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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Salmo 13:1-5: Quando i problemi sembrano non finire mai!

 Salmo 13:1-5: Quando i problemi sembrano non finire mai!

Questo salmo inizia con il lamento, l’ansia e l’angoscia, ma finisce con la speranza, la gioia e la lode.

Anche se Davide era sull’orlo della disperazione, non si arrende, prega e da questo momento, qualcosa in lui cambia: alle parole urgenti e ansiose, al grido di un'anima afflitta e tormentata, alla fine ha parole di fede e di giubilo. 

La sua crisi non si è risolta alla fine del salmo, ma Davide ha trovato la forza di sopportarla e la gioia in mezzo a essa.  

Quando cerchiamo il Signore, anche nella frustrazione, Dio sprigiona la Sua forza e la Sua pace, e con queste risorse divine, siamo in grado di sopportare le nostre prove con forza e uno spirito di gioia e di lode.

Cominciamo a vedere:

I LA CRISI (vv.1-2) 

A chi non è mai capitato di avere la sensazione che Dio sia assente nella propria vita e che non mostri la Sua grazia con una liberazione, e fa di tutto per venirne fuori, ma rimane sempre lì impotente, schiacciato e confuso dalla sofferenza, o dai problemi?

Quando tutto va storto, quando la nostra vita sta cadendo a pezzi, quando abbiamo una sofferenza cronica, o problemi seri di salute, o familiari, o sociali, o lavorativi, o economici, e non vediamo nessuna soluzione, o sollievo, è facile dire: “Dov’è Dio? Perché mi ha abbandonato? Perché prego e non risponde? Fino a quando durerà questa brutta situazione?”

Davide si faceva questo tipo di domande, e da queste vediamo che si sentiva abbandonato da Dio; eppure era un uomo secondo il cuore di Dio (1 Samuele 13:14), era uno dei “giganti” dell’Antico Testamento, era anche un profeta, autore di diversi salmi.

Nei vv.1-2 noi troviamo una serie di domande che Davide rivolge al Signore.

Il quattro volte "Fino a quando?" (ʿad-ʾāānh - Esodo 10:3; Giobbe 8:2; 19:2-3) indica ansia, angoscia e impazienza, può sembrare anche irrispettoso nei riguardi di Dio, se il senso fosse: “Questo è intollerante e deve finire adesso!” (per esempio Esodo 16:28; Numeri 14:11,27).

Queste domande di Davide esprimono il lamento che aiutano a comunicare a Dio il dolore che prova; manifestano le profonde perplessità circa l’operato di Dio e il Suo effetto favorevole sulla vita umana, e ancora sottolineano l'urgenza e l'intensità emotiva della situazione che Davide sta vivendo.

Queste domande non sono fatte tanto per avere una risposta, ma mostrano il desiderio che la sofferenza cessi immediatamente, Davide trova la sua situazione intollerante!

La quadruplice ripetizione "fino a quando?" indica che la sofferenza per Davide era dolorosamente lunga, la sua forza era quasi esaurita, così anche la sua pazienza!

Chi ha una sofferenza cronica, o qualsiasi problema difficile che si prolunga nel tempo, è logorante e non vede l’ora di uscirne fuori, e molte volte ci si chiede che cosa stia facendo Dio, non lo sente presente nella sua vita.

Davide sa di dipendere da Dio, che la benedizione dipende da questa relazione con Dio, così il semplice pensare che Dio non sia più presente nella sua vita, porta inquietudine e dolore dentro di lui. 

Così queste domande indicano il desiderio che il Signore rompa il lungo silenzio e riveli la Sua potenza in favore di Davide, desidera che Dio lo liberi.

Quindi queste domande non rivelano l’assenza di fede, ma un barlume di fede, perché comunque Davide cerca la presenza e l'azione divina a favore della sua vita; cerca l’attenzione benedetta di Dio! 

Il salmista cerca il Signore, ma il sollievo non arriva e gli sembra che i suoi problemi non finiranno mai!! 

La luce non arriva, il suo essere interiore è sopraffatto dalle tenebre dell’ansia e dell’affanno, si sente impotente davanti al nemico. 

Davide, dunque, in questo salmo si sente:

A) Abbandonato

Il v.1 dice: “Fino a quando, o SIGNORE, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?”

Il lamento di Davide riguarda l'apparente indifferenza del Signore. 

