La vita eterna è in Cristo Gesù
“Perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 6:23).
L’apostolo Paolo, nel capitolo 6 di Romani, sta spiegando che il cristiano in virtù della sua unione spirituale con Gesù Cristo è libero dal peccato e fatto servo di Dio, ha la santificazione e la vita eterna. Al v. 23 l’apostolo aggiunge un chiarimento, spiega la ragione di quanto detto nei vv.21-22 e al tempo stesso fa una conclusione solenne e impressionante di tutto il capitolo. Al v.23 vediamo che “salario” è in contrasto con “dono”, “peccato” con “Dio”, “morte” con “vita eterna”. In questo versetto vediamo tre aspetti che riguardano la morte e la vita eterna. Il primo aspetto è: la conseguenza del peccato è la morte, poi il dono di Dio è la vita eterna, e infine il luogo, o lo strumento mediante il quale abbiamo la vita eterna.
Cominciamo nel considerare la conseguenza del peccato è la morte. Paolo usa la parola “salario”. Il salario (opsōnion) era originariamente utilizzato per la paga di un soldato in denaro, o in provviste, ma venne poi utilizzato per qualsiasi tipo di stipendio, salario o indennità. Alla base della metafora c'è l'idea di pagamenti regolarmente ricorrenti. Dunque, il “salario” è il risultato finale, o la conseguenza di un'attività, visto come qualcosa che si riceve in cambio. In questo versetto il peccato è raffigurato come un ufficiale in comando che paga uno stipendio a un soldato, o come un proprietario di schiavi che paga un'indennità a uno schiavo, o un agente che paga il salario. Il “peccato” (hamartía) è un atto, o un sentimento che trasgredisce, o ignora qualcosa richiesto dalla legge di Dio, dalla Sua volontà, o dal Suo carattere, sia con il pensiero, il sentimento, con le parole, o con le azioni. Il peccato è mancare il bersaglio di ciò che vuole Dio, è un'offesa in relazione a Dio con enfasi sulla colpa; è mancare il vero scopo della nostra vita, che è Dio. La Bibbia ci dice che tutte le persone, di tutti i tempi siamo peccatori, senza nessuno escluso; chi dice di essere senza peccato si sta ingannando, è bugiardo, e fa Dio bugiardo perché Dio stesso ci dice che siamo peccatori (cfr. Romani 3:23; 1 Giovanni 1:8-10). Paolo ci dice che il salario del peccato è la morte (cfr. Ezechiele 18:4, Romani 5:12; 6:16, 21, 23; 7:5; 8:6,13; Giacomo 1:13-15), quindi la ricompensa, o la conseguenza del peccato è la morte! In generale quando la Bibbia parla di “morte” (thanatos) ne parla in tre modi: la morte fisica (Luca 23:15; Giovanni 11:4,13; Romani 8:38), quella spirituale, cioè la mancanza di comunione con Dio (Giovanni 5:24; 1 Giovanni 3:14; cfr. Isaia 59:1-2), e la morte eterna, o seconda, e implica una punizione eterna (Giacomo 5:20; 1 Giovanni 5:16-17; Apocalisse 2:11; 20:6,14; 21:8). Dio aveva avvertito Adamo a non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché nel momento in cui ne avrebbe mangiato, sarebbe morto (Genesi 2:15-17), così è stato (Genesi 3:1-19), ed è anche per noi oggi (cfr. Romani 5:12; 1 Corinzi 15:21-22). Il Dio santo e giusto giudica il peccato! (per esempio Salmo 90:7-12; Romani 1:18; 2:3; 6:21). Anche se può indicare tutte e tre i tipi di morte, è molto probabile che morte, qui si riferisce alla morte eterna, all’eterna separazione da Dio, all’inferno, luogo di tormento cosciente eterno (Luca 16: 24–25; Apocalisse 20:6,14, 21:8). La morte è la finale e irreversibile separazione da Dio dalla Sua vita e presenza! Il peccato è ingannevole promette la vita, invece dà la morte! Anche se il peccato promette una grande ricompensa, la sua conseguenza invece è la morte (Romani 6:23). Leon Morris scrive: “I peccatori ottengono ciò che hanno guadagnato. La morte non è una sentenza