Isaia 50:10: Nelle tenebre continua a fidarti di Dio!
Immaginati di essere dentro un tunnel molto buio che non si vede niente, ma proprio niente, sei con una persona che ha poteri sovrannaturali e conosce benissimo quel tunnel, quindi è in grado di vedere e di portarti fuori sano e salvo, tu che cosa fai?
Certamente ti fiderai di lui e ti appoggerai a lui per uscirne fuori.
In questo versetto di Isaia vediamo che una persona consacrata a Dio può camminare nelle tenebre, ma questa è esortata a confidare in Dio e ad appoggiarsi su di Lui!
Dal contesto, “le tenebre” si riferiscono alla persecuzione del servo (vv.6-9).
Quindi le tenebre in questo contesto si può riferire alla sofferenza per la persecuzione del servo del Signore, e i vv.10-11 si possono riferire agli esiliati in Babilonia che erano perplessi di ciò che Dio stava facendo, ma possiamo applicarlo a tutti i tipi di sofferenza.
Questo versetto ha una serie di ripetizioni per sottolineare le verità in questione: temere e ascoltare; tenebre e privo di luce; confidi e appoggiarsi.
Prima di tutto vediamo:
I LA CARATTERISTICA DI CHI RICEVE LA DOMANDA
“Chi di voi teme il SIGNORE e ascolta la voce del suo servo?”
Questa frase è rivolta a un certo gruppo di ascoltatori all’interno della comunità, possiamo dire a coloro che sono fedeli al Signore, che gli sono consacrati.
Ciò che vediamo in questo versetto è che una persona consacrata può camminare nelle tenebre priva di luce.
Vediamo nello specifico, le caratteristiche a chi viene posta la domanda.
Una prima caratteristica di chi riceve la domanda è:
A) Teme il Signore
“Chi di voi teme il SIGNORE”.
Il timore del Signore, è senza dubbio un concetto centrale della religione dell’Antico Testamento della vera devozione al Signore.
“Timore” (yārēʾ) è una reazione al Signore, alla Sua grandezza e santità come vediamo in diversi passi dell’Antico Testamento (cfr. per esempio Esodo 15:11; Salmo 96:4; 99:3; 111:9; Isaia 8:13; 29:23).
Andrew Murray scriveva: “Il senso dominante della maestà e della santità di Dio e la profonda riverenza che questa apprensione suscita costituiscono l'essenza del timore di Dio”.
Noi vediamo nell’Antico Testamento che l'incontro con il Dio santo era pericoloso, anzi mortale (cfr. per esempio Esodo 19:21; 33:18-20; 1 Samuele 6:19; Isaia 6:5).
Lo stesso valeva per l'ascolto della voce di Dio (Esodo 20:19; Deuteronomio 4:33; 5:23-25).
“Timore” è anche una reazione alle grandi opere del Signore (cfr. per esempio Esodo 14:31; Giosuè 4:23-24; 1 Samuele 4:7-9), al giudizio del Signore (cfr. per esempio Proverbi 10:27; Isaia 59:18-19), alla parola del Signore (cfr. per esempio Deuteronomio 4:10; Aggeo 1:12).
Il timore di Dio è la consapevolezza della Sua santità e dei Suoi giudizi (Isaia 6:1-7; Apocalisse 15:4); della Sua maestà (Geremia 10:7); e implica, il nostro senso di peccaminosità e fragilità umana davanti il Suo carattere.
David Vandrunen parlando che un giusto timore del Signore implica un'alta visione di Dio e dei suoi attributi scrive: “ In qualunque misura umanizziamo Dio e lo portiamo al nostro livello, e questo accade così spesso, il timore del Signore non avrà molto senso per noi”.
Il timore rende una persona ricettiva alla saggezza e alla conoscenza (Proverbi 1:7; 9:10), quindi è il principio, cioè la parte principale, fondamentale, o centrale della saggezza ed è la guida di qualsiasi pensiero saggio, decisione e comportamenti giusti secondo la volontà di Dio.
Commentando Proverbi 1:7: “Il timore del SIGNORE è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la saggezza e l'istruzione”, Jerry Bridges scriveva: “Salomone dice che la conoscenza inizia non nell'apprendimento di un corpo di informazioni o nell'acquisizione di varie abilità, ma nel timore del Signore. Sta dicendo che il timore di Dio deve essere il fondamento su cui è costruita la conoscenza. È il timore del Signore che ci dà la giusta prospettiva e ci spinge ad usarla per il giusto fine. È il timore del Signore che deve determinare la nostra visione fondamentale della vita”.