James Montogomery Boice scriveva qualche anno fa: “Come risultato della consulenza alle persone durante più di due decenni del mio ministero, sono convinto che il sentimento di abbandono è molto più comune di quanto sembri. Molte persone si sentono abbandonate dagli altri, in primo luogo, ma alla fine anche da Dio, il che lo rende un problema spirituale e non solo psicologico. Inoltre, trovo che i consulenti lo confermano. Un amico psichiatra dice che se ne occupa spesso nel suo studio, soprattutto quando qualcuno si sente depresso. Lui dice: ‘La quantità di disperazione e il falso senso di colpa provocano la sensazione di un profondo abisso tra la persona e Dio’. La persona sente che nessuno si preoccupa di lei, o di lui, e poiché nessuno si preoccupa, neanche Dio deve preoccuparsi. Dio sembra aver lasciato tali persone a se stesse”.

Il morente ateo francese Voltaire disse: “Sono abbandonato da Dio e dall'uomo."

Non siamo sorpresi di sentire un incredulo dire questo, ma se lo dovesse dire un credente, alcuni lo guarderebbero meravigliati e si chiederebbero se è un vero credente perché viene detto che si deve avere sempre una vita abbondante e vittoriosa senza mai lamentarsi!!

Ecco perché certi che si sentono abbandonati da Dio non lo dicono.

Chi lo fa, alcuni penseranno che certamente c’è qualche peccato in colui, o colei che dice di essere abbandonato da Dio, ma non è sempre così come vediamo in questo salmo.

Infatti Davide non menziona nessun peccato, non fa nessuna confessione, nessun cordoglio, nessun riconoscimento della colpa personale! 

Eppure Davide si sente dimenticato e abbandonato da Dio! 

L’uomo secondo il cuore di Dio (1 Samuele 13:14) si sentiva abbandonato da Dio e lo ha detto, anzi il testo del salmo lo ha dato nelle mani del direttore del coro per cantarlo nell'adorazione pubblica, così anche altri credenti afflitti che si sentivano abbandonati da Dio e allo stremo delle forze, potevano essere incoraggiati.

La principale e peggiore angoscia che un credente può avere è il sentimento di essere stato abbandonato da Dio (cfr. Salmo 22:1).

Quante volte ci sentiamo soli in una qualche situazione difficile, immersi nei nostri problemi e sofferenze, questo è già abbastanza dura, ma come in questo salmo, quando ci sentiamo abbandonati da Dio, è ancora più dura! È davvero terribile! Non c’è niente di peggio!

Quando Giona cercava di allontanarsi da Dio, pensava che sarebbe stato una cosa buona. 

Ma quando fu gettato in mare, fu inghiottito dal grande pesce, alla fine si sentì abbandonato da Dio, scoprì che non era una buona sensazione, lo ha paragonato al soggiorno dei morti e ha chiesto di essere salvato da quella situazione angosciante (Giona 2:3).

In questo salmo troviamo ancora che:

(1) Davide si rivolge al Signore

Secondo Davide, l'angoscia trova la sua ultima fonte non in se stesso, né nel nemico, quindi nel problema, ma in Dio! 

“Signore” (Yahweh) è considerato il nome del Patto, perché è il nome con cui Dio si è rivelato agli Israeliti per mezzo di Mosè quando entrò in alleanza con loro (Esodo 3:14-15; 6:2-3; 15:1-13; 33:19; 34:6-7).

“Signore” implica essere una realtà dinamica, attiva, presente ed efficace, che subentra in scena, infatti, si è presentato a Mosè per intervenire nella vita del Suo popolo per liberarlo dalla schiavitù in Egitto.

Eppure nel momento della Sua preghiera, Davide lo sente distante, lontano.

Ecco la sua crisi, sa che Dio è presente nella vita del Suo popolo, non lo abbandona, ma Davide lo sente assente nella sua vita!

Il Signore sta ignorando il supplicante e gli nasconde il Suo volto in modo attivo e concreto, non sta facendo nulla per lui e si sente abbandonato.

Questa è la crisi: sappiamo che Dio non abbandona mai i Suoi fedeli, eppure quando preghiamo a volte non ci esaudisce perché ha altri progetti per noi.

(2) Davide si sente dimenticato 

“Fino a quando, o SIGNORE, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre?” (v.1).

Con “dimenticherai” (tiškāḥē - Qal imperfetto attivo) il salmista vuole informare il Signore della sua situazione e del suo stato d’animo, lo vuole informare che si sente dimenticato e vuole sapere per quando tempo ancora lo deve essere.