arbitraria, ma l'inevitabile conseguenza del loro peccato”.Ma c’è speranza! Paolo dice che Dio dona la vita eterna. Il “ma” (de – congiunzione avversativa) esprime il contrasto, dunque, l’opposto del salario del peccato e della morte è il dono della vita eterna di Dio. L’umanità allora ha un "salario" guadagnato a causa del peccato contro la possibilità di avere un dono da Dio. In contrasto con il "salario del peccato" che è dovuto (cfr. Romani 4:4), la vita eterna è gratuitamente concessa ai cristiani da Dio stesso e non viene data in cambio di qualcosa da parte nostra che facciamo, non la compriamo con qualcosa, è un dono di Dio. La morte è un salario meritato, mentre la vita eterna è immeritata! I diritti che abbiamo sono solo in relazione al peccato, e di conseguenza questi diritti diventano il nostro giudizio perché siamo schiavi del peccato (cfr. Giovanni 8:34; Romani 6:17). Ma la vita eterna è un dono di Dio! “Dono” (charisma), infatti, indica il favore concesso da Dio, un beneficio immeritato che proviene dalla grazia di Dio come traduce giustamente la San Paolo: “Il dono di grazia di Dio”. Il dono della vita eterna non è meritato! Non è una ricompensa perché in noi c’è qualcosa di buono, o perché abbiamo fatto qualcosa di buono, è il risultato della grazia di Dio! Agostino diceva: “La grazia di Dio non trova gli uomini adatti alla salvezza, ma li rende tali”. Per la grazia di Dio, riceviamo la vita eterna. La vita eterna è un regalo dato gratuitamente secondo il favore e la gentilezza di Dio, dunque non è meritata, infatti siamo peccatori!! Così com’è affermata più volte, la salvezza, o la vita eterna, non è per le nostre buone opere, ma per la sola grazia di Dio (cfr. Romani 3:19-24; 4:4,16; 11:5-6; Galati 2:16; 5:3-4; Efesini 1:6-7; 2:5-9, 2 Tessalonicesi 2:16; Tito 3:7; 1 Pietro 5:10). I peccatori non hanno fatto nulla e non possono fare nulla per meritare la vita eterna! Sempre Leon Morris scrive: “La vita eterna non è una ricompensa per i servizi resi. Non ci sono elementi di retribuzione o di compensazione”. Il dono della vita eterna è di Dio, cioè Dio è la sorgente, o l’agente. Solo l’eterno Dio (Deuteronomio 32:40; Salmo 90:2; Isaia 40:28) è Colui che ci può dare la vita eterna, noi con il nostro peccato abbiamo offeso Dio e solo Dio ci può perdonare quando gli confessiamo i nostri peccati (Salmo 32:5; 1 Giovanni 1:8-10). Se il peccato crea una barriera tra noi e Dio e ci conduce alla morte, Dio nella Sua grazia ci dà la vita eterna. La “vita eterna” (zōé aiónios) si riferisce al tempo della vita, a un’esistenza senza fine. Indica un’esistenza continua che non è toccata dalle limitazioni del tempo. Non esiste la fine, non esistono giorni, mesi e anni! È un tempo illimitato! Anzi non esiste il tempo! La vita eterna comincia nel momento in cui una persona crede, nel momento della conversione (Giovanni 3:16; 5:24), e non finisce con la morte fisica. Anche se la morte fisica segna una discontinuità tra questa vita e la prossima, in realtà la vita eterna ci garantisce una continuità; non finisce tutto con la morte!! Il credente ha la certezza della vita eterna con Dio (per esempio 2 Corinzi 5:1-10; Filippesi 3:20-21; 1 Pietro 1:3-5). Ma la vita eterna non indica solo la durata, indica anche il tipo di vita. La vita eterna indica qualcosa di diverso dalla vita dell’uomo come qualità, una vita completamente diversa da quella che stiamo vivendo adesso su questa terra, infatti, non ci saranno più sofferenze, conflitti; stress di vario genere e abiteremo per sempre con Dio! Per esempio in Apocalisse 21:3-4 leggiamo: “Udii una gran voce dal trono, che diceva: 'Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate'”.
