Proverbi 9:10: Il principio della saggezza
“La vita è sempre una gara tra l'istruzione e la catastrofe” (H. G. Wells).
Possiamo dire tra quelli che la ricevono e quelli che non ne vogliono sapere nulla!
Il capitolo 9 di Proverbi mette a confronto la saggezza e la follia (kesî·lûṯ), cioè l’agire in modo stupido e avventato ed è l’epilogo di tutto il discorso fatto dai capitoli 1-8.
Douglas Mangum commentando Proverbi 9:1-18 che riguarda le vie della saggezza e della follia scrive: “Il prologo iniziale della saggezza di un padre trasmessa al figlio si conclude con un epilogo che contrappone le vie della saggezza a quelle della follia. Il padre personifica la saggezza e la follia come due donne molto diverse. La saggezza lavora diligentemente, prepara la casa, gestisce la servitù e invita i semplici a mangiare il suo pane. Tale comportamento rivela in ultima analisi il timore del Signore, la conoscenza e l'intuizione del Santo d'Israele (9:10). La follia, al contrario, è una seduttrice chiacchierona che cerca di intrappolare coloro che le passano accanto. Ella reclamizza la dolcezza del frutto proibito. Ma il padre avverte il figlio che la follia è solo morte velata da un abito di seduzione e dall'apparenza di bellezza”.
Nel capitolo 9 vediamo una contrapposizione tra la saggezza e la follia, e quindi il fare una scelta fra le due.
Essere saggi secondo il Signore è di gran lunga migliore che non esserlo!
La saggezza ama e rispetta la parola e il carattere del Signore, e quindi segue il sentiero caratterizzato da un comportamento retto in tutte le circostanze della vita.
La follia invece, valorizza l'autonomia piuttosto che rispettare e amare la parola e il carattere del Signore, quindi sceglie di seguire il percorso caratterizzato da un comportamento malvagio che sfocia nella morte in tutte le sue manifestazioni.
Il padre fa riflettere il figlio, e ciascuno di noi, a essere saggi, a lasciare la stoltezza e vivremo, a camminare per la via dell’intelligenza (v.6), a differenza di chi segue la follia (v.18).
In Proverbi 9:12 dice: “Se sei saggio, sei saggio per te stesso; se sei beffardo, tu solo ne porterai la pena”.
Coloro che sono saggi accolgono l’istruzione e così aumentano la loro saggezza (vv.7–9).
Le persone sono responsabili individualmente per il proprio guadagno, o perdita di saggezza.
Salomone in questo versetto sta facendo un’affermazione specifica, energica e convinta.
Quale sentiero di vita noi vogliamo percorrere in questi tempi di grande incertezza economica, sociale, di salute e conflittuale?
La via della saggezza di Dio, o la via della follia?
Prima di tutto vediamo:
I IL PREREQUISITO ESSENZIALE ALLA SAGGEZZA
“Il principio della saggezza è il timore del Signore”.
Questa frase fornisce la motivazione del precedente consiglio sul fatto che ha senso educare solo i saggi (vv.7–9) perché la saggezza può crescere solo sul terreno fertile del timore del Signore, mentre i beffardi (lēṣ), cioè quelli che deridono, che scherniscono e gli empi (rā·šāʿ), cioè le persone malvagie, gli ingiusti quando li correggi e li riprendi, ti insulteranno, ti offenderanno, ti odieranno; mentre se istruisci il saggio ti amerà e diventerà più saggio che mai, così anche il giusto accrescerà il suo sapere.
Allora il punto di partenza dell'istruzione è il timore del Signore sia per chi la fa e sia per chi la riceve, in questo modo il Signore sarà glorificato.
Il v.10 è un'osservazione sulla relazione religiosa tra intelletto e carattere morale.
Cominciamo a vedere:
A) Il significato di “principio”
La parola “principio” (teḥillāh) indica l'inizio come evento che consiste come un punto del tempo, l'inizio di un periodo, l'inizio di qualcosa.
