1 Samuele 7:3: La condizione per la liberazione
“Allora Samuele parlò a tutta la casa d'Israele, e disse: ‘Se davvero tornate al SIGNORE con tutto il vostro cuore, togliete di mezzo a voi gli dèi stranieri e gli idoli di Astarte, volgete risolutamente il vostro cuore verso il SIGNORE e servite lui, lui solo. Allora egli vi libererà dalle mani dei Filistei’”.
Israele è in guerra contro i Filistei. Samuele dice a tutto il popolo che la condizione per la liberazione dai nemici è la consacrazione. Al v.4 è scritto che i figli di Israele tolsero via gli idoli di Baal e di Astarte e servirono il Signore soltanto; al v.5 Samuele intercede per il popolo, al v.6 il popolo fece cordoglio per il peccato con un digiuno. Samuele offrì in sacrificio un agnello e pregò per Israele, il Signore l’esaudì e umiliò i Filistei liberando così Israele (vv.7-14).
Dunque la condizione per la liberazione, per la salvezza quindi per l’esaudimento alla preghiera è la consacrazione.
Vediamo quattro aspetti della consacrazione al Signore in questo versetto.
Prima di tutto c’è il:
1) Ritornare al Signore
“Se davvero tornate al SIGNORE con tutto il vostro cuore”.
Il popolo si era allontanato dal Signore, ora è esortato a ritornare al Signore con tutto il cuore.
In ebraico, “con tutto il vostro cuore” è prima nella frase e quindi è enfatizzata.
“Il cuore” (lē·ḇāḇ) nella Bibbia, è la parte più intima di una persona; è la sede dei pensieri, della volontà, delle emozioni e della coscienza di una persona.
In primo luogo il riferimento “con tutto il vostro cuore” sottolinea la necessità di motivi sinceri come fondamento dell'azione
L'espressione “con tutto il vostro cuore” si concentra sulla dimensione interiore del pentimento come fondamento per azioni appropriate (cfr. per esempio 1 Re 8:48; 2 Re 23:25; Gioele 2:12-13).
In secondo luogo “con tutto il vostro cuore” sottolinea la necessità di un impegno interiore totale verso Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 6:5; Matteo 22:37).
Frequentare la chiesa, leggere la Bibbia, pregare, servire non basta se non ci si ritorna al Signore con tutto il cuore.
Questo significa che il cuore deve essere al 100% per Dio!
“Tornate” (šābîm) si riferisce al pentimento (cfr. Deuteronomio 30:2; Osea 3:5), che va oltre l’emotività di avere buoni rapporti con Dio, comprende avere atteggiamenti interiori e comportamenti esteriori conformi alle richieste di Dio. È un allineamento della propria vita radicale e trasformativa secondo Dio. Indica il ristabilimento di uno status originale, nel senso del ritorno alla relazione originale con il Signore.
Quindi “tornate” è un cambio di rotta verso il Signore; implica riconoscere, confessare e abbandonare il comportamento peccaminoso, l’allontanamento da quelle azioni e atteggiamenti che sono offensivi per Dio e la Sua natura per un comportamento secondo la Sua volontà, rendendo possibile essere reintegrati in un giusto rapporto con Lui.
“Tornate” è sia un allontanamento dai propri peccati, che hanno causato la separazione, sia un volgersi verso il Signore che può perdonare e restaurare.
In secondo luogo il popolo deve:
2) Rimuovere gli idoli
“Togliete di mezzo a voi gli dèi stranieri e gli idoli di Astarte”.
Spurgeon a riguardo diceva: “Un nemico peggiore dei Filistei dominava il paese…il popolo era così in doppia schiavitù; il pesante giogo dei Filistei gravava su di loro, perché il pesante fardello della falsa adorazione schiacciava la vita dei loro cuori”.
Giosuè usò questa stessa espressione quando comandò agli Israeliti di togliere via i loro idoli (Giosuè 24:14,23).
L’imperativo “togliete” (hāsîrû) è “rimuovere” (cfr. per esempio Genesi 35:2; Esodo 25:15; Levitico 4:31,35; 1 Re 20:41); “sopprimere” (2 Re 18:4; 2 Cronache 30:14); “rigettare” (Isaia 49:21) gli idoli.
La frase:”Gli dèi stranieri e gli idoli di Astarte” (cfr. per esempio Giudici 2:13; 10:6; 1 Samuele 12:10; 31:10; 1 Re 11:5, 33; 2 Re 23:13) esprime la totalità degli idoli.
L'idolatria era il peccato ossessivo di Israele.
La famiglia di Giacobbe portava con sé gli dèi stranieri (Genesi 35:2), e quando gli Israeliti erano schiavi in Egitto, adottarono gli dèi degli Egiziani e, dopo l'esodo, adorarono alcuni di questi idoli durante i viaggi nel deserto (Giosuè 24:14; Atti 7:42–43).
