Ecclesiaste 1:4-7: La vanità del mondo naturale
Papa Adriano VI, noto per la sua austerità e il suo rigore morale, era solito ripetere: "Ho conosciuto tre imperatori, Carlo V, Massimiliano e Ferdinando, e ho imparato che nulla è più vano della vanità". Poco prima di morire, guardando le sue mani scarne e pallide, esclamò: "Ecco a cosa si riducono le ambizioni e le vanità umane!".
L'Ecclesiaste è un libro sapienziale dell'Antico Testamento che affronta il tema della vanità della vita.
I vv.4-11 sono la spiegazione, o l’illustrazione, e rispondono alla domanda del v.3: “Che profitto ha l'uomo di tutta la fatica che sostiene sotto il sole?”
Nei vv.4-11, l’ecclesiaste enfatizza la monotonia della natura, l’attività ripetuta e continua.
A riguardo James Bollaghen scrive: “L'uso predominante dei participi in 1:4–11 serve per enfatizzare l'attività continua o ripetitiva e quindi la monotonia di questo mondo. Questi participi sono meglio presi al presente, esprimendo lo stato di cose in corso”.
Nulla sembra cambiare molto, apparentemente, nel ciclo ripetitivo, faticoso e infinito della natura. Perciò, non ci si può aspettare che i deboli sforzi umani influenzino il corso degli eventi in modo significativo e definitivo, portando un profitto duraturo nella nostra vita.
Albert Barnes sui vv.4–11 commenta: “La ‘vanità’ si manifesta nell'uomo, negli elementi e in tutto ciò che si muove sulla terra; lo stesso corso si ripete ancora e ancora senza alcun risultato permanente o progresso reale; e gli eventi e gli uomini sono ugualmente dimenticati”.
Il ritmo incessante delle generazioni umane (Ecclesiaste 1:4), i cicli ripetuti del sole (Ecclesiaste 1:5), i movimenti del vento (Ecclesiaste 1:6) e i corsi d’acqua (Ecclesiaste 1:7), parlano di movimento costante senza risultati, o cambiamenti.
Anche se i millenni vanno e vengono, ogni parvenza di progresso è solo un miraggio.
Questi cicli rispecchiano l’incapacità dell’umanità di realizzare qualcosa che sia in definitiva nuova, duratura, o soddisfacente (Ecclesiaste 1:8–11).
Dobbiamo ancora ricordare che Salomone descrive la vita da una prospettiva laica, non parla né della gloria trascendente di Dio e nemmeno della presenza immanente di Dio, e nemmeno dello scopo della creazione; sta riflettendo sul mondo a livello orizzontale, il mondo senza Dio.
Così in questa predicazione vedremo la vanità che riguarda il mondo naturale (vv.4-7); e nella prossima, a Dio piacendo, la vanità che riguarda il mondo umano (vv.8-11).
I IL PASSAGGIO NELLA VANITÀ (v. 4)
Si dice che Seneca, il filosofo stoico, possedesse un teschio umano che teneva sempre davanti a sé mentre scriveva.
Lo guardava spesso per meditare sulla brevità della vita e sulla vanità delle ambizioni umane.
La vita di una persona è breve come l’ombra (Giobbe 8:9); più veloce di un corridore (Giobbe 9:25); come un vapore (Giacomo 4:14), come l’erba (1 Pietro 1:24), o come una nuvola, o una scia che si dissolve nell'aria, che si disperde nel cielo, o come le foglie che una volta che si seccano cadono a terra e poi rinascono altre foglie.
Salomone nel v.4 dice: “Una generazione se ne va, un'altra viene, e la terra sussiste per sempre”.
La CEI traduce: “Una generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa”.
Questo versetto afferma il carattere effimero dell'umanità, sullo sfondo della terra stabile.
"Le generazioni future sono il futuro del mondo, quindi dobbiamo investire in loro".
Questa frase tratta dal film Captain Fantastic dice che si deve pensare al bene delle generazioni future, ma implica anche che le generazioni passano, come ci ricorda Salomone.
Le generazioni vanno e vengono!
La parola ebraica “generazione” (dôr) è correlato a un verbo (ḏwr) che denota movimento circolare, sia per un ciclo naturale, che umano.