Per esempio la stessa è usata che quando Naomi con la nuora Rut giunsero a Betlemme quando si cominciava a mietere l’oro (Rut 1:22).
Un altro esempio è quando il Signore cominciò a parlare a Osea (Osea 1:2; altri esempi 2 Samuele 21:9-10; 2 Re 17:25; Esdra 4:6; Ecclesiaste 10:13; Isaia 1:26; Daniele 8:1; 9:23; Amos 7:1).
Così “principio” indica il primo passo nel tempo prima di arrivare, in questo caso alla saggezza.
La saggezza inizia con il timore del Signore!
Prima di arrivare a essere saggio, la prima cosa che avviene nel tempo è il timore del Signore.
Quindi “principio” si riferisce al primo passo temporale verso l’alto, verso il timore del Signore, indica un passo fondamentale per la saggezza!
Il timore del Signore è il prerequisito essenziale, o il fondamento, il punto di svolta per essere saggi!
Consideriamo ora:
B) Il significato di “timore del Signore”
Il timore del Signore è la base del nostro rapporto con Lui, è la guida per qualsiasi pensiero saggio, decisione giusta e per qualsiasi comportamento secondo il carattere e la volontà di Dio!
Chris Tiegreen dice: “Perché un Dio d'amore ci dice che la saggezza inizia quando lo temiamo? Perché quando ci avviciniamo al Santo con una familiarità casuale, non lo prendiamo sul serio come dovremmo, e non prendiamo sul serio il nostro peccato come dovremmo. Il timore — non della punizione, ma della travolgente grandezza di Dio — lo vede correttamente. Quando questo timore ci attanaglia, cominciamo a capire l'enormità del vangelo e del nostro Dio. Quella comprensione inizia a riorganizzare le nostre vite. E questo è tutto ciò che riguarda la saggezza.
È fondamentale conoscere l'amore di Dio e riposarci comodamente in esso. Ma una vera comprensione dell'amore di Dio inizia con una travolgente consapevolezza della Sua grandezza, santità e potenza mentre contrastano la nostra stessa natura peccaminosa. Questo modellerà la nostra autoconsapevolezza, le nostre relazioni, il nostro lavoro, le nostre preghiere, tutto ciò che pensiamo e facciamo. Ci renderà saggi”.
Le persone che vogliono essere sagge secondo il Signore, devono iniziare a temerlo!
Un giusto e dovuto timore di Dio presuppone una giusta e dovuta consapevolezza di chi è Dio.
Lo scrittore e vescovo di Londra Thomas Scherlock (1678-1761) disse: “Il timore di Dio significa quella struttura e quell'affetto dell'anima che è la conseguenza di una giusta nozione e concezione della Divinità. Si chiama timor di Dio perché, come maestà e potenza sono le parti principali dell'idea di Dio, così timore e riverenza sono gli ingredienti principali dell'affetto che ne scaturisce. Ne consegue che nessuno dovrebbe essere privo del timore di Dio, ma coloro che vogliono solo nozioni giuste di Dio”.
Se noi consideriamo, siamo consapevoli della grandezza e del carattere di Dio, che Dio osserva e soppesa tutto quello che pensiamo, tutto quello che diciamo e ogni nostra azione, e quindi i Suoi giudizi, allora lo temeremo! (cfr. per esempio Genesi 18:27; Esodo 14:31; Giosuè 24:14; Salmo 11:4; Geremia 10:6-7).
“Il timore del Signore: la continua consapevolezza che Dio osserva e soppesa ogni mio pensiero, parola, azione e atteggiamento” (Bill Gothard).
“Timore” (yirʾāh) è un sentimento di profondo rispetto e riverenza, soggezione, paura, terrore e devozione al Signore.
La saggezza basata sul timore del Signore riconosce la supremazia di Dio su ogni area della propria vita.
Il timore del Signore, insieme all’amore per Lui e alla fede, ispira e anima la nostra consacrazione a Lui.
È il profondo rispetto e riverenza per il Signore che spinge a seguire la Sua via!
