Osea 2:6-7: La logica conclusione delle azioni idolatriche d’Israele
Una strana pianta chiamata “nardoo” (marsilea) cresce nei deserti dell'Australia centrale. È come una felce, e gli indigeni mangiano i suoi semi quando non possono ottenere altro cibo. Una proprietà peculiare è che soddisfa e produce una piacevole sensazione di benessere, ma non nutre.
Un gruppo di esploratori, attraversando questo deserto centrale, una volta rimase senza cibo. Il loro leader, il capitano King, raccomandò il nardoo poiché sapeva che i nativi lo mangiavano. Giorno dopo giorno se ne cibavano. All'inizio si sentivano soddisfatti, ma presto le loro forze cominciarono a venir meno. Alla fine li ha uccisi. L’unico sopravvissuto è stato trovato sotto un albero e ha raccontato la storia.
Gli idoli possono dare una parvenza di benessere, ma portano alla morte spirituale! Non nutrono veramente la nostra anima!
In risposta alla dichiarata determinazione di seguire altre divinità, il Signore decide di opporsi ai movimenti ribelli d’Israele; gli impedisce di trovare i suoi amanti spirituali in modo che il Suo popolo ribelle capisca la futilità dell'idolatria.
"I messaggi espliciti di Osea sono quelli di una divinità sconcertata" (Landy).
Cominciamo con:
I L’ATTENZIONE (v.6)
Nel v.6 leggiamo: “Perciò, ecco”.
Vediamo prima di tutto:
A) Il contesto
“Perciò”.
“Perciò” ci parla della reazione del Signore.
“Perciò” (lākēn) può indicare la causa, o il motivo per una dichiarazione, o affermazione, oppure è inerente a una successione di avvenimenti, riferendosi a ciò che precede.
Sembra più probabile che si riferisca al risultato logico della disobbedienza descritta nel versetto precedente.
Nel v.5 vengono riportate le parole d’Israele che seguirà i suoi amanti, cioè gli idoli, i culti idolatri della fertilità del Regno del Nord di Baal, il dio Cananeo della fertilità (cfr. Osea 2:8,13,17) associato a particolari aree e santuari.
Le azioni idolatre sono seguite quibndi, dall'annuncio del Signore delle conseguenze appropriate nei vv.6-7.
Questi amanti sottolineano la determinazione egoistica di Israele nel perseguire ciò che li faceva stare bene secondo loro, offendendo così Dio al quale doveva essere fedele (cfr. per esempio Esodo 20:3-4; Deuteronomio 4:23-24; 6:13-15).
Solo il Signore doveva e deve essere amato con tutto se stessi (cfr. per esempio Deuteronomio 6:4-5; Matteo 22:37-38), con integrità e fedeltà, non si possono servire contemporaneamente gli idoli e il Signore (cfr. per esempio Giosuè 24:14-15).
Ciò che gli Israeliti ricercavano in Baal alimenti base della vita: il pane e l'acqua (cfr. 1 Re 18: 13; Deuteronomio 9:9,18); la lana che è di origine pastorizia e il lino, fibre da piante coltivate, materiali con cui sono fatti i vestiti; poi l'olio d'oliva, importante oggetto di commercio (cfr. Osea2:8; 12:1), importante per la cucina, la bellezza, la salute e il culto, e le bevande prodotti per il ristoro (cfr. Salmo 102:9; Proverbi 3:8).
Gli Israeliti seguivano i Baal perché pensavano che avrebbe concesso loro molto guadagno materiale e prosperità, e quindi che provvedesse per i loro bisogni fisici quotidiani, mentre come leggiamo al v.8 era il Signore che provvedeva tutto questo.
Questo era ciò che credevano le nazioni intorno a Israele, ma questa aveva adottato la loro visione pagana.
Anche oggi in un certo senso si cercano i vari idoli per la prosperità e si mettono gli idoli al posto di Dio per stare bene.
Poi troviamo ancora:
B) La chiamata a considerare
Sempre nel v.6 è scritto:“Ecco”.
“Ecco” (hinnî) richiama all’attenzione d’Israele.