“Una generazione se ne va, un'altra viene”, letteralmente è: “Una generazione va e una generazione viene” (dôr hôlēk wĕdôr bāʾ), i verbi (participi attivi) “va” (hōlēk) e “viene” (bāʾ), esprimono azioni che si svolgono continuamente.
Il senso è:“Una generazione va continuamente e un'altra viene continuamente”.
"Generazione" (dôr) si riferisce a un gruppo di persone che vivono nello stesso periodo, o appartengono alla stessa età in relazione alla creazione della generazione successiva (cfr. per esempio Genesi 6:9; Geremia 2:31) vanno e vengono, cioè cambiano nei secoli, c’è chi muore e chi nasce, ma la terra sussiste per sempre, nell’Ebraico è: “Per sempre sussiste” (wĕhāʾāreṣ lĕʿôlāmʿōmādet), mettendo in enfasi “per sempre”.
La ripetizione di "generazione" (dôr) suggerisce continuità e permanenza (cfr. per esempio Esodo 3:15; Salmo 33:11; 145:13; Isaia 34:10,17; 51:8; 60:15; Geremia 50:39; Lamentazioni 5:19; Gioele 3:20), nel senso di vedere un ciclo costante in movimento, di cambiamento da una generazione a un’altra, infatti le generazioni, benchè ci siano da sempre, comunque cambiano con il passare del tempo, non sono mai le stesse persone.
Una generazione di persone che vive oggi sarà sostituita da una nuova domani.
Una generazione se ne va, un'altra generazione arriva, ma il mondo in contrasto rimane per sempre costante.
Infatti la congiunzione che la traduzione della Bibbia “Nuova Riveduta” traduce con “e” (wĕ) può essere considerata come una congiunzione avversativa, come ha tradotto la Bibbia “CEI” (cfr. per esempio Genesi 2:17) che indica un contrasto delle generazioni che passano su una terra stabile.
La frase “Una generazione va, una generazione viene, ma la terra resta sempre la stessa”, suggerisce che in continuazione ci sono generazioni che cambiano, ma l'andare e il venire di queste non significano nulla in relazione alla terra che sussiste (ʿōmādet – qal participio attivo), cioè rimane immutata, rimane nella stessa condizione, o stato (cfr. per esempio Levitico 13:5; Salmo 33:11, 102:26; Geremia 32:14; 48:11) per sempre (lĕʿôlām).
Salmo 119:90 è scritto: “La tua fedeltà dura per ogni generazione;
tu hai fondato la terra ed essa sussiste”.
La “terra” (ʾereṣ) è stata interpretata in due modi, la prima è che può significare "l'intera umanità” (ad esempio, Genesi 11:1; Levitico19:29; Deuteronomio 9:28; 11:25; 1 Re 2:2; Salmo 33:8; Isaia 37:18).
In questo senso, per Salomone, sembra che, nonostante l'incessante movimento delle generazioni, l'umanità sia sempre la stessa nella sua natura.
Un’altra interpretazione riguardo la terra è: la superficie dove vive l'uomo (cfr. per esempio Genesi 1:1-2,4; 1:28; Isaia 6:3; 14:26; Salmo 72:19).
Girolamo pensava che “terra” si riferisse alla seconda interpretazione, in modo ironico si chiedeva: "Che cosa c'è di più vano di questa vanità: che la terra, che è stata fatta per gli uomini, rimane, ma gli uomini stessi, i signori della terra, si dissolvono improvvisamente nella polvere?"
Così anche John Currid scrive: “In contrasto con la condizione dell'umanità, la terra sembra rimanere per sempre. È la stessa terra che ha sostenuto una generazione dopo l'altra; non è passata. È la stessa terra su cui marciavano le legioni romane e su cui marciano oggi gli eserciti. Ogni generazione ha vissuto su questa terra e ne ha tratto sostentamento. L'uomo rimane sulla terra solo per un breve periodo. Si può facilmente essere portati alla disperazione quando si pensa a quanto rapidamente siamo stati rimossi da questa terra!”
Nel Salmo 104:5 è scritto: “Egli ha fondato la terra sulle sue basi:
essa non vacillerà mai”.