Secondo Davide, Dio non lo ha semplicemente trascurato, ma ha volutamente ritirato la Sua protezione da lui, infatti “dimenticherai” indica un atto deliberato.

…Fino a quando il Signore non si ricorderà più di lui, è in riferimento alla salvezza, alla liberazione (cfr. Salmo 42:9; 44:24; Lamentazione 5:20).

“Dimenticare” (šā·ḵǎḥ) è il contrario di ricordare (Genesi 40:23; Deuteronomio 9:7; 1 Samuele 1:11; Giobbe 11:16; 24:20; Salmo 9:13; 137:5-6; Isaia 17:10; 23:16; 54:4) è perdere la memoria, o il ricordo, è sprofondare nell'oblio (cfr. Lamentazioni 2:6), in questo modo non si è più consapevoli dell’altro.

“Ricordare” è agire positivamente verso qualcuno, mentre dimenticare è trattenere l'aiuto e il conforto. 

Quando Dio si ricorda di qualcuno, significa che agisce in suo favore, quando Dio dimentica qualcuno, significa che non viene in suo aiuto.

Davide allora non si riferisce alla dimenticanza momentanea, o per distrazione, o per difetto di memoria, ma come condizione più o meno duratura, come scomparsa, o sospensione del ricordo!

Noi vediamo ancora in queste parole l’audacia di Davide, il fatto che si è rivolto a Dio a viso aperto, “faccia a faccia” metaforicamente parlando (Esodo 33:23), quindi ci parla che comunque aveva ancora un po' di fede.

Il Salmista dice: “Fino a quando, o SIGNORE, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre?”

Dio sembra averlo abbandonato, e l'avverbio "per sempre" (nē·ṣǎḥ) indica che il salmista si chiedeva se questo sarebbe mai cambiato. 

Albert Barnes scriveva: “Era stato dimenticato così a lungo, e sembrava che ci fosse così poca prospettiva di liberazione, che sembrava come se Dio non sarebbe mai tornato e visitato con misericordia. L'espressione denota uno stato d'animo sull'orlo della disperazione”.

Probabilmente Davide era stato paziente, aveva sopportato a lungo pazientemente senza lamentarsi la sua sofferenza con la speranza e la convinzione che presto sarebbe terminata, ma ora comincia a lamentarsi perché sente che i suoi problemi non finiranno mai!

Non vede nessun accenno di Dio, Davide scoppia in una lamentela perché si sente dimenticato da Dio.

Passiamo per tante sofferenze passeggere, e le sopportiamo pazientemente, e arriva il sollievo, ma quando la sofferenza è cronica, quando i problemi arrivano uno dietro l’altro e il sollievo non arriva, allora c’è il rischio che ci avviciniamo sull’orlo della disperazione, la nostra mente viene sopraffatta dalla negatività, e ci lamentiamo davanti a Dio! 

 Quando soffriamo per poco tempo non facciamo molto caso se Dio sia presente, o non nella nostra vita, e non siamo nemmeno perplessi se risponde, o non risponde alla nostra preghiera, crediamo con più facilità che Dio ha valide ragioni per tacere, e quindi siamo pazienti.

Ma quando l'esperienza è a lungo termine, cominciamo a chiederci se il silenzio di Dio possa durare per sempre.

Iniziamo a pensare che la fine di questo periodo di abbandono doloroso non arriverà mai.

Anche Giobbe quando gli portarono le brutte notizie in rapida successione, le sopportò abbastanza bene, ma quando non vedeva la fine alla sua sofferenza fisica, sprofondava sotto di loro.

(3) Davide si sente sfavorito 

“Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?” (v.1).

“Mi nasconderai il tuo volto” si riferisce all’abbandono del Signore più personalmente e concretamente in un modo più terribile. 

“Nascondere il volto” è un antropomorfismo e significa “trattenere il favore” (cfr. Salmo 30:7), è un'espressione di abbandono e rifiuto, di estraniazione e maledizione (cfr. Salmo 30:7; 44:24; 88:14), invece il volto di Dio che splende sulle persone implica guardare le persone con un sorriso vivificante, con amore, con generosità e agire di conseguenza, indica favore, benedizione, significa che Dio è benevolo, favorevole (cfr. Numeri 6:25-26; Salmo 4:6; 31:16; 67:1; 80:3,7,19). 

Dal punto di vista del salmista, Dio non solo lo ha dimenticato, ma gli ha anche negato il favore! 

Non sta sperimentando la benedizione che arriva quando il volto del Signore splende! 

