La fedeltà è un impegno costante a Dio, un incrollabile devozione solo a Dio!
In Esodo 20:3 Dio ci ordina: “ Non avere altri dèi oltre a me”.
“Non avere altri dèi oltre a me” indica un divieto enfatico che riflette una forte aspettativa di obbedienza che noi dovremmo avere!
Dio ha il diritto di essere adorato e servito solo Lui (Matteo 4:10).
Dio deve avere la priorità, semplicemente perché è l’unico Dio (Deuteronomio 6:4-5), l’unico Creatore Sovrano (Esodo 20:2; Isaia 45:18), l'unico Salvatore (Esodo 20:2; Isaia 43:10-11; Giovanni 4:42).
Leggiamo ancora qualche altro passo per indicare l’importanza di essere fedeli al Signore.
Giosuè 24:14-15 ci esorta ancora: “Dunque temete il SIGNORE e servitelo con integrità e fedeltà; togliete via gli dèi ai quali i vostri padri servirono di là dal fiume e in Egitto, e servite il SIGNORE. E se vi sembra sbagliato servire il SIGNORE, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il SIGNORE”.
Indubbiamente il credente serve il Signore perché lo ama, ma anche perché lo teme!
Nel contesto vediamo che Giosuè raduna il popolo e fa un discorso da parte di Dio, parla delle cose grandi che ha fatto Dio e poi dice dunque temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà, vale a dire senza ipocrisia.
Noi vediamo ancora l’esortazione a servire Dio fedelmente in 1 Samuele 12:24: “ Solo temete il SIGNORE e servitelo fedelmente, con tutto il vostro cuore; considerate infatti le cose grandi che egli ha fatte per voi!”
Samuele sollecita nuovamente le persone a temere e servire il Signore, lo aveva già fatto come vediamo nel v. 14, ma qui aggiunge enfaticamente; “con tutto il vostro cuore”, quindi al 100% ( cfr. Giosuè 24:14; Deuteronomio 10:12; 11:13; Giosuè 22:5).
Michea 4:5 dice: “Mentre tutti i popoli camminano ciascuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome del SIGNORE, nostro Dio, per sempre”.
Queste parole sono una risposta di fede e di impegno.
Coloro che appartengono al Signore saranno solo fedeli al Signore, si comporteranno per sempre (è enfatico) in modo appropriato, coerente alla loro professione di fede.
Ma camminare nel nome del Signore significa più che semplicemente rispettare le esigenze religiose connesse con Dio, quindi adorare solo il Signore, significa anche vivere in affidamento sulla Sua forza (cfr. 1 Samuele 17:45; Zaccaria 10:12), dipendere da Dio, confidare in Dio.
Gli dei delle nazioni sono non-entità senza valore, senza la vita o la forza.
Il Signore degli eserciti è l'Onnipotente, pertanto, i pagani non possono turbare la pace e la sicurezza che il Signore dà a tutti coloro che abbracciano la Sua salvezza.
L'implicazione è che le nazioni camminano nella forza dei loro divinità e saranno sconfitti, quindi non avrebbero continuato a farlo, mentre il popolo di Dio godrà la sua forza per sempre perché Dio vincerà! Dio avrà l'ultima vittoria su tutte le nazioni.
Anche il Nuovo Testamento ci esorta a essere fedeli.
1 Corinzi 4:1-2: “Così, ognuno ci consideri servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Del resto, quel che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele”. (Efesini 6:21; Colossesi 1:7; 4:7).
Paolo si riferisce ai predicatori (Paolo, Apollo, Cefa), ma questi versetti si possono applicare anche a chi non lo è.
Tutti i credenti sono servitori di Cristo e amministratori secondo il dono che hanno ricevuto da Dio dice 1 Pietro 4:10.
La parola “servitori” (hupēretas) nel greco classico indicava una classe inferiore di vogatori di nave (letteralmente è: "sotto-vogatore") che servivano presso il ponte più basso di una nave.
Quindi “servitore” era uno che remava nel livello inferiore di una barca a tre livelli.
Poi “servitore” è venuto a significare tutti coloro che hanno lavorato sotto un altro, quindi di un servo sotto un superiore, una persona che prendeva ordini da altri, che rispondeva a un'autorità.