“Sempre” (ʿôlām) indica statico, costanza inalterabile (cfr. per esempio Ecclesiaste 3:14).
La parola “sempre” (ʿôlām), è usata per indicare un tempo indeterminato e senza fine che va nel futuro, cioè eterno (cfr. per esempio Genesi 3:22; Ecclesiaste 3:11).
Ma è anche usata per indicare una durata di tempo indeterminata senza riferimento ad altri punti del tempo, con un punto focale che non prevede una fine anticipata, ma che tuttavia può avere dei limiti (cfr. per esempio Numeri 25:13; Geremia 18:16).
Per esempio in Genesi 17:13, Dio stabilisce con Abramo e la sua discendenza, un patto perenne della circoncisione, che durò per due millenni, ma con la venuta di Gesù Cristo non è più necessaria, fu adempiuta e sostituita dal battesimo cristiano (Colossesi 2:11-13).
Così la terra che sussisterà per sempre, non indica necessariamente in eterno, ma un lunghissimo tempo fino a quando Dio lo reputerà necessario secondo il Suo piano, infatti al ritorno di Gesù questa terra farà posto a una nuova (cfr. per esempio Matteo 24:35; 2 Pietro 3:11-13; Apocalisse 21:1).
La terra non è eterna! Solo Dio lo è!
Allora “per sempre” è un modo per indicare un periodo di tempo molto lungo.
Il senso è che la terra continuerà a esistere nel futuro più lontano in contrasto con l'arco di tempo limitato delle generazioni.
Il poeta inglese John Keats, affascinato dalla bellezza e dalla malinconia dell’Ecclesiaste, scelse di inserire questo verso come epitaffio sulla sua tomba, nel cimitero Acattolico di Roma, dove fu sepolto nel 1821, dopo una breve e tormentata vita. Il suo epitaffio recita: “Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua. Una generazione va, una generazione viene ma la terra resta sempre la stessa”.
Mentre le generazioni vanno e vengono, la terra rimane, immobile, immutabile, indifferente e indipendente dalle generazioni che vanno e vengono nella storia.
La terra ha visto passare su di essa miliardi di generazioni e le ha viste anche scomparire, ma essa sussiste ancora!
In questo senso vediamo sia la monotona regolarità e la vanità delle generazioni davanti la stabilità della terra!
Qual è allora il significato di questo versetto?
David Hubbard dice: “Il suo significato è schietto e semplice: non sarai in grado di indurre un cambiamento significativo nel corso della vita perché la creazione stessa è contrassegnata da un modello indelebile che non ammette alterazioni umane”.
Mentre Duane Garrett parla che non si può cambiare il corso del ciclo della natura: “La natura transitoria delle generazioni umane contrasta con la permanenza e l'apparente immutabilità del mondo fisico. Nessuno ha cambiato il corso della natura. Come formiche su una roccia, non lasciamo traccia di essere stati qui. La nascita di una generazione e il passaggio di un'altra sono solo cicli della natura”.
Nonostante i continui cambiamenti delle generazioni, in realtà non cambia mai nulla, soprattutto se pensiamo alla morte, morte che è la conseguenza del peccato (cfr. per esempio Romani 6:23).
Non possiamo cambiare il corso ciclico della vita e della morte!
Quindi alla luce di tutto ciò: se non cambia nulla, se moriamo, che profitto abbiamo?
Come abbiamo già detto nella predicazione del v.3, in riferimento alla vita senza Dio e senza considerare l’eternità.
Così questo versetto ci invita a riflettere sul significato della vita e a non porre la nostra fiducia nelle cose effimere del mondo.
Dovremmo piuttosto cercare ciò che ha valore eterno secondo Dio (cfr. per esempio Matteo 6:19–24; Marco 8:36-38; Luca 12:21; Giovanni 6:27; 1 Corinzi 15:19; Colossesi 3:1-4).
Le parole di Agostino ci fanno riflettere, diceva: "La terra rimane sempre ferma, ma noi non ci fermiamo mai. Cerchiamo la felicità in cose che cambiano continuamente, e per questo non la troviamo mai."