Il timore di Dio è la consapevolezza che la Sua approvazione è la cosa migliore che possiamo avere e la Sua disapprovazione la cosa peggiore (Luca 12:4-5; Ebrei 10:31).
Perciò John Brown diceva a riguardo: “Noi dobbiamo possedere il timore di Dio, cioè dobbiamo possedere il senso della sua grandezza infinita la quale è rivelata nelle sue opere e nella sua parola. Esso ci dona la convinzione che il suo favore sia la più grande benedizione che l’uomo possa ricevere e che la sua disapprovazione sia invece il peggiore dei mali. Il timore di Dio si manifesta in modo pratico quando ci spinge a cercare il favore di Dio…questo è il timore che il cristiano deve ricercare e manifestare nei confronti di Dio”.
Pertanto il timore di Dio ci spinge ad avere il carattere e a comportarci come Lui desidera.
La radice della parola “timore” ha il significato fondamentale di “tremare”, in questo caso tremare davanti a Dio, ed è una qualità positiva!
Ogni persona devota rabbrividisce per il peccato e provare profonda contrizione davanti la presenza di un Dio infinitamente puro.
Il timore del Signore in questo contesto ha il significato positivo di profonda soggezione e profondo rispetto per il Signore (Genesi 22:12; 32:12; 42:18; 1 Re 18:3, 12; 2 Re 4:1; 17:32–34, 41; Neemia 7:2; Giobbe 1:1, 8; 2:3; Salmo 25:12; 112:1; 128:4; Proverbi 13:13; 14:2; 31:30; Ecclesiaste 7:18; 8:12–13; Geremia 26:19; Giona 1:9; Malachia 3:16,20), quindi il fare uno sforzo per camminare con Lui in una relazione equilibrata di leale devozione, di obbedienza, agire secondo la santità, verità e giustizia di Dio, allontanarsi dal male (Genesi 22:12; 42:18; Esodo 1:17,21; 18:21; Levitico 19:14, 32; 25:17; Deuteronomio 5:29; 6:2; 31:12; Giobbe 1:6; Salmo 119:63; Proverbi 3:7; 24:21; Ecclesiaste 12:13).
Il timore di Dio è la fonte, la forza di tutti i desideri e le aspirazioni di Dio per il nostro comportamento.
La santificazione e la devozione nascono e sono l’anima del timore di Dio!
Il timore di Dio è il principio che anima e rafforza una vita santa e consacrata (cfr. per esempio 2 Corinzi 7:1; Colossesi 3:22).
Giovanni Calvino scrisse: “Tutta la malvagità deriva dal disprezzo di Dio... Poiché il timore di Dio è la briglia con cui viene tenuta a freno la nostra malvagità, la sua rimozione ci libera a cedere a ogni tipo di condotta licenziosa, cioè senza ritegno morale”.
Desideri essere una persona devota e santa? Allora devi capire e crescere nel timore di Dio.
Un’altra caratteristica di chi riceve la domanda è:
B) Ascolta la voce del servo
“E ascolta la voce del suo servo?”
“Ascolta” (šōmēaʿ- qal participio attivo) è ascoltare ogni giorno la voce del servo.
Quindi “ascolta la voce del suo servo” è un ascolto quotidiano ed è quello che troviamo anche nei v.4-5 dove è scritto: “Il Signore, DIO, mi ha dato una lingua pronta, perché io sappia aiutare con la parola chi è stanco. Egli risveglia, ogni mattina, risveglia il mio orecchio, perché io ascolti, come ascoltano i discepoli. Il Signore, DIO, mi ha aperto l'orecchio e io non sono stato ribelle, non mi sono tirato indietro”.
Anche se “servo” può essere applicato alla vita del profeta, il servo del Signore come vediamo dal contesto si riferisce a Gesù Cristo (v.6; cfr. Matteo 26:67; 27:26, 30) che nonostante lo deridevano, lo frustavano, gli sputavano addosso e poi lo inchiodavano a una croce, ha ceduto il Suo corpo ai malvagi, non è stato ribelle alla volontà del Padre che era proprio quella di andare in croce (Luca 9:51; Giovanni 18: 1-11; Matteo 26:42).