Mentre il suo nemico trionfava su di lui, Davide era preso da tanti pensieri ossessionanti di sconfitta immaginata che aggravarono il suo dolore.  

Davide è:

B) Ansioso 

Nel v.2 leggiamo:  “Fino a quando avrò l'ansia nell'anima”.

Sappiamo che quando siamo nel bel mezzo di un problema, di un’avversità, di una sofferenza, non siamo contenti, anche se dovremmo esserlo per il bene che ci porta al nostro carattere (Romani 8:28-29; Giacomo 1:2).

Pensare di essere privi di ogni risorsa benefica che proviene da Dio, porta tormento a se stessi, una moltitudine di pensieri che combattono e che cambiano in continuazione per uscire fuori dai problemi, o dalla sofferenza. 

La parola ebraica “ansia” (ʿēṣāh) si riferisce a “un tumulto di pensieri”, o “piani con lotte interiori” per cercare una via di uscita.

L'idea potrebbe essere che il salmista, nell'ora del bisogno, stia pensando a possibili modi per sfuggire alle sue difficoltà e da ciò che lo tormenta.

Sentendosi abbandonato da Dio, Davide ha escogitato diversi piani per uscire fuori da quella situazione angosciosa, ma senza avere successo; ha cercato invano con i suoi piani di migliorare la sua situazione, e vedendo che sono stati vani si tormenta, e pensa ancora di più ad altri piani, e il fallimento di questi lo portano in una condizione di agitazione interiore.

Cerchiamo in tutti i modi di sfuggire alla sofferenza, ma come per Davide, ai problemi si aggiungono anche il tormento, l’inquietudine e l’affanno interiore.

Davide è in:

C) Affanno

Ancora vediamo nel v.2: “E l'affanno nel cuore tutto il giorno? Fino a quando s'innalzerà il nemico su di me?”

“Affanno” (yāgôn) è “patire il dolore”, descrive il dolore provato nei momenti di difficoltà (cfr. Salmo 31:10).

È tristezza associata alla sofferenza, o angoscia.

L’affanno interiore che aveva non era solo causato dai problemi e dal silenzio di Dio, ma anche quello che scaturiva dalla dolorosa necessità di tentare di formare piani per il proprio sollievo, piani che sembravano esseri inutili, Davide si sentiva impotente, schiacciato.

Davide, quindi, si lamenta mentre pensa a diversi metodi per avere sollievo e liberazione, è esausto e inquieto, agitato, tormentato, senza pace come avviene per chi ha una sofferenza cronica forte e trova più tollerabile tormentarsi senza ottenere sollievo, che sopportare le afflizioni con serenità.

“Tutto il giorno”, significa costantemente, quindi era una situazione molto logorante!

Davide tutto il giorno ha l’affanno nel cuore, non c'era intervallo, non c’era sollievo, era una sofferenza cronica!

Per chi ha avuto, o ha problemi cronici sa che cosa significa soffrire costantemente…è davvero una cosa bruttissima!

“Fino a quando s'innalzerà il nemico su di me?”

La natura della gravità della crisi non viene identificata, Davide parla solo di nemico senza specificarlo (vv.2,4).

Davide ha avuto molti nemici: Saul per esempio, o il figlio Absalom.

È chiaro che il suo nemico stava esercitando il dominio su di lui, e, quel dominio. 

Questo nemico stava causando molta sofferenza a Davide, lo stava logorando, era sull’orlo della disperazione!

Questo nemico stava dominando la situazione, stava avendo il sopravvento e questo lo avrebbe portato alla morte se il Signore avesse continuato a ignorarlo!

Forse tu non hai un nemico fisico, ma stai lottando con qualche forma di sofferenza, di problema che ti sta logorando ebbene, in questo salmo impariamo qualcosa su quello che dobbiamo fare, vediamo allora:

II LA COMUNICAZIONE (vv.3-4) 

Nei vv.3-4 leggiamo: “Guarda, rispondimi, o SIGNORE, mio Dio! Illumina i miei occhi perché io non m'addormenti del sonno della morte, affinché il mio nemico non dica: ‘L'ho vinto!’ e non esultino i miei avversari se io vacillo?”

È pericoloso pensare che Dio ci abbia dimenticati, che si sia allontanato da noi, ma è più pericoloso per la fede che questa esperienza non possa portarci in preghiera!

Nulla nelle difficoltà della vita, o l'esperienza dell'assenza di Dio, annulla il privilegio della fede di parlare direttamente a Dio! 

