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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Le parabole dell’attenta decisione (Luca 14:28-32).

Le parabole dell’attenta decisione (Luca 14:28-32).
Un grande pianista è stato accolto dopo un concerto da un ammiratore che gli ha detto che avrebbe dato la sua vita per suonare come lui. Il pianista rispose che sarebbe davvero costato tanto tutto questo, perché aveva dato la vita per poter suonare il piano con eccellenza. Si era allenato per ore e ore. Aveva rinunciato a tutte le altre attività della vita per essere un grande pianista. Il grande costo per il pianista era che la sua vita fosse pienamente impegnata nel suonare il pianoforte.

Così c’è un grande costo a essere discepoli di Gesù!
Tutti i veri cristiani sono discepoli di Gesù, essere cristiano e discepolo, non sono due cose separate.
Una persona non può dire di essere cristiana senza essere discepolo, il cristiano è un discepolo di Gesù! 
Per tre volte nei vv. 26,27 e 33 vediamo che Gesù dice: “Essere mio discepolo”.


1) La parola discepolo (mathētēs) tra i greci era usata:
a) Per colui che aveva la mente diretta verso qualcosa da apprendere, quindi un alunno, un allievo, uno che apprendeva la conoscenza, o il comportamento.

b) Il secondo modo come veniva usata la parola era che discepolo aveva un rapporto diretto di dipendenza da una norma di istruzione superiore di un'autorità.
Il discepolo era un apprendista che apprendeva per esempio il lavoro, come la formazione di un tessitore, di un medico, filosofo, ecc. e quindi stava ai piedi di esperti.

2) Il discepolo nell’Antico Testamento.
Il termine appare poco nell’Antico Testamento, ma il concetto è implicito nella società, o tra i profeti. 
Tra gli esempi figurano l'apprendistato di Giosuè con Mosè (Numeri 11:28); Samuele con Eli; Gehazi con Eliseo (1 Samuele 2:11; 2 Re 2:3; 2 Re 4:29).

3) Ai tempi di Gesù fra i giudei il discepolo stava ai piedi di un grande rabbino per conoscere la legge. 

L'obiettivo dei discepoli ebrei era che un giorno loro diventassero maestri e che avessero i propri discepoli che li seguissero.

Ma la differenza tra Gesù e questi altri modelli di discepolato è che la chiamata di Gesù richiede di più. 

Il discepolo risponde alla chiamata che lo lega per sempre non solo all’insegnamento di Gesù riguardo le vie di Dio, ma anche alla Sua persona, alle Sue abitudini, al Suo modo di pensare e al Suo destino per tutta la vita; infatti “essere Mio discepolo” (vv.26-27,33) è un presente attivo e non si riferisce soltanto alla scelta iniziale, ma al comportamento che deve caratterizzare tutta l’esistenza del cristiano.

Consideriamo allora:
I IL CONTESTO DELLE PARABOLE.
Nel contesto delle parabole prima di tutto troviamo:
A) La moltitudine.
Nel v.25 è scritto: “Or molta gente andava con lui; ed egli, rivolto verso la folla disse:….”

Gesù si rivolge alle molte persone che erano con Lui.
Non si capisce chi sono, se persone curiose, o veramente interessate a Lui, o compagni di viaggio in cammino per Gerusalemme per la festa di Pasqua.

Comunque, erano gli ultimi mesi del ministero terreno di Gesù, e nonostante la crescente opposizione contro di Lui, da parte dei leader religiosi, la gente lo seguiva ancora in massa. 

Ma Gesù conosceva il cuore delle persone (per esempio (Giovanni 2:24-25), sapeva che, molti non erano sinceri, erano con Lui per vedere qualche miracolo, o per avere cibo, certamente vi erano presenti persone sincere.

Mentre l’uomo guarda all’aspetto esteriore, Dio guarda al cuore, alla sincerità di cuore!! (1 Samuele 16:7; Matteo 5:8).

Mentre l’uomo guarda ai numeri, Dio guarda alla qualità (Matteo 7:13-14), al vero pentimento di una persona, a una vera consacrazione, non accetta una professione di fede falsa, non accetta gli ipocriti (Matteo 23).