“In Cristo Gesù nostro Signore” indica il luogo, o lo strumento per cui abbiamo il dono della vita eterna, la grazia di Dio scende attraverso di Gesù (cfr. Romani 5:15). “In” (en - dativo) si riferisce a una stretta relazione, all’unione spirituale con Gesù Cristo, e può indicare il luogo, o lo strumento per cui abbiamo la vita eterna (cfr. Giovanni 11:25-26; 14:6; 17:3; Romani 5:21; 2 Timoteo 1:1; Ebrei 5:9; 9:12; 1 Giovanni 5:11-12). Gesù e non altri, è l’unico che ci può dare la vita eterna! Dio lo ha mandato sulla terra a morire sulla croce ed è risuscitato per la nostra salvezza dai peccati (cfr. per esempio Matteo 1:21; Giovanni 3:16,36). Che grande conforto, Dio perdona i nostri peccati (Michea 7:18) per mezzo di Gesù Cristo (Atti 13:38; Efesini 1:7; 1 Timoteo 1:15). Chi ha fede in Gesù (Atti 13:38; Romani 3:19-28) e si ravvede è perdonato dai propri peccati (Luca 24:47; Atti 3:19), e può avere pace e la riconciliazione con Dio (Romani 5:1-11; 2 Corinzi 5:18; Colossesi 1:19-20). La vita eterna, dunque, è legata alla persona e all'opera di Gesù Cristo. Gesù ha pagato la colpa per il peccato (Romani 3:25–26; 6:23; Galati 3:13). Morì al posto dei peccatori in modo che potessero essere giustificati da Dio (Romani 3:21-24; 5:1,8-9; 2 Corinzi 5:21). Ha redento i peccatori attraverso il Suo sangue (Efesini 1: 7). Ha pagato il prezzo perché i peccatori fossero liberi (1 Corinzi 6:20; Galati 5:1).
Sei in Cristo? Sei unito spiritualmente a Cristo Gesù? I tuoi peccati sono stati perdonati? Hai la vita eterna? Andrai alla presenza di Dio nel luogo di beatitudine eterna? Se non hai questa certezza, pentiti dei tuoi peccati davanti a Dio confessandogli i tuoi peccati e affidati completamente a Dio credendo in Gesù Cristo che è morto e risorto per i tuoi peccati! E avrai questa certezza!
Non possiamo chiudere questa meditazione senza dire due parole sui nomi che Paolo cita: “Cristo Gesù nostro Signore”. La parola "Cristo" in greco (Christos) letteralmente è "Unto", termine che corrisponde a una parola ebraica (māšaḥ) tradotta con "Messia" che ha lo stesso significato. Nell’Antico Testamento gli unti erano messi a parte per qualche scopo speciale. Mosè unse Aronne e i suoi figli, come i primi sacerdoti di Israele (Esodo 28:41), il profeta Samuele unse Saul e Davide come re di Israele (1 Samuele 10:11; 16:3). Così anche i profeti erano unti (1 Re 19:16). Il titolo è stato applicato al Messia (2 Samuele 7:8-16), e gli ebrei erano in attesa di questo speciale liberatore, l'Unto di Dio, il Cristo. Quindi “Cristo” indica il ruolo di Gesù come Messia promesso, come anche testimoniato da Dio al suo battesimo (cfr. Matteo 3:16-17; Marco 1:10-11; Luca 3:21-22; Giovanni 1:25-34). Il Messia, doveva essere il figlio di Davide (Matteo 22:42) e, come Davide, doveva venire da Betlemme (Giovanni 7:41-42). Quindi, Gesù era l'adempimento della profezia, l'unto di Dio, ordinato e qualificato da Dio per svolgere il compito di salvare il Suo popolo (Matteo 1:21), come ci ricorda anche l’altro nome: Gesù.