Dio richiama l’attenzione degli ascoltatori in modo convincente su ciò che farà in conseguenza a quello che il popolo ha fatto.
“Ecco” è usato molte volte per indicare l’annuncio di Dio di una minaccia (cfr. per esempio Isaia 3:1; 5:7; 13:9), o di una promessa (cfr. per esempio Isaia 7:14; Geremia 33:14; Osea 2:14).
L'uditorio di Osea poteva quindi sapere anticipatamente ciò che stava per accadere, la risposta di Dio al peccato di Israele: il Suo giudizio!
“Dal momento che l'annuncio funge da avvertimento, c'è ancora la possibilità che la punizione minacciata possa essere evitata da una risposta dell'ultimo minuto” (Andersen, F. I., & Freedman, D. N.).
Il Signore sta effettivamente agendo con grazia piuttosto che con rabbia anche se minaccia il giudizio.
L'obiettivo è ripristinare la relazione con il Suo popolo.
I propositi di Dio per Israele sono positivi: cercava di proteggerlo dal peccato d’idolatria, di contrastare le sue ricerche di Baal, di separarlo dai suoi amanti e quindi riportarlo nella comunione con Lui.
Con “perché, ecco”, Dio sta usando la logica e vuole attirare l’attenzione sul ruolo della Sua logica.
John Goldingay a riguardo scrive: “Dio vuole che le persone comprendano la sua logica e vivano alla luce di essa. Egli agisce sulla base della logica nel cercare con forza di fermare le malefatte del suo popolo a causa del suo impegno a plasmare il suo popolo nella direzione che desidera per loro in relazione a lui. Egli agisce sulla base della logica nell'avviare un'azione contro di loro per le loro malefatte”.
Il Signore è impegnato ad agire contro i peccati del Suo popolo e sul ragionamento lo vuole riportarlo a esserGli fedele facendogli considerare la sentenza del Suo giudizio con il cambiamento in meglio.
In questi versetti c’è anche:
II LA DICHIARAZIONE (v.6)
Ancora il v.6 dice: “Io ti sbarrerò la via con delle spine; la circonderò di un muro, così che non troverà più i suoi sentieri”.
John Mackay a riguardo scrive: “La condotta aberrante di Israele provocò inevitabilmente una risposta da parte del Signore, ma egli non li travolse immediatamente nel giudizio. Invece, nella sua longanimità, impiegò misure meno rigorose nei confronti del suo popolo errante, per frustrare le loro ambizioni mal concepite, per prevenire un ulteriore deterioramento del loro comportamento e per riportarli a sé. Queste parole indicano che il Signore si oppone a Israele nella sua ricerca degli idoli agendo in un certo modo”.
Il Signore intende rendere impossibile al popolo di andare dai suoi amanti, i Baal.
Quindi vediamo:
A) L’attività di Dio
“Io ti sbarrerò la via con delle spine; la circonderò di un muro” (v.6).
In un modo metaforico il Signore sbarrerà la strada al Suo popolo con le spine.
Un cespuglio spinoso era un arbusto basso e spinoso, spesso sistemato sopra la cima dei muri di pietra per impedire agli animali di entrare, o uscire da un campo.
In questo caso per non farli uscire e allontanarsi dal suo proprietario (cfr. Osea 4:16; 8:9; Geremia 2:23-25).
Inoltre peer impedirgli di uscire, l’avrebbe circondata con un muro di pietra, che in Ebraico è ripetuto due volte e il senso potrebbe essere: “costruire un muro con muro”, o “costruire un muro con un muro di pietra” (gādartî ʾet-gĕdērâ), cioè muro di pietre accatastate senza malta.
Questo avrebbe mostrato la superiorità del Signore sui Baal!
Thomas E. McComiskey commentando questo passo scrive: “Il Dio della storia avrebbe agito e Israele avrebbe perso la sua strada come nazione mentre la prigionia la inghiottiva. Chi erano i Baal in confronto al Dio che controllava il corso della storia? Dove sarebbero allora gli amanti di Israele? Questo è un esempio del vuoto che può venire a chiunque dedichi la propria vita esclusivamente a piaceri senza senso e trascuri il Dio davanti al quale tutti noi un giorno staremo”.
