Osea 2:15-16: Il ristabilimento d’Israele da parte del Signore (2)
La reazione del popolo
Non so se questa frase che ha detto qualcuno sia vera: “Ricorda, la tua vita dipende al 10% da quello che ti succede, e al 90% da come reagisci”.Di certo, possiamo affermare che la nostra vita è fatta di azioni e reazioni nei vari aspetti e circostanze, nei successi come anche nei fallimenti.
Non sempre le nostre reazioni sono giuste, e questo per varie ragioni che riguardano i nostri limiti intellettuali, emotivi, o volitivi.
A volte non vediamo le circostanze nella loro vera luce come ricordava Maxwell Maltz: “Dobbiamo imparare a valutare le cosiddette situazioni ‘critiche’ nella loro vera luce, non dobbiamo fare di un granello una montagna, né reagire a ogni piccola sfida come a una questione di vita o di morte”.
Certo Bruce Lee affermava: “Nella nostra vita non è importante tanto cosa succede, ma il modo in cui noi reagiamo agli eventi”
Anche quest’affermazione ha il suo significato.
Anche nella vita cristiana ci sono azioni e reazioni ai vari aspetti della vita, nelle varie circostanze, ma soprattutto nella nostra relazione con Dio.
La domanda che dobbiamo porci è: “Come agiamo e reagiamo a Dio?”
Precedentemente, abbiamo visto il corteggiamento del Signore al Suo popolo d’Israele, cioè la Sua attrazione, la conduzione nel deserto, la comunicazione al cuore, e la donazione (Osea 2:14-15).
Oggi vediamo la reazione del popolo.
Consideriamo prima di tutto:
I L’ATTEGGIAMENTO STORICO
Nel v.15 leggiamo: “Là mi risponderà come ai giorni della sua gioventù, come ai giorni che uscì dal paese d'Egitto”.
Dio opererà nel cuore d’Israele in modo che sia attratta da Dio e non dagli idoli.
Il conseguente capovolgimento dell'atteggiamento di Dio verso “Sua moglie” Israele e la risposta d’Israele (come già accennato nel v.7), indicano che questo incontro nel deserto porterà a ristabilimento e rinnovamento del rapporto d'amore tra Dio e Israele, un rapporto vincolato da un patto.
Così noi troviamo qui un principio importante: Dio ci dona nuove possibilità!
Questa è una costante che vediamo nella storia di Dio con il Suo popolo.
Non dobbiamo mai perdere di vista questa verità e speranza, soprattutto se stiamo vivendo, o quando vivremo, un periodo difficile nella nostra vita cristiana.
La promessa che troviamo al v.15 è: le cose torneranno a essere come erano all'inizio della relazione, come al tempo in cui il Signore fece uscire Israele dall'Egitto.
Ci sarà una ripetizione dell'esodo, una ripetizione della semplice fiducia che Israele aveva riposto in Dio quando l'ha liberato e condotto dalla terra d'Egitto (cfr. per esempio Osea 11:11).
Quindi, Israele risponderà nel deserto come ai giorni della sua gioventù.
“Risponderà” (ʿonĕtâ – qal perfetto attivo) indica che Israele sarà reattivo a Dio (Giudici 19:28; 1 Samuele 14:39; 1 Re 18:26, 29; Isaia 50:2; 66:4), lo seguirà volentieri, si adatterà ai desideri di Dio, quindi la parola “risponderà” implica attenzione e obbedienza.
Quando Dio ci parla, si manifesta a noi, in definitiva abbiamo due reazioni: disobbedienza, oppure obbedienza!
Allora, il profeta predice nel v.15 che Israele risponderà nel deserto come quando uscì dall’Egitto.
“Rispondere” ricorda la devozione volontaria espressa al Sinai.
Nel racconto del patto fatto al Sinai, Mosè lesse al popolo il libro del patto e il popolo rispose positivamente, nutriva affetto per Dio (cfr. per esempio Geremia 2:2) e promise di obbedirgli (Esodo 24:3–8).