Eppure oggi si mette l’enfasi sui numeri e non tanto sulla qualità: “Quanto è grande la tua chiesa”; “Quanti membri conta”; “Io faccio parte di una grande chiesa, con centinaia di membri”; “Al culto la chiesa era piena”.

Quindi, oggi in molte chiese il numero delle presenze, è spesso l'obiettivo principale.
Certo qualcuno mi dirà che il libro degli atti sottolinea la crescita numerica (per esempio Atti 2:41; 9:31), ma questo non ci giustifica a ricercare i numeri a discapito della qualità, noi infatti, vediamo che la Bibbia mette in evidenza la qualità del carattere e del nostro rapporto con Dio! (Per esempio Michea 6:8; Romani 13:11-14).

È dannoso per una chiesa essere soddisfatti, o misurare la propria identità spirituale dai numeri e far credere agli altri che nei numeri c’è la prova che si è nella verità!! (Matteo 7:13-14).

Dio guarda alla qualità della nostra vita cristiana!
È più contento di una chiesa con pochi membri in una zona sperduta della nazione, ma che gli sono fedeli, che a una chiesa che conta centinaia di membri, ma che non gli sono veramente fedeli!!

È possibile essere membro di una chiesa senza essere un discepolo di Gesù; essere un credente a parole, ma non essere fedele con i fatti a Gesù!

Uno degli ostacoli della chiesa oggi è che in essa ci sono tanti membri, ma pochi veri discepoli di Gesù!

Quindi, per Gesù, è l’occasione di parlare sul significato di essere veri Suoi discepoli.

Allora vediamo:
B) Il messaggio.
Nel Suo messaggio vediamo:
(1) Gesù prima di tutti.
Nei vv.26-27 è scritto: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, e la moglie, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”.

Visto che molte persone che lo seguivano, Gesù parla di cosa significa essere Suoi discepoli, parla del costo del discepolato.

In sintesi Gesù afferma che un Suo discepolo deve amarlo sopra di tutti: prima deve amare Gesù, poi gli altri e poi il proprio io.

Essere discepoli di Gesù significa allentare i legami familiari (Luca 8:19-21, 11:27-28, 9:59-60, 14:26, 18:28-30).

I discepoli devono essere disposti a sacrificare ciò che amano di più al mondo, devono rinunciare a qualcosa che va contro i sentimenti della natura umana: l’amore verso la propria famiglia. 

Il discepolato verso Cristo deve avere la precedenza su tutte le altre relazioni nella vita!
Inoltre, il discepolo deve essere disposto al martirio per Lui e a seguirlo ovunque va Gesù!

Quindi l’amore per Gesù deve essere prioritario, a Lui si deve una completa e radicale devozione!

Significa essere pronti a morire per Gesù e obbedirgli senza ma, e ne se, dove, come e quando vuole Lui anche a costo della persecuzione!

Nel Suo messaggio troviamo ancora:
(2) Gesù prima di tutto.
Gesù chiama i Suoi discepoli a rinunciare a tutto per seguirlo.
Nel v.33 è scritto: "Così dunque ognuno di voi, che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo".

Il verbo “rinunzia” (apotassetai) è al presente, e significa una prontezza continua ad abbandonare tutto ciò che abbiamo per Gesù. 

Quando Gesù chiamò Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, lasciarono ogni cosa e lo seguirono! Lasciarono le loro reti, le loro barche e seguirono Gesù (Matteo 4:18-22; Luca 5:11).

Gesù disse al giovane ricco di lasciare i suoi averi, ma questi non lo fece. 
In Luca 18:22-23 è scritto: "Gesù, udito questo, gli disse: 'Una cosa ti manca ancora: vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi'.  Ma egli, udite queste cose, ne fu afflitto, perché era molto ricco".

"Tutto quello che ha" (huparchousin) la stessa parola altrove, è tradotta con i beni, i possedimenti, gli averi (Luca 8:3; 11:21; 12:15,21-22,33,44; 16:1; 19:8; Atti 4:32). 

Seguire Gesù richiede la possibilità di rinunciare a tutti i beni materiali! 

