Una preghiera di dipendenza (Salmo 86:16-17) (5)
Stiamo meditando sul Salmo 86, in questo salmo vediamo che la preghiera è la dichiarazione che dipendiamo da Dio.
Davide si trova in una brutta situazione, la sua vita è a rischio (vv.7,13-14,17), ma comunque ha fede, loda il Signore, e gli chiede aiuto per la consacrazione e la formazione del suo carattere (vv.8-12)
Davide era convinto che il Signore lo potesse salvare (vv.13,15,17) e pertanto prega fiduciosamente che lo farà, il Signore gli risponderà! (v.7).
In tempi duri, di avversità come quelli vissuti da Davide, il credente può imparare a vedere il Signore più chiaramente e di fidarsi di Lui pienamente.
È la natura di Dio che spinge Davide a pregarlo per la sua salvezza! (vv.5-8,13,15; cfr. Esodo 34:6).
La natura di Dio gli ricorda che la preghiera è la sua unica fonte di speranza!!
Anche nei momenti fortemente minacciosi, il popolo può contare su Dio per quello che Egli è!
Davide crede in un Dio che interviene, in un Dio che fornisce attivamente il Suo aiuto e consolazione al Suo popolo, un Dio attivo e vicino al Suo popolo, ecco perché prega anche quando le sue circostanze attuali mettono a dura prova la sua fiducia.
Jamie A. Grant a riguardo scrive: “Di fronte a un'orda di terribili nemici, il salmista eleva la sua anima a Dio e continua a lungo nella preghiera. La sua supplica si fonda sulla relazione che lo lega al Signore, legame dove lui, il servo, è in sé povero e bisognoso, ma il suo Signore fedele e compassionevole è l'unico Dio, capace di fare meraviglie”.
Nei vv.16-17 vediamo quattro aspetti della preghiera di Davide.
Prima di tutto la preghiera è la richiesta di avere l’attenzione di Dio
Noi leggiamo che Davide dice al v.16: “Volgiti a me”.
L'espressione equivalente è quella quando Davide chiede a Dio di porre l'orecchio verso di lui nei vv.1,6.
“Volgiti a me” è la richiesta che il Signore ritorni a lui (cfr. Salmo 25:16; 69:16), e non gli nasconda il Suo volto.
“Volgiti a me” (pĕnēh ʾēlay) significa cambiare direzione, è la richiesta di Davide che il Signore non gli dia le spalle, ma che si giri per mostrargli il Suo volto, quindi la Sua attenzione.
Dio aveva distolto la Sua faccia da Davide permettendogli di avere problemi; ora chiede a Dio di cambiare e volgere il Suo volto verso di lui, il che significa mostrare il favore a Davide.
Nella benedizione sacerdotale in Numeri 6:24-26 è scritto: “Il Signore ti benedica e ti protegga! Il Signore faccia risplendere il suo volto su di te e ti sia propizio! Il Signore rivolga verso di te il suo volto e ti dia la pace!'".
Quando Dio nasconde la Sua faccia è arrabbiato, ritira il Suo favore e protezione a causa del peccato! (cfr. per esempio Deuteronomio 31:17-18; Salmo 30:7; 104:29).
Quando il Suo volto risplende è un’immagine di benevolenza, del favore, della salvezza di Dio (cfr. per esempio Salmo 4:6; 31:16; 44:3; 67:1; 80,3,7,19).
È probabile che Davide aveva commesso qualche peccato e si sentisse sotto il giudizio di Dio, quindi fa appello al fatto che il Signore è un Dio che perdona, lento all’ira e misericordioso (cfr. Salmo 86:5,15).
Quante volte ci siamo sentiti e ci sentiamo così come Davide, ebbene questa preghiera c’insegna a chiedere a Dio di porre la Sua attenzione alle nostre preghiere e come confermato ancora, che possa essere pietoso, perché comunque siamo sempre mancanti nel Suoi riguardi (cfr. 1 Giovanni 1:8-10).
Se Dio tenesse conto delle nostre colpe, chi potrà resistergli? Ma presso di Lui c’è il perdono affinché sia temuto! (Salmo 130:3-4).
Allora facciamo appello al perdono, alla pazienza, alla pietà di Dio come vediamo ancora in questo salmo.
Infatti:
In secondo luogo la preghiera è la richiesta della pietà di Dio
Ancora leggiamo nel v.16: “Abbi pietà di me”.
Ricordando il carattere del Signore, Davide è incoraggiato a pregarlo; invita il Signore a essere clemente con lui, ad agire verso di lui secondo il Suo carattere divino.
