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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

IL RICCO STOLTO (Luca 12:13-21).

IL RICCO STOLTO (Luca 12:13-21). 
Blaise Pascal scriveva: “ Tutti gli uomini, nessuno eccettuato, cercano di essere felici, per quanto impieghino mezzi diversi, tutti tendono a questo fine. Quelli che spinge alcuni ad andare alla guerra, e altri a non andarci, è sempre questo desiderio, presente negli uni come negli altri, sebbene accompagnato da opinioni diverse. La volontà non fa mai il minimo passo se non verso quest’oggetto. È il movente di tutte le azioni di tutti gli uomini, anche di quelli che s’impiccano”. 
Tutti ricerchiamo la felicità! Il punto è come e dove trovarla.
Molti fin dall’antichità considerano la felicità come il fine ultimo dell’uomo ed è vista come uno stato di completa soddisfazione derivante dal possesso.
Perciò, per molti la felicità, è nell’avere ricchezze e goderle, per questo motivo si ama e si ricerca di accumulare sempre più soldi. 

Ma come ha detto qualcuno con i soldi, puoi comprare tutto dovunque vai, tranne che la felicità!!

I IL CONTESTO DELLA PARABOLA.
Questo passo è seguito da: non essere ansiosi per quello che ci vestiremo o mangeremo, ma di avere fiducia in Dio (Luca 12:22-34).
Nel contesto troviamo:
A) L’occasione della parabola.
Uno della folla interrompe il discorso di Gesù. Quest'uomo aveva dei problemi con suo fratello in merito a una divisione di un’eredità: il fratello non gli voleva dare una parte di quest'eredità e quest'uomo pensa di aver ricevuto un torto.
Così chiede a Gesù di prendere le sue parti; costui riconosce Gesù pari agli altri Rabbì, i quali, secondo la consuetudine, davano giudizi su punti controversi della legge che loro studiavano, interpretavano e insegnavano (Cfr. Numeri 27:1-11; 36:7-9; Deuteronomio 21:17).

Secondo la legge ebraica in Deuteronomio 21:17, la divisione doveva essere di due terzi dell'eredità al figlio più vecchio e un terzo al figlio più giovane; probabilmente l'uomo che si rivolse a Gesù era il fratello più giovane, ma non c'è indicazione che il fratello più grande voleva il giudizio di Gesù. 
Non si capisce il motivo perché il fratello non gli voleva dare la sua parte, comunque Gesù rifiuta di essere coinvolto in una disputa familiare, al v.14 leggiamo: "Ma Gesù gli rispose: 'Uomo, chi mi ha costituito su di voi giudice o spartitore?'"  
Chi mi ha costituito giudice (kritēn) e spartitore? 
"Costituito" (katestēsen) è assegnare a qualcuno una posizione di autorità su altri, mettere in carica, nominare per designare, autorizzato per un compito (Luca 12:42; Atti 7:10). 

"Spartitore" (meristé̄s) è simile a giudice (kathístēmi), indica fare da arbitro.

Perché Gesù ha risposto così?
1) Perché c'erano giudici già nominati fra gli ebrei per le dispute di proprietà e Gesù non aveva nessuna autorizzazione. 
Gesù non è venuto a trattare problemi di eredità! 

2) Perché Gesù è venuto a portare gli uomini a Dio e non per risolvere questioni materiali! (Luca 19:10).
Anche se Gesù non è stato nominato il loro giudice, è l’occasione per esortare, per trasformare la richiesta in un'opportunità per insegnare.
Noi vediamo:
B) L’esortazione a stare in guardia contro l’avarizia. 
Al v.15 Gesù è categorico: "State attenti e guardatevi da ogni avarizia…".

(1) Queste parole hanno una solenne gravità a essere costantemente vigilanti contro l’avarizia.
I verbi sono all’imperativo presente, quindi è un comando per ogni giorno.
Noi dobbiamo:
(2) Fare attenzione.
"State attenti" (horate - presente imperativo attivo) significa fare attenzione, state in guardia, allerta (Cfr. Matteo 8:4; 18:10; Marco 1:44; 1 Tessalonicesi 5:15).