Comporta rinunciare alla ricerca della sicurezza terrena che i beni materiali promettono, e quindi anche la rinuncia di tutti i progetti e gli obiettivi personali che vanno in questa direzione.

Quindi significa rinunciare volontariamente ai propri beni ogni giorno e confidare completamente in Dio.
Perciò siamo chiamati ogni giorno a mettere fede su Gesù e non sulle cose materiali!! 

"Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere d'animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di far del bene, d'arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare, così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l'avvenire, per ottenere la vera vita" (1 Timoteo 6:17-19).

Così impariamo che Gesù non è un minimalista, quando si tratta d'impegno, e dice le cose come devono essere con franchezza! 

Non è quanto si può dare, poco, o tanto, ma quanto Dio merita! 

Essere discepoli di Gesù significa esserlo sempre e alle condizioni che Lui vuole!

R. J. Karris dice: “Essere discepolo non è un’attività volontaria e periodica, che uno svolga alle condizioni da lui stesso stabilite e in base alla propria convenienza”. 

Il discepolato ha delle condizioni che sono dettate da Gesù e non possiamo servirlo a modo nostro, ma a modo suo!

Un discepolo deve essere pronto a cedere i suoi beni se Dio gli è lo chiedesse di fare! 

Ma anche se non te lo chiedesse di fare, il discepolo deve dare a Gesù il pieno controllo della propria vita e di tutto ciò che possiede! 

Siamo comunque, chiamati a fare gestire a Lui ciò che abbiamo per il progresso del Suo regno e per la Sua gloria!

Passiamo ora a considerare:
II LE CARATTERISTICHE DELLE PARABOLE.
La prima parabola è:
A) La costruzione della torre.
Nei vv.28-30 leggiamo: "Chi di voi, infatti, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolare la spesa per vedere se ha abbastanza per poterla finire? Perché non succeda che, quando ne abbia posto le fondamenta e non la possa finire, tutti quelli che la vedranno comincino a beffarsi di lui, dicendo: 'Quest'uomo ha cominciato a costruire e non ha potuto terminare'". 

In questa parabola si parla di:
A) Costruzione. 
Nel v. 28 è scritto: "Chi di voi, infatti, volendo costruire una torre”.
La costruzione consisteva in una torre.
Le torri nell’antichità avevano funzioni militari, come luogo di osservazione e di difesa dai nemici, ma erano utilizzate anche per attività agricole (Isaia 5:2; Michea 4:8; Marco 12:1-2), per vari scopi come magazzino per le attrezzature e i prodotti agricoli, come i moderni granai, capannoni e silos, da alloggio e da postazione di controllo per difendere i raccolti dagli animali e dai ladri.

Probabilmente la torre, di cui parla Gesù, è di dimensione grande, è una grande costruzione, e per renderla stabile e sicura, erano necessari costi elevati.

Così anche il discepolato per Gesù Cristo ha un costo elevato, un prezzo grande da pagare.
In secondo luogo, questa prima parabola ci parla di:
(2) Calcolazione.
Sempre nel v. 28 leggiamo: “Non si siede prima a calcolare la spesa per vedere se ha abbastanza per poterla finire?”

Gesù usa due termini monetari. 
Il primo termine è calcolare.
"Calcolare" (psēphizei- presente attivo indicativo) spesso significava contare, fare i calcoli con piccole pietre o ghiaia, ed era anche usata per il voto, o per fare una scelta calcolata. 

L'altro termine monetario è: "spesa" (dapánē) faceva riferimento alle spese di una determinata impresa. 

Prima di costruire qualsiasi edificio, è necessario che i costruttori si siedano prima e calcolino il costo per vedere se possono realizzarlo economicamente. 

Molti sono gli edifici, anche privati, che vediamo da anni in costruzione e mai terminati, probabilmente perché non ci sono i mezzi economici, c’è stato un calcolo errato.

Quindi vediamo il terzo aspetto della parabola:
(3) La derisione.
Nel v.29 leggiamo: “Perché non succeda che, quando ne abbia posto le fondamenta e non la possa finire, tutti quelli che la vedranno comincino a beffarsi di lui, dicendo: 'Quest'uomo ha cominciato a costruire e non ha potuto terminare'". 