Come nel v.3, “pietà” (ḥānan) è mostrare benignità, grazia, favore, compassione, generosità, e non si riferisce semplicemente ai sentimenti di pietà, ma ad atti di pietà.
La pietà di Dio non è astratta, è concreta!
Denota un'azione positiva, un atto di grazia e generosità verso qualcuno, descrive una risposta di cuore di chi ha qualcosa da dare a chi ne ha bisogno.
La pietà è "un'azione da un superiore a un inferiore che non ha un vero diritto a un trattamento gentile" (Flack).
Come anche il pubblicano nel tempio, dobbiamo chiedere a Dio di aver pietà di noi e non come l’orgoglioso fariseo che si credeva giusto; ma Dio perdonò il pubblicano che come segno d’indegnità davanti a Dio se ne stava in disparte dagli altri, e per la vergogna per i suoi peccati che derivava dal senso di colpa, non alzava gli occhi e le mani verso il cielo, ma si batteva il petto in segno di estremo tormento, dolore, contrizione per i propri peccati (Luca 18:9-14).
Se abbiamo consapevolezza della santità e della giustizia di Dio, avremo questo atteggiamento!
In terzo luogo la preghiera è la richiesta della forza di Dio
Sempre il v.16 dice: “Dà la tua forza al tuo servo”.
Come nel v.2 Davide, dice di se stesso che è un servo di Dio.
Nel Salmo 105:4 è scritto: “Cercate il SIGNORE e la sua forza,
cercate sempre il suo volto!”
Il Salmo 105 c’incoraggia a cercare la forza del Signore, Davide in un momento difficile chiede al Signore la Sua forza.
Nel chiedere al Signore di dargli forza (ʿōz), Davide riconosce di essere debole.
La forza è un attributo essenziale di Dio (per esempio Salmo 62:11; 63:2).
È la forza che Dio ha esercitato per conto del Suo popolo, la forza con cui lo liberò e lo guidò dall’Egitto, e quindi la capacità, la potenza (Esodo 15:13) che dà al Suo popolo (Salmo 29:11; 68:35).
Ma Dio non dà solo la forza, Dio stesso è la forza del Suo popolo! (cfr. Salmo 28:7; 81:1; 118:14).
Che meraviglia! Dio non solo ci dà la forza, ma Lui stesso è la nostra forza!
La forza che Davide chiede, può essere intesa sia come la forza interiore e la forza di un individuo (Giudici 5:21), sia anche come forza di protezione come una città fortificata, il Signore è la forza come una torre fortificata (Salmo 61:3; Proverbi 18:10; Isaia 12:2).
La forza che Davide ricerca dal Signore, è la forza che lo rende possibile stare fermo, resistente e vincente contro gli attaccanti dei nemici; così Davide troverà la liberazione.
Anche noi abbiamo dei nemici, e poiché Gesù Cristo è il nostro Grande Sommo Sacerdote, abbiamo un invito permanente ad andare alla Sua presenza per ricevere grazia e misericordia, ed essere soccorsi al momento opportuno (Ebrei 4:14–16).
Abbiamo bisogno della grazia e misericordia di Dio, del Suo aiuto per vincere gli attacchi di Satana (1 Pietro 5:8-9).
Se combattiamo il nemico con le nostre forze, subiremo sicuramente la sconfitta, ma quando ricerchiamo la forza della potenza di Dio, vinceremo (Efesini 6:10-12).
Non dobbiamo mai esitare, né trascurare di chiedere aiuto e forza a Dio.
Non dobbiamo essere orgogliosi pensando di farcela da soli!
Senza l’aiuto di Dio non possiamo vincere contro il diavolo!
In quarto luogo la preghiera è la richiesta della salvezza di Dio
Ancora nel v.16 è scritto: “E salva il figlio della tua serva”.
Davide non solo assume di nuovo la posizione di un umile servo (vv.2,4,16), ma dice ancora di se stesso che è figlio di una serva (cfr. Esodo 23:12; Salmo 116:16), il che può sembrarci strano che specifichi questo.
Davide prega che, poiché è devoto a Dio grazie alla madre, gli ricorda questo e gli chiede di salvarlo.
“Il figlio della tua serva" indica un membro della casa del padrone.
Questo sottolinea il senso di obbligo del padrone per aiutare il servo che gli appartiene (cfr. Esodo 21:4).
I servi erano persone deboli e bisognose; non avevano alcun potere e nessuna risorsa propria, dovevano fidarsi del loro padrone che servivano totalmente, che aveva potere e risorse, e si aspettavano da lui sostegno, aiuto e protezione.