Noi in secondo luogo dobbiamo:
(3) Fare uno sforzo.
"Guardatevi" (phulassesthe - presente imperativo medio) è fare uno sforzo ad astenersi da…., fare un sforzo a non permettere a sé stessi a fare qualcosa, oppure stare in guardia contro qualcosa di cattivo, vigilare, nel senso di proteggersi. 
In 2 Pietro 3:17 leggiamo: "Voi dunque, carissimi, sapendo già queste cose, state in guardia per non essere trascinati dall'errore degli scellerati e scadere così dalla vostra fermezza". 
Vediamo ancora questa parola in 1 Giovanni 5:21: "Figlioli, guardatevi dagl'idoli". (Atti 21:25; 2 Timoteo 4:15).
Da che cosa dobbiamo guardarci? 
(4) Dall’avarizia.  
"L’avarizia" (pleonexía) è la sete di avere di più, sempre di più e ancora di più, è un avido desiderio. 
Plutarco (scrittore e filosofo greco antico vissuto dal 46 d.C. al 120 d.C.) diceva: “L’avarizia (la pleonexia) non si stanca mai di cercare di più”. 
L’avarizia indica la bramosia, il volere sempre di più, è un desiderio forte insaziabile di acquisire sempre più, più di quello che è necessario, più di quello che ci serve, di ciò che è giusto e opportuno.
É un desiderio che si soddisfa mai: accumulare ricchezza! 
Ma può essere in vari campi e si riferisce a qualcosa che diventa il fulcro della vita della persona. 
L’avarizia è descritta nel Nuovo Testamento come un atteggiamento, o un comportamento negativo (Marco 7:20-22). 
L’avarizia è idolatria perché si mettono le cose materiali al posto di Dio, per soddisfare se stessi (Efesini 5:3-5). 
F. Selter dice: “L’uomo che non ha più in Dio il suo fine e il suo compimento, cerca la pienezza in se stesso, nella propria brama di possedere e di avere, erge se stesso addirittura a idolo che aspira ad assoggettare tutto a sé”. 
L’avaro è disposto a tutto pur di soddisfare se stesso, e quindi l'avarizia è idolatria perché guiderà, governerà la l'esistenza (dell'avaro) pur di soddisfare noi stessi!
L’avarizia non viene da Dio e non è una caratteristica delle cose celesti, ma è qualcosa di terreno, peccaminoso contrapposto al cielo dice Colossesi 3:5 (Cfr. Romani 1:29; Efesini 4:19).

C) La motivazione del perché dobbiamo stare attenti e guardarci da ogni avarizia.
Il fatto stesso che idolatria, già è un motivo sufficiente, Gesù dà, però, un'altra motivazione in modo enfatico come leggiamo al v.15: "Perché non è dall’abbondanza dei beni che uno possiede la vita!"  
La "vita" (zōé̄) si riferisce all’esistenza in contrapposizione alla morte come dirà al v.20 (cfr. Luca 16:25; Filippesi 1:20; Atti 8:33; Ebrei 7:3), oppure vita si può riferire alla salvezza spirituale secondo alcuni studiosi (Giovanni 3:16,36).
L'avidità influenza negativamente una persona a fare azioni sbagliate e fa' ignorare quali sono le cose veramente importanti, cioè la vita stessa e a essere ricchi davanti a Dio. 
La nostra vita non dipende da ciò che possediamo, dai nostri beni! 
Le ricchezze possono migliorare la vita, ma la tua esistenza è nelle mani di Dio e non in ciò che possiedi! 
Così leggiamo in Deuteronomio 32:39: "Ora vedete che io solo sono Dio e che non vi è altro dio accanto a me. Io faccio morire e faccio vivere, ferisco e risano, e nessuno può liberare dalla mia mano". 
E ancora in 1 Samuele 2:6: "Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire" (Cfr. Salmi 30:3).
Non siamo padroni della nostra vita! La vita è un dono di Dio. 
Nessun possesso, per quanto abbondante possa essere, non da una vera sicurezza e non rende la vita più grande davanti a Dio.