Questo è uno dei casi in cui Israele rispose all'appello del Signore di osservare il Suo patto (Esodo 19:4–6); anche se poi si diedero all’idolatria (cfr. per esempio Numeri 25:1-3; Osea 9:10).
Ora in questo “nuovo deserto”, Dio parlerà al cuore d'Israele e risponderà ancora positivamente con un amore reattivo come confermato anche dal v.16.
Così l'oggetto del corteggiamento del Signore, Israele, farà ciò che il Signore si aspetta, è di nuovo pronta per “una relazione coniugale” come rappresentato da Osea con la moglie infedele.
Dunque, i giorni della sua gioventù risalgono al periodo della nascita d’Israele come nazione nel deserto quando uscì dal paese d’Egitto.
Ricordando il Suo patto con Abraamo, Isacco e Giacobbe, Israele divenne il popolo di Dio, per la sua esperienza di redenzione dall'Egitto per la compassione di Dio e non perché avesse qualcosa di speciale, o un legame naturale (cfr. per esempio Esodo 2:24; 20:2-3; Deuteronomio 7:6-10; Salmo 105:9–10,42).
L'esodo era l'atto del Signore di liberare Israele dalla schiavitù di Egitto e di costituirlo come Suo.
Altrove nel libro di Osea viene riportato l’esodo dall’Egitto, questo grande atto di liberazione (Osea 11:1; 12:10, 14; 13:4), o per dichiarare dove si trovavano prima che il Signore li chiamasse suoi (Osea 7:16; 8:13; 9:3, 6; 11:5).
Osea sta parlando metaforicamente, non di un luogo fisico, il deserto tra l'Egitto e Canaan, ma un luogo metaforico.
Alcuni studiosi hanno parlato di un luogo idealistico dove la relazione rinascerà, o sarà ristabilita, o rinnovata come ai primi giorni quando il Signore chiamò Israele a far parte del patto con Lui, quando il popolo dipendeva dal Signore e gli era fedele e sottomesso, ed era in questo modo che avrebbero dovuto agire, come proprio Osea più volte sottolineava!
Come per il popolo d’Israele, a volte Dio ci può riportare in certe situazioni come accadute nel passato per riportarci a Lui, o per rinnovare la nostra relazione con Lui, per riconsacrarci con fedeltà e affetto, e questo c’introduce al secondo punto.
II L’AFFETTO PER DIO v.16
Nel v.16 è scritto: “’Quel giorno avverrà’, dice il SIGNORE, ‘che tu mi chiamerai: -Marito mio!- e non mi chiamerai più: -Mio Baal!-‘”
In questo versetto vediamo la metafora del matrimonio e del patto riguardante un giorno futuro di cambiamento e benedizioni.
“Quel giorno” non si riferisce a un momento specifico, ma è un riferimento retorico, a volte usato per indicare il giudizio d’Israele da parte di Dio (cfr. per esempio Osea 1:5), o come in questo caso il ristabilimento, la restaurazione d’Israele, la speranza futura di Dio per il Suo popolo (Osea 2:18,21; cfr. per esempio Geremia 39:16–17; Gioele 3:18).
A proposito di “quel giorno” A. A. MacIntosh commenta: "È un'espressione comune nella profezia ed è generalmente, ma non esclusivamente, usata per introdurre una promessa di buone cose a venire”.
Così un giorno quella relazione interrotta a causa dell’idolatria d’Israele, verrà ripristinata con nuove benedizioni.
“Quel giorno” si riferisce al momento in cui il Signore recupera a sé “la moglie” (Israele) che si era allontanata da lui.
John Mackay scrive: “Il Signore restituirà a Israele la comunione obbediente con se stesso” (cfr. Osea 3:5; 11:10-11; 14:4-7).
È il giorno del rinnovamento dell'obbedienza d’Israele.
Tutte le tracce passate d’infedeltà saranno rimosse (Osea 2:16–17), così la relazione interrotta non sarà semplicemente rattoppata, ma completamente trasformata e rinnovata in fedeltà.
