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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Introduzione alle parabole dell’amore di Dio per coloro che si sono persi (Luca 15:1-32).

Introduzione alle parabole dell’amore di Dio per coloro che si sono persi (Luca 15:1-32).
John Blanchard scrive: “Il Vangelo non è un piano umano per raggiungere Dio, ma un piano divino per raggiungere l'uomo”.

Non c'è capitolo del Nuovo Testamento così ben conosciuto e tanto amato come questo capitolo del Vangelo di Luca.
È stato chiamato "il Vangelo nel Vangelo", come se contenesse l'essenza distillata della buona notizia predicata e compiuta da Gesù.

Il vescovo Ryle su questo capitolo disse: “Pochi capitoli hanno fatto più bene alle anime degli uomini”.

E Robert Smith disse: “È piaciuto al Signore usare Luca 15 nel ministero evangelico più di altre parti, tranne forse Giovanni 3:16”.

I farisei e gli scribi continuano a monitorare il comportamento di Gesù, e con queste parabole, Gesù risponde al loro mormorio perché accoglieva i pubblicani e i peccatori.
I farisei e gli scribi non interpretavano bene il loro tempo presente (Luca 12:54-56), non vedevano il regno di Dio all'opera nel ministero di Gesù (Luca 13:18-21). 

Ognuna di queste tre parabole è una meravigliosa rivelazione dell’amore e della grazia di Dio per i perduti e la Sua gioia nella loro salvezza dai peccati.


Consideriamo:
I LA CIRCOSTANZA DELLE PARABOLE (vv.1-2).
A) L’accettazione di Gesù (v.1).
Al v.1 leggiamo: “Tutti i pubblicani e i ‘peccatori’ si avvicinavano a lui per ascoltarlo”.
Se i capi religiosi emarginavano e disprezzavano i pubblicani e i peccatori, Gesù non aveva paura di stare in mezzo a loro e di mangiare anche con loro, è venuto per i malati e non per i sani (Matteo 9:10-13; Luca 5:31-32), quando si avvicinano a Lui non li caccia via, ma li accoglie!

Gesù venne nel mondo per predicare una buona notizia, ma anche per chiamare e salvare i peccatori.

"Il Figlio dell'uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto" (Luca 19:10).

Gesù è la Parola che si fece carne (Giovanni 1:1-3,14), il Dio che si fece uomo (Matteo 1:23), il Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace (Isaia 9:5), il medico che guarisce le nostre ferite e i peccati (Luca 5:31), il Salvatore del mondo (Giovanni 4:42); questa è la somma della consolazione, non c’è peccato che Lui non possa perdonare, ferita che non possa fasciare e guarire!

Associarsi con i pubblicani e i peccatori, era considerato contaminante, e mangiare con loro, scandaloso!
Eppure Gesù fu spesso visto in loro compagnia, aveva persino scelto un esattore di tasse per essere uno dei dodici apostoli, e non esitava a pranzare con loro, perché loro avevano bisogno di Lui!

Così si sono raggruppati attorno a Lui per ascoltarlo tutti i pubblicani e i peccatori, e Lui li accoglie!
“Tutti” (pantes) è iperbolico (cfr. Luca 3:16; 4:15; 7:29;), indica moltissimi, o letteralmente tutti questi tipi di persone che erano presenti in quella particolare area.

“Si avvicinavano” (engizontes - presente attivo participio) potrebbe significare un’azione abituale, ricorrente, ciò che i pubblicani facevano di solito quando vedevano Gesù, oppure qualcosa che stava accadendo in quel momento.

Avvicinarsi a Gesù per ascoltarlo è avvicinarsi al regno di Dio (cfr. Luca 17:21).

I “pubblicani” (telōnai), erano esattori delle tasse, odiati e disprezzati dalla popolazione perché erano ladri prendendo più del dovuto (cfr. Luca 3:12-13), collaboravano con l’esercito nemico, e non erano devoti a Dio.

I “peccatori” (hamartōloi) erano figure poco raccomandabili, coloro, che peccavano palesemente e abitualmente, i devoti al peccato. 

“Peccatori” si riferisce alle persone irreligiose, che non avevano nessun interesse per l'osservazione della legge, e non si comportavano secondo le aspettative morali, o cultuali standard di Dio.

I peccatori sono quelli che, come il figliol prodigo, sono perduti e lontani dal Padre e hanno bisogno di essere risanati, ripristinati.
Queste persone erano emarginate, reiette, eppure queste persone sono venute ad ascoltare Gesù, mentre i capi religiosi avevano indurito il loro cuore contro Gesù e il suo messaggio!

