Osea 2:21-23: La presenza del Signore
Il Signore non è assente dalla vita del Suo popolo! (cfr. per esempio Salmo 121; Isaia 41:10; Matteo 28:20; Ebrei 13:5).Questa è una delle più confortanti verità del cristianesimo che riguardano la nostra relazione con il Signore il Dio che ci ha creati!
A.W. Tozer disse: “Quando cantiamo: ‘Attirami più vicino, più vicino, Signore benedetto’, non pensiamo alla vicinanza del luogo, ma alla vicinanza della relazione. È per gradi crescenti di consapevolezza che preghiamo, per una coscienza più perfetta della Presenza divina. Non abbiamo mai bisogno di gridare attraverso gli spazi a un Dio assente. Egli è più vicino della nostra anima, più vicino dei nostri pensieri più segreti”.
Dunque, uno degli aspetti della relazione tra il Signore e il Suo popolo, è la Sua presenza dinamica.
Nelle precedenti predicazioni abbiamo visto l’azione del Signore nell’abolire il Baalismo e il dare prosperità a Israele, che fidanzerà a Sé Israele, in questa predicazione vediamo la presenza del Signore al Suo popolo donando loro benedizioni.
Cominciamo con il considerare:
I LA RISPOSTA DEL SIGNORE (vv.21-22)
Nei vv.21-22 è scritto: “’Quel giorno avverrà che io ti risponderò’, dice il SIGNORE: ‘risponderò al cielo, ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà al grano, al vino, all'olio, e questi risponderanno a Izreel”.
A) Il periodo della risposta
Come nei vv.16 e 18, “quel giorno” è un riferimento retorico, che a volte è usato come in questo caso per il ristabilimento, la restaurazione d’Israele, la speranza futura di Dio per il Suo popolo (Osea 2:18,21; cfr. per esempio Geremia 39:16–17; Gioele 3:18), è usato qui per introdurre una promessa di buone cose a venire, e si riferisce al momento in cui il Signore recupera a sé Israele (vv.14-16), quando fidanzerà il Suo popolo a Sé, che si era allontanato da Lui.
Vediamo:
B) Il protagonista della risposta
Qualche anno fa, l’attore e regista Peter Alexander Ustinov disse: “Prima avevamo un sacco di domande senza risposte. Ora, con l'avvento dei computer, abbiamo un sacco di risposte senza domanda”.
Certamente questa frase ci fa riflettere, ma nel considerare le risposte del Signore, non ce ne sono importanti come le Sue!
Nel contesto di questi versetti, non sono risposte verbali, ma risposte in azioni del Dio sovrano!
Questa parola è usata nel Salmo 20:1,6 dove si riferisce alla risposta del Signore nel giorno dell’avversità, quindi per la salvezza.
In Isaia 41:17 la parola si riferisce alla risposta di Dio ai poveri e ai bisognosi, e in Isaia 49:8 è in parallelo con la parola “aiuto”.
In Osea 14:8 si riferisce che dal Signore verrà il frutto di Efraim.
Così “Io ti risponderò” sono azioni di benedizioni provenienti dalla grazia e sovranità del Signore, quando fidanzerà a Sé Israele.
"Senza il Suo ordine non una goccia di pioggia cade dal cielo, e la terra non produce alcun germoglio, e di conseguenza tutta la natura sarebbe alla fine sterile, a meno che Egli non le dia fertilità con la Sua benedizione" disse il teologo Giovanni Calvino.
Questi versetti volevano ancora far capire al popolo d’Israele, che non erano i Baal a dare la prosperità a Israele, ma il Signore (Osea 2:8).
Vediamo la dinamica della risposta del Signore a Israele come una catena.
Dio risponderà al bisogno del cielo e pioverà di nuovo.
La pioggia risponderà al bisogno della terra e sarà di nuovo produttiva.
La terra risponderà al bisogno del grano, del vino e dell’olio, ed essi produrranno.
Il Signore avvia una serie di azioni che portano alla produzione della terra di beni vitali, non è solo il Signore della storia, ma anche della natura!
Proprio come la terra fu spogliata a causa dell'apostasia d’Israele con i Baal (Osea 2:8-13), il Signore risponderà al cielo da dove arriverà la pioggia (cfr. per esempio 1 Re 17:1,7), che era una benedizione (cfr. per esempio Deuteronomio 11:14; 28:12; Levitico 26:4; Geremia 5:24), l'esatto opposto di Levitico 26:19 dove, a causa della disobbedienza d’Israele, il Signore spezzerà la superbia della sua forza e farà in modo che il suo cielo sia come di ferro e la sua terra come di bronzo.