Gesù, il servo del Signore sta dando la Sua testimonianza, la Sua esperienza di sottomissione e obbedienza.
Fin dal mattino, cioè ogni mattina regolarmente, il Signore Dio, gli risveglia l’orecchio con l’obbiettivo che ascolti per obbedire e non ribellarsi e così ha fatto il servo, Gesù!
Nonostante doveva soffrire (vv.5-6), Gesù è rimasto fermo e incrollabile nell'obbedienza completa!
Quindi “ascoltare” (shāmaʿ) è "obbedire"; ascoltare con molta attenzione rispondendo in modo conforme a ciò che gli viene detto, oppure prestare attenzione agendo, o mettendo in pratica ciò che gli è stato detto (cfr. per esempio Esodo 24:7; Levitico 26:14; Deuteronomio 11:27; 12:28; Giosuè 24:24; 1 Samuele 15:22; 2 Samuele 22:45; Isaia 1:10,19; 28:12; 30:9; Geremia 35:14).
Dire: "Ho ascoltato" è dire: "Ho obbedito"; e dire: "Non mi hai ascoltato" è dire: "Mi hai disobbedito".
La disobbedienza a Dio è un atto di ribellione e di arroganza (cfr. per esempio Deuteronomio 1:43; 1 Samuele 15:23; Neemia 9:29; Isaia 1:19–20; Geremia 3:13).
La preghiera di tutti i credenti dovrebbe essere che Dio apra le loro orecchie ogni mattina affinché possano obbedirgli anche se questa costa sofferenza!
Ma qui dice di ascoltare la voce del suo servo, cioè il servo del Signore, che non è semplicemente la parola di un profeta, ma è la parola di Gesù Cristo che Dio ha mandato e le Sue parole sono le parole di Dio (cfr. per esempio Giovanni 3:34; 5:23-24; 8:28-29; 14:10).
La parola del Servo del Signore, di Gesù è la parola di Dio e deve essere ascoltato.
Dio nella trasfigurazione di Gesù esorta Pietro, Giacomo e Giovanni ad ascoltarlo!
In Matteo 17:5 è scritto: “Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: ‘Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo’”.
In secondo luogo vediamo:
II IL CAMMINO DI CHI RICEVE LA DOMANDA
“Sebbene cammini nelle tenebre, privo di luce”.
Noi troviamo allora:
A) La possibilità delle tenebre in chi è consacrato al Signore
Tommaso da Kempis disse:”Non c'è uomo al mondo senza qualche problema o afflizione, sebbene sia un re, o un papa”.
Questo vale anche per i tutti cristiani.
Una persona consacrata a Dio può camminare nelle tenebre privo di luce!
Coloro che seguono il Signore senza riserve, possono trovarsi spesso in situazioni di oscurità profonda senza nemmeno un barlume di luce!
Ci possono essere momenti nella vita davvero difficili dove abbiamo la sensazione di essere nel buio più totale!
Questa è la verità che hanno sperimentato anche coloro che sono consacrati al Signore.
La vita dei servi di Dio, la vita del popolo di Dio già sotto l’Antico Patto e quindi anche oggi nel Nuovo Patto non è facile!
Ci sono predicatori che affermano che andare da Gesù significa che tutti i nostri problemi finiranno!
Ma non è quello che diceva Gesù!
In Giovanni 16:33, Gesù riferendosi alle persecuzioni e alla dispersione dei discepoli dopo l'arresto di Gesù, comunica ai discepoli questo: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”.
La vita cristiana senza problemi non è quello che è scritto in Atti (cfr. per esempio Atti 5:17-43; 7:54-60; 12:1-2; 14:19,22; 16:16-24).
Non è quello che insegna Paolo, infatti ha parlato delle afflizioni come un dato di fatto per i cristiani (cfr. per esempio Romani 8:35; 12:12; 2 Corinzi 1:4; Colossesi 1:24)
Martyn Lloyd Jones diceva: “Il Nuovo Testamento, lungi dal prometterci una vita agiata, e una vita in cui non ci saranno difficoltà e problemi, fa piuttosto il contrario”.
Che dire poi delle afflizioni di Giuseppe (Genesi 39:20–23; Salmo 105:17–19); di Giobbe (Giobbe 1:20–22), di Paolo (Atti 20:22–24; 21:13; 2 Corinzi 11:16-27).