Dio è il più importante da ascoltare, ma purtroppo oggi non è ascoltato dalla stragrande maggioranza delle persone!
Queste persone ascoltano altro! Ascoltano ciò che dice questo mondo, non vogliono avere Dio per fare ciò che vogliono! Preferiscono le tenebre e non la luce. 

In Giovanni 3:19-21 è scritto: “Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio”.

Luca riporta:
B) La mormorazione dei capi religiosi (v.2).
Al v. 2 è scritto: “Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: ‘Costui accoglie i peccatori e mangia con loro’”.

Questo mormorio è la causa delle parabole come leggiamo al v.3.

L'associazione di Gesù con le persone disprezzate dai capi religiosi e il loro mormorio è già stata documentata (Luca 5:30; 7:34).

“Mormoravano” (diegonguzon - imperfetto attivo indicativo) indica che stavano manifestando la loro disapprovazione, e secondo gli esperti di greco il tempo del verbo (imperfetto) indica un comportamento abituale. 

“Mormoravano”, fa pensare a una disapprovazione pubblica, oltre a un mormorio privato.

Ricorda le lamentele contro Mosè e Aronne nel deserto (Esodo 15:24; 16:2,7-8; 17:3; Numeri 14:2,36; 16:11; Deuteronomio 1:17).

“Costui” è un’espressione di disprezzo, fortemente derisorio.

Il motivo del loro disprezzo è perché Gesù accoglie, accetta e dà il benvenuto in modo amichevole ai pubblicani e ai peccatori!

L'uso del tempo presente di “accoglie” (prosdechetai – presente medio, o passivo indicativo) suggerisce uno schema continuo, che i farisei interpretano come una violazione delle istruzioni stabilite nella Scrittura per non associarsi con i malfattori (per esempio Salmo 1:1; cfr. Isaia 52:11). 

Gesù conversava volentieri con loro e dava loro istruzioni utili.

Potrebbe indicare che qui Gesù ospita i peccatori, questo sarebbe un'offesa ancora più grave per un fariseo del semplice mangiare con loro!
  
Il fatto che Cristo accoglie i peccatori, è la buona notizia del Vangelo. Li riceve per riscattarli. 

Spurgeon scriveva: “Nell'amore del suo cuore riceve i peccatori, li prende dal letamaio e li indossa come gioielli nella sua corona; li coglie come marchi dalle fiamme e li conserva come costosi monumenti della Sua misericordia. Nessuno è così prezioso alla vista di Gesù come i peccatori per i quali è morto. Quando riceve i peccatori, Gesù non ha un luogo di accoglienza all'aperto, nessun reparto casuale dove li intrattiene caritativamente come gli uomini passano mendicanti, ma apre le porte d'oro del suo cuore reale e riceve il peccatore direttamente in Se stesso- sì, Egli ammette l'umile penitente in unione personale e lo rende un membro del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa. Non c'è mai stata una tale accoglienza!”

Anche in questo momento, Gesù sta accogliendo i peccatori, perché Gesù non è cambiato!
Se tu non hai ancora trovato Gesù, sei perduto e ti stai incamminando verso l’inferno, vai da Gesù, porta i tuoi peccati a Gesù, pentiti e credi in Gesù Cristo come tuo Signore e Salvatore e sarai salvato, perché Dio è un Dio di grazia e sarà contento se vai a Lui, ti accoglierà sicuramente! 
Non ci sono peccati, o troppo grandi, e terribili che Dio non ti possa perdonare!

A coloro che non osservavano la legge, i farisei, li chiamavano “Popolo della Terra”; ed erano separati da loro. 
I farisei avevano un regolamento contro questi del “Popolo della Terra”, per esempio non si dovevano affidare a loro denaro, non ci si doveva fidare di loro, quindi non si dovevano dirgli segreti, non nominarli guardiani di orfani, non dargli responsabilità dei fondi di beneficenza, non essere loro compagni di viaggio.

A un fariseo era proibito essere l'ospite di un tale uomo, o averlo come suo ospite. 

Era addirittura proibito, per quanto fosse possibile, avere rapporti d'affari con lui. 

Era il deliberato scopo farisaico di evitare ogni contatto con le persone che non osservavano i piccoli dettagli della legge.

Addirittura, i più estremisti religiosi giudei non dicevano: "Ci sarà gioia in cielo per un peccatore che si pente", ma dicevano: "Ci sarà gioia in cielo per un peccatore che è cancellato davanti a Dio".

