Deuteronomio 2:7: Dio è fedele al Patto (1)
Siamo alla terza predicazione di questo versetto.
Dopo aver visto che Dio è con il Suo popolo nel viaggio della vita, abbiamo cominciato a vedere il significato di “tuo Dio”; l’ultima volta a riguardo, abbiamo visto che indica che Dio è personale e relazionale.
Proseguiamo il nostro viaggio di scoperta, immergendoci nel profondo significato dell'espressione "tuo Dio".
In questa esplorazione vedremo che significa anche che Dio è fedele al patto, infatti l'espressione "tuo Dio" rimanda al patto che Dio ha stretto con Israele sul Monte Sinai (Esodo 19-24).
Questo patto implica un impegno reciproco: Dio s’impegna a essere il Dio d’Israele a proteggere e a provvedere alle sue necessità, mentre Israele s’impegna a seguire la legge di Dio e ad adorare solo Lui.
"Tuo Dio" sottolinea l'esistenza di un legame speciale e intimo tra Dio e il Suo popolo.
“Tuo Dio”, dunque ci parla che c’è un legame tra il Signore e il Suo popolo: il Signore si prende cura del Suo popolo e il Suo popolo gli obbedisce, non deve avere idoli! (per esempio cfr. Esodo 19:8; 20:1-17; 24:3,7; 34:13,27-28; Levitico 26:1-13; Deuteronomio 4:13,23; 7:25-26; 10:12; 28:1-14; Giosuè 24:14-15; Neemia 1:5; Daniele 9:4).
L'esclusione di qualsiasi idolo rappresenta un elemento fondamentale di questo patto (cfr. per esempio Esodo 20:1-17; Deuteronomio 4:15-19; 5:7-9; 6:14-15; 7:25-26; 8:19-20; 11:16; 27:15; 29:17-18; 30:17-18).
L'adorazione di Dio è unica e indivisibile, non ammette rivali, o alternative, è un Dio geloso (Esodo 20:2-3; Deuteronomio 4:23-24; 5:6-7; Isaia 42:8; Isaia 45:5-6).
Il Signore richiede la completa dedizione del Suo popolo, che deve rivolgere a Lui solo la Sua adorazione e la Sua obbedienza.
Vogliamo vedere tre aspetti del patto del Sinai mediato da Mosè (Esodo 34:27; Levitico 26:46; Deuteronomio 29:1).
Oggi ne vediamo due, il terzo la prossima volta, a Dio piacendo.
I IL PATTO DEL SINAI HA DIMOSTRATO LA FEDELTÀ DI DIO AI PATRIARCHI (Deuteronomio 7:6-9)
Il patto del Sinai è legato alla promessa fatta ai patriarchi, quindi mostra che Dio è stato fedele ai patriarchi!
Consideriamo prima di tutto:
A) La consacrazione
La consacrazione del popolo, come leggiamo in Deuteronomio 7:6: “Infatti tu sei un popolo consacrato al SIGNORE tuo Dio”.
L’elezione di Israele lo costituisce un popolo consacrato (qādôš), cioè “separato”, o “messo a parte” per Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 14:1-2,21; 26:19), quindi dedicato sempre e completamente all’adorazione e al servizio solo di Dio (cfr. per esempio Numeri 6:8).
Così, ciò che intendeva il Signore è la loro separazione da ciò che è peccaminoso e profano, e l’assoluta, radicale ed esclusiva consacrazione a Lui, in questo modo avrebbero avuto implicazioni di vasta portata nel mondo circostante, come vedremo in seguito.
Anche se è un patto diverso, i credenti del Nuovo Testamento sono chiamati anche loro a essere separati dal sistema di pensiero di questo mondo per essere consacrati totalmente e unicamente a Dio (cfr. per esempio Romani 12:1-2; 2 Corinzi 6:14-7:1; Efesini 5:8-11; Giacomo 4:4; 1 Pietro 2:9; 1 Giovanni 2:15-17).