In che cosa consistono le spine e il muro?
Per alcuni è l’invasione Assira (733-722a.C.), la prigionia e l’esilio quindi la sofferenza.
Questo sarebbe secondo le maledizioni del patto con il quale il popolo era legato a Dio (cfr. per esempio Levitico 26:33-34; Deuteronomio 28:62-68).
A riguardo Michael Eaton scrive: “Dio può ostacolare il nostro cammino con restrizioni e fallimenti. Quando lo fa, potrebbe essere una sorta di suggerimento per noi che non approva la direzione che stanno prendendo le nostre vite. Se scopriamo che la nostra religione sta affrontando cespugli di spine e la nostra strada è racchiusa nella colpa e nel fallimento, questo di per sé è un indizio che Dio ci sta facendo pressioni per tornare alle sue vie. Quando la nostra religiosità ci porta a un triste fallimento, dovremmo porci alcune domande”.
Dio usa la sofferenza per ammonirci e attirarci a Se stesso!
Il filosofo cristiano C.S. Lewis scriveva: “La sofferenza insiste che le diamo retta. Dio sussurra nei nostri piaceri, parla alla nostra coscienza, ma grida nelle nostre sofferenze; il dolore è il megafono per svegliare un mondo sordo”.
Ci sono cose che possiamo imparare solo con la sofferenza! (cfr. per esempio Salmo 119:71; Geremia 31:18-19; Lamentazioni 3:19-20; Giacomo 1:2-4).
Ma in questi versetti vediamo ancora:
B) La finalità di Dio
“Così che non troverà più i suoi sentieri” (v.6).
Le spine e il muro non erano per proteggere gli Israeliti dagli altri, ma da loro stessi, in modo che non potessero andare da nessuna parte, come avviene quando c’è un assedio in tempo di guerra (cfr. Lamentazioni 3:7-9).
Lo scopo del Signore è fermarli dal continuare a peccare, bloccare le strade delle pratiche religiose idolatriche di Israele, impedendole di raggiungere i suoi amanti, i suoi Baal e di trovare ciò che cerca.
Il riferimento è d’impedire al popolo di andare in pellegrinaggio verso luoghi sacri dove i loro idoli erano adorati.
Il plurale “sentieri” (nĕtîbôte) enfatizza i diversi amanti (cfr.v.7), e significa anche la loro linea di condotta, le vie della vita (cfr. per esempio Giobbe 19:8; Salmo 119:105; 142:3; Geremia 18:15).
Quindi, Dio impedirà al Suo popolo apostata di fare i loro soliti pellegrinaggi ai santuari di Baal, li proteggerà ad allontanarsi e dal tornare ad amare altri dèi.
Una delle caratteristiche di Dio è la gelosia (cfr. per esempio Esodo 20:3-5; Deuteronomio 4:23-24; Giosuè 24:19-20; Geremia 5:7-9; Lamentazioni 3:42; Ebrei 10:28-31).
Dio è geloso nel preservare il rapporto con il Suo popolo.
(1) Dio è legato al Suo popolo con un patto
Dopo l’uscita dall’Egitto, Dio stringe un patto con Israele sul monte Sinai (capitoli 19-24), il popolo s’impegnava a fare ciò che il Signore aveva detto e a praticare tutte le Sue leggi (Esodo 19:5-8; 20:1-17; 20:22-23:33; 24:3).
Dio considera il rapporto con il Suo popolo Israele come un patto, fatto per Sua iniziativa con il popolo che aveva scelto, liberato e adottato per la Sua grazia (Esodo 2:25; 4:22; 6:6-8; 19:4; 34:6-7), e che comportava amore e fedeltà assoluta di entrambi, benedizione, o maledizione in base alla loro fedeltà! (Esodo 19-23; 34:6-7; Deuteronomio 28-30).
L’obbedienza sincera e completa, sarebbe stato l’elemento distintivo del popolo appartato e leale a Dio (Esodo 19:3-8; 20:3-4).
Tuttavia, l’Antico Testamento registra costanti gesti di disobbedienza e idolatria di Israele che ha provoca l'ira Dio a causa della Sua gelosia.
