Principi della fede cristiana.
La comunione.
In Atti 2:42 leggiamo: “Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere”.
Una delle caratteristiche della chiesa primitiva era la comunione fraterna, i credenti erano perseveranti in questo.
Possiamo dire che la comunione è letteralmente un segno distintivo della chiesa cristiana, e dovrebbe essere una realtà nella vita di ogni persona che si dice essere un cristiano.
Che cos’è la comunione?
La parola del Nuovo Testamento per "comunione" è koinōnia, significa stretta associazione reciproca (1 Corinzi 1:9; 1 Giovanni 1:3;); partenariato (Filippesi 1:5); condivisione (2 Corinzi 8:4; Filemone 6; Ebrei 13:16); dare un contributo (Romani 15:26).
Possiamo affermare che la comunione è un'associazione e condivisione che coinvolge stretti rapporti.
Il credente è unito alla morte e alla resurrezione di Cristo (Romani 6:3-5; 1 Corinzi 10:16); conosce la comunione delle Sue sofferenze (Filippesi 3:10).
Grazie all’unione con Cristo, il cristiano ha diritti e privilegi spirituali.
Cristo condivide con i Suoi discepoli, che ha adottato nella Sua famiglia, ciò che Gli appartiene (Efesini 2:19; 1 Timoteo 3:15).
Quindi ogni cristiano condivide una solida base spirituale con ogni altro cristiano in virtù del suo rapporto personale con Gesù Cristo.
Nella comunione fraterna è coinvolto anche lo Spirito Santo, infatti la comunione cristiana è la condivisione reciproca al livello più intimo come risultato del lavoro trasformante dello Spirito di Dio nella vita di un individuo (Efesini 2:18; 4:3; Filippesi 2:1).
La comunione è condividere la propria vita, far partecipi reciprocamente se stessi agli altri a causa del comune rapporto con Gesù Cristo come Salvatore (Atti 4:12) e Dio come Padre (Giovanni 1:12-13).
Il credente ha comunione con Dio grazie a Gesù Cristo (Efesini 2:4-7), ciò che in Adamo abbiamo perso, in Cristo lo ritroviamo (Genesi 3; Isaia 59:1-2).
Dunque, i credenti hanno la comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Giovanni 17:21-26; 2 Corinzi 13:13; Filippesi 2:1; 1 Giovanni 1:3), così come con altri credenti (Atti 2:42; 1 Giovanni 1:3,7).
L'essenza della vita cristiana è la comunione con Dio e la comunione con altri credenti in Cristo.
Coloro che hanno la comunione con Cristo hanno comunione con altri credenti, una comunione che dovrebbe illustrare la stessa natura di Dio stesso (Giovanni 13:35; Efesini 5:1-2;1 Giovanni 1:5-10).
Chi non ha comunione con Dio non ha nemmeno comunione con gli altri credenti (1 Giovanni 1:3-6).
Cominciamo con:
I L’ESEMPIO DELLA COMUNIONE.
A) Dio: l’esempio per eccellenza della comunione.
Secondo la Bibbia, Dio è un Dio Trino, esiste eternamente come un unico Dio con tre persone distinte, è un’unità plurale: Padre, Figlio e Spirito Santo (per esempio Matteo 3:16-17; 28:19; 2 Corinzi 13:13).
La testimonianza della Scrittura è che Dio Padre, Dio il Figlio e Dio lo Spirito Santo coesistono in una comunione costante, intima, perfetta ed eterna tra loro.
Le tre Persone della Trinità sono co-uguali e co-eterne; esse sono sempre esistite e hanno sempre goduto la comunione, anche prima della creazione.
In Giovanni 17:5 è scritto: “Ora, o Padre, glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse”.
Qui Gesù chiarisce che prima della sua incarnazione Egli esisteva con il Padre in una relazione gloriosa prima che il mondo fosse stato creato.
La natura di quel rapporto era personale e intima comunione come leggiamo ancora in Giovanni 1:1 riguardo Dio e Gesù afferma: “Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio”.