Come “volgiti”, “abbi pieta”, “dà”, il verbo “salva” (hôšîʿâ) è un imperativo e questo indica l’urgenza che aveva Davide, infatti come al v.2, chiede al Signore di essere salvato dai nemici, era in pericolo di vita (vv.7,13-14,17).
Dio è conosciuto come il "Dio della nostra salvezza" (Salmo 68:19-20).
La salvezza, quindi è la richiesta di liberazione dai nemici (cfr. per esempio Numeri 10:9; Deuteronomio 20:4; 2 Samuele 22:4), e dal pericolo della morte (cfr. per esempio Salmo 22:21; 2 Samuele 22:3), e può avere anche il significato di essere vittorioso (cfr. per esempio Deuteronomio 33:29; 1 Samuele 14:6; 17:47; Salmo 20:6; 33:16; 98:1).
Per noi oggi, possiamo pregare Dio che ci aiuti, assista, soccorra, ci protegga, ci liberi, ci salvi da qualsiasi situazione di pericolo, ma non va dimenticata la richiesta più importante della salvezza, grazie a Gesù dai nostri peccati (cfr. per esempio Matteo 1:21; Giovanni 4:42; Atti 4:12).
Chiunque invoca Gesù Cristo come Signore e Salvatore per la salvezza, sarà salvato (Romani 10:9-13).
Certamente chi lo ha fatto non può che essere riconoscente come lo è stato uno dei dieci lebbrosi guariti da Gesù che ritornò indietro per ringraziarlo (Luca 17:16), non possiamo essere indifferenti a questa salvezza!
In quinto luogo la preghiera è la richiesta di un segno del favore di Dio (v.17)
Nel v.17 leggiamo: “Mostrami un segno del tuo favore!”
Davide chiede al Signore un segno del Suo favore, questo sarebbe stato un messaggio per i suoi nemici, infatti sempre al v.17 è scritto: “Così quelli che mi odiano si vergogneranno, vedendo che tu, Signore, mi soccorri e mi consoli”.
Davide desidera che il Signore lo liberi, ma vuole che sia fatto in modo tale che sia un segno anche per i suoi nemici, un segno della sua relazione con il Signore e dei suoi benefici.
Dunque, il motivo di questa richiesta è che questa liberazione divina farebbe vergognare i suoi nemici quando vedranno l'evidenza dell'intervento di Dio a suo favore.
“Segno” (ʾôt) è qualsiasi azione, o gesto non verbale che formalizza un messaggio, si riferisce a un evento concreto che rende le persone consapevoli di qualcosa.
Molto spesso, “segno” è usato per gli atti meravigliosi di Dio che mostrano la Sua potenza, il Suo carattere e la Sua fedeltà (per esempio 2 Re 20:8-9).
Troviamo la parola “segno” in riferimento ai miracoli che Dio compì in Egitto durante il tempo dell'esodo (per esempio Esodo 7:3; Giosuè 2:17; Salmo Pss 78:43; 105:27; 135:9; Geremia 32:20).
Questi riferimenti spesso funzionano per istruire Israele a ricordare ciò che Dio ha fatto per loro e di conseguenza ad avere fiducia in Lui.
Questa parola è anche usata per segni umani, come uno stendardo militare (Numeri 2:2), o un segno di buona fede tra esseri umani (Giosuè 2:12).
E ancora, questa parola è anche usata per le cose che gli esseri umani devono fare per ricordare a se stessi la relazione che hanno con Dio (per esempio Genesi 17:11; Esodo 31:13).
Qui è in riferimento a un segno del favore (ṭôbâ), cioè di un beneficio, un qualcosa di buono (cfr. per esempio Numeri 10:29,32), ricevere del bene (cfr. 1 Samuele 24:18; 84:11; 85:12), in questo caso è un atto della salvezza, della liberazione del Signore, e poteva fare dei segni miracolosi paragonabili a quelli fatti per mezzo di Mosè in Egitto.
Questa sarebbe una dimostrazione della cura del Signore per il Suo servo, del Suo soccorso e consolazione.
Davide era un uomo di fede, e in questo salmo ha manifestato la sua fede e anche la conoscenza che aveva di Dio, ma comunque chiede un segno del favore di Dio.
Consapevoli che di segni del Suo favore, Dio ce ne ha dati tanti, uno su tutti è Gesù (per esempio Isaia 7:14; Romani 8:32), e che quindi sono più che sufficienti, non penso sia sbagliato ancora oggi, in certe circostanze, chiedere dei segni per essere incoraggiati e per rafforzare una fede vacillante.