"Beffarsi" (empaizein) significa ridicolizzare, deridere in modo meschino. 
Noi dobbiamo ricordare che la reputazione era molto importante in oriente.

Il proprietario della costruzione, prima di fare la torre si siede prima (è in enfasi) a calcolare la spesa, per fare una stima dei costi di ciò che ha in mente di realizzare, perché se non la finirà lo prenderanno in giro.
Così una costruzione incompiuta, oltre ad avere un aspetto ridicolo, sarebbe stata occasione di derisione.

Il punto, quindi è per evitare la vergogna, di essere ridicolizzati, perché la torre rimane incompiuta, è calcolare bene i costi se si hanno le risorse economiche necessarie per iniziarla e completarla; se non si hanno i mezzi economici sufficienti, è meglio non cominciare l’opera.

Prima di costruire, la persona saggia fa il calcolo della spesa, fa i calcoli ci ragiona e vede se i soldi basteranno per finire la torre.

Poi Gesù dice un’altra parabola dal significato simile:
B) Il re che va alla guerra (vv.31-32).
Nei vv.31-32 è scritto: "Oppure, qual è il re che, partendo per muovere guerra a un altro re, non si sieda prima a esaminare se con diecimila uomini può affrontare colui che gli viene contro con ventimila? Se no, mentre quello è ancora lontano, gli manda un'ambasciata e chiede di trattare la pace". 

Gesù provvede un secondo esempio sull'importanza di esaminare e riflettere prima di agire. 

L’immagine di un re che si prepara a muovere guerra a un altro re, doveva risultare, familiare all’uditorio della parabola di Gesù, c’erano proprio dei periodi dell’anno preparati per fare le guerre (2 Samuele 11:1). 

La descrizione di un re con diecimila uomini che pensa di combattere contro uno che ne ha il doppio serve a catturare l’attenzione. 

Il re a mal partito con diecimila uomini, esamina se può affrontare (è enfatico) l’esercito con ventimila uomini.
Dopo aver ragionato e sapendo che non può vincere l’esercito con più soldati, mentre il nemico è ancora lontano (è enfatico), il re gli manda un’ambasciata (è enfatico) per trattare la pace.

Andare in battaglia senza riflettere sarebbe stato disastroso: sarebbe stata la sconfitta, sarebbe stata la morte! 

È una parabola gemella del costruttore della torre, ma ci sono alcune differenze. 

Nella prima, il proprietario della costruzione della torre cerca di evitare il disonore, nella seconda il re deve affrontare l’eventualità d'incorrere nel disonore e nella morte, inoltre se il costruttore della torre si dimostra stolto, lui solo ne sopporterà la vergogna, mentre se ad agire in modo stolto è il re, periranno con lui diecimila persone! 

E ancora chi costruisce la torre è libero di costruirla, o non costruirla, mentre il re è costretto a causa della minaccia del nemico.

In un certo senso con la prima parabola Gesù dice: "Siedi, e vedi se ti puoi permettere di seguirmi". Nella seconda dice: "Siedi, e vedi se ti puoi permettere di rispondere negativamente a quello che ti chiedo".

La risposta è no, nel senso che non possiamo rifiutare di essere discepoli di Gesù, perché essere discepoli di Gesù significa salvezza dai peccati e dal giudizio di Dio (Matteo 1:21; Marco 8:34-38; Romani 5:1-11).

Infine vediamo:
III LA COMUNICAZIONE DELLE PARABOLE.
La comunicazione delle parabole è: riflettici bene prima di diventare un discepolo di Gesù, rifletti sul costo alto che c’è da pagare!

Ci sono alcuni che pensano che essere cristiani sia facile. 
Ma Gesù dice il contrario, ci dice: c'è un prezzo alto da pagare!
Gesù Cristo voleva che la moltitudine sapesse che il costo era alto per essere un Suo vero discepolo.

Gesù Cristo non ha dipinto un'immagine falsa del discepolato, non ha solo mostrato il lato piacevole del discepolato, ma ha anche parlato di rinunce, di persecuzione, di dolore.