L'esilio a Babilonia, raggiungerà lo scopo previsto, Israele sarà purificata dall'idolatria e ritornerà ad avere comunione con il Signore.
È il Signore che parla tramite Osea, e dice che in quel giorno, Israele lo chiamerà: “Marito mio!” e non più: “Mio Baal!”
Questo versetto descrive un tempo futuro in cui Israele, la sposa del Signore, lo chiamerà solo “Marito mio!”
Israele aveva già mostrato la sua apatia verso il Signore, con la mancanza di rispetto verso di Lui e idolatria con Baal, attraverso i suoi monologhi sugli amanti come abbiamo visto in Osea 2:5,12 in altre predicazioni.
Ma ci sarà in quel giorno un cambiamento, Israele ritornerà a chiamare il Signore “Marito mio!” (ʾîšî ʾanî) e non più “Baal mio!” (baʿălî ʾanî).
Israele nella nuova epoca della restaurazione non userà mai più la parola “Baal”.
Il culto di Baal non esisterà, il Signore toglierà dalla loro bocca questo nome (v.17).
“Marito!” (ʾîšî) significa che Israele parlerà personalmente al Signore e cercherà una comunione con Lui, piuttosto che cercare solo i suoi doni con Baal, come indicato da "Baal mio" (Osea 2:5).
Baal era riconosciuto come la divinità della fertilità dei raccolti, degli animali e delle persone.
Le persone così adoravano Baal perché erano convinti che avrebbe dato loro raccolti abbondanti e prosperità.
L'adorazione di questa divinità era così ripugnante che il suo stesso nome fu identificato con la parola “vergogna”.
Osea 9:10 parla della vergogna d’Israele nell'essere attirato nella prostituzione sacra coinvolta con Baal durante il loro soggiorno a Sittim (Numeri 25:1-4; cfr. Nm 31:16; Apocalisse 2:14).
“Baal” (baʿălî) significa "proprietario”, “padrone”, “signore" (cfr. per esempio Esodo 21:28).
Ma questa parola è anche usata nell’Antico Testamento per riferirsi al marito come capo, o proprietario della moglie e della famiglia (cfr. per esempio Genesi 20:3; Esodo 21:3; Deuteronomio 24:4).
Alcuni studiosi pensano che entrambi i sensi della parola sono presupposti qui in Osea 2:16.
Con la sostituzione da “Baal mio!” a “Marito mio!”, il Signore ribalta l’adulterio spirituale d’Israele, ed era come se non fossero più sposati, e ristabilisce di nuovo il loro “matrimonio”.
È un’inversione di quanto aveva detto in Osea 2:2: “Contestate vostra madre, contestatela! perché lei non è più mia moglie, e io non sono più suo marito! Tolga dalla sua faccia le sue prostituzioni, e i suoi adulteri dal suo petto”.
L’affermazione: “Perché lei non è più mia moglie, e io non sono più suo marito!”,
ammette apertamente l'ovvio, il dato di fatto la moglie Gomer (Israele) non si comporta come la moglie di Osea, quindi Osea (Signore) non può comportarsi come suo marito.
Il senso è: “Non viviamo più insieme come marito e moglie”.
Coì anche Israele non si comporta da moglie fedele con il Signore!
Se lei non si comporta da moglie, spiega Osea, il risultato è: “Io non sono più tuo marito”.
Quindi marito e moglie non sono più marito e moglie, proprio come Israele non è più il popolo fedele secondo il patto con il Signore per come doveva essere visto che lo tradiva con Baal!
Il fatto che Israele, chiamerà il Signore “Marito mio!” E non lo chiamerà più “Mio Baal”, mostra la grazia del Signore!
Israele sarà ancora una volta graziato dal Signore come destinatario del Suo patto e della Sua benedizione.
Nel v.16 troviamo un capovolgimento delle attuali tristi e umilianti circostanze di Israele.