Spurgeon testimonia di aver più volte di essere stato nelle tenebre, diceva: “Personalmente ho attraversato spesso questa valle oscura; c'è una palude a destra e un profondo abisso a sinistra, e lungo tutta la torbida via, l'ululato dei cani dell'inferno e il sibilo degli spiriti maligni non sono mai fuori dalle orecchie e, cosa peggiore, i sussurri del demonio ti fanno pensare che i suoi ignobili suggerimenti siano i tuoi stessi pensieri. La spada in mano diventa inutile, perché nell'oscurità non si sa dove colpire, e non rimane altra arma che quella della preghiera di tutti. Camminare per tutta la notte, senza vedere un passo davanti a sé, è un lavoro angoscioso, eppure migliaia di pellegrini di Dio, che ora sono tra quelli splendenti, lodando e benedicendo il Suo santo nome, hanno percorso questa terribile strada. Signore, aiutaci quando anche noi penetreremo nelle sue tenebre!”
Consideriamo:
B) La particolarità delle tenebre
“Sebbene cammini nelle tenebre, privo di luce”.
Sempre Spurgeon diceva: “Per molti che non conoscono l'esperienza cristiana questa condizione potrebbe sembrare sorprendente. Il figlio della luce deve camminare nelle tenebre? La condizione normale di un figlio di Dio è quella di camminare nella luce, come Dio è nella luce, e di avere comunione con Lui; come mai, allora, non ha luce? Chi crede nel Signore Gesù Cristo è passato dalle tenebre alla luce e non verrà mai condannato; come mai, allora, è entrato nelle tenebre? Non camminiamo più nelle tenebre del peccato e dell'ignoranza, ma siamo talvolta circondati dalle tenebre dei problemi e delle perplessità”.
La forma plurale della parola Ebraica “tenebre” (ḥăšēkîm) indica "oscurità intensa", quindi un’oscurità tale che non c'è luce per vedere il percorso.
Il senso è che non vedi assolutamente niente!
Dal contesto è un’espressione figurativa che si riferisce alla sofferenza di Gesù (Isaia 50:5-6), e quindi anche dei Suoi discepoli (cfr. Giovanni 15:18-20; 16:33) come anche per i Giudei che vivono in esilio e poi sperimentano la salvezza (cfr. per esempio Isaia 8:22-9:1; 49:9).
Così l'espressione "cammini nelle tenebre privo di luce" indica un periodo in cui si vive sotto l'oppressione, nella difficoltà, nell’afflizione, nell’angoscia, nell’avversità (cfr. Giobbe 19:8; 23:17; Isaia 8:22; 9:1; 58:10; Lamentazioni 4:8).
Le tenebre indicano il vivere in un lungo periodo di sofferenza, di confusione, di smarrimento, d’impotenza, scoraggiamento, frustrazione, perplessità, dubbi, umiliazione, non vedere vie d’uscita e non sapere cosa fare è camminare nelle tenebre senza luce!
“Camminare nelle tenebre senza luce” è anche il sentirsi abbandonati al nostro destino, o non avere alcun senso della presenza di Dio, quando sembra che nasconda il Suo volto.
Così la persona consacrata anche se cammina nelle tenebre privo di luce è chiamato a guardare al Signore.
Il Signore è la nostra luce che ci guida nel nostro cammino (cfr. per esempio Esodo 13:21-22; Neemia 9:12; Salmo 27:1; 36:9; Isaia 58:8; Giovanni 8:12).
Infine vediamo:
III IL COMPORTAMENTO DI CHI RICEVE LA DOMANDA
“Confidi nel nome del SIGNORE e si appoggi al suo Dio!”
I guerriglieri marxisti catturarono il missionario Bruce Olson e lo trascinarono attraverso le giungle sudamericane in un campo isolato in Colombia. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, non aveva idea di cosa gli avrebbe portato il giorno dopo, se non soffrire sempre più di malaria e di essere inzuppato dall’acqua della pioggia. Ogni ora affrontava una nuova e fresca guardia. Lo spostavano spesso in pochi giorni o settimane attraverso la giungla verso un nuovo nascondiglio. Le articolazioni lussate, non importa quanto dolorose fossero, non erano una scusa per non camminare nella giungla. Ha imparato da solo una tecnica per ignorare il dolore. Si disse: “Soffro, sì, ma questo dolore esiste solo nel mio corpo. Non sono il mio corpo. La mia mente e il mio spirito sono al di sopra di questo, non ne fanno parte”. Olson scrisse: “Ad alcune persone può sembrare strano, ma la verità è che non mi è mai venuto in mente che fosse responsabilità di Dio salvarmi miracolosamente da questa situazione. Invece, credevo che fosse mia responsabilità servire Dio proprio dove mi trovavo”. Quindi ogni giorno pregava: “Padre, sono vivo e voglio usare questo tempo in modo costruttivo. Come posso esserti utile oggi?" Non era una novità per Bruce Olson. "È stato il modo in cui ho affrontato ogni giorno della mia vita", scrisse. “Perché le mie preghiere o la mia prospettiva dovrebbero cambiare ora, solo perché sono nelle mani dei guerriglieri? Sapevo che era Dio, non i miei rapitori, a controllare l'esito della situazione”.