Giovanni sta cercando di esprimere la particolare intimità che c’è tra la Parola, cioè Gesù e Dio.
Lo dice ancora al v. 2 quando afferma “essa era nel principio con Dio” per indicare che Gesù era a fianco a Dio dall’eternità.
“Con” (Prós) indica “in compagnia”, “faccia a faccia”, “nella presenza”, ma non è una semplice convivenza di due persone che si fanno compagnia.
Si riferisce a una comunione perfetta, intima, dinamica e reciproca più stretta possibile tra due persone distinte, ma uguali nell’essere che vanno nella stessa direzione e orientamento.
Così da tutta l'eternità c'è stata un’intima e ineffabile unione tra Cristo e Dio Padre.
La comunione intima con Dio la vediamo ancora in Giovanni 1:18: “Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere” (Giovanni 10:30; 14:10-11; 17:20-23).
In qualche modo misterioso, soprannaturale, inspiegabile, Gesù è sempre esistito in una comunione costante, intima e perfetta con il Padre.
Questo è anche vero per lo Spirito Santo.
Lo Spirito Santo è mandato sulla terra nei discepoli dal Padre e dal Figlio (Giovanni 14:26; 16:7), e insieme al Padre e al Figlio è presente nel corpo dei credenti che sono il tempio (1 Corinzi 3:16; 6:19; Colossesi 1:27).
Lo Spirito Santo era con il Padre e il Figlio al momento della creazione (Genesi 1:2; Giobbe 33:4; Giovanni 1:3).
Ora:
B) Dio ci ha creati per la comunione.
In Genesi 1:26 è scritto: “Poi DIO disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza”.
Sia la parola ebraica per “immagine” (ṣě∙lěm) e la parola ebraica per “somiglianza” (demûṯ) si riferiscono a qualcosa che è simile a quello che essa rappresenta (Genesi 5:3).
Gli esseri umani sono stati creati a immagine di Dio; ciò significa che siamo stati fatti con qualità e caratteristiche simili a quelle del Creatore, quindi è un Essere che si relaziona con gli altri.
Abbiamo bisogno di comunità e comunione.
Gli esseri umani non possono vivere in isolamento: siamo intrinsecamente esseri sociali.
Proprio come Dio è esistito eternamente come tre persone distinte che hanno vissuto la comunione e l'intimità celeste tra loro, il disegno di Dio per le persone è che vivano in comunione e intimità anche con gli altri.
Questo è confermato che Dio creò l’uomo e la donna come leggiamo in Genesi 1:27: “Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: ’Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra ’”. (Genesi 2:18-24).
Dio aveva in mente di riempire la terra di persone e di farne dei popoli, delle nazioni (Atti 17:26).
Dai popoli, Dio ha suscitato la chiesa (Efesini 2; Apocalisse 7:9), e vuole che o membri abbiano comunione.
Così passiamo ora a:
II L’ESSERE UMANO CON CUI AVERE LA COMUNIONE.
Prima di tutto vediamo:
A) La comunione con i non-credenti.
Un vero cristiano praticante, che segue i principi del Dio santo può avere comunione con un non-credente, con colui, o colei che non segue gli insegnanti di Gesù Cristo? La risposta è no!
In Giovanni 1:6-7 è scritto: “Se diciamo che abbiamo comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, com'egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro. Ma se camminiamo nella luce, com'egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.”
Una persona che dice di essere in comunione con Dio, ma cammina nelle tenebre, cioè nell’errore e nel peccato è un bugiardo!
La comunione con Dio è possibile se camminiamo nella luce, cioè sinceramente senza nascondere nulla a Dio, se viviamo nella sfera della verità e della santità, se rispondiamo con obbedienza alla rivelazione di Dio che ci mostra come vivere, se cerchiamo di vivere in conformità a ciò che Dio ha rivelato, quindi credere e praticare la verità di Dio.
Chi è in comunione con Dio lo sarà anche con gli altri cristiani, ma non lo può essere con un non-credente perché cammina nelle tenebre!