Inoltre con la sostituzione da “Mio Baal!” a “Marito mio!”, vediamo l'esclusività, l'intimità e la reciprocità personale di questa relazione legata al patto che con Baal non aveva, perché era semplicemente una relazione basata erroneamente sull’opportunismo e materialismo come abbiamo visto in Osea 2:5-8, anche se era il Signore che gli forniva la prosperità che Israele attribuiva a Baal.
Quindi Osea sottolineando il ripudio di chiamare “Baal mio!” per il Signore “Marito mio” afferma la rinnovata relazione del patto d’Israele con il Signore per iniziativa divina, in modo tale che nessuna parte di se stessi rimane per Baal, perché secondo il patto Mosaico la relazione doveva essere al 100% per il Signore (Esodo 19:5-6; 20:1-6; Deuteronomio 6:4-5,13-15; 7:6; Giosuè 24;14-20), in questo modo non c’è spazio per i rivali alla devozione d’Israele per il Signore.
Nella relazione con il Signore, la Bibbia è categorica: la devozione con Lui deve essere fedele al 100%, con un amore radicale, assoluto ed esclusivo! (cfr. Deuteronomio 10:12; Marco 12:30).
La parola “chiamare” (qārāʾ) implica adorazione (cfr. per esempio Genesi 21:33), o glorificare il nome (cfr. per esempio Salmo 116:17), come anche invocare.
Invocare il nome di un dio nel culto significava invocare la presenza e l'aiuto, o l'azione di quella divinità, o attirare la loro attenzione, ed è usato anche per il Signore (cfr. per esempio Salmo 17:6; 18:3), come anche per Baal.
Infatti, in 1 Re 18:26 viene usata la stessa parola Ebraica che troviamo in Osea 2:16, quando i profeti di Baal lo invocavano affinchè si manifestasse, noi leggiamo: “Quelli presero il loro toro, e lo prepararono; poi invocarono il nome di Baal dalla mattina fino a mezzogiorno, dicendo: ‘Baal, rispondici!’ Ma non si udì né voce né risposta; e saltavano intorno all'altare che avevano fatto”.
Ma il senso di “’che tu mi chiamerai: -Marito mio!- e non mi chiamerai più: -Mio Baal!-‘”, può anche indicare che la popolazione, o una parte di essa, era abituata a rivolgersi al Signore stesso come Baal, chiamandolo proprio “Baal”, come se fosse Baal, o lo adoravano tra le altre divinità, e, o come se fosse come quelle altre divinità, una delle loro tante manifestazioni, o lo adoravano insieme ad altre divinità pagane.
In questo sincretismo religioso il Signore era adorato come Baal e quindi chiamato "Baal".
Andrew Dearman commenta così: “Chiamare YHWH ‘baal’ portava con sé, almeno agli occhi di Osea, una forma inaccettabile di sincretismo con la più ampia cultura Cananea di cui Israele era comunque parte costitutiva. YHWH era adorato come una divinità nella terra di Canaan, ma per Osea non tutti gli attributi delle divinità Cananee potevano essere applicati all'unico Signore di Israele”.
Se quindi Israele si era illuso chiamando il Signore “Baal”, trattandolo come se fosse il dio cananeo della fertilità con quel nome, è probabile che i titoli “marito” e “Baal” siano usati qui per definire il tentativo del Signore attraverso Osea, di correggere quell'illusione.
In “quel giorno” le persone cambieranno le parole che usano per rivolgersi a Dio,
Israele si rivolgerà correttamente a Dio chiamandolo "Marito mio" e non più "Mio Baal".
Invece di confondere il Signore con Baal, e cercare la sicurezza e il sostentamento della vita da Baal piuttosto che da Lui, Israele chiamerà il Signore: “Marito mio!".
La popolazione ritornerà nella purezza religiosa, nella devozione al Signore, e questa rappresenterà un adempimento delle benedizioni di rinnovamento del patto del Sinai per amore del Suo nome santo (cfr. per esempio Deuteronomio 4:30; 30:6,8), com’è anche comunicato altrove nei profeti (cfr. per esempio Geremia 31:33-34; Ezechiele 36:24-32; Sofonia 3:9).