Olson confidava in Dio vedendo quella brutta situazione come la volontà di Dio che Dio stesso controllava e nella quale era chiamato a servirlo!
In qualsiasi circostanza ci troviamo è la volontà di Dio ed è nostra responsabilità servirlo in essa, anche se stiamo soffendo!
Così Isaia incoraggia coloro che camminano nelle tenebre privi di luce a continuare a confidare in Dio e a non scoraggiarsi, a non lamentarsi per la loro circostanza, ma a sopportare il dolore come ha fatto Bruce Olson.
Nella vita ci sono gioie e dolori, successi e delusioni, periodi facili e difficili, periodi di luce e di tenebre, ma Dio ne è in pieno controllo! (cfr. per esempio Romani 8:28-39).
Quando sei nelle tenebre e non hai luce confida nel Signore e appoggiati completamente su Dio ci dice Isaia!
Gesù come uomo quando era sulla terra viveva per fede e dipendeva da Dio per compiere la Sua missione come dimostrato anche dalla Sua vita di preghiera (cfr. per esempio Matteo 26,39,42,44; 27:46; Marco 14:32,35-36,39; Marco 15:34; Luca 3:21; 5:16; 6:12; 9:18,29; 22:32; Luca 22:42; 23:34,46; 24:30; Giovanni 11:41-42).
Questo esempio di Gesù è un esempio per noi da seguire!
Anche se in un determinato momento non c'è nessun segno di luce, di speranza, devi confidare nel nome del Signore e appoggiarti al tuo Dio.
Cominciamo a considerare:
A) La confidanza nel Signore
“Confidi nel nome del SIGNORE”.
Nei nostri periodi di tenebre è facile essere attaccati dal diavolo!
Greg Laurie commentando l’armatura del cristiano di Efesini 6:16 dello scudo della fede scrive: “Frecce infuocate arriveranno sulla nostra strada durante i periodi di prova e di difficoltà. È durante questi tempi che sollevi lo scudo della fede, non lo scudo dei sentimenti, non lo scudo delle emozioni, ma lo scudo della fede. Basa la tua fede su ciò che Dio ha fatto per te, non su come ti senti in un dato momento. Le emozioni vanno e vengono. A volte ti senti benissimo; e a volte non senti niente. È allora che impari a usare lo scudo della fede".
Prima di tutto con il verbo “confidi” (yibṭaḥ - qal imperfetto giussivo attivo) viene evidenziata la volontà, esprime ciò che dovrebbe essere fatto, cioè: “Devi confidare nel nome del Signore”.
“Confidare” (bāṭaḥ) è fidarsi, riporre la speranza e una forte fiducia in qualcuno, nel nostro caso nel nome Signore.
In Ebraico, esprime quel senso di benessere e sicurezza che deriva dall'avere qualcosa, o qualcuno in cui riporre fiducia.
Lo studioso Willem Vamgemeren riguardo questa parola scrive: “La fiducia è un concetto di importanza teologica centrale nell'Antico Testamento. Esprime ciò che è, o almeno dovrebbe essere centrale nel rapporto delle persone con Dio”.
Quindi la fiducia in Dio è centrale nel rapporto con Lui!