James Bollaghen commenta così: “Il mondo della politica fa l'appello continuo: "Pensate ai vostri figli! Che razza di mondo ci sarà per loro?" Leggendo tra le righe, il pensiero dietro queste parole sembra chiaro: ‘Noi adulti sappiamo già che per noi questo mondo è una causa persa, ma il mondo può essere un posto migliore quando i nostri figli crescono’. La razza umana sembra non imparare mai. La beatitudine futura predetta promessa dal sangue fresco è un mondo di sogni. Questo è un mondo carico di peccato. La prossima generazione sarà altrettanto cattiva di questa, probabilmente anche peggio. Le speranze degli adulti aumentano ad ogni nuovo raccolto di bambini, ma sia gli adulti che i bambini di oggi saranno presto nei cimiteri. Il progresso umano, di qualsiasi sostanza, è un miraggio. Ogni nuova generazione riparte da zero, ripetendo gli stessi errori della precedente. Ogni nuova coltura sente il bisogno di sperimentare, di scoprire da sé ciò che è bene e ciò che è male; I consigli della generazione precedente non saranno mai presi in considerazione per fede cieca. Per esempio, la generazione di Giosuè si unì con entusiasmo alla confessione di Giosuè: ‘Quanto a me e alla mia casa, serviremo l'Eterno’ (Giosuè 24:15). Ma nel tempo che ci volle perché i fiori sbocciassero sulla tomba di Giosuè, la generazione successiva divenne idolatrica (Giudici 2:10–13)”.
L'analisi di Bollaghen è lucida e pungente, mette in luce la contraddizione tra l'appello ai figli e la mancanza di fiducia nel progresso umano.
L'esempio di Giosuè è efficace per illustrare la tendenza all'abbandono dei principi tramandati, e quindi conferma che nulla cambia!
In secondo luogo vediamo:
II LA PERPETUITÀ NELLA VANITÀ (vv.5–7).
Tutte le generazioni vanno e vengono, ma non accade nulla di nuovo, nuove generazioni nascono e muoiono con la stessa monotona regolarità, così vediamo anche nel mondo naturale, ci sono movimenti incessanti con ripetitività e uguale mancanza di novità.
Salomone fa tre esempi di fenomeni naturali del sole, del vento e del fiume per illustrare la vanità della vita senza Dio.
Nella perpetuità nella vanità vediamo:
A) L’esempio del sole
Nel v.5 è scritto: “Anche il sole sorge, poi tramonta, e si affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo”.
Questo è il verso che Ernest Hemingway usò come titolo del suo primo romanzo: “Anche il sole sorge” (1926).
Hemingway originariamente iniziò il suo romanzo citando il v.4, sulle generazioni che vanno e vengono, ma l'editore suggerì che il v.5 avrebbe funzionato meglio come titolo.
Hemingway fu d'accordo, forse perché aveva la stessa prospettiva di base dell'Ecclesiaste sull'insensatezza della vita sotto il sole.
Sappiamo che la terra non è ferma, ma che gira attorno al sole, ma comunque diciamo anche oggi che il sole sorge e tramonta.
Sappiamo anche dell’importanza del sole per la vita sulla terra, ma Salomone vuole evidenziare il movimento ripetitivo.
In questo esempio vediamo l'idea di un'azione continua e ripetitiva come per la generazione del v.4 che evidenzia il ciclo ripetitivo.
Salomone paragona il sole a un corridore veloce e vigoroso, infatti “si affretta” (šôʾēp - qal participio attivo) indica in fretta e furia, la velocità nel ritornare nel luogo da cui sorgerà di nuovo, quindi il sole corre giro dopo giro, sembra che si stia muovendo da qualche parte, ma in realtà sta solo girando in tondo.
Il sole corre in cerchio, tornando in fretta al punto di partenza, solo per iniziare un altro giro il giorno dopo!
Il sole come le generazioni, non fa mai nulla di nuovo.
Sempre James Bollhagen scrive: ”Il sole non ha uno scopo apparente e non realizza nulla di permanente, perché viaggiando in cerchio, deve costantemente rifare ciò che ha fatto in precedenza… Il monotono circuito del sole è graficamente emblematico del monotono cerchio della vita umana visto nel versetto precedente (1:4). Un circolo faticoso, del tutto prevedibile e ripetuto quotidianamente, ma mai concluso nel senso che il suo lavoro è finito”.