Le azioni più frequentemente associate al timore di Dio sono il servirlo fedelmente (cfr. per esempio Deuteronomio 6:13; 10:20; Giosuè 24:14; 1 Samuele 12:24), l'obbedienza ai Suoi comandamenti (cfr. per esempio Deuteronomio 5:29; 31:13; 1 Samuele 12:14), odiare ed evitare il male (cfr. per esempio Salmo 34:11-14; Proverbi 8:13; 16:6).
John Murray disse: "I più alti livelli di santificazione si realizzano solo nel timore di Dio".
La Bibbia spesso collega la mancanza del timore di Dio con una condotta peccaminosa (cfr. per esempio Esodo 20:20; Ecclesiaste 8:13; Geremia 5:23-24; Malachia 3:5; Luca 18:1-5).
In Deuteronomio 25:17-18 è scritto: “Ricòrdati di quel che ti fece Amalec, durante il viaggio, quando uscisti dall'Egitto. Egli ti attaccò per via, piombando da dietro su tutti i deboli che camminavano per ultimi, quando eri già stanco e sfinito e non ebbe alcun timore di Dio”.
L'integrità etica è fondata ed è frutto del timore del Signore!
Giovanni Calvino scrisse: “Tutta la malvagità deriva dal disprezzo di Dio. ... Poiché il timore di Dio è la briglia con cui viene tenuta a freno la nostra malvagità, la sua rimozione ci libera per cedere a ogni tipo di condotta licenziosa”.
Quando non c’è timore del Signore non c’è ritegno morale!
Il patriarca Abraamo si era trasferito nella regione di un re locale, Abimelec, dove per la seconda volta Abraamo mentì su Sara sua moglie, dicendo che era sua sorella. Di conseguenza Abimelec mandò a chiamare Sara per farla diventare una delle sue mogli.
Ma Dio intervenne in modo soprannaturale per impedire che ciò accadesse.
Quando Abimelec si confrontò con Abraamo sul suo terribile inganno in Genesi 20:9-11: “Poi Abimelec chiamò Abraamo e gli disse: ‘Che ci hai fatto? In che cosa ti ho offeso, ché tu abbia attirato su di me e sul mio regno questo grande peccato? Tu mi hai fatto cose che non si debbono fare’. Di nuovo Abimelec disse ad Abraamo: ‘A che miravi facendo questo?’ Abraamo rispose: ‘L'ho fatto, perché dicevo tra me: -Certo, in questo luogo non c'è timor di Dio e mi uccideranno a causa di mia moglie-’“.
In questa circostanza, c'era più integrità in Abimelec che in Abraamo!
Ma Abraamo collegava l’assenza del timore di Dio con una mancanza di integrità morale.
Christine Roy Yoder scrive: "In Proverbi, 'timore del Signore' si riferisce variamente al timore della disapprovazione o punizione di Dio, trepidazione alla presenza del santo e una coscienza definita dall'obbedienza a Dio".
Il timore di Dio è la consapevolezza che la Sua approvazione è la cosa migliore che possiamo avere e la Sua disapprovazione la cosa peggiore (cfr. per esempio Luca 12:4-5; Ebrei 10:31).
Perciò John Brown diceva a riguardo: “Noi dobbiamo possedere il timore di Dio, cioè dobbiamo possedere il senso della sua grandezza infinita la quale è rivelata nelle sue opere e nella sua parola. Esso ci dona la convinzione che il suo favore sia la più grande benedizione che l’uomo possa ricevere e che la sua disapprovazione sia invece il peggiore dei mali. Il timore di Dio si manifesta in modo pratico quando ci spinge a cercare il favore di Dio…questo è il timore che il cristiano deve ricercare e manifestare nei confronti di Dio”.
Non nasciamo con il timore di Dio in noi, è qualcosa che s’impara (cfr. per esempio Deuteronomio 4:10; 14:23; 17:19; 31:12-13; Salmo 34:11), considerando il Suo giudizio (cfr. per esempio Deuteronomio 17:12-13; 21:21; Matteo 10:28; 1 Pietro 1:17).