Ora, invece, il Signore aprirà il cielo (Deuteronomio 28:12) per la pioggia al momento opportuno che farà bene alla terra che chiedeva la pioggia per la produzione, e produrrà grano, vino e olio di oliva, alimenti base da dove proveniva la prosperità d’Israele e che erano segni della benedizione del Signore (cfr. per esempio Deuteronomio 7:13; 11:14; 33:28), che Israele aveva precedentemente perso per averli cercati dai Baal (Osea 2:8-9).
Consideriamo ora:
C) La prosperità della risposta
Il grano, vino e olio di oliva a loro volta risponderanno a Izreel.
In Osea 1:4 abbiamo visto che si riferiva al nome che simbolicamente Osea doveva dare al figlio per indicare la dispersione tra le nazioni per il giudizio del Signore.
Come già detto in un’altra predicazione, “Izreel” (yizreʿeʾl) significa “Dio semina”, cioè l’azione di seminare nei campi (Genesi 26:12: Isaia 37:30), oppure “Dio rende fertile”, che è simbolicamente applicato a Israele al fatto che è stato seminato nella terra dove Dio li ha portati con una connotazione negativa di resa dei conti, di punizione come abbiamo visto in Osea 1:4: “Perché tra poco io punirò la casa di Ieu per il sangue versato a Izreel’”.
Allora questo nome potrebbe anche avere il significato di “Dio disperde”, come il seme che viene lanciato sulla terra per essere seminato.
Così in questo senso, questo nome allude alla rapida dispersione di Israele davanti ai suoi nemici e la conseguente dispersione fra i popoli come giudizio di Dio, come indicato dalla radice della parola (zāraʿ) come usato in Zaccaria 10:9, dov’è scritto: “Poi li disperderò fra i popoli, essi si ricorderanno di me nei paesi lontani; vivranno con i loro figli e torneranno”.
Questa dispersione è iniziata nel 722 a.C. con il regno del Nord con l’esilio in Assiria (cfr. per esempio 2 Re 18:11-12), e poi continuata nella storia attraverso l’invasione Babilonese, con drammi e deportazioni successive nel Regno del Sud, nel regno di Giuda (per esempio 2 Re 24:10-25:21) a causa delle trasgressioni del popolo di Giuda (Lamentazioni 1:5); a causa dell’adorazione a Baal (Geremia 32:35) e l’oppressione ai poveri (Geremia 5:28-29).
La storia ha visto il popolo d'Israele disperso dappertutto nel mondo!
Quindi, il nome Izreel aveva significato calamità per Israele (Osea 1:4–5), ma ora implica perdono, restaurazione, salvezza e prosperità.
In questo versetto il Signore non “semina" il giudizio, ma la benedizione!
Così la prosperità del Signore risponderà al giudizio della dispersione del popolo da parte del Signore, che ritorneranno nella loro terra, e quindi la prosperità e la pace faranno posto al giudizio del Signore, la maledizione farà posto alla benedizione del Signore, il Signore provvederà abbondantemente ai bisogni del popolo.
Il Signore ribalta il giudizio e fa rifiorire la terra desolata!
L'ordine creato in quel fazzoletto di terra, sarà quindi pienamente riconciliato con Israele.
Questo ci è di speranza anche per noi oggi: Dio può cambiare il Suo giudizio in perdono e benedizioni!
Così possiamo invocare la Sua grazia su di noi anche se siamo mancanti davanti a Lui!
Il Signore anche oggi è un Dio che perdona, ma lo fa solo attraverso Gesù Cristo (cfr. per esempio Salmo 32:1-5; Atti 13:38-39; Efesini 1:7; Ebrei 9:12,27; 1 Giovanni 1:8-2:2).
Vediamo ora:
II LA SEMINA DEL SIGNORE (v.23)
Nel v.23 leggiamo:”Io lo seminerò per me in questa terra”.
C’è un gioco di parole con il nome “Izreel”, cioè “Dio semina”, che ora ha una connotazione positiva, con “seminerò” rispetto a Osea 1:4-5.
Kimchi commenta appropriatamente: "Nel tempo della punizione chiamò Israele Izreel perché erano seminati tra le nazioni; nel tempo della liberazione li chiama di nuovo Izreel in quanto sono seminati nella loro terra".
Dunque vediamo:
A) Lo stanziamento
“Io lo seminerò per me in questa terra”.
Troviamo questa metafora agricola della vegetazione che cresce dalla terra per indicare il ripopolamento della terra da parte di Israele per azione del Signore.