“Si affretta” può indicare anche “ansimare”, “respirare affannosamente” come una persona che corre senza fiato (Salmo 119:131; Isaia 42:14; Geremia 2:24; 14:6;); questa azione può riferirsi a un grande desiderio, all'eccitazione, alla stanchezza fisica, o all'agonia.
In questo senso, Salomone, ritrae il sole come uno che lotta, o si affanna per raggiungere la sua destinazione, solo per dover ricominciare di nuovo; non c’è nessun riposo, nessuna chiusura, ma il bisogno di tornare indietro di corsa e rifare l'intero compito senza senso.
Ed è questo anche quello che avviene all’umanità ogni giorno che lotta con le sue attività, ma cosa rimane?
C’è una frase di una canzone americana, “Life Gets Tee-Jus Don't It”, che rispecchia quello che vuole dire Salomone: “Il sole sorge, il sole tramonta, le lancette dell'orologio continuano a girare, è ora di alzarsi, è ora di sdraiarsi; la vita diventa noiosa, non è vero?"
Questa frase accetta la monotonia della vita con un pizzico di ironia.
Anche Albert Camus esprime una visione della vita come qualcosa di ciclico e privo di significato, monotona e quindi assurda; citando questo passaggio scrive:
“Così la nostra vita, che non è altro che un giorno, un giorno che si ripete sempre uguale, un giorno che non ha storia, un giorno che non ha memoria, un giorno che non ha speranza”
Nella perpetuità nella vanità troviamo:
B) L’esempio del vento
Nel v. 6 leggiamo: “Il vento soffia verso il mezzogiorno, poi gira verso settentrione; va girando, girando continuamente, per ricominciare gli stessi giri”.
Il vento è il movimento dell’aria causato dalle differenze di pressione atmosferica, che dipendono a loro volta dalle differenze di temperatura e di umidità.
Il vento, come il sole, ha avuto un ruolo importante nella storia dell’umanità; ha influenzato anche la scienza, la tecnologia e l’ambiente.
Il vento ha permesso lo sviluppo di strumenti come la vela, il mulino a vento, l’aerostato, il paracadute, il deltaplano, l’aereo, l’elicottero, il ventilatore, la turbina eolica, ecc.
Il vento ha contribuito anche alla formazione e alla modifica di fenomeni naturali come le nuvole, la pioggia, la neve, il tuono, il fulmine, l’arcobaleno, l’aurora, le onde, le correnti, le dune, l’erosione, la dispersione, la pollinazione, ecc.
Ma quello che Salomone vuole evidenziare è che la perpetuità del movimento del vento è un'altra vanità che Salomone vede quando guarda attraverso gli occhi della vita al di fuori di Dio.
Anche il vento fa molti movimenti costanti e soffia in tondo da sud a nord, che insieme al sole che nasce a est e tramonta a ovest, indicano la totalità del mondo, ma non cambia nulla.
Gira in diverse parti continuamente, ma non cambia assolutamente nulla.
Sembra che questo vento stia arrivando da qualche parte, quando in realtà si sta solo muovendo in un cerchio senza fine.
Il vento come il sole, è molto attivo, ma la sua attività circolare e ripetitiva sembra non andare da nessuna parte!
Gira e rigira, seguendo il suo percorso circolare, ma senza mai raggiungere una destinazione.
Nonostante tutto il suo movimento costante, non c’è mai alcun progresso.
Quindi, il fatto che viene enfatizzato che il vento va girando, girando continuamente, per ricominciare gli stessi giri, aumenta il senso di monotonia e di mancanza di significato e scopo.
Dal punto di vista dell’ecclesiaste, il vento è una forza che agisce senza scopo, o significato apparente, e quindi può essere considerato vanità.
Questo movimento circolare apparentemente è inutile.
È transitorio e non ha durata nel tempo, è simile alla vanità umana che spesso si basa sull'aspetto esteriore, o su valori superficiali.
Come la vanità umana, il vento può sembrare impressionante o potente, ma alla fine non ha un impatto duraturo, o significativo.