In diversi passi dell’Antico Testamento leggiamo che l’oggetto di fiducia che non è Dio è inaffidabile, è una falsa sicurezza (cfr. per esempio Giudici 20:36; Giobbe 6:20; Salmo 49:6-9; Proverbi 11:28; 28:26; Isaia 3:1; Geremia 5:17, 17:5) e Dio
L'elenco di questa falsa sicurezza include l'uomo (Salmo 118:8; 146:3; Proverbi 25:19; Geremia 17:5); la malizia (Isaia 47:10); la violenza e l’oppressione (Salmo 55:23; 62:10; Isaia 30:1); le ricchezze (Salmo 49:6; 52:7; Proverbi 11:28); gli idoli (Salmo 31:6; 115:8; Isaia 42:17; Abacuc 2:18); il potere militare (Deuteronomio 28:52; Salmo 44:6; Isaia 31:1; Geremia 5:17; Osea 10:13); la religione (Geremia 7:4,8,14); la propria giustizia (Ezechiele 33,13; Osea 10:13); le alleanze straniere (Isaia 36:4-7; Ezechiele 29:16).
In particolare, la Bibbia riprende coloro che vivono nell'autocompiacimento, non avendo mai valutato la fragile base di tale compiacimento (Isaia 32:9–11; Ezechiele 30:9; Amos 6:1).
Mentre coloro che confidano in Dio saranno liberati dai loro nemici (Salmo 22:4-5); le loro preghiere saranno esaudite (1 Cronache 5:20); cammineranno su sentieri appianati (Proverbi 3:5); avranno gioia (Salmo 33:21); conosceranno la pace interiore e l'assenza di paura (Salmo 4:5-9; Isaia 26:4); da qui il ripetuto ammonimento a confidare nel Signore (Proverbi 16:20; Isaia 30:15; Geremia 17:7).
Confidare nel nome del Signore è la più ferma e più sicura base di fiducia di qualsiasi altra cosa, o persona (cfr. per esempio Isaia 7:9; 28:16; Abacuc 2:4).
Qualsiasi altra fonte di sicurezza che non sia Dio, è senza valore (Giobbe 31:24; cfr. Isaia 50:10), e alla fine porta alla delusione.
Il vivido contrasto tra soggetti di fiducia affidabili e inaffidabili è presentato in 2 Re 18 e 19 (2 Re 18:5,19-24,30; 19:10), dove il funzionario Assiro Rabsachè prende in giro la fiducia del re Ezechia che ripone in Dio.
L'arroganza del re d'Assiria portò alla sua sconfitta e morte (2 Re 19:35-37); la fedeltà del Signore, nel quale Ezechia riponeva la sua fiducia fu premiata.
È interessante che Isaia scrive: “Nel nome del Signore” (Salmo 33:21; Isaia 48:1; 56:6; 59:19; 60:9),
Proverbi 18:10 dice: “Il nome del SIGNORE è una forte torre; il giusto vi corre, e vi trova un alto rifugio”.
La parola “nome” (šēm) in questo contesto, può essere inteso sia come un riferimento alla divinità stessa, o alla somma dei Suoi attributi, qualità.
Il nome di Dio non è solo un riferimento alla fama, o alla reputazione di Dio (cfr. per esempio Genesi 11:4; 2 Samuele 8:13), ma nel pensiero Ebraico, il nome non solo distingueva una persona, si riferiva anche all’esistenza e al carattere della persona (cfr. per esempio 1 Samuele 25:3,25) e qui si riferisce anche all'essere stesso di Dio.
"Nel nome del Signore” si riferisce a tutta la Sua persona, è un modo per riassumere il carattere di Dio, i Suoi attributi, tutte le Sue qualità (cfr. per esempio Esodo 34:5–7; Salmo 20:1; Isaia 7:14; 8:8, 10; 9:6; Matteo 1:21).
Il nome è la somma dei Suoi attributi di come si è fatto conoscere all'umanità, e ci parlano che è perfetto, non gli manca nulla e può provvedere in modo perfetto ai nostri bisogni!
Il “Suo nome” è la rivelazione di chi il Signore è.
Quindi, l'espressione non parla di qualcosa che appartiene al Signore, ma di chi è il Signore in se stesso!
Gli esseri umani sono fatti per confidare, avere vera fiducia nel Signore solo.
Il vero Dio è un Dio fedele (cfr. per esempio Numeri 23:19) e quindi affidabile e allora siamo incoraggiati a confidare in Lui (cfr. per esempio Salmo 37:3-6; 62:5-8; 115:9-11).
Il Signore è davvero aiuto, protezione e rifugio (cfr. per esempio Salmo 25:2-5; 27,3,5,9-14; 28,7; 31,4-8; 71,5; 91:2; 115:9-11; Isaia 26:3-4), non delude chi protegge (cfr. per esempio Salmo 56:4,11; 25:2; 21:7), e suscita l'aspettativa che l'esempio della fiducia e sarà un incoraggiamento per gli altri a confidare in Dio (Salmi 40:3).