La consacrazione non è un evento singolare, ma un'ascensione continua e graduale, “come salire una scala un gradino alla volta”, verso l’alto, verso la luce divina!
Ogni giorno richiede la scelta di rinunciare a noi stessi e di salire verso il Signore con rinnovata dedizione.
Charles Spurgeon diceva: “La consacrazione non è un atto che si compie una volta sola, ma un processo continuo. È come salire una scala, un gradino alla volta. Ogni giorno dobbiamo rinunciare a noi stessi e consacrarci di nuovo al Signore".
La consacrazione non si limita a una porzione della nostra vita, ma richiede il dono completo di noi stessi e di ciò che possediamo!
John Wesley affermava: "La consacrazione è l'atto di donare a Dio tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo. Non è una parte della nostra vita, ma la nostra vita intera".
Non è una questione di sentimento passeggero, ma di una ferma e incrollabile volontà nella vita di tutti i giorni!
La consacrazione non è una fuga dalla realtà, ma un immergersi completamente in essa, servendo Dio con zelo (Romani 12:11) con la consapevolezza di essere parte del Suo disegno (cfr. per esempio Romani 8:28-29; Efesini 1:11; 2 Timoteo 1:9).
Scegliamo di obbedire a Dio, anche quando questa realtà è dura e complicata con tutte le varianti, anche le più dolorose e difficili!
È proprio in questi momenti che la nostra obbedienza a Dio diventa più significativa.
È quando scegliamo di seguire Dio, anche quando non ci va, che dimostriamo la nostra fede e il nostro amore per Lui!
Vediamo ora:
B) L’elezione
L’elezione del popolo, come vediamo in Deuteronomio 7:6: “Il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra”.
Lo status unico d’Israele, non è meritato, ma è il risultato della scelta sovrana del Signore (cfr. per esempio Deuteronomio 4:37; 10:15; 14:2; Amos 3:2) che fa ciò che gli piace, senza esserne impedito e senza dare conto a nessuno! (cfr. per esempio Giobbe 42:2; Salmo 115:3; 135:6; Daniele 4:34-35; Romani 9:20-21).
Dio ha scelto Israele perché fosse il Suo popolo “tra” tutti i popoli del mondo sulla faccia della terra in modo che fossero il Suo tesoro particolare (sĕgullâ - (cfr per esempio Esodo 19:5; Deuteronomio 14:2; 26:18; Salmo 135:4; Malachia 3:17).
L'immagine del tesoro sottolinea la preziosità del popolo d'Israele agli occhi del Signore.
Ciò che vediamo nel Nuovo Testamento è che il tesoro di Dio non è solo Israele, ma anche la chiesa, il corpo di Cristo composto da Israeliti e Gentili, e quindi discendenza di Abraamo (cfr. per esempio Galati 3:28-29; Efesini 2:11-18).
Immagina un tesoro nascosto nel cuore di un vasto deserto tenebroso, un tesoro che non può essere quantificato con moneta terrena, o materiale, ma che possiede un valore incalcolabile agli occhi di Dio…il popolo di Dio è quel tesoro, custodito con cura nel forziere del Suo immutabile carattere!
Il popolo di Dio è come un tesoro che brilla nel grembo buio dell'umanità, testimoniando la grandezza della fedeltà e dell’amore di Dio!
Secondo il patto del Sinai, come popolo consacrato al Signore per essere Suo tesoro particolare, una nazione speciale, Israele doveva servire come testimonianza agli altri popoli (Esodo 19:5-6; Deuteronomio 4:5-8; 28:9-10; cfr. per esempio Isaia 43:10).
P. R. Williamson scrive: “L’elezione di Israele come “tesoro speciale” di Yahweh non è un fine in sé, ma un mezzo per raggiungere un fine molto più grande. Così inteso, lo scopo dell'alleanza sinaitica è la creazione di una nazione speciale attraverso la quale Yahweh possa farsi conoscere da tutte le famiglie della terra”.
Alla fine di questo primo punto vediamo ora:
C) La motivazione
La motivazione per cui Israele è un popolo consacrato al Signore, suo Dio, scelto da Lui.