Se la comunione tra i cristiani è un segno che hanno la comunione con Dio, allora un vero cristiano non lo può avere con un non-credente!
Come la luce e l'oscurità sono incompatibili, così un credente non può avere una vera comunione con un non-credente!
Né il cristiano può essere in comunione con colui che si dice di essere cristiano, ma cammina in un modo contrario all'insegnamento di Cristo (2 Giovanni 9-11), o è un fornicatore, un idolatra, oltraggiatore, ubriacone, o ladro (1 Corinzi 5:11).
Dunque tutto questo ci fa capire che chi è in comunione con Dio, non può avere comunione con chi non segue i principi cristiani, anche se dice di esserlo.
Questo ci viene ordinato da Paolo in 2 Corinzi 6:14-18 dove troviamo scritto: “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi; infatti che rapporto c'è tra la giustizia e l'iniquità? O quale comunione tra la luce e le tenebre? E quale accordo fra Cristo e Beliar? O quale relazione c'è tra il fedele e l'infedele? E che armonia c'è fra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come disse Dio: ‘Abiterò e camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo ’. ‘Perciò, uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d'impuro; e io vi accoglierò’. E ‘sarò per voi come un padre e voi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente’”.
Come veri discepoli di Gesù Cristo non dobbiamo condividere gli stili di vita peccaminosi degli increduli (Salmo 1).
Non dobbiamo cedere a compromessi!
Dobbiamo prendere sempre le distanze da chi e da ciò che compromette la comunione con Dio, la pace con Dio.
Questo tuttavia non significa che i credenti non dovrebbero avere niente a che fare con i non credenti.
Gesù stava in mezzo la società, anche in mezzo ai peccatori (Luca 5:30); siamo chiamati a condividere il Vangelo a chi non crede (Matteo 28:16-20; Marco 16:15-16; 1 Corinzi 9:16-17), ma siamo chiamati a non essere influenzati negativamente, il discepolo di Gesù Cristo è sale e luce in questo mondo (Matteo 5:13-16).
Certamente un cristiano che cammina nella luce non può avere comunione con chi cammina nelle tenebre, non si sentirà a proprio agio, starà male interiormente.
“Dio ci salvi dalla religione intermittente!” (C. H. Spurgeon).
Allora la comunione deve essere con i credenti, perciò vediamo:
B) La comunione con i credenti.
Dio ha creato la chiesa e di questa fanno parte le persone che Lui ha salvato, salva e salverà (Atti 2:47; 13:48).
Riguardo la natura della chiesa, ne ho parlato nella predicazione: “Il posto del culto”, sempre di questa serie, ma ciò che è importante sottolineare è quanto sia importante la chiesa locale.
A riguardo nel libro di Wayne A. Mack e David Swavely leggiamo: “La chiesa è lo strumento principale mediante il quale Dio realizza il suo piano nel mondo. È il mezzo che ha preordinato per chiamare a sé i perduti e per santificare coloro che sono nati nella sua famiglia. Per questa ragione Dio si aspetta (e lo comanda pure) una seria consacrazione alla chiesa da parte di chiunque dica di averlo conosciuto”.
La chiesa è il tempio, la casa di Dio, dove Dio dimora (2 Corinzi 6:16; 1 Timoteo 3:15; 1 Pietro 2:5) e se vogliamo conoscerlo e crescere nella Sua conoscenza dobbiamo frequentarla.
Il rafforzamento della fede, la buona salute spirituale e la nostra crescita spirituale sono in relazione, in larga misura, alla nostra presenza attiva in una sana chiesa locale (Ebrei 10:25).
La comunione con altri cristiani è importante per la nostra nutrizione spirituale per mantenerci in buona salute e avere supporto spirituale (Ecclesiaste 4:9-12; Efesini 4:7-16).