Possiamo confidare per sempre senza vacillare nella bontà e benevolenza di Dio, nel Dio della salvezza (cfr. per esempio Salmo 13:5; 26:1; 28:7; 31:6-7; 52:8;
143:8).
Quando siamo nelle tenebre è molto facile cercare torce umane per uscirne fuori, ma come abbiamo visto, la Bibbia ci dice che tutto ciò che è umano è una falsa sicurezza perché tutto dipende da Dio!
Pertanto non confidare negli uomini, in te stesso, nelle ricchezze, o in qualsiasi altra cosa perché sono inaffidabili!
In secondo luogo vediamo:
B) La dipendenza da Dio
“E si appoggi al suo Dio!”
Un gruppo di scienziati e botanici stava esplorando regioni remote delle Alpi alla ricerca di nuove specie di fiori.
Un giorno notarono attraverso un binocolo un fiore di tale rarità e bellezza che il suo valore per la scienza era incalcolabile.
Il fiore, tuttavia, era in un burrone profondo con rocce su entrambi i lati.
Per arrivare al fiore, qualcuno doveva essere calato su una corda.
Un ragazzino curioso stava osservando nelle vicinanze e gli scienziati gli dissero che lo avrebbero pagato bene se avesse accettato di essere calato giù per recuperare il fiore sotto di loro.
Il ragazzino diede una lunga occhiata alle scoscese e vertiginose profondità e disse: "Torno tra un minuto". Poco dopo tornò, seguito da un uomo dai capelli grigi. Avvicinandosi al botanico, il ragazzo disse: "Andrò oltre quelle rocce e ti prenderò quel fiore se quest'uomo tiene la corda… È mio padre".
Quel ragazzino aveva fiducia nel padre, dipendeva dal padre!
Giovanni Calvino disse: “Non c'è altro metodo per vivere piamente e giustamente, che quello di dipendere da Dio”.
Come per “confidi” vi è un appello alla volontà, quindi ciò che dovrebbe essere fatto, così lo è anche per “appoggi”.
Il significato della parola Ebraica “appoggi” (yiššāʿēn – nifal imperfetto giussivo passivo), è quello di dipendere da Dio, essere sostenuti da Dio, cioè caricare su Dio il peso della situazione pesante che si sta affrontando mantenendo la fiducia che Dio è disponibile e capace di affrontare i problemi che ci affliggono.
La stessa parola Ebraica la troviamo in una situazione di guerra, quando Asa, il re di Giuda, in un momento davvero difficile, un momento di tenebre possiamo dire, invocò il soccorso del Signore quando Zera, l’Etiope marciò con il suo esercito di un milione di uomini e di trecento carri contro l’esercito di Giuda e Beniamino di quasi seicento mila uomini (580.000).
Gli Etiopi persero perché il Signore li sconfisse; in 2 Cronache 14:10-11 leggiamo: “Allora Asa invocò il suo Dio, e disse: ‘SIGNORE, per te non c'è differenza tra il dare soccorso a chi è in gran numero, e il darlo a chi è senza forza; soccorrici, SIGNORE nostro Dio! Poiché su di te noi ci appoggiamo, e nel tuo nome siamo venuti contro questa moltitudine. Tu sei il SIGNORE nostro Dio; non vinca l'uomo contro di te!’ E il SIGNORE sconfisse gli Etiopi davanti ad Asa e davanti a Giuda, e gli Etiopi si diedero alla fuga”.
(Altri esempi 2 Corinzi 13:18; 14:10; 16:7-8; Isaia 10:20; 30:12; 31:1; Michea 3:11; Giobbe 24:23; Proverbi 3:5).
Il Signore viene invocato come Colui che può aiutare gli impotenti contro i potenti perché sanno di dipendere da Lui ecco perché Asa si è affidato al Signore!
Sia i forti che i deboli hanno bisogno dell'assistenza del Signore per ottenere la vittoria!
La vittoria dipende dal Signore! (cfr. anche per esempio Salmo 20:7-8; Proverbi 21:31).