In questo senso Paolo dice che noi siamo servi di Cristo, Lui è la nostra autorità da cui prendiamo ordini e a cui dobbiamo dare conto!
La seconda parola “amministratori” (oikonomos) originariamente era un servo fidato con le mansioni di governante, o sorvegliante incaricato per la gestione di una grande tenuta con il compito di dare provviste, strumenti e cibo per i lavoratori della tenuta.
Un ricco proprietario terriero aveva molti servitori così aveva bisogno di qualcuno per supervisionare il loro lavoro.
L’amministratore amministrava i beni e assegnava i compiti ai servi.
Quest’amministratore dava conto al proprietario riguardo l’amministrazione giornaliera dei suoi beni, quindi non esercitava il suo lavoro di propria iniziativa, ma gestiva la proprietà secondo il volere del proprietario.
Quindi, l’amministratore era un sovrintendente dei servi, però a sua volta era sottomesso al proprietario.
Ora il predicatore, ma anche tutti i credenti, sono chiamati a essere fedeli (pistos) a Dio, cioè a essere affidabili, degni di fiducia… questo si richiede agli amministratori!
Tutti i cristiani devono obbedire ai comandi di Cristo e con attenzione insegnare la verità che Dio ha rivelato (Geremia 23:28; 2 Corinzi 2:17; 2 Timoteo 2:15), non mescolarla con la sapienza umana, o sostituirla con altre apparenti, o pseudo-verità al loro posto.
Come servi fedeli di Cristo dobbiamo cercare il Suo interesse e non i nostri, cercare la sua volontà e non la nostra, la Sua gloria e non la nostra!
Tutto questo è quello che Dio richiede da noi.
Siamo chiamati a essere fedeli, anche se questo significa morire!
In Apocalisse 2:10 è scritto: “Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita”.
Chi è fedele fino alla morte, riceverà la vita eterna.
La chiesa, quindi tutti i credenti che ne fanno parte, deve continuare a essere fedele, anche se può portare alla morte, il riferimento è alla morte per persecuzione (cfr Apocalisse 12:11).
Non tutti nella chiesa moriranno come martiri, ma ognuno dovrebbe essere disposto a essere ucciso per la fedeltà in Gesù Cristo.
Essere fedeli al Signore, significa prendere posizione per Lui, non tirarsi indietro anche se questo ha un costo!
(3) Sollecitazione a essere fedeli a Dio.
Troviamo molti incoraggiamenti riguardo la fedeltà, Dio premia la fedeltà.
Possiamo fare alcuni esempi.
In 1 Samuele 26:23: “Il SIGNORE retribuirà ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà; poiché il SIGNORE ti aveva dato oggi nelle mie mani e io non ho voluto mettere le mani addosso all'unto del SIGNORE”.
In Proverbi 28:20 è scritto: “L'uomo fedele sarà colmato di benedizioni, ma chi ha fretta di arricchire non rimarrà impunito”.
Nel Nuovo Testamento troviamo la parabola dei talenti.
In Matteo 25:13-30 è scritto: “ Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora. Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì. Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: ‘Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque’. Il suo padrone gli disse: ‘Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore’. Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: ‘Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due’. Il suo padrone gli disse: ‘Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore’. Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: ‘Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo". Il suo padrone gli rispose: ‘Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti’”.
Questa parabola rammenta alla comunità cristiana che Dio concede ai singoli credenti dei doni, delle capacità, delle risorse di grado differente e ci esorta a utilizzare questi doni mentre aspettiamo il ritorno di Gesù Cristo.
Il credente fedele, cioè colui che utilizza questi doni sarà premiato, mentre chi non lo è non sarà premiato.
Quindi (1) Dio affida le sue risorse al suo popolo e si aspetta che questi siano buoni amministratori. (2) Coloro che lavorano fedelmente per il Suo regno saranno premiati. (3) Coloro che non usano i loro doni e le risorse per il regno saranno condannati e separati dalla presenza di Dio.
Quindi siamo chiamati a usare le risorse che Dio ci ha dato per il progresso del regno di Dio mentre aspettiamo il ritorno di Gesù e saremo premiati.
Essere fedeli a Dio implica anche essere fedeli:
B) All’umanità
La fedeltà è relazionale anche nei rapporti interpersonali con il nostro prossimo, siamo chiamati a essere fedeli agli altri.
Possiamo solo citare alcuni esempi senza approfondirli.