Quando le oche migrano, si possono vedere volare in una forma di V. Mentre a noi a terra è una bella cosa da vedere, per le oche è essenziale per la sopravvivenza. Se si osservano a determinati intervalli, l’oca che sta in testa fa il duro lavoro di rompere la forza del vento fino a un certo punto, poi si lascerà andare alla fine della formazione per essere rimpiazzata da un’altra oca.
Quindi la ragione di questa formazione a V, è molto importante perché in questo modo le oche dietro si sforzano il 60% in meno! Così le oche alternandosi a vicenda e collaborando, possono fare lunghe migrazioni che altrimenti da sole sarebbero estremamente difficili per le più forti e mortali per le altre.
Così è anche per i credenti, insieme ci possiamo sostenere nel pellegrinaggio cristiano.
Infine vediamo:
III L’ENTITÀ DELLA COMUNIONE.
In questa società tutto è centrato sull’io, il mondo incoraggia l’individualismo, a vivere per "sé", a chiudersi nel proprio egoismo e questo porta all’indifferenza e al menefreghismo.
La comunione cristiana è proprio l'opposto!
Il Nuovo Testamento è pieno di comandi per i cristiani a essere altruisti! Ad amare e a servire gli altri!
La vera comunione cristiana è interdipendente!
Richiede reciproco impegno e responsabilità con gli altri credenti.
La comunione comporta relazioni reciproche di dare e ricevere.
È condividere questa vita insieme ad altri cristiani.
È coltivare profonde e trasparenti amicizie spirituali con altri credenti.
È partecipare regolarmente, funzionalmente, attivamente dando il proprio contributo in una chiesa locale.
Nella comunione cristiana vediamo:
A) L’amarsi l'un l'altro.
In Giovanni 13:34-35 Gesù dice: “Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”.
Se sei un vero cristiano, sarà ovvio da come tratti con altri cristiani.
L’amore che ha in mente Gesù è l’amore che ha avuto Lui per noi!
Infatti la stessa parola la troviamo in Giovanni 3:16 dove è scritto: “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”.
La parola “amore” (agapaō) nel Nuovo Testamento è principalmente un'azione, un’azione altruista e sacrificale.
In Giovanni 15:13 Gesù disse: “Nessuno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi amici".
Quando una persona ama è disposta a morire per qualcun altro se fosse necessario.
L'amore non è solo buone intenzioni, o belle parole: l'amore non è vero amore finché non viene messo in azione.
Il vero amore dimostra che siamo discepoli di Gesù, che si è stati rigenerati da Dio e si conosce Dio! (1 Giovanni 4:7-9), è il risultato della presenza dello Spirito Santo in una persona (Romani 5:5; Galati 5:22).
L’amore, quindi deve caratterizzare il comportamento dei veri cristiani (1 Corinzi 16:14; Efesini 5:2).
Tutti i cristiani hanno la capacità di amare veramente come ha amato Gesù. Non ci sono scuse.
I cristiani devono amare gli altri nella chiesa vivendo vite di donazione disinteressata e sacrificale, direi soprannaturale, cioè come ci ha amati Gesù, ciò potrebbe comportare la donazione di denaro, cibo, aiuto, solidarietà pratica, la stessa vita.
I primi cristiani furono esemplari in questo modo in Atti 4:32-35 leggiamo: “La moltitudine di quelli che avevano creduto era d'un sol cuore e di un'anima sola; non vi era chi dicesse sua alcuna delle cose che possedeva ma tutto era in comune tra di loro. Gli apostoli, con grande potenza, rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù; e grande era la stima per tutti loro. Infatti non c'era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che possedevano poderi o case li vendevano, portavano l'importo delle cose vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi, veniva distribuito a ciascuno, secondo il bisogno”.
Nella comunione cristiana vediamo:
B) Il Servirsi l'un l'altro.