James I. Packer scriveva: “L’Antico Testamento considera il patto di Dio come il Suo matrimonio con Israele, un atto che comportava una richiesta di amore e fedeltà assoluti. L’adorazione degli idoli e ogni rapporto compromettente con idolatri non Israeliti costituivano un atteggiamento di disobbedienza e d’infedeltà, che era da Dio reputato come adulterio spirituale e che suscitava in Lui gelosia e vendetta. Tutti i riferimenti di Mosè alla gelosia divina hanno a che fare con l’adorazione degli idoli, in una forma, o nell’altra; riecheggiano tutti la sanzione del secondo comandamento”.
Dio esige, da parte di coloro che ha amato e salvato, una totale e assoluta fedeltà! Altrimenti sarà severo contro di loro!
Un Dio così geloso consuma il Suo popolo con il fuoco della Sua ira se questo si ribella contro di Lui (cfr. per esempio Deuteronomio 4:24; 6:14-15; 29:18-20; Giosuè 24:19; Isaia 26:11; Ezechiele 16:42-43; 23:25; Sofonia 1:18); e a giudicare i nemici (cfr. per esempio Ezechiele 36:5-6; Naum 1:2; Sofonia 3:8), ma anche, dall’altro lato a risanare il Suo popolo dopo che lo ha castigato (cfr. per esempio Gioele 2:18; Zaccaria 1:14; 8:2).
La gelosia di Dio descrive, dunque, la Sua passione, natura vigorosa, intensa, punitiva e di salvezza!
L’adorazione agli idoli era un atteggiamento di disobbedienza e infedeltà che Dio avrebbe castigato! (cfr. per esempio Giosuè 24:19;1 Re 14:22; Salmi 78:58).
Dio esige, da parte di coloro che ha amato e salvato, una totale e assoluta fedeltà! Altrimenti sarà severo contro di loro!
Nella Bibbia troviamo la metafora del matrimonio per descrivere il rapporto tra il Signore e il suo popolo (cfr. per esempio Isaia 54:5-6; Osea 2:4-7; Romani 7:3-4; 2 Corinzi 11:1-2; Efesini 5:22-23; Apocalisse 19:7; 21:9).
La Bibbia non condanna la gelosia positiva, considera naturale, normale e giusta la determinazione a proteggere il proprio matrimonio da attacchi esterni e ad agire contro chiunque ci provasse a distruggerlo gli dà il giusto valore, quello che è doveroso dargli (cfr. per esempio Proverbi 6:32-34).
Quando il rapporto d'Israele con il Signore è minacciato e compromesso dall’idolatria, il popolo è accusato di aver commesso adulterio ed è ammonito dai profeti.
In Geremia 3:20 leggiamo: "'Ma proprio come una donna è infedele al suo amante, così voi mi siete stati infedeli, casa d'Israele!' dice il SIGNORE" (cfr. per esempio Isaia 1:21; 50:1; 57:3; Geremia 2:2; 3:7-10; 13:27; Ezechiele 16:23-26,38, 23:45).
Dio si rivela come un marito geloso con una moglie infedele, cioè con un popolo che si prostituisce con altre divinità (Deuteronomio 32:8-21; 1 Re 14:22-24; Geremia 2:1-13; Ezechiele 16:1-63).
Mentre in Esodo 20:3-5 Dio aveva detto: “Non avere altri dèi oltre a me. Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il SIGNORE, il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano”.
Oggi la gelosia non è considerata positivamente.
Ma la gelosia di Dio non indica l’invidia, il desiderio di avere qualcosa che non ha e che ha un altro, ma lo zelo nel proteggere un rapporto di amore, o nel vendicarlo quando si spezza.
Quando qualcosa appartiene a noi è giusto proteggerlo; la gelosia è custodire ciò che ci appartiene come un figlio, o il proprio coniuge!
Nessun marito che ama veramente la moglie sopporta di vederla tra le braccia di un altro e viceversa!
La gelosia è una devozione intensa nel curare e proteggere ciò che si ama, è la giusta sollecitudine di mantenere un rapporto integro!
Dio pensa allo stesso modo per il Suo popolo, è gelosamente protettivo nei riguardi del Suo popolo.