Passiamo ora a vedere:
II LA COMUNICAZIONE DELLA PARABOLA. 
È una caratteristica di Gesù il ribadire, un principio spirituale con una parabola. 
Racconta di quest'uomo ricco proprietario che ha avuto un buon raccolto, i suoi magazzini erano già pieni e pensa di demolire i suoi granai per costruirne altri più grandi.
Un uomo così sarebbe certamente invidiato nella cultura materialista di oggi, ma la cosa triste non è, il fatto che vuole ingrandire la proprietà, ma il carattere di questa persona e l’atteggiamento di come vuole usare le sue ricchezze e quindi vediamo:
A) Lo scopo della vita di quest'uomo (v.19).
Nel v.19 è scritto: "Anima mia riposati, mangia, bevi, divertiti" (Cfr. Isaia 22.13; 1 Corinzi 15:32). Nella letteratura antica questi erano verbi tipici per descrivere una vita comoda e beata (Siracide 11:19; Tobia 7:10; Ecclesiaste 2:24; 3:13; 5:18; 8:15).

Nel v.19 "anima mia" si riferisce a se stesso, come per dire: "Vecchio mio" e nel v.20 è in riferimento alla vita. 
L’espressione: "Mangia, bevi e datti alla gioia" è un’espressione proverbiale dell’edonismo, vivere per il piacere egoistico. 
È una forma epicurea, da Epicuro filosofo greco (Samo 341 - Atene 270 a.C.). 
Il bene identificato da Epicuro con il piacere prende il nome di edonismo. 
L’edonismo consiste nel piacere stabile da intendersi come privazione del dolore. 
La dottrina epicurea concepiva la felicità come bene supremo della vita. 
Dai vv.17-19 vediamo la ripetizione degli aggettivi possessivi per quattro volte! 
Dice: “Miei raccolti”, “miei granai”, “miei beni”, “anima mia”. 
In questo si vede il suo forte egoismo! 
L’avaro è egoista! 
Egli non condivide ciò che Dio gli ha dato con gli altri! 
Non gli interessa di disporre le ricchezze in modo saggio e per la gloria di Dio nel servire Dio e nell’aiutare gli altri, gli interessa solo soddisfare se stesso come dirà al v.22 e al v.33. 
La sua prospettiva futura è completamente egoistica! 

Come dice il v.21, l'avaro ha accumulato tesori per se stesso! (Luca 16:19-31; 18:22; Giacomo 4:13-14; 5:1-6).
Consideriamo ora:
B) La stoltezza dell'uomo. 
Il v.20 dice: "Stolto, questa notte stesa l'anima tua ti sarà ridomandata". 
Dio lo ammonisce. 
Non sappiamo quando Dio gli parlò, ma comunque dice all'uomo, una verità che lo dovrebbe far riflettere. 

Lui non adempie la sua responsabilità morale di fronte a Dio per aiutare gli altri. Dio lo chiama stolto. 
"Stolto" (áphrōn) significa pazzo, non sano di mente! Significa stupido! Senza ragione. (Cfr. Luca 11:40; 1 Corinzi 15:36; 2 Corinzi 11:16,19). 

Ma perché è stolto?
(1) Perché questo uomo non tiene conto di Dio. 
L'uomo stolto aveva un difetto: lui aveva dimenticato di mettere Dio al centro della sua vita.
 Lo stolto è colui, che dice che Dio non esiste (Salmi 14:1). 
Nell’Antico Testamento lo stolto era colui, che rifiutava la conoscenza e i precetti di Dio come base per la vita (Cfr. Salmi 14:1; Geremia 4:22; 17:11). 
Questo stolto non aveva inserito Dio nei suoi calcoli! (Salmi 14:1; 53:1; Proverbi 14:1; Geremia 4:22). Era convinto che tutto e il suo futuro fossero sotto il suo controllo e non aveva nessun bisogno di Dio, ma si cullava nella sicurezza falsa delle ricchezze! 