Samuele menzionò specificamente gli dèi stranieri, cioè Baal (v.4) e gli idoli di Astarte.
Baal era il dio della tempesta Cananeo al quale gli Israeliti si rivolgevano spesso quando la terra soffriva di siccità, e Astarte era la dea della fertilità il cui culto includeva attività sessuali.
Ma questo era in contrasto con il primo comandamento: "Non avere altri dèi oltre a me" (Esodo 20:3).
Il Signore non vuole essere adorato insieme ad altri dèi! Adorare il Signore significa rifiutare tutte le altre divinità.
Gli Israeliti si davano a idoli di legno, di pietra e di metallo, ma i credenti oggi hanno divinità più sottili e attraenti: case e terre, ricchezza, automobili, barche, posizione e riconoscimento, ambizione e persino altre persone.
Un idolo è un sostituto di Dio, qualsiasi cosa che per noi è più importante di Dio, in cui confidiamo, amiamo e serviamo al posto di Dio.
Ebbene il Signore ci dice di togliere dai nostri cuori questi idoli (cfr. per esempio Ezechiele 14:3).
In terzo luogo Samuele esorta il popolo a:
3) Rivolgersi al Signore
“Volgete risolutamente il vostro cuore verso il SIGNORE”.
Se l’uomo guarda all’apparenza Dio guarda il cuore (1 Samuele 16:7).
L’imperativo “volgere risolutamente” (hākînû) è “impostare, stabilire, fissare”, il proprio cuore verso il Signore.
L'idea qui comunicata è quella della tenace determinazione a rimanere fedeli e leali a Dio; è l'antitesi dell'essere testardi e ribelli (cfr. per esempio 2 Cronache 30:19; Esdra 7:10; Salmi 78:8).
“Volgete risolutamente il vostro cuore verso il Signore” è un impegno logico e coerente, al primo imperativo: “Togliete”, l’uno comporta l’altro.
Quando si fissa il proprio cuore sul Signore, c’è anche un ripudio degli idoli.
Queste sono due facce dello stesso impegno, e una comporta automaticamente l'altra: la lealtà al Signore richiede il rifiuto di Baal e di Astarte.
Questo sottolinea l'aspetto positivo del vero pentimento.
Gli Israeliti sono sfidati a perseguire una determinazione incrollabile nell'orientare la loro vita secondo al Signore e alle Sue richieste (cfr. per esempio 1 Cronache 29:18; 2 Cronache 19:3; 2 Cronache 20:33; Esdra 7:10; Giobbe 11:13) e nel mantenere una presa ferma su di Lui.
In quarto luogo vediamo la:
4) Responsabilità di servire solo Dio
“E servite lui, lui solo”.
Il dovere è sempre quello di servire solo esclusivamente il Signore (Deuteronomio 6:4-5; Giosuè 24:14-23; Giudici 10:6–16).
L’imperativo “servite” (ʿibdu) ha connotazioni di adorazione e lealtà e con l'aggiunta di "lui solo" (hû lĕbaddô) sottolinea l'esclusività: il Signore richiede devozione esclusiva e assoluta.
È probabile che Israele stia adorando il Signore insieme ad altri dèi, ma non c'è spazio per il politeismo, o il sincretismo nel culto dell'unico vero Dio.
La fedeltà al Signore esclude necessariamente qualsiasi altro attaccamento a qualsiasi idolo (cfr. Esodo 20:3; Giosuè 24:14–15; 1 Re 18:21).
L'adorazione condivisa è un'adorazione compromessa, e in realtà non è affatto un'adorazione, perché non riesce a riconoscere che il Signore è unico.
Tuttavia, la maggior parte delle persone si concentra su Dio che fa cose per loro piuttosto che sul servizio per Dio.
È l'atteggiamento dei nostri giorni che si concentra sul privilegio anziché sulla responsabilità, sui nostri diritti piuttosto che sul nostro dovere.
Le persone prendono un sacco di scuse per non servire il Signore.
In conclusione ciò che vediamo è che il Signore richiedeva e richiede una devozione esclusiva a se stesso. Nessun compromesso era ed è possibile!
La scelta per il Signore deve essere assoluta, radicale, totale ed esclusiva.
Ora qualsiasi cosa tu abbia fatto, qualsiasi idolo stai seguendo, puoi sempre ritornare a Dio! Basti che lo fai con un pentimento sincero, e questo significa essere dispiaciuti per il peccato, abbandonarlo e volgersi a Dio in nuova obbedienza e come il figliol prodigo Dio ti accoglierà a braccia aperte e con grande esultanza (Luca 15:11-32).