Il Suo impegno per noi è totale.
Il Suo amore è esclusivo, appassionato, intenso, in una parola, geloso.
Se Dio non fosse geloso sarebbe spregevole, mancante di percezione morale come un marito che non gli importa nulla della moglie infedele.
V.G.Tasker scrive: “Riguardo alla gelosia, non dovremmo dimenticare che pure come tratto della natura umana non redenta, non è sempre un sentimento malvagio. La gelosia meschina e l’invidia astiosa- queste davvero guastano la vita umana! Ma quel marito, o quella moglie che non provi nessuna gelosia quando nella sua casa si introduca un amante o avvenga un adulterio, dimostrerebbe una mancanza di sensibilità morale; perché l’essenza del matrimonio è il suo esclusivismo”.
Dio vuole proteggere l’onore del Suo amore e desidera che il nostro amore per lui sia integro, che non sia diviso con altri, esige un’esclusiva devozione!
Dio è geloso indica che non intende condividere la Sua pretesa di adorazione e di amore con qualsivoglia divinità, o con questo mondo!
In Giacomo 4:4-5 leggiamo: “O gente adultera, non sapete che l'amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio. Oppure pensate che la Scrittura dichiari invano che: ‘Lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia’?”
Infine vediamo:
III LA PREDIZIONE (v.7)
Nel v.7 è scritto: “Correrà dietro ai suoi amanti, ma non li raggiungerà; li cercherà, ma non li troverà. Allora dirà: ‘Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio d'adesso’".
Israele inseguirà i suoi amanti, ma li raggiungerà e troverà!
Li cercherà, ma non li troverà!
“Correrà dietro” e “cercherà” sono azioni che esprimono intensità e una ricerca ansiosa e veemente, una ricerca minuziosa, attenta e diligente, ma fallirà.
Questa è la predizione su ciò che farà Israele.
Prima di tutto Israele:
A) Correrà (v.7)
“Correrà dietro ai suoi amanti, ma non li raggiungerà” (v.7).
(1) Il desiderio
“Correrà dietro ai suoi amanti” (v.7).
Il verbo “correrà dietro” (riddĕpâ – piel waw perfetto consecutivo attivo) è seguire come fosse un inseguimento, ed esprime la volontà, lo sforzo, un’azione intensa d’inseguire gli amanti, cioè il "perseguire ardentemente" gli amanti, cioè gli idoli, i Baal da cui pensava provenisse la sua prosperità (Osea 2:5,8).
Così anche la parola indica cercare di fare qualcosa con notevole sforzo, intensità e concentrazione (cfr. per esempio Deuteronomio 16:20), con determinazione (cfr. per esempio Giosuè 2:5,7; Lamentazioni 3:43,66).
Indica la devozione religiosa (cfr. per esempio Osea 5:6).
Non è dunque un “inseguimento”, una ricerca superficiale, ma appassionata!
Osea non raffigura Israele come una prostituta che aspetta di ricevere i suoi amanti, ma come una donna adultera che spudoratamente e sfacciatamente li insegue.
Ma ecco:
(2) La delusione
“Ma non li raggiungerà” (v.7).
Non so a che cosa si riferisse in un modo negativo lo scrittore britannico Thomas Fuller (1608-1661): “Siamo nati piangendo, viviamo lamentandoci, e moriamo delusi”.
Mi ricorda quella volta, molti anni fa, quando fece con degli amici una gita in alcuni borghi medievali dell’Italia centrale armato di macchina fotografica a pellicola.
Scattai diverse foto, ma poi ritornando a casa mi sono accorto che non avevo agganciato bene la pellicola!
Mi ero illuso di aver scattato delle belle foto, ma alla fine della giornata rimasi deluso perché pur schiacciando il tasto di scatto, in realtà non aveva registrato nessuna foto sulla pellicola che non avevo agganciato!
La delusione fa parte della nostra vita e quando ci affidiamo ai nostri idoli rimaniamo delusi, perché non ci possono dare in modo durevole ciò che ci aspettavamo di ricevere, come per esempio la pace interiore.