La sua natura effimera lo rende quasi insignificante nel grande schema delle cose.
Come il vento che soffia e gira continuamente per ricominciare gli stessi giri, così gli esseri umani si trovano invariabilmente a “rincorrere il vento", andando e venendo (Ecclesiaste 1:14; 2:11,17,26) ma alla fine che cosa rimane? È senza significato e scopo. Non c’è profitto! (v.3).
Ancora questo versetto riflette il tema generale del libro, che esplora il significato e lo scopo della vita e la vanità delle attività terrene senza Dio.
Infine nella perpetuità nella vanità vediamo:
C) L’esempio del mare
Nel v. 7 leggiamo: “Tutti i fiumi corrono al mare, eppure il mare non si riempie; al luogo dove i fiumi si dirigono, continuano a dirigersi sempre”.
Certo sappiamo dell’importanza dei fiumi per le coltivazioni, o le vie di navigazione, ma ancora una volta si vuole evidenziare il movimento ripetitivo.
L'ultimo ciclo della natura che è visto come vanità della vita, è quello del mare, degli oceani.
I fiumi scorrono perpetuamente, ma non fanno alcun progresso nel riempire il mare.
La frase “tutti i fiumi corrono al mare” (kāl-hannĕḥālîm hōlĕkîm ʾel-haāyym) indica la velocità e la veemenza del flusso di un torrente in piena che scorre velocemente (Deuteronomio 9:21; Giudici 5:21), e vuole dare così l'impressione di essere ansiosi di adempiere uno scopo, uno scopo che secondo Salomone non viene mai raggiunto.
Qui si rafforza il senso che non succede nulla; i fiumi sfociano continuamente nel mare, ma non riescono a riempirlo! Il livello dell'acqua rimane lo stesso.
Il lavoro dei fiumi non finisce mai.
L'acqua evapora dal mare, forma le nuvole, cade sulla terra come pioggia o neve, alimenta i fiumi che a loro volta tornano al mare.
Non c'è cambiamento! Questo ciclo infinito della natura non può soddisfare il mare!
Qui viene messa in evidenza l’attività futile, i fiumi non hanno alcun effetto perché il mare non si riempie.
Come le acque fluiscono invano per riempire il mare, così gli esseri umani si sforzano inutilmente di soddisfare le loro speranze e i loro desideri, i loro sforzi sono frustrati (Ecclesiaste 4:8; 6:3).
Salomone vuole sottolineare che gli esseri umani possono sforzarsi quanto vogliono per cercare di riempire “il loro mare”, ma non avranno mai successo.
Non importa con quanto lavoro e impegno adoperiamo nella nostra vita, non siamo in grado di realizzare una soddisfazione duratura, o di trovare un senso profondo e duraturo per la nostra esistenza.
Con questa immagine dei fiumi e il mare, possiamo riflettere sulla natura effimera della vita umana e dell'insaziabilità dei desideri umani.
Salomone c’invita a riflettere sulla tendenza dell'umanità a cercare il senso e il significato in cose che alla fine si rivelano infruttuose e insignificanti, Dio è il senso, il significato e lo scopo dell’esistenza dell’umanità (Ecclesiaste 12:15).
In sintesi il punto di Salomone con questi esempi della natura, è che non vede nient'altro che vanità.
I vv. 5–7 descrivono la ripetitività e la futilità delle azioni infinite dei fenomeni naturali: un movimento costante senza un significato, o scopo distinguibile.
Come questi fenomeni naturali, noi siamo intrappolati in un ciclo di movimenti monotoni e privi di significato: sempre in movimento, ma non porta a nulla!
C'è una grande attività, ma che nulla progredisce veramente.
Siamo bloccati in un fossato facendo sempre gli stessi movimenti, c'è una faticosa monotonia nella vita senza profitto (v.3), quindi senza senso, significato e scopo!
Tutta la natura è caratterizzata dalla monotonia, facciamo sempre le stesse cose ma alla fine non ci soddisfano veramente, o non ci portano da nessuna parte.
Con queste immagini, Salomone ci fa capire un mondo infinitamente occupato e irrimediabilmente inconcludente.
Ci alziamo ogni giorno per fare sempre le stesse cose…sempre la stessa routine! Ma che non porta da nessuna parte come stare sul tapis roulant!