CONCLUSIONE
1) Prima di tutto nella conclusione vediamo che il Signore, nella Sua grazia, cerca di recuperare il peccatore, e quindi anche il credente che si allontanato da Lui
Il Signore cerca di recuperare sempre il Suo popolo, quelle persone che si sono allontanate da Lui, ed è contento come il padre del figliol prodigo (Luca 15:11-32), quando questi ritornano ravveduti a Lui.
Così questo testo ci parla della grazia di Dio come abbiamo visto anche nella precedente predicazione di Osea 2:14-15.
Dio che ripristina la Sua relazione di patto con il Suo popolo idolatra, e non solo lo trasforma in modo che obbedisce, e questo è di grande speranza per noi oggi, anche per il peggio dei peccatori!
Il Signore è un Dio di ogni grazia (Tito 2:11-12; 1 Pietro 5:10).
La grazia è un atteggiamento favorevole di Dio verso i peccatori, il Suo favore immeritato concesso con generosità a chi non possiede alcun merito per ottenerlo, o guadagnarlo.
La grazia è semplicemente l'amore di Dio dimostrato verso coloro che meritano il contrario.
Il Signore è un Dio di grazia abbondante, ed è importante capire che non deve alcuna grazia a nessuno, nessuno merita il Suo favore, questa è la natura del Suo favore libero e immeritato!
Se il Signore fosse obbligato a dare la Sua grazia, non sarebbe più grazia, perché in questo senso il favore, o la benedizione sarebbe semplicemente una questione di giustizia, di opere meritorie!
Dunque, la natura stessa della grazia è che non è mai dovuta, o guadagnata altrimenti non è più grazia (Romani 11:6; Galati 2:21; Efesini 2:8-9).
Tim Shenton scrive: “La grazia di Dio consiste nella sua bontà liberamente elargita a coloro che ne sono immeritevoli e che sono, per natura, sottoposti a un giudizio di morte eterna”.
Dio nella Sua grazia, prende l'iniziativa e si adopera per comunicare i Suoi favori e le Sue benedizioni alle Sue creature; si abbassa per abbracciare e concedere benefici ai bisognosi, ai meno amabili, ai peccatori.
La grazia di Dio è più grande delle nostre miserie umane e peccaminose!
Gesù, il Figlio di Dio essendo lo splendore della gloria e impronta dell’essenza di Dio (Ebrei 1:3), è l'espressione perfetta e completa della grazia divina, il canale attraverso cui fluiscono tutte le immeritate benedizioni relative alla salvezza.
La grazia di Dio è pienamente rivelata in Cristo Gesù nostro Salvatore per la salvezza eterna (Giovanni 1:14-17; Romani 3:23-24; 2 Timoteo 1:9-10), è il Suo favore gratuito e immeritato verso i peccatori dando loro la vita eterna (cfr. per esempio Atti 15:11; Romani 3:24; 5:15; 6:23; Efesini 1:6-7; 2:5-9; 2 Tessalonicesi 2:16; 1 Timoteo1:14-15; Tito 3:7; 1 Pietro 5:10).
Se per la trasgressione di uno solo, Adamo, i molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti (Romani 5:15,17,21).
Dove il peccato abbonda, la grazia di Dio sovrabbonda! (Romani 5:20).
La grazia di Dio è oltre misura, è come un oceano sempre pieno, abbondante e sempre fluente che copre i nostri peccati come il mare copre grandi rocce.
Quindi, la grazia di Dio supera incommensurabilmente l'entità del peccato umano!
Jerry Bridges scriveva: “I vostri giorni peggiori non sono mai stati così brutti da essere fuori dalla portata della grazia di Dio. E i vostri giorni migliori non sono mai così buoni da non aver bisogno della grazia di Dio”.