Il timore del Signore era un principio guida per ogni aspetto della vita finché esistiamo sulla terra (cfr. per esempio Deuteronomio 4:10; 5:26; 14:23; 31:13; Proverbi 23:17).
Non c'è divisione tra secolare e sacro nella vita per chi teme veramente il Signore!!
Commentando Proverbi 1:7 che dice “il timore del SIGNORE è il principio della scienza” Jerry Bridges afferma: “Salomone dice che la conoscenza inizia non nell'apprendimento di un corpo di informazioni, o nell'acquisizione di varie abilità, ma nel timore del Signore. Sta dicendo che il timore di Dio deve essere il fondamento su cui è costruita la conoscenza. È il timore del Signore che ci dà la giusta prospettiva e ci spinge ad usarla per il giusto fine. È il timore del Signore che deve determinare la nostra visione fondamentale della vita”.
Concludiamo questo primo punto con:
C) Il significato di saggezza
“Il principio della saggezza".
Bernd Schipper scrive: “La saggezza che la persona saggia dovrebbe continuare a sviluppare è vera saggezza solo quando è connessa alla conoscenza della propria relazione con Dio”.
La fonte di tutta la saggezza è il Dio personale - con cui abbiamo una relazione dinamica e consapevole- che è santo, giusto e giusto.
La saggezza fa parte del carattere del Signore (1 Re 3:28; Isaia 28:29, Romani 16:27) ed è un Suo dono (cfr. per esempio 1 Re 4:29; 5:12; Proverbi 2:6), gli stolti la disprezzano (Proverbi 1:7,29).
Daniel Estes riguardo il diventare saggi scrive: “Per diventare saggi bisogna partire da un rapporto vitale con il Signore, un atteggiamento di reverenziale sottomissione a Lui che porti la persona ad accettare quanto Egli insegna come un insegnamento affidabile. Proverbi insiste sul fatto che ‘la devozione religiosa costituisce l'inizio e il principio fondamentale di tutta la conoscenza’".
La saggezza è più che avere capacità cognitive!
Un individuo medio ha un quoziente intellettivo (QI) tra 85 e 115; tra i 120-130 indica un quoziente intellettivo alto, quindi un'intelligenza eccezionale e superati i 160 punti ci sono molte probabilità di essere un genio, per esempio lo scienziato Albert Einstein aveva un quoziente intellettivo di 160.
Il genetista di fama mondiale William French Anderson è stato condannato per molestie su minori nel luglio 2006. In una conferenza stampa, l'avvocato di Anderson ha dichiarato: "Il fatto di avere un quoziente intellettivo di 176 non significa che si abbia buon senso" (“1001 illustrations that connect” cita: “The Buzz” World (July 29, 2006).
Avere alte capacità cognitive alte non significa essere persone sagge!
La “saggezza” (ḥoḵmāh) è stata comunemente definita come buon giudizio, o la capacità di sviluppare la migliore linea d'azione in una determinata situazione.
La saggezza è la migliore applicazione e l'uso della conoscenza che abbiamo.
Ma nel senso biblico ha anche una componente morale.
“La saggezza biblica non equivale ad avere un Q.I. elevato, ma ha soprattutto implicazioni etiche, morali e religiose” (Eugene E. Carpenter e Philip W. Comfort).
Lo studioso Von Rad scriveva che la saggezza è: "L'essenza di ciò di cui l'uomo ha bisogno per una vita corretta”.
Evidentemente una vita secondo gli standard di Dio!
Louis Golderberg scrive: “L'enfasi della saggezza dell'AT era che la volontà umana, nel regno delle questioni pratiche, doveva essere soggetta a cause divine. Pertanto, la saggezza ebraica non era teorica e speculativa. Era pratica basata sui principi rivelati di giusto e sbagliato, da vivere nella vita quotidiana”.
La saggezza è la capacità di applicare la conoscenza, di comprendere e quindi avere abilità nel vivere, implica l'adesione a uno standard stabilito, l’abilità nel vivere secondo l'ordine morale del Signore!