Solo il Signore non delude mai, infatti è scritto che quelli che lo guardano, cioè che lo cercano con fede dice il Salmo 34:5, sono illuminati, nei loro volti non c’è delusione!
Quando arriva la delusione è sempre efficace!
In un modo simpatico, lo scrittore francese Francois Mauriac (1885-1970) disse: “La delusione è un sentimento che non delude mai”.
Abbiamo avuto tutti delle delusioni perché le nostre aspettative, desideri, sogni, speranze, previsioni sono venute meno.
Nella rappresentazione surreale d’inseguire i suoi amanti, Israele sarà deluso perché non li raggiungerà.
“Ma non li raggiungerà” (wĕlōʾ-taśśîg) è una dichiarazione che può indicare la mancata individuazione non solo di coloro che cercava, ma anche di qualsiasi altra fonte di soddisfazione.
La sua condotta è assolutamente inutile, i suoi sforzi lo porteranno a non trovare nulla.
Quello che pensava fosse la cosa migliore, cioè la dipendenza dai suoi amanti, si rivelerà illusorio.
L’inseguimento d’Israele dietro i suoi amanti fallirà perché non li raggiungerà!
Israele:
B) Cercherà (v.7)
“Li cercherà, ma non li troverà” (v.7).
(1) L’impegno
“Li cercherà” (v.7).
“Come un veliero dentro questo mare, cerco un porto dove ancorare il mio destino” (Angela Randisi).
In un certo senso gl’Israeliti con i loro idoli cercavano un porto dove ancorare il loro destino.
Anche oggi abbiamo degli idoli nel nostro cuore (Ezechiele 14:3-4).
C'è una falsa adorazione di idoli in ogni cuore umano: ricchezza, materialismo, lavoro, hobby, sesso, e così via, con cui cerchiamo prosperità, di soddisfare noi stessi.
“Cercherà” è usata per cercare i suoi amanti, gli idoli, è usata anche per cercare Dio (cfr. per esempio Esodo 33:7; 2 Samuele 21:1; Salmo 27:8; 40:16; 83:16; Osea 5:6,15).
“Cercherà” (šātam - piel waw perfetto consecutivo attivo) esprime la volontà, lo sforzo, un’azione intensa e determinante di cercare appunto gli amanti.
È cercare di ottenere, o cercare di raggiungere qualcosa che si desidera (cfr. per esempio 2 Cronache 20:4; Ecclesiaste 7:25,28,29; Amos 8:12), in questo caso gli amanti per chiedergli la prosperità (cfr.vv.5,8).
Ma ciò che vediamo è:
(2) L’inconcludenza
“Ma non li troverà” (v.7).
Conosciamo tutti il proverbio: “Chi cerca trova”.
Questo proverbio significa che bisogna darsi da fare con perseveranza nell’avere ciò che cerchiamo e alla fine lo avremo.
In realtà dobbiamo tenere sempre conto della sovranità di Dio e non sempre avremo ciò che cerchiamo se Dio non lo vuole!
Tutto dipende da Lui e nessuno può ostacolare ciò che vuole!
“Dio non fa molte cose che può, ma fa tutte le cose che vuole” (George Swinnock).
Il Signore è Colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre (Apocalisse 3:7).
Il Signore rende vano il volere delle nazioni, annulla i disegni dei popoli (Salmo 33:10).
L’ultima parola, dunque, spetta sempre al Signore!
Dio è Colui che tiene le redini della nostra vita!
Come diceva Ludovico Ariosto: “L’uomo propone, ma Dio dispone”.
In Proverbi 16:9 è scritto: “Il cuore dell'uomo medita la sua via, ma il SIGNORE dirige i suoi passi”.
Così anche Geremia 10:23 dice: “SIGNORE, io so che la via dell'uomo non è in suo potere, e che non è in potere dell'uomo che cammina il dirigere i suoi passi”.
Un uomo può pianificare la sua strada, può fare i suoi progetti, ma non li potrà realizzare, se non coincidono con il piano di Dio!
Come per il fatto che seguendoli non raggiungerà i suoi amanti, così cercandoli non li troverà (timṣāʾ- qal imperfetto attivo) perché non è nel piano di Dio e gli è lo impedirà!