Un errore che molte persone commettono quando si sentono deluse da Dio è che gli voltano completamente le spalle, o smettono di pregare.

Ciò che vediamo nel Salmo 13 è l'incoraggiamento a continuare a guardare a Dio e il permesso di parlare onestamente con il Signore. 

Fu questo processo che portò Davide a un punto di gioia e lode anche in mezzo al dolore.

Matthew Henry disse: “I giorni di difficoltà devono essere giorni di preghiera." 

Ma, io aggiungo deve essere una preghiera sincera, comunicare a Dio ciò che abbiamo nel cuore.

In questo salmo, Davide fu onesto con Dio in preghiera, pregò sinceramente, ha comunicato a Dio i suoi veri sentimenti liberamente, non ha represso le sue emozioni, le sue frustrazioni, le sue perplessità a Dio, e quindi Dio rimaneva il suo punto di riferimento, aveva sempre un barlume di fede.

Davide ha detto delle cose così com’è c’è l’aveva nel cuore, si sentiva abbandonato e gli è lo ha comunicato al Signore!

Quando i credenti angosciati si sentono abbandonati da Dio devono pregare!

Possono riversare le loro lamentele a Dio, non devono reprimere le loro emozioni, non devono tenersi le cose dentro. 

Nella Sua grazia, Dio ci dà il permesso di comunicargli i nostri sentimenti e frustrazioni a Lui, come si vede nei salmi.

Davide non nasconde il sentimento che si sente abbandonato da Dio, non pensa che sia inappropriato in preghiera, ma inizia il suo viaggio dal lamento verso la gioia e la lode.

Davide chiama il Signore “mio Dio”, cioè si riconosce come parte del popolo del Patto che appartiene a Dio! (cfr. Geremia 31:33), e lo ricorda in modo personale.

“Mio Dio” indica un aspetto affettuoso nella preghiera e anche una nota di fiducia. 

Quindi Davide si appellava a Dio sulla base della sua relazione con lui mediante il Patto, usando il Suo nome personale.

Ricordare a Dio la relazione, rende la preghiera più potente e urgente mentre invita il Signore a non ignorarlo più, ma a considerarlo, ad ascoltarlo, a illuminarlo.

Noi nei vv.3-4 vediamo tre richieste di preghiere rivolte al Signore, cioè il nome di Dio e di come si è rivelato nel Patto Mosaico, il Dio che è fedele a mantenere il Suo Patto, come abbiamo visto prima.

Solo Dio era abbastanza potente da aiutarlo. Solo Dio poteva liberarlo. 

“Dio” (ʾelōhiym) indica “il forte”, “il potente”, “una divinità di grande forza”, o “potenza”, “l'Uno forte”, il “potente Capo”, o che “Dio è forte e potente”, si riferisce a un'energia assoluta e illimitata.

Proprio come la vera angoscia del salmista è la separazione da Dio, la sua vera speranza e la sua vera fiducia sono nella risposta di Dio alla sua preghiera. 

Se è vero che il salmista pensa che Dio è al centro della sua crisi, allora è altrettanto vero che vede Dio come Colui che può liberarlo dalla sua crisi.

Ci sono tre imperativi del supplicante, questi sono gli ultimi, estremi grida di aiuto!

Noi vediamo prima di tutto:

A) La considerazione

“Guarda” è scritto nel v.3.

Ora è il momento che Dio passi dall'assenza alla presenza!

Davide aveva detto che il Signore gli aveva nascosto la Sua faccia, ora prega che lo guardi. 

“Guarda” nell'Antico Testamento è un caratteristico grido di preghiera associato ai sentimenti e compassione di Dio (cfr. Isaia 63:15).

Il salmista anche se pensa di essere stato dimenticato da Dio, ora prega che il Signore possa considerarlo.

“Guarda” (Hifil imperativo attivo coortativo) esprime il desiderio forte e audace di Davide; come “rispondimi” è un imperativo che sottolinea l'urgenza della richiesta, chiedendo al Signore un'azione immediata.

“Guarda” (habbîṭâ) è “considerare”, “prestare attenzione”, “guardare attentamente e favorevolmente”.

Implica una risposta appropriata e premurosa.

Secondo Davide, Dio non deve nascondere il Suo volto, ma deve guardare attentamente al suo problema, lo sguardo di Dio, esprime il Suo favore che salva la Sua vita.

In secondo luogo vediamo:

B) La segnalazione

“Rispondimi” (v.3).