Il secondo motivo perché è stolto:
(2) Perché pensava di essere padrone di se stesso e della sua vita. 
Quest’uomo non si rendeva conto che la vita è breve ed è nelle mani di Dio. 
"La tua anima ti sarà ridomandata", implica la morte e che Dio è l'attore, che toglie la vita.
"Ridomandare" (apaitousin) indica esigere indietro come dovuto, restituire. 
L'immagine è del prestito (Luca 6:35). 
Dio ci dà la vita in prestito e poi se la riprende in qualsiasi momento! (Giacomo 4:13–5:6).

Pertanto come dice Proverbi 27:1: "Non ti vantare del domani, poiché non sai quel che un giorno possa produrre". 
Eppure molti si sentono padroni della loro vita ignorando Dio!

Il terzo motivo perché è stolto:
(3) Perché le ricchezze non se le porterà con sé quando morirà.
Il v.20 dice: "E quello che hai preparato di chi sarà?" (Cfr. Ecclesiaste 2:18).
Il punto è: tutto quello che si accumula, non lo si porterà con sé dopo la morte, questo è ricordato nel Salmo 49:16–20: "Non temere se uno s'arricchisce, se aumenta la gloria della sua casa.  Perché, quando morrà, non porterà nulla con sé; la sua gloria non scenderà con lui.  Benché tu, mentre vivi, ti ritenga felice, e la gente ti ammiri per i tuoi successi, te ne andrai con la generazione dei tuoi padri, che non vedranno mai più la luce. L'uomo che vive tra gli onori e non ha intelligenza è simile alle bestie che periscono" (cfr. Luca 16:19–31). 
In questo salmo si parla di non riporre la fiducia nelle ricchezze e di non vantarsi di queste perché non salvano dall’inferno. 
Coloro che ripongono la fiducia nelle ricchezze, non porteranno niente con sé quando moriranno, non sanno effettivamente chi le raccoglierà e non gli saranno più di aiuto dove si troveranno! (Giobbe 27:16-22; Salmi 39:6; 90:10; 103:15-16). 
Quindi anche se le ricchezze aiutano a vivere meglio in questa vita, dopo la morte non serviranno a niente! (Giacomo 1:9-11; 5:1-6).    

III LA CONCRETEZZA DELLA PARABOLA PER LA NOSTRA VITA PRATICA.
Il succo della parabola lo troviamo nel v.21: "Così è di chi accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio". 
Colui, che accumula tesori per sé e non è ricco (ploutéō) davanti a Dio è stolto con le conseguenze dette prima per l’uomo ricco. 
Il problema principale in questa parabola non è la ricchezza, ma il motivo per cui si vuole arricchire e come si usa! 
Gesù non condanna la ricchezza di quel tale, ma il suo uso, un uso egoistico. 
È scritto che Dio fa arricchire e impoverire (1 Samuele 2:7-8; 1 Cronache 29:12), essere ricchi è un dono di Dio dice l’Ecclesiaste 5:19. 

Ad Abramo (Genesi 13:2), Isacco (Genesi 26:13), Giobbe (Giobbe 42:12), Davide (1 Cronache 29:28), o Salomone (1 Re 3:13; 10:23), Dio aveva dato a loro le ricchezze.

Nel Nuovo Testamento, Giuseppe D’Arimatea quello che prese il corpo di Gesù e lo seppellì nella propria tomba nuova, era ricco (Matteo 27:57); così Zaccheo era ricco (Luca 19:1-10). 
Che cosa vuol dire: " È ricco davanti a Dio"? Significa per quanto riguarda Dio, ricco riguardo le cose spirituali: la salvezza, i tesori in cielo (Luca 12:33; 18:22).  
Paolo in 2 Corinzi 8:9 lo conferma: "Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi". (Cfr. Apocalisse 2:9; Giacomo 2:5).