L’ecclesiaste, inoltre ci fa capire con questi esempi che, il movimento non dovrebbe essere equiparato al cambiamento, al progresso, o al completamento!
Il sole, il vento e i fiumi fanno tutti quello che dovrebbero fare, e quindi si potrebbe dire che svolgono compiti particolari, ma i loro risultati non si traducono in alcun effettivo compimento.
Così ciascuno di noi continua a ripetere o a continuare ciò che sta facendo, ma alla fine non si arriva da nessuna parte, il compito non è mai finito.
Si ripetono ancora e ancora le stesse azioni, le stesse fatiche per trovare soddisfazione, significato, senso, un vantaggio finale, ma non nonostante tutti i nostri sforzi non li troviamo!
Dunque, come l'universo siamo intrappolati in un ciclo privo di significato che alla fine non realizza mai nulla: la nostra esistenza, dal punto di vista di Salomone, è caratterizzato dalla monotonia e inutilità, o futilità.
Siamo bloccati in una prigione monotona in cui niente di ciò che facciamo cambia veramente qualcosa!
Ogni mattina ci alziamo dal letto e fino alla sera e facciamo le nostre solite attività inseguendo il vento, ed è così che cerchiamo di riempirci con le cose di questo mondo provando nuove cose, ma alla fine rimaniamo sempre insoddisfatti, come il mare, il nostro cuore non si riempie mai!
L'unico modo per vivere una vita significativa è avere una relazione con Dio in Cristo! Perché questo è il motivo per cui siamo stati creati da Lui! (cfr. per esempio Romani 11:36; 2 Corinzi 1:19-20; Efesini 1:3).
Solo Dio in Gesù Cristo ci può dare soddisfazione, significato e senso nella vita! (cfr. per esempio Salmo 16:11; Giovanni 4:14; 10:10; 14:27).
CONCLUSIONE
Il senso di questi versetti, i cicli ripetitivi, dimostrano il punto che nulla si guadagna, e cambia da tutta la nostra attività, nonostante tutte le nostre fatiche.
Le immagini del ciclo infinito delle generazioni, del vento che gira su se stesso e dei fiumi che scorrono verso il mare senza mai riempirlo, sottolineano l'idea che la vita umana è priva di un vero scopo o progresso.
Ora, quali sono le cose nella tua vita che cerchi con affanno?
Sono davvero in grado di darti la felicità e la soddisfazione che cerchi?
La vita umana è breve e fugace.
Le nostre azioni e i nostri sforzi sono vani se non hanno un fondamento in Dio.
La vera soddisfazione e il vero significato della vita si trovano solo in Dio.
Non dovremmo riporre la nostra speranza nelle cose effimere di questo mondo.
Allora in questi versetti vediamo un monito a non sprecare la nostra vita breve e preziosa in attività vane e futili! Ma a vivere con saggezza e timore di Dio.
Solo in Dio possiamo trovare la vera pace e la vera gioia.
In tutto questo pessimismo, troviamo dunque implicitamente un messaggio di speranza per chi cerca un senso nella vita!
Anche se la vita sotto il sole è vana, c'è speranza per chi cerca un senso più profondo: Dio!
Il mondo non può soddisfare il cuore umano; solo in Dio lo può fare dandoci la Sua gioia e la Sua pace!
Ti invito a riconsiderare le priorità della vita e a cercare la vera soddisfazione in Dio e nella Sua beatitudine eterna che ci darà, considerando questo la nostra fatica nell’opera del Signore, cioè per il progresso del Suo regno non sarà vana nel Signore, ha un valore eterno (1 Corinzi 15:58; Filippesi 2:16).
Pertanto credi e spera nel Signore, servilo con obbedienza e zelo dovunque tu ti trova con i talenti, i doni spirituali e tutto quello che hai!
Così possiamo pregare: “Signore Dio, ti ringraziamo per il dono della vita. Aiutaci a vivere ogni giorno con consapevolezza e gratitudine. Non permettere che riponiamo la nostra speranza nelle cose effimere di questo mondo. Guidaci verso la vera soddisfazione e il vero significato che si trovano solo in te. Amen”.