Infine vediamo che Israele:
C) Comunicherà (v.7)
Nel v.7 è scritto: “Allora dirà: ‘Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio d'adesso’".
Quando Israele si troverà senza sicurezza e prosperità attraverso la devozione ai Baal, quando la disciplina del Signore comincerà ad avere un certo impatto, l’Israele ribelle riconoscerà la realtà della sua situazione davanti al Signore.
Le parole contrastano l'inferiorità degli "amanti" nel presente con la superiorità del Signore nel passato quando ha soddisfatto i suoi desideri.
Tale frustrazione con i suoi amanti non è tuttavia un vero atto di pentimento di amore e giustizia, la sua motivazione è più pragmatica, utilitarista che piena di rimorsi, infatti dice: “Tornerò al mio primo marito, perché allora stavo meglio d'adesso".
Nella comunicazione vediamo:
(1) Il ripensamento
“Tornerò al mio primo marito” (v.7).
Troviamo l’immagine del divorzio d’Israele rappresentato dalla moglie di Osea Gomer, che decide di ritornare dal primo marito Osea.
“Tornerò” (ʾāšûbâ – qal imperfetto coortativo attivo) indica la volontà, il desiderio di ritornare dagli amanti (i Baal) al primo marito (il Signore).
Ma come dicevo prima non si riferisce a un vero pentimento; non ci sono evidenti indizi di rimorso, o di ravvedimento.
(2) La ragione
“Perché allora stavo meglio d'adesso’" (v.7).
Il motivo dietro la sua determinazione a tornare al Signore è che le cose andavano meglio considerando il presente sofferente.
Jörg Jeremias scrive: “C’è bisogno di una necessità estrema perché Israele divenga abbastanza accorto da comprendere quali siano il fondamento, l’origine e il senso della propria vita”.
Il guardare indietro era ai giorni dell’obbedienza e lealtà al patto, dal periodo del deserto in poi fino alla monarchia unita, quando il popolo godeva della provvidenza del Signore nonostante le difficili circostanze.
Il riferimento profetico è quando gli Israeliti saranno invasi ed esiliati, quindi maltrattati dagli Assiri, perderanno tutto e in questo periodo i suoi Baal non gli offriranno nessun aiuto!
Il ragionamento è: se i Baal non gli forniscono ciò che si aspetta, allora forse sarebbe meglio per Israele provare di nuovo il Signore.
Certo non è sbagliato aspettarsi grandi cose dal Signore, come avere una terra fertile e anche prosperità, l’errore degli Israeliti era il mezzo con cui li cercava e le divinità a cui li ha erroneamente attribuiti, e anche il ritornare al Signore per averli e non perché lo amasse, o perché era giusto che ritornassero a Dio!
Non c'è nessuna espressione di fedeltà al Signore, o rimpianto per le sue azioni da parte d’Israele.
Allen G. Guenther scrive: “Frustrata dalle azioni di Dio che gli ha sbarrato la strada, la sposa infedele decide di tornare a casa del marito. Ritorna, non perché ami il marito, né perché si penta dei suoi adulteri, né perché abbia riconosciuto l'enormità del suo peccato, ma perché la sua casa offre condizioni di vita più confortevoli”.
Quindi la frase “perché allora stavo meglio d'adesso” non è un vero ravvedimento, non troviamo le parole di pentimento per i propri peccati come ha fatto per esempio il figliol prodigo (Luca 15:17-21), ma Israele cercava Dio per i propri interessi! Il suo ritorno è puramente egoistico!
Israele rispecchia coloro che ai nostri giorni si rivolgono a Dio per ottenere successo, o ricchezza, o cariche politiche, o approvazione sociale, o buona salute (cfr. lo stesso atteggiamento per esempio in Geremia 44:15-18).
C’è sempre questo pericolo: cercare Dio per i nostri interessi e scopi! Cercare il Dio utilitario!
E questo avviene anche nelle chiese!
John Hannah scrive: "Molte chiese sono divenute preda dell’assimilazione culturale. Hanno degenerato fino a subliminare (nascondere) il peggior egoismo celebrando Dio primariamente per la sua funzione di donatore, e hanno cominciato a diffondere un messaggio che non differisce affatto dal diffuso narcisismo culturale e dal più barbaro utilitarismo".