Solo la fedeltà e la grazia del Signore avrebbe potuto invertire il giudizio di quella generazione, poiché sarebbe arrivato il giorno in cui, secondo l'antica promessa ad Abraamo, il popolo sarebbe stato incalcolabile come la sabbia sulla riva del mare (Osea 1:10; cfr. Genesi 22:17; 32:12).
“Seminerò” (zerǎʿtîʹ - qal perfetto attivo) indica “stanziare”, “stabilire”, “insediare”, “far abitare”.
Israele per il giudizio del Signore, abbiamo visto prima, è stato seminato in ogni dove, ora con la sua restaurazione, il Signore promette che sarà seminato per Lui in questa terra, la terra promessa (Canaan – cfr. per esempio Genesi 15:8; 17:8; Esodo 6:4; 23:20; Levitico 25:38; Numeri 13:2,17-21; Deuteronomio 1:7; 32:49), cioè dove si trovava geograficamente in quel momento e dove si trova oggi.
Il Signore nella Sua sovranità stabilirà il Suo popolo dopo la dispersione Assira e Babilonese, nella terra promessa anche se parzialmente (cfr. per esempio Esdra-Neemia; Isaia 11:12; 40:11; Geremia 3:18; 29:14; Ezechiele 11:17; 37:22; Osea 11:11; Gioele 3:1; Amos 9:9-15; Michea 4:6).
Poi, dopo le rivolte contro la dominazione Romana nel 70 d.C e 135 d.C., ci fu un abbandono di massa degli Ebrei che si stabilirono in diverse nazioni per secoli tanto da non avere più una terra come stato d’Israele.
Dopo l’olocausto, molti rientrarono nella loro terra di origine e per riconoscimento delle Nazioni Unite nel 1948 divenne lo Stato d’Israele.
Questo ci fa capire che ciò che il Signore promette realizza (cfr. per esempio Numeri 23:19); ciò che ha pianificato e profetizzato attraverso i profeti adempirà, i Suoi piani non sono frustrati! (cfr. per esempio Samo 33:10-11; Isaia 14:27; 46:10; 55;10-11).
L’Iddio onnipotente, è Sovrano e fedele, questo ci è di grande conforto!
Ci possiamo fidare di Lui!
Consideriamo:
B) Lo scopo
“Io lo seminerò per me”.
Il Signore non solo invertirà la devastazione della natura a causa del giudizio di Israele, ma "seminerà" nella terra promessa un popolo per Se Stesso.
Dio ha uno scopo per ogni Suo servo! Anche per te se fai parte del Suo popolo!
Qualcuno ha detto: “I due giorni più belli nella vita di una persona sono il giorno in cui è nato e il giorno in cui scopre perché è nato”.
Qualche tempo fa è stato fatto un sondaggio che chiedeva agli Americani quale fosse il loro scopo principale nella vita.
La maggior parte delle persone ha risposto: “Lo scopo principale della vita è il divertimento e la realizzazione personale”.
Ora non penso che in altre parti del mondo occidentale, compresa l’Italia sia diverso.
Solo Colui che ci ha creati ci può dire per quale motivo ci ha creati e quindi qual è lo scopo della nostra vita!
Dio, Colui che ci ha creati, attraverso la Bibbia ci dice che lo scopo della nostra vita, è quello di vivere per Lui (cfr. per esempio 1 Tessalonicesi 1:9; 1 Pietro 2:9-10), di vivere per la Sua gloria (cfr. per esempio Isaia 43:7; 1 Corinzi 10:31).
Il nostro scopo ultimo della nostra esistenza non è avere successo, fama, il piacere, il divertimento, o la felicità, ma conoscere il Signore, cioè Colui che ci ha creato (Apocalisse 4:11), è vivere per Lui, per la Sua gloria!
A. W. Tozer disse: “Dio ci ha fatti per sé; questa è la prima e l'ultima cosa che si può dire sull'esistenza umana e tutto ciò che aggiungiamo non è altro che un commento”.
Non c’è niente altro da dire, da speculare, da giustificare, e così via, ma dobbiamo solo tenere ben a mente e agire di conseguenza che Dio ci ha creati per Lui!
Punto! Non c’è altro da dire!
Infine vediamo:
III LA COMPASSIONE DEL SIGNORE (v.23)
Nel v.23 il Signore promette ancora: “’E avrò compassione di Lo-Ruama; e dirò a Lo-Ammi: -Tu sei mio popolo!- ed egli mi risponderà: -Mio Dio!-‘”
In questi versetti troviamo:
A) Il cuore del Signore (v.23)
“E avrò compassione di Lo-Ruama”.