Per esempio in Deuteronomio 4:5-6 leggiamo: “Ecco, io vi ho insegnato leggi e prescrizioni, come il SIGNORE, il mio Dio, mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nel paese nel quale vi accingete a entrare per prenderne possesso. Le osserverete dunque e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: ‘Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente!’”
La Bibbia ci dice che ci sono solo due tipi di saggezza che si distinguono in due percorsi e comportamenti divergenti: la saggezza terrena, animale e diabolica e la saggezza che viene da Dio (Giacomo 3:13-17), cioè la saggezza secondo il carattere e il comportamento di Dio.
Ci sono in definitiva solo due tipi di persone in questo mondo: quelli che vivono in armonia con la legge morale di Dio e quelli che vivono nel rifiuto della legge morale di Dio.
Il primo tipo è considerato “saggio” (cfr. per esempio Proverbi 14:16), l'altro tipo è chiamato “stolto” (cfr. per esempio Salmo 14:1-3).
Gli aspetti della saggezza non sono solo comportamentali, sono anche caratteriali.
La saggezza è una componente del carattere di una persona saggia (ḥāḵām - cfr. per esempio Proverbi 9:8-9; 16:21).
Quindi come scrive Daniel Estes: “L'istruzione contemporanea si concentra tipicamente su ciò che lo studente deve sapere, o su ciò che lo studente deve fare. Al contrario, la preoccupazione predominante della saggezza dell'Antico Testamento è ciò che l'umano deve essere. La formazione del carattere è al centro della vera saggezza”.
Michael Fox sempre sulla saggezza dice: "La saggezza è una configurazione dell'anima; è carattere morale, e promuovere il carattere morale, non è un eufemismo dirlo, è in ogni momento il più grande obiettivo dell'istruzione".
La saggezza allora è collegata sia al comportamento che al carattere secondo la volontà di Dio!
Consideriamo ora:
II LA PECULIARTIÀ DELL’INTELLIGENZA
“E conoscere il Santo l’intelligenza”.
La Nuova Diodati traduce: “E la conoscenza del Santo è l'intelligenza”.
Questa rara espressione della conoscenza del Santo la troviamo anche in Proverbi 30:2-3 dove è scritto: “Certo, io sono più ignorante di ogni altro, e non ho l'intelligenza di un uomo. Non ho imparato la saggezza, e non ho la conoscenza del Santo”.
La parola “ignoranza" (baʿar) è forte e si riferisce a una persona che non ha la razionalità, quella razionalità che distingue, differenzia gli uomini dagli animali.
Dunque “ignoranza” in riferimento alla conoscenza di Dio indica essere simile a una bestia (ignoranza - bǎ·ʿǎr -insensato, stupido- cfr. Salmo 73:22).
Siamo più simili agli animali che agli esseri umani quando non conosciamo Dio!
Paul Koptak commenta così: “La bestia era un segno di intelligenza subumana, un simbolo usato con il presupposto che fosse una capacità della natura umana di percepire questioni spirituali e di essere in relazione con il suo Creatore. Mancare tale percezione significa essere come un animale che si preoccupa solo del suo cibo e della sua sicurezza (cfr. Salmo 73:21-22)”.
Quindi essere veramente umani secondo il piano di Dio significa conoscerlo!
Dio intendeva proprio questo quando ci ha creati, che noi lo conoscessimo!
Questo ci differenzia dagli animali!
Bernd Schipper a riguardo scrive: “Alla luce dell'unicità di questa espressione, si deve presumere una sorta di connessione tra 9:10 e 30:3”.
Un'altra connessione è con Proverbi 2:5, dove il parallelo è con il timore del Signore indicando che, come dice sempre Bernd Schipper: “Entrambe le espressioni mirano a una più profonda conoscenza, o riconoscimento di Dio”.