Dobbiamo liberarci dell’idea di un Dio utilitarista!
Meister Eckhart disse: “Se cerchiamo Dio per il nostro bene e profitto, non stiamo cercando Dio”.
È vero! Stiamo cercando ciò che ci può dare Dio e non Dio stesso!
Il Signore non è contento di una religione superficiale e utilitaristica!
Quindi non dobbiamo cercarlo come se fosse il nostro “maggiordomo” sempre disponibile a ogni nostra richiesta!
Dobbiamo liberarci dell’idea del “dio utilitario”, il dio che si cerca e si vuole usare per i propri scopi e interessi!
Questo vale anche per i cristiani!
Tozer qualche anno fa parlando che il cristianesimo all’epoca non stava producendo santi diceva: “L'intero concetto di esperienza religiosa si è spostato dal trascendentale all'utilitaristico. Dio è apprezzato come utile e Cristo apprezzato a causa delle difficoltà da cui ci fa uscire. Può liberarci dalle conseguenze del nostro passato, rilassare i nostri nervi, darci tranquillità e rendere la nostra attività un successo”.
Dio non deve essere un mezzo per uno scopo, ma lo scopo della fede!
Le persone, anche i cristiani possono vedere Dio come un mezzo per ottenere ciò che vogliono dalla vita.
Pensano che andare a Dio migliorerà la loro vita in tutti i sensi, in questo modo Dio diventa un mezzo per uno scopo, un fine piuttosto che essere Lui stesso lo scopo, il fine.
Sempre Tozer disse:"Dio essendo chi Egli è deve sempre essere cercato per Se Stesso, mai come mezzo verso qualcos'altro".
Dobbiamo cercare Dio per ciò che Egli è, perché è il nostro Creatore a cui dobbiamo dargli la gloria, l’adorazione che merita, questo è lo scopo della nostra esistenza (cfr. per esempio Isaia 43:7; 1 Corinzi 10:31; Efesini 1:6,12,14) e non per ricevere da Lui ciò che ci fa stare bene!
Un cristiano è un adoratore solo di Dio, e se tu non lo stai facendo vuol dire che non sei un vero cristiano!
Il Signore, al tempo di Osea come anche oggi, desidera il nostro cuore che lo amiamo con tutto noi stessi.
Lo dobbiamo cercare perché vuole la comunione con il Suo popolo, una comunione sincera, fiduciosa, incrollabile di persone che lo amano fedelmente e appassionatamente.
CONCLUSIONE
Quando il popolo del Signore si allontana spiritualmente da Lui seguendo i loro idoli, il Signore usa anche la disciplina con la sofferenza per riportarlo a Sé.
Occorrono “le spine” e “il muro” per farci capire ciò che davvero è importante davvero per noi, quali siano il fondamento, l’origine e il senso della propria vita, cioè Dio!
Anni fa, un fotografo ha fotografato quattro uomini che stavano lottando per trasportare una statua di Buddha durante un violento tifone. Mentre l'acqua scorreva fino alle loro ginocchia, i loro volti fecero una smorfia mentre tentavano di salvare il loro dio.
Il profeta Isaia ha inquadrato questa tragica ironia: un dio che non può salvare!
In Isaia 46:7 è scritto: “Se lo caricano sulle spalle, lo trasportano, lo mettono sul suo piedistallo; esso sta in piedi e non si muove dal suo posto; benché uno gridi a lui, esso non risponde né lo salva dalla sua afflizione”.
Sei mai tentato di servire questo tipo di dio? O un altro tipo di dio come i soldi, il successo, il sesso, il lavoro, o tutto ciò che prende il posto del Signore?
Lascialo andare, lascialo affogare. E poi rivolgiti a colui che dice:“Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà” (Isaia 43:2).
Il Signore, il Dio che si è rivelato e si rivela nella creazione e nella Bibbia è Colui che ci salva veramente, soprattutto dai nostri peccati per mezzo di Gesù Cristo (cfr. per esempio Matteo 1:21; Giovanni 3:16; Romani 5:5-11).