Nella concretezza della parabola, vediamo una serie di applicazioni, la prima che possiamo fare è:
A) Non confidare in te stesso e nelle cose materiali, ma in Dio.
Non essere stolto credi in Dio e affidati a Lui! 
Tu non sei padrone della tua vita e le ricchezze non ti danno tutto!
L’attaccamento al denaro, è fonte di ogni male come afferma l'apostolo Paolo: "La pietà, con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno.  Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla;  ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti.  Invece quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e nella perdizione. Infatti l'amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori" (1 Timoteo 6:6-10).
La ricchezza, o le cose materiali danno una falsa sicurezza e non danno la felicità. 
In un articolo sul Corriere della sera nel web del 16 giugno 2009 c’era questo titolo: “Si era battuto per i diritti civili fin dagli anni Quaranta e Cinquanta, Centenario suicida, l'America lo piange”. Isadore Millstone era miliardario e in buona salute: si è gettato in pieno giorno da un ponte sul fiume Missouri. Fra le tante cose che faceva, questo miliardario, aiutava la gente, era un combattente dei diritti civili, aveva nipoti e pronipoti, buona salute e lavorava ancora, ma si è suicidato!
Le cose materiali non danno la felicità, o la vera sicurezza! La felicità si trova in Dio! 
La tua vita dipende da Dio e non dalle cose materiali! Pertanto la nostra speranza e fiducia devono essere in Dio.
Nel Salmo 39:4-7 è scritto: "O SIGNORE, fammi conoscere la mia fine e quale sia la misura dei miei giorni. Fa'ch'io sappia quanto sono fragile. Ecco, tu hai ridotto la mia esistenza alla lunghezza di qualche palmo, la mia durata è come nulla davanti a te; certo, ogni uomo, benché saldo in piedi, non è che vanità. Pausa. Certo, l'uomo va e viene come un'ombra; certo, s'affanna per quel ch'è vanità; egli accumula ricchezze, senza sapere chi le raccoglierà. E ora, o Signore, che aspetto? La mia speranza è in te". 
Forse non sai cosa sarà il tuo futuro ti chiedi che cosa farai o se avrai un lavoro. 
Gesù promette in Matteo 6:33-34: "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno". (cfr. Salmi 37:4). 
Dio ha un progetto per te, fidati di Lui! 
In Geremia 29:11 è scritto: "’Infatti io so i pensieri che medito per voi’, dice il SIGNORE: 'pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza'".          
Tre motivi per fidarsi di Dio:
1) Dio è Sovrano (1 Timoteo 6:15).
Il fatto che Dio è sovrano, significa che Dio ha tutto sotto controllo, il Suo governo è efficace su tutte le cose: dai regni della terra (Salmi 33:10-11; Deuteronomio 4:34-35); alla natura (Salmi 135:5-7; Giobbe 9:4-9), alle azioni degli uomini (Salmi 139:13-16; Proverbi 16:9; 19:21). 
Anche la prosperità e l’avversità sono governate da Dio (Isaia 45:7; Ecclesiaste 7:14; Lamentazioni 3:38; 4:5). 
Niente sfugge al controllo di Dio perciò con Paolo possiamo dire: "Tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio" (Romani 8:28).

2) Dio ti Ama (1 Giovanni 4:9-10).
Se Dio amandoti non ha risparmiato suo Figlio a morire per te, non ti donerà tutte le cose con Lui? (Romani 8:32).
Dio ti ha dato la cosa più importante che poteva dare il Figlio, questa è la garanzia del suo amore e l’impegno di prendersi cura di te! 
In Isaia 54:10 è scritto: "'Anche se i monti si allontanassero e i colli fossero rimossi, l'amore mio non si allontanerà da te, né il mio patto di pace sarà rimosso', dice il SIGNORE, che ha pietà di te".