Un pastore si era trasferito per lavorare in una chiesa nello Utah. Il giorno in cui arrivò con la sua famiglia arrivò, dopo aver guidato il camion per ore e ore con tutta la loro roba, si può immaginare come fossero stanchi. Il solo pensiero di scaricare e disimballare i pacchi era terribile, ma quando arrivarono nella loro nuova casa, furono accolti da circa venti persone della loro nuova chiesa soprattutto giovani, forti, freschi pronti a scaricare il camion per loro, e lo hanno fatto - in meno di trenta minuti. Non sapevamo nemmeno chi fossero quelle persone, ma erano alcuni membri della chiesa dove stavamo per servire.
Quei credenti non conoscevano il loro nuovo pastore, ma sono andati ad aiutarlo, a servirlo!
Viviamo in una società dove i rapporti personali sono usa e getta, una società egoistica (Giudici 17:6; 21:25; 2 Timoteo 3:1-2) dove ci si libera, con molta facilità delle persone che non ci sono utili.
Ma la Bibbia ci dice che dobbiamo servire gli altri.
Gesù stesso c’insegna a servire gli altri.
Quando i fratelli Zebedeo Giacomo e Giovanni manifestarono a Gesù il desiderio di stare a Suo fianco: uno alla Sua destra e l’altro alla Sua sinistra, Lui tra diverse cose disse questo: “Voi sapete che quelli che son reputati principi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti. Poiché anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Marco 10:42-45).
Siamo chiamati a servire gli altri, siamo chiamati a essere servi degli altri, e non a dominare questa sarà la nostra grandezza!
In Galati 5:13 leggiamo: “Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri”.
Cristo ci ha resi liberi dalle regole e dai riti religiosi, ma questo non significa dare opportunità alla carne, al peccato, piuttosto siamo chiamati a servirci gli uni gli altri, e questo avviene se c’è l’amore, se amiamo, chi ama serve gli altri cristiani!
Cosa significa “servite gli uni agli altri”?
Significa "rendere servizio", "fare quello che è per il vantaggio", ma non nel senso di sottomissione alla volontà, ma di devozione volontaria al benessere degli altri.
Questo non è un unico atto di servizio, ma deve essere un atteggiamento e un’azione continua (servite – douleuete - presente attivo imperativo).
Inoltre, “servite gli uni gli altri” è fare il nostro lavoro l'uno per l'altro secondo la volontà del nostro Signore Gesù, non secondo il peccato e quindi un interesse egoistico in contrasto con l'interesse di Dio.
Nella comunione cristiana è importante:
C) Incoraggiarsi l'un l'altro.
La comunità cristiana dovrebbe essere un luogo dove i credenti possono essere incoraggiati con parole edificanti, dove ci s’incoraggia a vicenda.
Quale contrasto dal mondo dove la comunicazione quotidiana è acida, sarcastica, cinica, pungente, negativa, distruttiva, offensiva!!!
In Ebrei 10:24-25 leggiamo: “Facciamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci all'amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno”.
“Esortandoci” (parakalountes) indica sollecitare, incoraggiare, consolare.
La comunione fraterna deve essere caratterizzata dall’incoraggiamento, e questo avviene soprattutto con le parole (per esempio 1 Tessalonicesi 4:18; 5:11,14).
Larry Crabbe e Dan Allender sull’incoraggiamento dicono: “L’incoraggiamento è quel genere di espressione – soprattutto orale – che aiuta un credente a voler diventare un cristiano migliore, anche quando la vita è dura”.
Con l’incoraggiamento, tramite la scelta accurata delle parole un credente è chiamato a influenzare significativamente un altro credente verso una maggiore consacrazione a Dio, questo ovviamente deve avvenire soprattutto quando la vita è difficile.
Sempre Larry Crabbe e Dan Allender dicono: “Nell’incoraggiamento verbale c’è l’immagine di un uomo che si mette a camminare con un altro durante un viaggio, e dice parole che incoraggiano il viaggiatore a tirare avanti nonostante gli ostacoli o la fatica”.
Le parole possono lasciare un’impronta profonda nel cuore delle persone: possono essere distruttive, o costruttive.
In Proverbi 18:21 leggiamo: “Morte e vita sono in potere della lingua”.