In secondo luogo:
2) Osea ci mette in guardia dal sincretismo religioso
È chiaro che anche oggi molte persone, tra loro anche cristiani, possono confondere i loro idoli come se fossero il Signore, oppure nello stesso tempo che adorano il Signore, hanno anche i loro idoli che cercano per la loro prosperità, significato e speranza per il futuro, fraintendendo che tutto ciò viene proprio dagli idoli e non dal Signore, oppure non credono che il Signore sia sufficiente a dare prosperità, significato e speranza per il futuro! (cfr. Deuteronomio 8:17-18).
Gary Smith scrive a riguardo: “Se le persone non possono fidarsi di Dio per soddisfare i loro bisogni fisici, emotivi e spirituali, allora guarderanno naturalmente ad altre cose – proprio come gli Israeliti guardavano al Baalismo. In una cultura materialista individualista come quella occidentale di oggi, siamo costantemente tentati di dipendere dalle capacità umane piuttosto che da Dio. Inoltre, è facile essere risucchiati nella visione del mondo degli affari che non fa affidamento su Dio e lo sostituisce con un'indebita dipendenza da un lavoro, dal mercato azionario, dai risparmi personali o dalla sicurezza sociale”.
Come già detto, ci sono persone, anche cristiani, che fondono insieme Signore e idoli!
La denuncia di Osea era che il popolo d’Israele aveva adottato aspetti della religione Cananea, piano piano si ritrovò a mescolare alcune cose che conoscevano di Dio con la cultura pagana Cananea, tanto da non vedere poi alcuna differenza tra Baal e il Signore!
Invece doveva essere il contrario come ci ricorda ancora Gary Smith: “La fede di Israele fu adattata alla cultura Cananea piuttosto che trasformare la cultura Cananea”.
Così il pericolo anche per noi oggi è di mescolare insegnamenti Biblici con una cultura pagana, con una visione idolatra contemporanea tanto da portarci a un modo di pensare e agire incoerente con la volontà di Dio, che è quello di essere appartati per il Signore, di seguire la Sua Parola per essere separati dal peccato, per santificarci (cfr. per esempio Levitico 19:2;1 Pietro 1:15-16).
Allora ricordiamo di non fare lo stesso errore sincretista degl’Israeliti che li portò a un modo di pensare religioso incoerente con le vie di Dio.
Dobbiamo stare molto attenti!
C’è un certo tipo di cultura postmoderna, quindi anche insegnamenti morali e spirituali di questo mondo, che sono contrari agli insegnamenti Biblici, che si possono insinuare in modo sofisticato e lentamente nelle nostre menti tanto da sedurci e influenzare fino a farci allontanare dalle vie del Signore!
Non permettiamo che questo avvenga nella nostra vita!
Occorre molto vigilanza, ed è difficile perché siamo bombardati da social, film, programmi tv, libri, conoscenti e così via che ci propongono sistemi di pensiero contrari alla volontà del Signore.
Pertanto, non sorprende che alcune persone che frequentano le chiese cristiane abbiano mescolato cultura pagana moderna con la verità Biblica, reinterpretandola per adattarla, o sostenere una visione del mondo che è incoerente con la Bibbia.
Allora ti chiedo: “Cosa, o chi sta influenzando la tua vita morale e spirituale?”
Facciamo attenzione a non flirtare con la visione pagana di questo mondo come fecero gl’Israeliti con Canaan per non ritrovarci in un sincretismo religioso moderno!
È necessaria fare una scelta di chi si vuole seguire e nello stesso tempo fare attenzione che la visione filosofica di questo mondo si mischi con la verità biblica!
Come possiamo mantenere la purezza della nostra fede in mezzo a questo mondo pagano?
Conoscere, credere la verità Biblica, quindi studiare la Bibbia, pregare il Signore che ci aiuti a resistere agli attacchi e non mescolarla categoricamente con la filosofia mondana, partecipando alle attività di una sana chiesa cristiana!
Dunque il pericolo che era per Israele con gli idoli di Baal, lo è anche oggi per la chiesa con idoli moderni che hanno lo stesso effetto deleterio per la nostra fede cristiana, quindi vita morale e spirituale!
Facciamo dunque attenzione!