Il Signore invece di restare in silenzio deve rispondere a Davide. 

Dopo aver pregato a lungo senza una risposta, Davide ora prega affinché Dio possa rispondere!

La risposta di Dio è un messaggio, un segno positivo del favore di Dio con cui libera il Suo servo dalle cause che gli angosciano l'anima.

 “Rispondimi” (ʿănēnî – Qal imperativo attivo) è rispondere a una preghiera, esaudire una richiesta (per esempio Salmo 4:1-2; 17:6) quindi dare un segno della Sua presenza (cfr. 1 Re 18:24,26,29,37-39).

In terzo luogo c’è:

C) L’illuminazione

“Illumina i miei occhi perché io non m'addormenti del sonno della morte, affinché il mio nemico non dica: ‘L’ho vinto!’ e non esultino i miei avversari se io vacillo” (v.3-4).

Invece di nascondere la sua faccia, il contrario di risplendere il Suo volto, Davide chiede a Dio di illuminare i suoi occhi. 

“Illumina” (hāʾîrâ – hifil imperativo attivo) esprime ancora il desiderio forte di Davide.

“Illumina” indica il desiderio che Dio risplenda su Davide (cfr. Salmo 118:27), è “ravvivare”, “ravvivare il potere di vivere”, “dare sollievo”, “ripristinare la propria forza, salute, vigore” (Esdra 9:8; Salmo 19:8; 38:10; Proverbi 29:13).

Quando i poteri vitali si affievoliscono, la vista si oscura, invece quando i poteri vitali sono rinforzati, gli occhi sono illuminati.

La situazione qui è molto simile a quella registrata nella storia di Gionatan, che stava venendo meno fisicamente nella sua vitalità, ma mangiando il miele la sua vista si rischiarò (1 Samuele 14:27–29). 

Così la preghiera per il ripristino della potenza della vita corrisponde a quella spaventosa esperienza descritta nel v.1 che il Signore ha nascosto il suo volto, e se facesse risplendere di nuovo il Suo volto (cfr. Numeri 6:25), allora anche gli occhi senza vita riceveranno la luce della vita (cfr. Salmo 36:9). 

Questa preghiera significa: "Fammi vedere la luce della vita!” 

Il desiderio di Davide è che l'attenzione e la risposta del Signore si trasformino in un atto di salvezza, questa è la sua preghiera.

 Era una questione di vita e di morte!

“Perché io non m'addormenti del sonno della morte, affinché il mio nemico non dica: ‘L’ho vinto!’ e non esultino i miei avversari se io vacillo” (vv.3-4).

Davide è consapevole che la sua vita, come anche la morte dipendevano da Dio!

Infine troviamo:

III LA CERTEZZA (V.5) 

Nel v.5 è scritto: “Quanto a me, io confido nella tua bontà; il mio cuore gioirà per la tua salvezza;  io canterò al SIGNORE perché m'ha fatto del bene”.

La preghiera di Davide si trasforma in gioia fiduciosa: Davide si aspetta una liberazione!

La liberazione, anche se deve ancora arrivare, è aspettata con fede. 

Nel v. 5 “quanto” (wa) indica un contrasto con quanto detto prima.

Il senso potrebbe essere: “I nemici potrebbero pensare che trionferanno e potrebbero essere impazienti di congratularsi con se stessi, ma io sono certo che le cose andranno in un altro modo”. 

Fino a questo punto le parole del salmista sono state urgenti e ansiose, il grido di un'anima afflitta sull’orlo della disperazione; ora le sue parole confidano nella liberazione di Dio e nella sua lode per quella liberazione. 

Come già detto, il salmo anche se inizia con l’ansia e l’angoscia finisce con la gioia, la gratitudine, il trionfo, e la lode. 

Perché Davide ha fatto questo cambiamento di prospettiva?

È probabile che mentre pregava abbia avuto una rivelazione, Dio gli ha parlato e ha suscitato in lui questa certezza.

Oppure il salmista è giunto a credere che la sua preghiera è stata ascoltata da Dio e questa sua forte convinzione lo ha indotto a questo cambiamento.

La semplice convinzione che Dio ha ascoltato la preghiera porta il salmista a cambiare il suo lamento in un canto di lode. 

Oppure mentre ha pregato è cambiato qualcosa dentro di lui, quando preghiamo cambiano le cose dentro di noi perché ci concentriamo sulla natura di Dio e in questo modo cambia la nostra prospettiva, o siamo spinti a confidare in Lui e a essere sereni.