Siamo chiamati a essere fedeli:
(1) Nell’aiutare gli altri. (3 Giovanni 5).
(2) Nella testimonianza (Proverbi 14:5).
(3) Nel rimprovero (Proverbi 27:6).
(4) Nelle responsabilità (Neemia 13:13; Atti 6:1-3).
(5) Nel lavoro (2 Cronache 34:12).
(6) Nel mantenere i segreti (Proverbi 11:13).
(7) Nel trasmettere i messaggi (Proverbi 13:17; 25:13).
(8) In ogni cosa (1 Timoteo 3:11).
(9) Nelle piccole cose (Luca 16:10-12).
(10) Nel matrimonio (Esodo 20:14; Malachia 2:11,14-15; Matteo 5:27-28; Efesini 5:33; 1 Timoteo 5:9; Ebrei 13:4)
Infine vediamo:
III LA FEDELTÀ HA DEI REQUISITI.
Nella fedeltà troviamo onestà, lealtà e affidabilità.
Cominciamo con:
A) L’onestà.
Siamo chiamati a essere onesti in tutti gli aspetti della nostra vita: dagli affari ai rapporti interpersonali.
Proverbi 11:1 dice: “La bilancia falsa è un abominio per il SIGNORE, ma il peso giusto gli è gradito”.
Così ancora Proverbi 12:22 afferma: “Le labbra bugiarde sono un abominio per il SIGNORE, ma quelli che agiscono con sincerità gli sono graditi”.
Il Signore detesta odia le transazioni commerciali disoneste, odia le menzogne.
Non solo non dobbiamo rubare e mentire, ma anche ingannare per danneggiare gli altri (Levitico 19:11).
Quindi non dobbiamo distorcere la verità, lasciarci andare a esagerazioni, o creare false impressioni, o fare finta di niente in questo modo non siamo onesti!
Non siamo onesti quando mentiamo, o inganniamo facendo finta di essere qualcosa che non siamo, quando imbrogliamo agli esami, o quando non si pagano le tasse.
L’onestà deve pervadere ogni ambito della nostra vita.
L’onestà è un bel gioiello che oggi non va di moda!
Nella nostra epoca dobbiamo sottolineare l'onestà sia per quanto riguarda le transazioni commerciali e sia i rapporti interpersonali.
Oggi viene detto che è impossibile riuscire a essere onesti negli affari, o nel pagare le tasse onestamente, ma come cristiani, come sale della terra (Matteo 5:13) siamo chiamati a esserlo in mezzo a una società in putrefazione!
Non ci sono gradi di onestà o lo sei o non lo sei, e se non lo sei non sei fedele!
C. H. Spurgeon diceva: “Se la fede non fa un uomo onesto, non è una fede onesta”.
Noi dobbiamo essere onesti con Dio e con le persone!
Nella fedeltà c’è anche:
B) La lealtà.
Proverbi 17:17 dice: “L'amico ama in ogni tempo; è nato per essere un fratello nella sventura”.
Le avversità, spesso, sono una rivelazione di chi sono i tuoi veri amici!
Questo proverbio implicitamente rimprovera coloro che dicono di essere amici di qualcuno, ma sono introvabili quando il loro supporto è necessario.
Nel 1942, la trasmissione radiofonica di Natale di re Giorgio VI, riportò che un ex presidente degli Stati Uniti raccontò di un ragazzino che portava un bambino su per una collina. Alla domanda se il peso era troppo, il ragazzino rispose: “Non è un peso; è mio fratello! “
È vero amico colui che lo è anche con il cattivo tempo, e non sarà un peso sostenerlo!
Ci sono persone che sono amiche quando tutto va bene, ma nei momenti difficili si tirano indietro, queste persone sono solo opportuniste!!
Il vero amico è di supporto sempre, in ogni tempo, anche nella sventura sarà come un fratello!
Un vero amico ama il suo amico nella prosperità e nell’ avversità (ṣārāh) cioè nella difficoltà, nell’angoscia, in una situazione o un momento di estremo disagio.
Il vero amico è più di un amico nel momento del bisogno, lui è come un fratello (cfr. Proverbi 18:24; 27:10).
Non importa quale sia la tua situazione, un vero amico sarà sempre accanto a te, sempre presente nella buona, o cattiva sorte.