Quindi potete immaginare allora perché mormorarono nel vedere Gesù che mangia con i pubblicani e i peccatori, e perché Gesù disse queste tre parabole.

In quella cultura, sedersi e consumare un pasto con una persona mostrava una certa misura di identificazione e benvenuto, di accettazione reciproca e solidarietà.

I pasti divennero un mezzo per stabilire confini chiari che mostrassero chi era dentro e chi era fuori, chi era con loro, o contro di loro.

Per i farisei, la volontà di Gesù di ricevere alla sua tavola i peccatori, coloro dimostravano di disprezzare la legge di Dio, era come dire che Dio non fosse serio riguardo alla Sua legge, ed era anche visto come rifiuto inequivocabile dei valori, pratiche convenzionali e delle norme socio-religiose dei capi religiosi (vedi anche Luca 7:36; 11:37; 14:1,3).

Gesù snobbò l'intero sistema di classificazione di persone che facevano i capi religiosi!

Gesù voleva salvare i peccatori, per questo è venuto sulla terra!

Se Gesù stava mangiando con persone così orribili, secondo i capi religiosi, allora era colpevole per associazione. 

Secondo alcuni studiosi può esserci qui, anche l’immagine della comunione alla fine dei tempi (Luca 13:25-29;14; 15:23-32).

I capi religiosi, all’epoca di Gesù, non si avvicinavano a queste persone, nemmeno per insegnare loro la legge o indicarle la via per Dio. 
Sono sempre stati attenti a rimanere “incontaminati”, rimanendo a debita distanza da loro, evitando ogni contatto.
Al contrario, Gesù non aveva paura di contaminarsi con i peccatori, o di essere giudicato dai capi religiosi, non gli importava la loro approvazione, perché è venuto per salvare i peccatori, e dimostrare quindi a loro l’amore di Dio; per fare questo doveva stare in mezzo ai peccatori!

Quindi con John A. Sanford possiamo affermare: “La personalità e gli insegnamenti di Gesù non sono ereditati dallo spirito collettivo del suo tempo, ma si distinguono in contrasto con esso. La loro stessa unicità è una testimonianza della realtà della sua personalità”.

Gesù c’insegna a stare in mezzo ai peccatori per mostrare loro l’amore di Dio!
Per mostrare loro la via della salvezza che non conoscono!

“Il problema dell'uomo nasce dal fatto che non solo ha perso la strada, ma ha perso l'indirizzo” (Nicolas Bardyaev).

C) La motivazione della parabola.
Nel v.3 è scritto: “Ed egli disse loro questa parabola”.
Luca ha usato “questa parabola” per includere tutti e tre.

Le parabole erano il modo di Gesù Cristo di rispondere alla mormorazione degli scribi e dei farisei; Gesù le disse per far capire la natura del Suo ministero salvifico, voluto da Dio Padre, di andare a cercare i perduti e la gioia di Dio nel ritrovarli, e quindi dell’amore per i perduti, amore e gioia che i capi religiosi non avevano! 

Ai capi religiosi non importava il destino dei peccatori!
Quindi l’occasione di queste parabole sono per difendere la Sua missione voluta dal Padre e rimproverare i capi religiosi che non avevano nessun amore per i peccatori e gioia nel vederli salvati, aspetti che aveva Dio!

II LE CARATTERISTICHE DELLE PARABOLE.
Nelle caratteristiche delle parabole prima di tutto vediamo:
A) La sostanza delle parabole.
Queste tre parabole: la pecora smarrita (Luca 15:3-7); della moneta perduta (Luca 15:8-10); del figliol prodigo, o figlio perduto (Luca 15:11-32) parlano della gioia di Dio nel vedere il pentimento di un singolo peccatore.

Ognuna di queste parabole, è un rimprovero implicito dell'atteggiamento dei farisei verso Gesù e i peccatori, e un invito a rallegrarsi nella restaurazione dei peccatori a Dio, invece di mormorare perché Gesù sta con loro, perché ha un contatto con loro.

Il pentimento degli altri deve essere affrontato con gioia e celebrazione, perché il Dio della salvezza gioisce per i perduti quando si ravvedono, quando sono ritrovati.

In queste parabole vediamo l’amore di Dio per i perduti, e la Sua gioia nel ritrovarli!
Amore e gioia che ha ancora oggi, un amore che va al di là di ciò che siamo!