Lo studioso Joachim Jeremias scrive: “Gesù inculca l’ammonimento: riflettici bene!”.

Non potete cominciare un’opera e poi lasciarla a metà perché è peggiore di ciò che non si è mai cominciato!

Valutate il costo del discepolato prima d’impegnarsi in esso, non prendete una decisione avventata!

Molte persone che pensano di andare a Cristo non hanno idea di cosa questa decisione possa costare loro, e purtroppo chi gli predica il Vangelo, in certi casi non gli è lo comunica, comunica solo l’aspetto positivo del Vangelo!

Gesù dice che c’è un costo a seguirlo, non nasconde le sue esigenze estreme.
Certo per chi è solo un cristiano di nome, un cristiano pieno di compromessi con il mondo e il peccato, il problema non sussiste!

Ryle, J. C. diceva: "Costa qualcosa essere un vero cristiano, non dimenticarlo mai, essere un semplice cristiano nominale e andare in chiesa, è un lavoro economico e facile". 

L'obiettivo di Gesù non è quello di spaventare i potenziali discepoli, ma di arruolare coloro che sono pronti ad amarlo, pronti a rinunciare a se stessi e pronti a obbedirgli anche a costo della persecuzione e della morte.

Seguire Gesù non è andarsi a mangiare un gelato con gli amici! O andare a divertirsi da qualche parte!

Gesù sta dicendo se tu vuoi essere mio discepolo, ragionaci bene, perché c’è un costo non indifferente: comporta un amore prioritario, fedeltà e ubbidienza anche sotto persecuzione!

Il senso della parabola dunque è quella di riflettere bene, valutare il costo del discepolato prima di diventare un discepolo, prima di prendere un impegno impulsivo, dettato dall’emozioni come a volte avviene. 

Una persona dovrebbe essere sicura di quello che sta facendo, il discepolato ha un costo e così la sua vita non assomiglia a un compito lasciato a metà e gli altri ti prendono in giro, questi diranno: "Ma come l’altro giorno parlavi di Gesù, seguivi Gesù e oggi non t'importa proprio niente di Lui, ma che razza di persona sei?".

Riflettici bene prima d’intraprendere il discepolato con Gesù!
Il senso è: "Vuoi diventare un discepolo di Gesù? Allora, ragiona sul costo".

Devi sapere a cosa vai incontro, al costo del discepolato.

Perciò la decisione di essere un discepolo non deve essere frettolosa, ma deve essere ben ponderata, deve considerare completamente se si è pronti ad assumere l’impegno e il sacrificio a seguire Gesù.  

Il Signore Gesù parlò in questo modo per impedire che gli uomini lo seguissero con leggerezza e sconsideratezza, per far loro riflettere che seguirlo ha un costo, pertanto è importante essere consapevoli di questo!

Diventare un discepolo di Gesù è una questione seria, costosa come costruire una torre, pericolosa come andare in guerra quando sei in inferiorità numerica riguardo al nemico.

CONCLUSIONE.
Le parole di Gesù, riguardo il discepolato (Luca 14:25-27) sono molto forti, ma necessarie.

Gesù non desidera delle persone che si affrettano a diventare suoi discepoli senza pensare alle implicazioni che tale decisione comporta, Egli parla chiaramente del prezzo da pagare. 
Quelle persone probabilmente erano ben intenzionate, ma Gesù li incoraggia a valutare bene, quindi a capire il costo del discepolato, prima di volerlo diventare.

Gesù non ha nessun desiderio di nascondere i Suoi requisiti a quelli che vogliono seguirlo, Gesù non aspetta che prima ci convertiamo e poi ci dice il resto. 

Gesù non ci nasconde il prezzo del discepolato, ma apertamente, onestamente ci dice che il discepolato ha un costo!

Gesù racconta due parabole gemelle, simili per illustrare che prendere una decisione per essere Suo discepolo deve comportare un’attenta riflessione.

Seguire Gesù non è un'impresa "a basso rischio" o "a basso costo".

Diventare discepolo di Gesù significa intraprendere un sentiero tortuoso e pieno di insidie, ma che comunque porta alla salvezza eterna e quindi ne vale la pena intraprendere! 


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