Possiamo dividere le parole in tre categorie:
1) Parole superficiali.
A volte le parole sono parole dette così senza riflettere che feriscono una persona.
Leggiamo in Proverbi 12:18: “C'è chi, parlando senza riflettere, trafigge come spada, ma la lingua dei saggi procura guarigione”.
Quante volte abbiamo ferito con le nostre parole senza riflettere? A volte è stata una lieve ferita altre volte una più grave, perciò prima di parlare, è meglio riflettere su quello che possono causare le nostre parole all’altra persona!
Poi ci sono:
2) Le parole nocive.
La lingua è un’arma che può fare male!
Noi viviamo in mezzo a gente che non ha scrupoli nel fare del male con la lingua, e a volte noi cristiani non siamo da meno!
In Proverbi 16:27 è scritto: “L'uomo cattivo va scavando il male ad altri; sulle sue labbra c'è come un fuoco consumante”.
Davide descrive coloro che gli volevano fare del male: “L'anima mia è in mezzo a leoni; dimoro tra gente che vomita fiamme, in mezzo a uomini i cui denti sono lance e frecce, e la cui lingua è una spada affilata” (Salmo 57:4).
Infine ci sono:
3) Parole di vita.
Le parole hanno potere anche di vita (Proverbi 12:25; 18:21).
In Efesini 4:29 è scritto: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l'ascolta”.
“Cattiva” (sapros) parola indica marcio come la frutta andata a male, così indica privo di valore e dannosa, contrario a buono in relazione alla crescita.
Quindi non dobbiamo usare la lingua per danneggiare gli altri, ma dobbiamo dire parole che portano edificazione secondo il bisogno di chi le ascolta, parole costruttive (edificano – oikodomēn), che aiutano la persona che ascolta a crescere, parole che aiutano a costruire il proprio carattere nella somiglianza di Cristo.
A volte bastano poche parole, ma se queste sono tempestive dette al momento giusto, secondo il bisogno e secondo la parola Dio, sono una benedizione (Grazia –charin) per chi le ascolta.
Se hai una parola secondo la volontà di Dio che edifica, dilla affinché conferisca grazia a chi l’ascolta!
È imbarazzante e anche vergognoso pensare a quanti cristiani abbiano permesso che il discorso acido e avvelenato del mondo influenzasse la loro conversazione.
Come parli durante il giorno? Sei sarcastico? Sei acido? Sei offensivo?
Le parole, hanno una forza straordinaria, e dette al momento giusto recano benedizione!
Proverbi 15:23 dice: “Uno prova gioia quando risponde bene; è buona la parola detta a suo tempo!” ( Cfr. Proverbi 25:11; 24:26).
Molte volte diciamo delle cose che non sono adatte alla circostanza e non hanno nemmeno un valore spirituale come parlare male di un’altra persona, oppure offendiamo la persona con cui stiamo parlando usando parole di disprezzo senza sensibilità, sarcastiche critiche, distruttive, false insinuazioni, e così via.
A differenza delle parole "marce", Paolo dice che il cristiano deve parlare con parole che "edificano".
Le nostre parole devono essere caratterizzate dalla grazia e verità (Giovanni 1:14; Efesini 4:15).
È buona cosa chiedersi quello che sto dicendo porta edificazione? Sono parole veritiere, pure, amorevoli secondo l’uomo nuovo in Cristo? Gesù avrebbe parlato così?
Gesù in Matteo 12:36-37 afferma: “Io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato, e in base alle tue parole sarai condannato”.
Saremo giudicati anche per le parole che abbiamo dette!
Infine vediamo che nella comunione cristiana è importante:
D) Istruirsi l'un l'altro.
In Colossesi 3:16 leggiamo: “ La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali”.
La Parola di Cristo può avere diversi significati: la parola che viene da Cristo e che è predicata attraverso i Suoi messaggeri, può riferirsi al Vangelo, o la verità cristiana, in ogni caso si riferisce alla rivelazione di Dio.