Nella peculiarità dell’intelligenza, consideriamo prima di tutto che:
A) È una conoscenza esperienziale
Lindsay Wilson commenta: “Parallelamente a questo detto del timore del SIGNORE c'è un promemoria sull'importanza della conoscenza di Dio, o forse anche di ‘conoscere Dio’ in senso relazionale. Le parole ebraiche per sapere e conoscenza non riguardano semplicemente la ‘conoscenza della testa’, ma spesso implicano una relazione. Conoscere Dio è fondamentale per comprendere questo mondo e come viverci”.
Conoscere i fatti su Dio non significa necessariamente conoscerlo veramente!
Il cuore della conoscenza di Dio è la relazione.
Dio è un essere relazionale e ha reso relazionali anche noi, affinché potessimo avere una relazione con Lui.
Allora non è solo importante credere che esista, o conoscere i fatti su di Lui, ciò che è ancora più importante è conoscerlo per esperienza!
Nei Proverbi, la conoscenza è messa in parallelo con la saggezza (Proverbi 2:10; 9:10; 10:14), mentre la mancanza di conoscenza è messa in parallelo con stoltezza e malvagità (Proverbi 1:22; 11:19; 13:16).
La parola “conoscenza” (dǎ·ʿǎṯ) include sia la conoscenza intellettuale che quella esperienziale per rivelazione di Dio.
Quindi non è solo una semplice conoscenza cognitiva, ma la conoscenza proveniente dall'autorivelazione di Dio, una conoscenza ricevuta attraverso la Parola nella fede, una relazione positiva con Dio basata sulla Sua grazia e sul Suo favore.
“I mortali legati alla terra non possono trovare la saggezza trascendente senza il Signore trascendente. La vera saggezza deve trovare il suo punto di partenza nella rivelazione di Dio; nella sua luce, vediamo la luce” (Waltke).
Non è una qualità intrinseca, di nascita nelle persone, è un dono di Dio!
In Ezechiele 20:5 troviamo una parola (ʾiāwwdaʿ) che ha la stessa radice della parola qui conoscenza (dǎ·ʿǎṯ) che viene da conoscere (yā·ḏǎʿ) è scritto: “Io apparvi ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe, come il Dio onnipotente; ma non fui conosciuto da loro con il mio nome di SIGNORE”. (vedi anche Esodo 6:3).
Quindi la parola “conoscenza” (dǎ·ʿǎṯ) deriva dalla parola Ebraica “conoscere” (yā·ḏǎʿ) che indica conoscere per esperienza (cfr. per esempio Genesi 3:5; Giosuè 24:31), avere una relazione intima (cfr. Genesi 4:1), un'intima comunione personale con il Signore (cfr. per esempio Genesi 18:19; Amos 3:2), o incontro com’è accaduto a Balaam che ricevette la conoscenza della scienza dell'Altissimo attraverso una visione dove troviamo la stessa parola (dǎ·ʿǎṯ).
In Numeri 24:15-16 è scritto: “Allora Balaam pronunciò il suo oracolo e disse:
‘Così dice Balaam, figlio di Beor; così dice l'uomo che ha l'occhio aperto, così dice colui che ode le parole di Dio, che conosce la scienza dell'Altissimo, che contempla la visione dell'Onnipotente, colui che si prostra e a cui si aprono gli occhi’”.
Dunque, in questo versetto di proverbi “conoscenza” (dǎ·ʿǎṯ) non è solo avere informazioni su una persona, ma anche consapevolezza con una forte implicazione di relazione con quella persona che influenza il comportamento; dunque chi conosce Dio non avrà un comportamento peccaminoso.
Per esempio in Osea 4:1-2 è scritto: “Ascoltate la parola del SIGNORE, o figli d'Israele. Il SIGNORE ha una contestazione con gli abitanti del paese, poiché non c'è verità, né misericordia, né conoscenza di Dio nel paese:’Si spergiura, si mente, si uccide, si ruba, si commette adulterio; si rompe ogni limite e si aggiunge sangue a sangue’”.
Quindi conoscere, o la conoscenza del Santo indica consapevolezza, avere una relazione con Dio, conoscerlo per esperienza, e questa conoscenza influenza il nostro comportamento in un cammino santo e non certamente peccaminoso!