In altre parti della Bibbia leggiamo che quando speriamo nel Signore acquistiamo nuove forze (Isaia 40:31).

E quando portiamo le nostre preoccupazioni in preghiera al Signore troviamo la pace (Filippesi 4:6-7).

Davide, quindi in preghiera, si è concentrato su Dio l’ansia e l’affanno hanno fatto spazio alla gioia e alla lode, le  tenebre hanno fatto spazio alla luce!

Albert Barnes scriveva: “La luce, sotto l'influenza della preghiera, irrompe gradualmente sull'anima. Le nuvole si disperdono, l'oscurità scompare… Afflitti, depressi e tristi, andiamo a Dio. Tutto sembra buio. Non abbiamo pace - nessuna visione chiara e allegra - nessuna gioia. Mentre aspettiamo Dio, nuove visioni del suo carattere, della sua misericordia, del suo amore, si infrangono sulla mente. Le nuvole si aprono. Raggi di luce su di noi. Le nostre anime si impadroniscono delle promesse di Dio, e noi, che siamo andati al suo trono tristi e sconfortanti, risuscitiamo dalle nostre devozioni piene di lode e gioia”.

Noi vediamo tre affermazioni della certezza di Davide.

La prima affermazione riguarda:

A) La fede

“Io confido nella tua bontà”.

L’ordine delle parole in Ebraico è: “Nella tua bontà io confido”.

L’espressione di fiducia che inizia con “Quanto a me” ha la forza di un'affermazione enfatica: “Anche se tutto sembra portarmi alla morte, nella tua bontà io confido”. 

L’idea di base di “bontà” (ḥě·sěḏ) si riferisce all’amore fedele all’interno di un rapporto. 

“Bontà” è amore leale, un amore costante e infallibile; spesso usato in relazione all'amore di Dio che è legato alla fedeltà al Suo patto, quindi alle Sue promesse e al suo impegno verso il suo popolo; è l'amore del Patto (per esempio Esodo 20:6; 34:6-7; Deuteronomio 7:9; 1 Re 8:23; Lamentazioni 3:22; Daniele 9:4; Michea 7:18).

A causa della bontà di Dio, ci sarà gioia per la liberazione di Dio e non la sconfitta!

“Confido” (bāṭaḥtî – Qal perfetto attivo) è “avere fede”, “fare affidamento”, “riporre la propria fiducia nella bontà del Signore”.

 “Confido” è un atto ponderato, meditato, il verbo (perfetto) si riferisce all'atto di fiducia, che è successo in passato, ma continua a essere efficace nel presente (Goldingay).

Il senso allora è: “Mi sono fidato e continuo a fidarmi”, sottolineando che egli ha una fede che si tiene saldamente a Dio per la sua salvezza.

Proverbi 3:5-6 ci esorta a confidare nel Signore con tutto il cuore.

L’uomo che confida in Dio è benedetto (Proverbi 16:20; Geremia 17:7).

Anche quando cammina nelle tenebre, chi teme il Signore deve confidare nel Signore (Isaia 50:10).

C’è una sicurezza completa e pacifica quando l'oggetto della fiducia è il Signore!! 

Il Signore è degno di fiducia, perché è affidabile!

Il Signore è un Dio di completa fedeltà e affidabilità, nei salmi c’è l’esortazione a confidare sempre nel Signore (per esempio Salmo 37:3-5; 62:8; 115:9-11); chi confida nel Signore confessa che è davvero aiuto, protezione e soccorso (cfr. Salmo 25:2; 27:3, 5,9; 28:7; 31:4-8) e pertanto non c’è da temere (Salmo 56:3-4,11).

La seconda affermazione della certezza di Davide riguarda:

B) La gioia

“Il mio cuore gioirà per la tua salvezza”

La parola “gioirà” (Qal imperfetto iussivo attivo) indica una grande gioia, può essere espressa in canti, con grida, quindi esultare (cfr. Isaia 9:2; 25:9).

Il verbo esprime la volontà, o il desiderio di Davide.

“Salvezza” (yĕšûʿâ) è la preservazione, o la liberazione da danni, o da situazioni spiacevoli, dal pericolo, o dai problemi, dai guai come i nemici per metterlo in sicurezza. 

Per esempio, la parola è usata per la liberazione del popolo d’Israele dall’Egitto attraverso il Mar Rosso (Esodo 14:13; cfr. 2 Cronache 20:17).