Il Signore avrà di nuovo compassione d’Israele a cui in precedenza non aveva mostrato compassione, ma giudizio!
In Osea 1:6 leggiamo: “Lei concepì di nuovo e partorì una figlia. Il SIGNORE disse a Osea: ‘Chiamala Lo-Ruama, perché io non avrò più compassione della casa d'Israele in modo da perdonarla’”.
Come abbiamo visto in un’altra predicazione, Gomer, moglie di Osea,che rappresenta l’Israele adultero, dopo il primo figlio Izreel, concepì e partorì una figlia e anche in questa occasione il Signore disse come chiamarla: “Lo-Ruama”.
Questo nome è un simbolo vivente della realtà del giudizio di Dio.
Il Signore non avrà più compassione d’Israele che lo aveva abbandonato per Baal!! (per esempio Osea 2:13; cfr. 1 Re 14:15).
“Lo-Ruama” (lōʾ ruḥāmāh) viene da due parole “lōʾ” che indica “non”, e l’altra parola “ruḥāmāh” significa “compassione”, dunque il nome allora significa “che non ottiene compassione”, oppure “lei non riceve alcuna compassione”, o “nessuna compassione”.
Il Signore ha dato a Israele ciò che voleva, voleva vivere indipendente da Lui e allora il Signore lo ha lasciato al suo destino!
Israele non voleva essere amato dal Signore e si è dato all’idolatria, così il Signore lo lascia seguire ciò che desidera.
In sostanza è come se il Signore gli dicesse: “Mi hai detto in molti modi diversi che non vuoi la mia compassione; ora ti chiamerò con il nome che esprime ciò che hai sempre desiderato ‘Non compassione!’.
Ma ora il Signore avrà di nuovo compassione del Suo popolo!
“Avrò compassione” (riḥamtî – piel perfetto attivo) esprime l’azione intensiva del Signore nel manifestare la Sua compassione a Israele.
“Compassione” (ruḥāmāh) indica una profonda, gentile simpatia e dolore provato per un altro che è stato colpito da afflizione o sfortuna, accompagnato dal desiderio di alleviare la sofferenza.
Nella compassione c’è ancora:
B) La chiamata del Signore (v.23).
“E dirò a Lo-Ammi: -Tu sei mio popolo!”
Il rapporto tra Dio e Israele, è enfatizzato nell’Antico Testamento con il fatto che il Signore sarebbe stato il Dio d’Israele e quindi Israele il popolo di Dio.
Per esempio in Geremia 30:22 è scritto: "Voi sarete mio popolo e io sarò vostro Dio" (cfr. per esempio Esodo 6:7; 29:45; Levitico 21:12; Geremia 11:4; 7:23; 24:7; 31:33; 32:38; Ezechiele 11:20; 14:11; 36:28; 37:23,27; Zaccaria 8:8; 13:9; Apocalisse 21:3).
Lo abbiamo già visto nella predicazione di Osea 1:8-9.
“Lo-Ammi” (lōʾ ʿammî) significa: “Non mio popolo”, comunica lo status di Israele peccaminoso nei confronti del Signore e le conseguenze che ne derivano.
“Lo-Ammi” simboleggia il rinnegamento, la repulsione di Dio nei riguardi del Suo popolo, e questo perché il Suo popolo si rivolgeva agli idoli di Baal (cfr. Osea 2:13).
Tradendo il Signore, ora vivranno le conseguenze di questo adulterio spirituale.
Ma ora, per la compassione e la fedeltà del Signore, Israele è riconfermato il Suo popolo.
Paolo applica questi versetti alla chiesa, per indicare la grazia illimitata di Dio non solo verso i Giudei, ma anche verso i Gentili che fanno parte del popolo di Dio (Romani 9:23–26; 2 Corinzi 6:16; Tito 2:14).
Così sebbene rivolte originariamente a Israele, queste parole si sono adempiute anche nella chiamata dei Gentili; Paolo considera le promesse fatte a Israele come adempiute nella chiesa di Gesù Cristo.
Prima di Paolo anche Gesù aveva detto: “E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli” (Matteo 8:11).
I salvati dal peccato e dal giudizio eterno del Signore, alla fine, verranno da tutta la terra, il che significa chiaramente che saranno inclusi molti Gentili, cioè non Giudei.
Ci sono anche i Gentili nel piano di Dio (cfr. per esempio Isaia 2:3; 19:18–25; 45:22; 66:18–21; Geremia 3:17; Atti 13:48; Romani 9:23-26).