Allora la conoscenza del Santo è consacrazione, obbedienza!
Non conoscere Dio significa perire! (Osea 4:6; cfr. Isaia 5:13).
In secondo luogo:
B) È una conoscenza favolosa
“E conoscere il Santo”.
La santità di Dio è enfatizzata nella Bibbia.
Il teologo E. H. Bancroft scriveva: “La santità di Dio è l’attributo più esaltato e sottolineato, esprimente la maestà della Sua morale e del Suo carattere”.
Così anche Hugh D. Morgan afferma: “La santità è il principale e il più glorioso attributo che Dio possieda. Quale altra virtù di Dio viene ripetuta per ben tre volte di seguito? Non sentiremo mai gli angeli cantare ‘Fedele, fedele, fedele’ oppure ‘Eterno, eterno, eterno ’ oppure ‘Giusto, giusto, giusto, invece canteranno ‘Santo, santo, santo è il Signore Iddio, l’Onnipotente, che era, che è e che viene’ Apocalisse 4:8”.
“Santo” (qedōšîm - aggettivo plurale maschile) letteralmente è “Santi”, si riferisce a Dio, al Signore (per esempio 2 Re 19:22; Salmo 22:4; Proverbi 30:3; Isaia 1:4; Osea 11:9; 12:1).
La forma plurale: “Santi” è un plurale di maestà e d’intensità, esprime il più alto grado di santità, la natura maestosa del Signore, e sottolinea la pienezza dell'idea esposta, la Sua completa santità: “Egli è tutto santo!”
In Isaia 6:3 i serafini gridavano: “Santo, santo, santo è il SIGNORE degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!”
La ripetizione di una parola nella lingua Ebraica è un modo di esprimere un'idea superlativa (cfr. per esempio 2 Re 25:15).
La triplice ripetizione, sottolinea la Sua santità alla massima misura possibile, un qualcosa di superlativo che è ben oltre ogni immaginazione umana!
Pertanto i serafini enfatizzano ciò che Dio è in natura: Santo in modo superlativo, unico, assoluto!
Dio non ha pari! È La santità di Dio è incomparabile perché solo Dio è santo!
La santità è sinonimo della Sua divinità! Santo=Dio!
(cfr. per esempio 1 Samuele 2:2)
Dio è il Santo sopra gli altri in modo unico, esclusivo e assoluto!
Nessuno è uguale a Lui! Dio è imparagonabile!
In Esodo 15:11 è scritto: "Chi è pari a te fra gli dèi, o SIGNORE? Chi è pari a te, splendido nella tua santità, tremendo anche a chi ti loda, operatore di prodigi?".
La parola “santo” (qādôš) in Ebraico indica “ciò che è separato dal profano, dal terreno”.
Dio è “il totalmente altro”, completamente diverso da tutto il resto e al di sopra di ogni cosa finita e imperfetta!
La santità è la totalità della perfezione divina, una perfezione che lo distingue totalmente dal creato e dalla creatura, dal comune, dal profano, è separazione infinita!
Quindi dire che Dio è santo, significa che Dio è trascendente, cioè separato dalla creazione.
Ora pensateci sopra: abbiamo l’opportunità di conoscere il Dio maestoso e santo!
Abbiamo la possibilità per la grazia Sua, di conoscere Colui che è l’Alto, l’eccelso che abita l’eternità e si chiama il Santo (Isaia 57:15).
Il Dio santo incomparabile (cfr. Esodo 15:11), Colui che è al di fuori della portata e della percezione dei comuni mortali, Colui che è inaccessibile, può essere conosciuto!
Nessuno si poteva avvicinare al monte, toccarlo e guardare quando Dio decise di scendere sul Sinai e incontrarsi con Mosè, chi lo avrebbe fatto sarebbe morto! (Esodo 19:16-24).
L’uomo non può vedere Dio e vivere! Abita una luce inaccessibile (Esodo 33:20; 1 Timoteo 6:16).