Davide non aveva ancora ricevuto la salvezza, ma guardava avanti con fede e vedeva la liberazione di Dio in lontananza, e ne gioiva. 

La terza affermazione della certezza di Davide è:

C) La lode

“Io canterò al SIGNORE perché m'ha fatto del bene”

“Canterò” (ʾāšîrâ – qal imperfetto coortativo attivo) esprime il desiderio, la volontà, la determinazione di cantare al Signore, e questo si riferisce al futuro.

Questa parola è spesso associata al culto levitico stabilito da Davide (1 Cronache 15:16; Esdra 2:41; Neemia 7:1); ricorre spesso in una chiamata a lodare il Signore; la chiamata può essere diretta a se stessi, o agli altri (Salmo 27:6; 96:1-2; 101:1; Geremia 20:13). 

Ma come in questo contesto, è usata per la celebrazione di una vittoria in battaglia militare (cfr. 1 Samuele 18:6).

Mosè e il popolo celebrarono il Signore con un canto dopo il passaggio del Mar Rosso (Esodo 15:1-2).

Come per la gioia della salvezza, Davide, anche se non aveva ancora ottenuto ciò che desiderava ardentemente, era pienamente convinto che Dio gli avrebbe dato la salvezza e quindi per fede canterà al Signore, lo loderà!

Craigie scrive: "La vera canzone di lode sarebbe scoppiata una volta che la liberazione fosse stata compiuta, ma la consapevolezza che la liberazione stava arrivando ha creato una calma anticipata e un senso di fiducia."

Il motivo della lode è perché il Signore gli ha fatto del bene (gāmal – qal perfetto attivo), cioè ha agito generosamente verso di lui, è stato buono, lo ha benedetto (Salmo 119:17; Proverbi 11:17; Isaia 63:7), gli ha concesso un beneficio che proviene dalla Sua grazia.

Il senso allora è: “Canterò all'Eterno perché mi ha trattato con generosità".

CONCLUSIONE 

Se sei cristiano e senti che Dio ti abbia abbandonato, non so per quando tempo ancora starai in questa oscurità, ma di certo non sei l’unico in questa circostanza, e stai seguendo le orme di uomini e donne di Dio che ci hanno preceduto.

Come Davide che si sentì abbandonato da Dio, come anche il nostro Signore Gesù (Salmo 22.1; Matteo 24:45-46).

Davide c’insegna come affrontare la sofferenza.

Prima di tutto:

1) La sofferenza fa parte della vita 

La sofferenza fa parte del piano di Dio, dobbiamo imparare a coesistere con questa realtà! 

Quando sei dentro la sofferenza non devi mai negarla. 

Dio vuole che gli affidiamo tutti i nostri dubbi, dolori, ansie, e così via (per esempio Filippesi 4:6-7; 1 Pietro 5:6-7).

2) Nella sofferenza porta il tuo lamento a Dio

Quando sembra che Dio ti abbia abbandonato, portagli pure il tuo lamento sinceramente come ha fatto Davide.

 3) L'assenza di Dio non deve essere vista sempre come il risultato di qualche fallimento, o peccato che abbiamo commesso

Anche i giusti soffrono, e in effetti la sofferenza senza l'intervento divino può essere vista come uno dei tratti distintivi della vita di un cristiano fedele.

4) Anche se Dio ti sembra assente nella tua sofferenza, devi continuare a cercarlo (per esempio Geremia 29:13-14; Matteo 7:7-8; Giacomo 4:8)

Quando i credenti si sentono abbandonati da Dio, dovrebbero pregare sinceramente e con fede con la convinzione che Dio fa del bene!

Di conseguenza l’ansia e l’affanno faranno posto alla serenità, alla gioia e alla lode!

5) L’angoscia e l’estasi fanno parte della nostra vita

Abbiamo momenti difficili in cui ci lamentiamo davanti a Dio, e momenti di estasi in cui ci esaltiamo nel Signore, come vediamo in questo salmo.

6) Affronta la sofferenza con fede

Avere il senso dell’abbandono di Dio è forse la cosa più brutta che come credenti possiamo avere! 

Ma come lo scrittore di questo Salmo, siamo chiamati ad affrontare la crisi con la fede! 

La relazione con Dio è una relazione di fede (cfr. Ebrei 11:6) e non di visione! (cfr. 2 Corinzi 5:7). 

Davide nonostante si sentisse abbandonato da Dio, comunque aveva un barlume di fede ed è per questo che lo ha pregato, sapeva che la sua vita dipendeva da Dio.






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