3) Dio è Saggio (Romani 11:33).
Che cosa significa che Dio è saggio? (Salmi 147:5). Un teologo del XIX secolo J.L.Dagg descrive questo attributo di Dio così: “Consiste nell’individuazione del miglior fine dell’azione, e nell’adozione dei mezzi migliori per l’attuazione di tale fine”. 
Certo a volte le vie di Dio sono incomprensibili, infatti, è scritto che le vie e i pensieri di Dio sono più alti delle nostre vie e pensieri come i cieli, quindi un qualcosa che noi non possiamo afferrare (Isaia 55:8-9; Giobbe 42:3).
Quindi perché ci possiamo fidare di Dio? Perché Dio nel Suo amore vuole sempre ciò che è meglio per noi. 
Nella Sua saggezza, Dio sa sempre cosa è il meglio per noi e nella Sua sovranità ha il potere di determinarlo.
Nella concretezza della parabola, la seconda applicazione che possiamo fare è:
B) Usa ciò che hai per aiutare chi è nel bisogno.
In Proverbi 14:21 è scritto: "Chi disprezza il prossimo pecca, ma beato chi ha pietà dei miseri!"
Non vivere egoisticamente! 
Proverbi 3:9 dice: "Onora il SIGNORE con i tuoi beni e con le primizie di ogni tua rendita".
Dona con generosità e Dio ti benedirà (2 Corinzi 9:6-9; Proverbi 11:24; 19:17; 21:13).

Nella concretezza della parabola, la terza applicazione che possiamo fare è:
C) Ringraziare Dio per quello che ti ha dato.
Quello che hai è un dono di Dio e non è tuo come pensava il ricco avaro. Quindi ringrazia Dio e chiedi a Dio come devi gestire ciò che ti ha dato (1 Cronache 29:10-14; Cfr. 1 Samuele 2:6-7; Giobbe 1:21). 
Non c’è ombra di ringraziamento in quell'uomo ricco o una richiesta al Signore sul che cosa debba fare con quello che Dio gli ha dato?
Nella concretezza della parabola, la quarta applicazione che possiamo fare è:
D) Non essere avaro!
L'avarizia ci distrae notevolmente dalla vita spirituale. 
L'avidità e la ricerca dei beni materiali sono uno dei più grandi ostacoli alla crescita spirituale. 
L’amore per il denaro può rovinare il nostro rapporto con Dio, questo è citato da Gesù nella parabola dei quattro terreni (Luca 8:4–15); nella parabola del ricco e di Lazzaro (Luca 16:19–31), nell’incontro con il giovane ricco (Luca 18:18–30) e anche in questo testo.
Gesù ci avverte contro l'avarizia perché ci lega e ci distrae dalla vita spirituale, prende la nostra attenzione, fiducia e il cuore che deve appartenere solo a Dio (cfr. Colossesi 3:5; 1 Timoteo 6:17).

CONCLUSIONE.
L’obiettivo della nostra vita non è l’edonismo, il piacere egoistico, e interessarsi principalmente all’abbigliamento, alla bellezza e alle cose materiali, ma è la gloria di Dio. 
Infatti, lo scopo primario dell’uomo è glorificare Dio e gioire per sempre in Lui (1 Corinzi 10:31; Romani 11:36; Salmi 73:25-28). 

Nel Salmo 90:9-12 è scritto: "Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira; finiamo i nostri anni come un soffio.  I giorni dei nostri anni arrivano a settant'anni; o, per i più forti, a ottant'anni; e quel che ne fa l'orgoglio, non è che travaglio e vanità; perché passa presto, e noi ce ne voliam via.  Chi conosce la forza della tua ira e il tuo sdegno con il timore che t'è dovuto? Insegnaci dunque a contar bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio".
Noi per lo sdegno e l’ira di Dio, a causa del peccato viviamo poco sulla terra, passiamo presto c’è ne voliamo via, in media campiamo settanta, o ottanta anni per chi ci arriva! 
Ma chi teme il Signore pregherà secondo il v.12: "Insegnaci dunque a contar bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio".
La preghiera deve valorizzare il tempo, che è così breve, che Dio ci ha dato da vivere, di farlo in modo saggio! 
Saggio è contrario di stolto! (Cfr. Salmi 103:15-16). Perciò preghiamo affinché nella brevità della nostra vita possiamo vivere saggiamente, vale a dire per come Dio vuole e glorificandolo!

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