Ecco perché è una conoscenza favolosa conoscerlo!
Questo Dio così trascendente si fa conoscere!
Oggi si fa conoscere attraverso Gesù Cristo (cfr. per esempio Giovanni 1:18; 14:6; 17:3; Romani 8:31-34; 1 Timoteo 2:5), pentendoci dei nostri peccati e credendo al Suo sacrificio e alla sua resurrezione (cfr. per esempio Atti 3:19-20; 20:21; Giovanni 3:16; Efesini 2:8-9; 1 Giovanni 1:8-10).
Infine è:
C) È una conoscenza che capisce
“E conoscere il Santo l’intelligenza”.
Michael Green dice: “Alcuni di noi sono come Cristoforo Colombo quando si tratta della nostra comprensione:
Non sapeva dove stava andando.
Non sapeva dove fosse quando è arrivato.
Non sapeva dove fosse stato quando era tornato.
Ma la parola “intelligenza” ci parla di comprensione.
Al v.6 c’è un’esortazione agli sciocchi a lasciare la stoltezza e di conseguenza vivranno, c’è un’esortazione a camminare per la via dell’intelligenza.
“Intelligenza” (biynāh) è la condizione cognitiva di chi comprende (cfr. per esempio Isaia 27:11; 29:24; 33:19; Giobbe 38:4; Proverbi 7:4; 8:14; 9:6, 23:4; Daniele 8:15; 9:22; 10:1).
Descrive la propria capacità di meditare saggiamente i dati che sono stati ricevuti, ma va oltre la semplice raccolta di informazioni nell'attività di discernere e giudicare perché si parla di conoscere il Santo!
“Ci vogliono un sacco di test per provare che sei intelligente, ma uno solo per provare che sei stupido” (Anonimo).
Ora certamente non è da stupidi conoscere Dio, è intelligente colui che conosce il Santo!
Eppure coloro che non hanno la fede parlano di coloro che conoscono Dio dicendo di loro che sono sempliciotti, ignoranti, che non capiscono nulla!
Per questo mondo l’intelligente è colui, o colei che ha certe capacità, per esempio la capacità di studiare, di diplomarsi e laurearsi ai pieni voti, la capacità di risolvere problemi, la capacità di parlare in modo chiaro e con un buon vocabolario, la capacità di accettare gli altri, ammettere i propri errori, possedere una buona empatia.
Ma secondo questo versetto, l’intelligente è colui, o colei che conosce il Santo!
Non so qual è il tuo quoziente intellettivo, ma se conosci il Santo certamente sei intelligente!
In Geremia 9:23-24 dice: “Così parla il SIGNORE: ‘Il saggio non si glori della sua saggezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza: ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me,
che sono il SIGNORE...”
Si può essere tentati di vantarsi degli standard umani, nelle cose in cui confida il mondo, ciò che è importante per la società, risorse umane che si pensava allora, ma anche oggi, potessero essere di grande aiuto nelle difficoltà, e cioè della propria accumulata conoscenza (saggezza - erudizione, competenze speciali) forza fisica, ricchezza.
Una persona invece, si deve vantare che ha intelligenza (haśkēl) e conosce (ya-dōaʿ) il Signore.
CONCLUSIONE
Possiamo ringraziare il Signore perché nonostante è Santo alla massima potenza, lo possiamo conoscere!
Inoltre, prega il Signore, leggi e medita la Sua parola, la Bibbia, affinché tu possa temerlo e conoscerlo sempre di più! Affinché tu possa essere e comportarti secondo i Suoi standard.
Il timore del Signore è il prerequisito essenziale, l’inizio per una vita consacrata a Lui! L’inizio della saggezza!
Questa è l’intelligenza e lo scopo per cui siamo stati creati da Dio!
Fai uno studio approfondito sulla dottrina di Dio e mentre lo fai prega che il Signore si riveli a te nella Sua bellezza così da imparare a temerlo ogni giorno, costantemente per la tua consacrazione in ogni area della tua vita!