“Dio ci ha amato quando non c'era nulla di bello da vedere in noi e nulla di buono da dire per noi” (John Blanchard).

“L'amore divino, a differenza dell'amore umano, non dipende dal suo oggetto” (R. B. Kuiper).

L'amore di Dio non è tratto dalla nostra amabilità, ma scaturisce, dal profondo della sua natura.

Riguardo l’amore di Dio, i credenti hanno molta familiarità, ma non con l’attributo della gioia di Dio, infatti è un attributo molto trascurato.

Dio è un Dio di gioia (Deuteronomio 30:9; 1 Cronache 16:27; Neemia 8:10; Isaia 62:5; Geremia 32:37-41; Sofonia 3:14-17), e gioisce nella salvezza dei peccatori (Luca 15:7,10,32).

La gioia di Dio è la fonte della gioia dei credenti; è una componente del regno di Dio data dallo Spirito Santo a coloro che sono stati salvati (Romani 14:17; 15:13; 1 Tessalonicesi 1:6). 

I cristiani sono benedetti ricevendo gioia in questa vita (Giovanni 15:11, 16:20, 24, 17:13, Atti 13:52, Romani 15:13, Galati 5:22, Filippesi 4: 4; 1 Pietro 1:8; 1 Giovanni 1:4; 2 Giovanni 12), ma la piena gioia della perfezione eterna li attenderà in cielo (Matteo 25:21, 23). 

La gioia dei credenti, come la gioia di Dio, è il risultato della grandezza e della gloria dell'opera salvifica di Dio in Cristo

Consideriamo ora:
B) La struttura delle parabole.
Perché Gesù ha detto queste parabole nell'ordine: pecore smarrite, monete perse, figlio perduto? 

È stato suggerito che la sequenza è proporzionale, dalla più piccola alla più grande, come segue: la prima parabola una pecora su cento è persa; la seconda parabola una moneta su dieci è persa; la terza parabola un figlio su due è perso.

Nella prima parabola, ciò che si perde è uno su cento pecore, o l'1%. 

Nella seconda parabola ciò che si perde è uno su dieci monete, o il 10%.

Nella terza parabola ciò che è perso è uno su due figli, o il 50%. 

Al di là delle percentuali che possono essere importanti per l’uomo, ma per Dio ciò che vale è la salvezza del singolo peccatore, e quando un peccatore perduto è ritrovato, Lui gioisce!

Alcuni pensano che l’ultima parabola, la parabola del figlio perduto (o prodigo), essendo la più lunga delle tre e anche la più toccante, forma il culmine di tutto il discorso.

III IL CONFRONTO DELLE PARABOLE.
Tutte e tre le parabole illustrano che il peccatore è perduto, ognuna delle tre parabole ha qualcosa che è stato perso e ritrovato. 

Nella prima parabola si perse e si trovò una pecora. 
Nella seconda parabola è stata persa e trovata una moneta. 
E nella terza parabola un figlio si perse e fu trovato. 

Ognuna di queste parabole segnala una grande gioia dopo che è stata trovata la perdita. 

Gesù fa l’esempio della pecora che notoriamente è stupida e indifesa; la moneta è insensata e inanimata, il figlio è ribelle. 

Il pastore, la donna e il padre rappresentano Dio che dopo aver restaurato il peccatore perduto gioisce insieme a tutti coloro che sono in cielo.

Nella prima parabola la pecora smarrita viene recuperata fuori dall'ovile, nella seconda la moneta persa viene recuperata all'interno della casa, e la terza parabola incorpora entrambe: il padre deve attendere il ritorno di un figlio ribelle che è andato via, ma che poi ritorna a casa.

Nelle prime due parabole la pecora e la moneta non fanno nulla per essere trovate; il loro recupero dipende interamente dall'iniziativa di colui che li cerca. 

La stessa determinazione è fondamentale anche per la terza parabola, è vero che il figlio ribelle ritorna, ma il Padre lo accoglie senza risentimento.

CONCLUSIONE.
Queste parabole sono essenzialmente un invito a non ripetere gli errori dei brontoloni" di Israele. 

Che cosa impariamo da queste parabole?
Innanzitutto:
1) La preoccupazione di Dio per ciò che è perduto e la gioia nel ritrovarli.
La risposta di Gesù con queste parabole al mormorio dei capi religiosi, ci fa capire che Dio ci tiene, ama i perduti e farà di tutto per recuperarli ed è pronto ad accoglierli, se si pentono dei loro peccati e gioisce quando sono salvati.