Isaia dice: “Suo Dio” e questo indica la relazione, una relazione in cui la persona fa parte del popolo di Dio, è sottomessa e adora Dio (cfr. per esempio Esodo 19:4-6; 20:3-5; Levitico 26:1-12; Deuteronomio 27:7-10; Geremia 7:23; 11:4; 31:33; 32:23), e Dio si prende cura di questa persona (cfr. per esempio Deuteronomio 32:37; Salmo 42:3; 79:10; 115:2; Gioele 2:17; Michea 7:10).
Tra Dio e Israele vi era questo tipo di relazione vincolata da un patto (Levitico 26; Deuteronomio 28-30).
Dunque se il Signore è il nostro Dio, a Lui dobbiamo obbedire e adorare, ma anche Colui al quale richiedere aiuto e quindi non appoggiarsi agli idoli come più volte hanno fatto i figli d’Israele (cfr. per esempio Esodo 32; Giudici 2:11-13; 1 Re 11:1-8; 1 Re 12:25-33; 14:23; Isaia 2:8; 42:17).
Nelle tenebre allora dipendi da Dio come quel ragazzino dal padre, come il re Asa, o come lo stesso Gesù quando era sulla terra!
Se sei nell’afflizione, se sei confuso, smarrito, impotente, scoraggiato, frustrato, perplesso, umiliato, se vedi solo oscurità e non vedi vie d’uscita, se non hai la situazione sotto controllo, se ti senti abbandonato da Dio e non senti la Sua presenza, appoggiati con fede a Lui, dipendi da Lui.
CONCLUSIONE
Mary Gardiner Brainard disse: “Preferirei camminare con Dio nell'oscurità piuttosto che andare da solo nella luce”.
Questa è vera fede! Questa è la fede che dobbiamo avere!
Quando cammini nelle tenebre il Signore è con te (cfr. per esempio Salmo 23:4; 91:15; Isaia 41:10).
Forse qualcuno chiede: “Perché devo fidarmi di Dio in questi periodi di tenebre?”.
La risposta è semplice: “Perché Dio è buono, immutabile, fedele, saggio, perfetto, amore, onnisciente, onnipresente, onnipotente, sovrano e così via!”
Solo Dio conosce e può vedere tutti gli aspetti di una situazione e può trasformarle!
Notate che se il Signore c’incoraggia a confidare e a dipendere da Lui quando siamo nelle tenebre, vuol dire che non è indifferente al nostro stato, questo è un altro motivo per confidare in Lui e dipendere da Lui.
Inoltre, ogni afflizione è programmata e misurata da Dio!
La prova, o la tentazione non sarà più grande di quello che puoi sopportare! (cfr. per esempio 1 Corinzi 10:31), e ci soccorrerà al momento giusto (Ebrei 4:14-16).
Anche se non vedi una via di uscita non vuol dire che non ci sia! (cfr. 1 Corinzi 10:31).
Ci fideremo dell’infinitamente varia sapienza di Dio! (Efesini 3:10).
C'è sempre qualcosa da sperare nella vita del cristiano.
Allora non vivere il presente e non guardare al futuro con terrore!
C’è una seconda domanda: “Che cosa ci guadagno a fidarmi di Lui?”
Se sei un cristiano, ti devi fidare perché Dio pensa al tuo bene e farà cooperare tutte le cose per il tuo bene (Romani 8:28).
Se non ti fidi di Lui forse non ti sei mai fidato di Lui.
Chi si è fidato di Dio sa che Dio non lo ha mai deluso (Salmo 34:5).
Ti devi fidare perché i piani di Dio sono di pace e non di male (Geremia 29:11).
Ti devi fidare perché le sue opere sono perfette e tutte le sue vie giuste (Deuteronomio 32:4)
Ricordati c’è sempre una valida ragione perché ci porta nelle tenebre privi di luce!
Un uomo era grato che uno squalo lo ha morso!
Come si può essere grati in una situazione del genere? Sapete perché?
Perché grazie a quel morso una volta portato in ospedale attraverso delle analisi hanno scoperto che aveva un cancro e lo hanno preso in tempo!
Il Dio della provvidenza sa il fatto Suo!
Come abbiamo visto, in diversi passi dell’Antico Testamento leggiamo che l’oggetto di fiducia che non è Dio, è inaffidabile, è una falsa sicurezza!
Questo è un altro motivo per fidarsi di Dio! Dio è degno di fiducia!
Allora fidati di Lui e dipendi da Lui quando sempre anche se sei nelle tenebre!