Questa deve avere una dimora stabile nel cuore dei cristiani e nella comunità (abiti -enoikeitō – presente attivo imperativo).
“Abbondantemente” (plousiōs) indica che esiste in grande quantità, con l'implicazione di essere preziosa.
H.M. Carson scrive: “ I credenti non devono accontentarsi di un’elemosina spirituale, perché il loro desiderio deve essere rivolto a tutte le ricchezze della parola. La parola darà dovizia di risultati, e sarà il mezzo che li condurrà alla ricchezza spirituale”.
La parola di Cristo dovrebbe essere così tanta da riempire ogni parte del nostro essere, così porterà frutto nella nostra vita!
La parola di Cristo deve essere una forza vitale integrale e permanente in noi, e non solo una funzione esteriore.
Dobbiamo riconoscerne la sua autorità e lasciare che regoli la nostra vita che governi tutto ciò che pensiamo, diciamo e facciamo.
La nostra, per la Parola di Dio, non deve essere una residenza passiva, ma operativa come forza potente, producendo i suoi effetti nella condotta della comunità dei credenti.
Quindi dobbiamo lasciare che tutta la ricchezza della parola di Cristo deve essere in noi!
In che modo la parola di Cristo può abitare in noi?
Essa abita in noi mentre meditiamo, pensiamo, memorizziamo, assorbiamo le sue verità e principi, la conosciamo e quindi siamo sotto la sua influenza e le permettiamo di operare in noi e di essere la nostra guida.
Ora l’esperienza personale della ricchezza della parola di Dio va condivisa con gli altri cristiani.
Nella vita della chiesa dobbiamo dare piena attenzione alla sua istruzione, al potere vitale, alla disciplina e all'edificazione.
Deve essere proclamata e impartita non solo nei nostri incontri, ma anche condivisa ovunque ci troviamo.
Paolo ci dice che dobbiamo istruirci ed esortarci gli uni gli altri con ogni sapienza (en pas sophia-dativo di mezzo o modo).
Il modo, o il mezzo con cui noi cristiani siamo chiamati a istruirci e ad ammonirci è: con ogni sapienza, usando la saggezza.
La “sapienza” (sophia) è la saggezza che porta alla condotta giusta, la capacità di utilizzare la conoscenza della rivelazione di Dio giustamente.
Se “istruitevi” (didaskontes) è l’aspetto positivo dell’insegnamento, “esortatevi” (nouthetountes) è quello negativo nel senso di ammonire, avvertire contro l’errore, rimproverare, correggere, incoraggiare, ha un riferimento morale, e ha che fare con il pentimento.
Queste due parole si riferiscono a dare un’istruzione verbale, didattica, comunicare la verità diretta alla mente, con l'obiettivo di cambiare il cuore e il comportamento.
Sempre H.M. Carson riguardo i credenti afferma: “ La loro esperienza della parola non è solo un’esperienza individuale, perché i credenti devono imparare le sue verità nel contesto della comunione della chiesa. Vi devono perciò essere una partecipazione e uno scambio reciproco della parola. Dalla parola che dimora in loro essi apprenderanno la sapienza di Dio, e quella sapienza diventerà l’atmosfera in cui si muovono quando cercano di edificarsi l’un l’altro nella conoscenza”.
CONCLUSIONE.
Oggi la parola greca “koinōnia” è una parola molto diffusa in tutto il mondo con la quale vengono dati nomi ad associazioni, a chiese, siti web, gruppi musicali, a scuole, collegi e seminari, ma è qualcosa che dobbiamo vivere, praticare.
La negazione della comunione con altri cristiani è disobbedienza a Dio e non ci farà crescere spiritualmente!
Non siamo vicini a Dio se manteniamo le distanze dal nostro fratello!!
Chi dice di avere comunione con Dio non ha comunione con i non-credenti, ma ricercherà la comunione con i credenti: li amerà, li servirà, li incoraggerà, l’istruirà e dall’altra parte si lascerà amare, servire, incoraggiare e instruire!