In un modo particolare nella parabola del figliol prodigo vediamo l'amore incondizionato di Dio.

Non così i cattivi pastori spirituali: gli scribi e i farisei, guai a loro (cfr. Ezechiele 34:1-6; Geremia 23:1-4).

Gesù è il buon pastore! (Ezechiele 34:11-16; Giovanni 10:11-16).
L’azione di Gesù non è altro che l’azione di Dio che va a cercare i perduti, e una volta ritrovati gioisce come il pastore che ritrova la pecora, la donna la moneta, il padre che ritrova il figlio! 

Non così i farisei e gli scribi rappresentati dal fratello maggiore del figlio perduto!

Come discepoli di Gesù dobbiamo amare i perduti e predicare loro la salvezza che è in Cristo Gesù, e gioire con loro quando sono ritrovati, salvati.

Tanti anni fa, a Hull, Inghilterra, qualcuno rapì Denise Weller di 6 mesi dalla sua carrozzina fuori da una farmacia di Harlow mentre sua madre faceva la spesa al suo interno. La polizia l'ha trovata dopo una delle più grandi ricerche per un rapitore nella storia britannica.
Una squadra di 200 poliziotti e investigatori aveva interrogato metodicamente 75.000 persone a Harlow, a nord di Londra. Trecentoventi giornali a Londra e nelle aree circostanti avevano pubblicato questionari di polizia relativi al rapimento per i lettori da compilare se pensavano di poterli aiutare. Quando la bambina è fu ritrovata il capo della polizia Willers Victers disse: “È come una vacanza qui, non ho mai conosciuto la città così felice”.
Così noi cristiani dobbiamo essere gioiosi e felici quando Dio ritrova un peccatore, come Dio dobbiamo accogliere i peccatori salvati per grazia.
Queste parabole, soprattutto quella del figlio perduto, ci parla “dell'intenzione di Dio di riunire una comunità basata sulla grazia e non sul rigido calcolo dei meriti e dei demeriti che può generare uno spirito mercenario nel trattare con Dio e gli altri” (David E. Garland). 

Coloro che riconoscono e accettano Cristo devono riconoscere e accettare gli altri riconosciuti e accettati da Cristo.

In secondo luogo, vediamo:
2) La potenza trasformante di Gesù.
Se i Farisei guardavano dall'alto in basso i peccatori, e li evitavano per non contaminarsi, Gesù li cercava. 

Gesù non aveva paura della contaminazione fisica o spirituale, perché il suo potere era in grado di superare sia la malattia fisica che quella spirituale.

Walter Wink scrive: "La santità ... non era qualcosa da proteggere; piuttosto era il nume trasformante potere di Dio. La santità di Dio non può essere macchiata; può solo prevalere”. 

Gesù accoglie i peccatori e cena con loro perché non ha paura di essere influenzato da loro, ma cerca di trasmettere loro la benedizione; non solo predicare il ravvedimento ai peccatori per il perdono dei peccati; cena con loro e perdona i loro peccati. 

Gesù come medico non aspettava i malati, ma li andava a cercare e stava con loro!

Come discepoli di Gesù dobbiamo essere santi, per la potenza dello Spirito Santo, e stare in mezzo ai peccatori per parlargli della guarigione che dà Gesù dai peccati.

Vediamo ancora:
3) L'iniziativa divina.
Il pastore e la donna c’insegnano che l’iniziativa della salvezza è di Dio, Dio cerca i perduti.

Nella parabola del figlio prodigo, o perduto, vediamo l’importanza del ravvedimento per essere accolti da Dio.
Ma anche il ravvedimento è un dono di Dio (Atti 5:31; 11:18; 2 Timoteo 2:25); quindi la decisione dell’uomo non è separata dal proposito e dall'azione salvifica di Dio manifestata nell'atto stesso del ravvedimento.

Il ravvedimento e la salvezza arrivano di conseguenza dalla grazia di Dio, è per grazia di Dio (Romani 11:6; Efesini 2:8-9).

La grazia è la prima cosa, e il pentimento viene come risposta alla grazia.

Quindi queste tre parabole mettono l'enfasi sull'amore e la grazia di Dio per i perduti e gli emarginati (cfr. Luca 14:12-14,21-23). 

Insieme a John Henry Jowett possiamo affermare: “Non c'è alcun relitto umano, che giace nella melma del più profondo mare d’iniquità, che il profondo amore di Dio non può raggiungere e riscattare”.

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