Il nome "Gesù" era un nome ebraico comune, ma nessun altro porta il nome di Cristo! Il nome: “Gesù” (Iēsous) è la forma di una parola ebraica (Yēšua’ una versione abbreviata di Yehošua˓, cioè Giosuè) che significa “il Signore (Yahweh) è salvezza”, o “il Signore salva”. Gesù è nato per essere il Salvatore! Solo Dio può salvare perché è Sovrano, la salvezza è attribuita solo a Dio nell’Antico Testamento! (Genesi 49:18; 2 Re 19:15–19; 2 Cronache 14:11; 20:5–12; Salmo 3:8; 25:5; 37:39; 62:1; 81:1; Isaia 12:2; Geremia 3:23; Lamentazioni 3:26; Daniele 4:35; Michea 7:7; Abacuc 3:18; Zaccaria 4:6; Giona 2:9). Nel Nuovo Testamento l'enfasi è altrettanto forte (Matteo 19:25-28; 28:18, Luca 12:32; 18:27; Atti 4:12; Efesini 2:8; Apocalisse 1:18; 3:7; 5:9; 19:1-6; 19:16). Gesù non solo avrebbe testimoniato della salvezza di Dio, ma Lui stesso sarebbe stato la salvezza! Il nome “Gesù” esprime la natura del Dio Salvatore. Con la Sua opera Gesù salverà il Suo popolo dai loro peccati. Così il nome “Gesù”, evidenzia, la Sua natura (Signore salva) e lo scopo della Sua venuta nel mondo: salvare il Suo popolo dai loro peccati. Gesù non avrebbe salvato il Suo popolo dall’impero Romano, né avrebbe istituito un regno terreno, è venuto per salvare dai peccati. Gesù non è uno dei tanti salvatori, è il Salvatore (sōté̄r; Luca 2:11; Giovanni 4:42), l’unico per cui possiamo essere salvati (Atti 4:12) dai peccati, che ci libera dalla schiavitù del peccato (Romani 6:20) e dalla sua conseguenza: il giudizio di Dio e la perdizione eterna (Giovanni 3:16-18,36; Romani 6:22-23).
La parola “Signore” (kuriō – apposizione) qualifica, specifica e chiarisce ancora di più la natura di Gesù Cristo. “Signore” combina gli elementi di proprietà, potere e autorità, quindi la subordinazione e l’obbedienza dell’umanità che deve alla divinità (cfr. Luca 6:46; Romani 14:7-8). Il Signore è colui che ha il controllo, o il dominio su qualcuno o qualcosa, con il potere di disporre. Nella prima predicazione apostolica di Pietro, la signoria di Gesù è al centro della salvezza (Atti 2:21,36), e la confessione pubblica di Gesù come “Signore”, era al centro della fede cristiana e la base dell'appartenenza alla chiesa (Atti 16:31; Romani 10:9; 1 Corinzi 8:6; 12:3; Efesini 4:2; Filippesi 2:11). Ma una dichiarazione formale deve scaturire da una sincera espressione di fede come vediamo dagli avvertimenti di Gesù (Matteo 7:21; Luca 6:46). “Signore” (kuriō) è usato anche per Dio nella traduzione greca dell’Antico Testamento (per esempio Genesi 2:8; Esodo 3:2; Salmo 32:2; ecc.), anche nelle citazioni del Nuovo Testamento della Settanta (per esempio, Matteo 3:3; 4:7; Marco 12:11; 12:29; Luca 1:9; Romani 4:8; ecc.). Ma, come vediamo in questo versetto, è usato anche per Gesù mostrando così la Sua natura divina (altri esempi, Romani 10:9; 14:9; 1 Corinzi 12:3; 1 Corinzi 15:25,28; Filippesi 2:11; Apocalisse 1:5; 17:14).
Ora questi nomi, ci fanno capire che solo Gesù Cristo ha il potere e l’autorità di darci la vita eterna! Non c’è nessuno che la può dare al di fuori di Lui! Pertanto se non sei in Cristo non hai la vita eterna, ma andrai all’inferno!