La vera amicizia non è solo condividere i bei tempi, divertirsi insieme, ma è mostrare amore- il vero amore è costante in ogni momento- anche nei momenti difficili!
Un esempio di amicizia fedele è quella di Gionatan e Davide, è scritto che Gionatan amava Davide come l’anima sua e fecero un patto tra loro prima ancora che Saul, il padre di Gionatan si rivoltasse contro di Davide (1 Samuele 18:1-3).
Quando Saul si rivoltò contro Davide, Gionatan rimase leale a Davide tanto da chiamarlo fratello (2 Samuele 1:26), e di avvertirlo che il padre lo voleva uccidere (1 Samuele 19:1-2).
Saul si arrabbiò con Gionatan perché difendeva Davide (1 Samuele 20:30).
Gionatan fu leale a Davide nonostante gli costasse la perdita del trono di Israele e il disappunto del padre!
Durante la guerra di Corea un uomo si è sepolto nel fango di un porcile, tranne il suo naso e la sua bocca in modo che potesse respirare; rimase in questa condizione per otto giorni e notti piuttosto che arrendersi al nemico e tradire i suoi amici.
Questa è lealtà, fedeltà!
Siamo chiamati a essere leali con Dio e con i nostri amici, e se non hai nessuno amico leale ricorda che Gesù è il vero amico leale! (Matteo 11:19; Giovanni 15:13-15); in realtà non si vergogna nemmeno di chiamarci fratelli (Ebrei 2:11).
Fedeltà significa anche:
C) Affidabilità.
In Daniele 6:4 leggiamo: “Allora i capi e i satrapi cercarono di trovare un'occasione per accusare Daniele circa l'amministrazione del regno, ma non potevano trovare alcuna occasione né alcun motivo di riprensione, perché egli era fedele e non c'era in lui alcuna mancanza da potergli rimproverare”.
I rivali di Daniele, per gelosia, esaminarono le attività governative di Daniele al fine di scoprire qualche pretesto per accusarlo, ma non trovarono nulla!
In lui non c’era nessuna mancanza! Daniele era fedele!
“Mancanza” (shechath) è corruzione, violazione (cfr. Genesi 6:11-12; Malachia 2:8).
Daniele era fedele (ʾăman) cioè stabile, affidabile, fidato (cfr. Deuteronomio 7:9).
Il punto di questa affermazione non è il fatto che Daniele era assolutamente perfetto e senza peccato, ma che era rispettoso della legge e affidabile.
Daniele non era corrotto; era affidabile e diligente nell'adempimento delle proprie funzioni, non era negligente, era fedele al suo Dio e anche al re, la gente poteva contare su di lui.
Gli altri governatori volevano trovare delle accuse e non le trovarono tranne che nel suo credo (vv.5-16).
Oggi purtroppo si è affidabili solo quando c’è convenienza, l’affidabilità è certa se la persona lo ritiene opportuno secondo i propri interessi!
CONCLUSIONE.
Dopo aver servito in India per otto anni, con pochi risultati visibili, William Carey scrisse al suo amico John Williams queste parole: "Prega per noi affinché possiamo essere fedeli fino alla fine".
Dio è fedele e vuole che i suoi figli siano fedeli fino alla fine, questo è difficile, infatti il frutto della fedeltà è spesso costoso e poche persone sono disposte a pagarne il prezzo.
Coloro che sono guidati dallo Spirito Santo sono fedeli a Dio e agli altri!
Come possiamo crescere nella fedeltà?
1) In primo luogo per crescere nella fedeltà è quello di riconoscere lo standard biblico: essere fedeli significa essere onesti, leali e affidabili!
La parola di Dio ci aiuta come esserlo, pertanto leggiamola, meditiamola, memorizziamola, studiamola.
2) In secondo luogo, valuta la tua vita con l'aiuto dello Spirito Santo.
Chiediti se sei onesto, leale, affidabile.
Pensa a casi specifici e vedi se lo sei veramente e cosa devi cambiare, o aggiungere nel tuo carattere cristiano!
3) In terzo luogo ricorda che non puoi essere fedele da solo, è necessaria la potenza dello Spirito Santo.
La fedeltà è un frutto dello Spirito Santo, lasciati controllare e guidare da Lui, arrenditi a Lui.
4) Infine ricorda che Dio premia coloro che gli sono fedeli!