Secondo il piano del Signore i chiamati non solo dai Giudei, ma anche dai Gentili.
Nel Nuovo Patto, quello di Gesù Cristo (Geremia 31:33; Matteo 26:26-29) ci sono Giudei e Gentili (cfr. per esempio 1 Corinzi 11:25; 2 Corinzi 3:3; Efesini 2:11-22; Ebrei 9:15–28).
Pietro, alludendo al linguaggio di Esodo 19:5-6, identificava i cristiani come un popolo appartenente a Dio, mentre prima non lo erano (1 Pietro 2:9-10).
Così se anche tu fai parte della chiesa di Dio in Gesù Cristo, fai parte del Suo popolo, se un figlio, o figlia di Dio (cfr. per esempio Giovanni 1:11-13), e un giorno lo potrai vedere faccia a faccia (cfr. per esempio 1 Corinzi 13:12; 1 Giovanni 3:1-2).
Infine nella compassione vediamo:
C) La certezza del Signore
Leggiamo ancora nel v.23: “Ed egli mi risponderà: ‘Mio Dio!‘”
Il popolo risponderà: “Mio Dio!” (cfr. per esempio Rut 1:16; Salmo 18:2; 63:1; 140:6).
“Mio Dio!” racchiude la relazione tra Dio e il Suo popolo attraverso il patto dai patriarchi ai giorni nostri (cfr. per esempio Genesi 17:8; Geremia 31:31-34; Ebrei 8:10).
Con questo riconoscimento si vuole evidenziare, perciò i vincoli del patto, un vincolo assoluto, totale e radicale che non va condiviso con gli idoli (cfr. per esempio Esodo 20:2-3; Deuteronomio 6:4,14).
Le due parti riaffermano nuovamente i termini del vincolo del patto che le unisce in un impegno reciproco, perpetuo e solenne, un patto bilaterale, dove ciascuna parte lo fa proprio e ne assume gli obblighi inerenti.
Possiamo dire il significato di “Mio Dio” con le parole di Duane Garrett: “Affermare che Yahweh è il loro Dio significa confessare che egli è il loro Salvatore, sottomettersi a lui come il loro unico Re, adorarlo come Colui che solo è degno e risvegliare la verità che una volta avevano rifiutato. Osea conclude l'oracolo Lo-Ammi con una trionfante dichiarazione di grazia salvifica. Sebbene in qualche modo sconcertante – ancora una volta Osea passa dalle conseguenze finali della ribellione alla completa redenzione senza transizione o spiegazione – questa coesistenza tesa di giudizio e grazia è parallela al concetto cristiano di salvezza in un particolare importante”.
Così anche Albert Barnes scriveva: “Il profeta dichiara, come prima, che, quando Dio li chiamò di nuovo il Suo popolo, essi per Sua grazia obbedirono alla Sua chiamata e si abbandonarono completamente a Lui. Perché dire ‘mio Dio’ significa possedere una relazione esclusiva solo con Dio. È per dire, il mio Principio e la mia Fine, la mia Speranza e la mia Salvezza, il mio Tutto e solo Bene, in chi solo spererò, che solo terrò, amerò, adorerò; confidare, obbedire e servire con tutto il cuore, la mente, l'anima e la forza, mio Dio e mio Tutto”.
Dunque se riconosci il Signore come tuo Dio, sei legato a Lui, lo riconoscerai con le parole e con i fatti come tuo Salvatore e Signore al quale di sottometterai senza “ma” e “se”, quindi lo amerai in modo esclusivo, radicale e totale (cfr. per esempio Matteo 22:37).
CONCLUSIONE
In questi versetti troviamo molti motivi per cui essere incoraggiati.
Il Signore è il Dio del perdono, della riconciliazione, della restaurazione, del rinnovamento, della trasformazione, anche per le persone che sono considerate disgraziate e disperate nella nostra società!
Il Signore è il Dio della speranza (Romani 15:13) anche per quelli che la società considera ormai spacciate!
Nella Sua compassione e grazia è sempre ad accogliere il figliol prodigo che si è allontanato da Lui (Luca 15:11–32).
C’è ancora un’ultima riflessione che ci deve portare a essere grati al Signore: noi oggi possiamo far parte del Nuovo Patto grazie a Gesù Cristo che versò il Suo sangue sulla croce per i peccatori (cfr. per esempio Matteo 26:26-28; Efesini 1:7; Filippesi 2:8; 1 Timoteo 1:15), sia dai Giudei che dai Gentili e ne ha fatto un unico popolo (Efesini 2:14-15), quindi fanno parte della chiesa del Signore!