In Deuteronomio 7-8 è scritto: “Il SIGNORE si è affezionato a voi e vi ha scelti, non perché foste più numerosi di tutti gli altri popoli, anzi siete meno numerosi di ogni altro popolo, ma perché il SIGNORE vi ama: il SIGNORE vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha liberati dalla casa di schiavitù, dalla mano del faraone, re d'Egitto, perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri”.
In questi versetti troviamo la dottrina dell’elezione.
Prima di tutto vediamo che:
(1) L’elezione si basa sull’amore immeritato di Dio
Dio ha scelto Israele come Suo popolo consacrato a Lui, per essere il Suo tesoro speciale (cfr. per esempio Esodo 19:5-6; Levitico 26:12; Deuteronomio 14:2 26:18; Salmo 135:4; Malachia 3:17), e ha stretto un patto con esso non perché avesse qualcosa da attirare il Signore, perché fosse un popolo apprezzato più di tutti i popoli che sono sulla faccia della terra, infatti era oppresso e schiavo in Egitto; ma perché Dio amava Israele (cfr. per esempio Deuteronomio 4:37; 7:13; 10:15; 23:5), come dimostrato dalla liberazione dalla schiavitù in Egitto.
Quindi non significa che Israele era migliore, o superiore agli altri popoli, che abbia meritato questo suo status perché lo meritasse!
Ma perché il Signore li amava, ed è la stessa cosa che avviene per la chiesa, non è per meriti, ma per grazia sovrana di Dio (cfr. per esempio Giovanni 15:16; Romani 9:10-13; 11:5-6; 1 Corinzi 1:26-31; Efesini 2:4-5; 2 Tessalonicesi 2:13-14; Tito 3:4-5; 1 Giovanni 4:19).
(2) L’elezione si basa sul patto fatto ad Abraamo
Deuteronomio 7:8 leggiamo: “Perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri”.
Il patto del Sinai, era un patto di grazia sostenuto dall’instancabile fedeltà di Dio nei suoi confronti, mostrando così l’indiscussa affidabilità di Dio, dimostrata in ogni aspetto della Sua relazione con Israele.
Dio ha scelto Israele perché è stato fedele alle promesse fatte ai padri, cioè ad Abraamo, Isacco e Giacobbe (cfr. per esempio Deuteronomio 7:12).
Dio liberò la nazione d’Israele dall'Egitto in ricordo di questo patto precedente fatto con Abraamo, rinnovato con Isacco e Giacobbe (cfr. per esempio Esodo 2:23-25; 6:3–8; Deuteronomio 29:12-13).
Quindi il patto Mosaico, o Sinaitico, era subordinato a quello Abramitico che gli garantisce la promessa della terra e della posterità (cfr. per esempio Genesi 12:1-3; 15:1-6).
Da questo testo, come da altri, risulta chiaro che l’intervento di Dio a favore degl’Israeliti in Egitto fu motivato dalle promesse del patto fatto ad Abraamo e rinnovato con Isacco e Giacobbe.
Pertanto la liberazione dall'Egitto e la rivelazione di Dio al Sinai devono essere interpretate alla luce delle promesse fatte ai patriarchi in Genesi (cfr. per esempio Genesi 17:4-8; Esodo 3:7-8,16-22; 6:4-6; 13:5,11).
Dio aveva promesso di fare di Abraamo una grande nazione di benedizione e di testimonianza per le altre (cfr. per esempio Genesi 12:1-3; Esodo 19:5-6; Deuteronomio 4:5–8; Isaia 43:10; Geremia 13:11).
In questo senso l'elezione non significa superiorità, ma responsabilità verso Dio e gli altri popoli: una chiamata a essere una luce per le nazioni!
Un esempio di un popolo saggio e giusto che segue le leggi del Signore!
(3) L’elezione ha un’implicazione
In Deuteronomio 7:9 leggiamo: “Riconosci dunque che il SIGNORE, il tuo Dio, è Dio: il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti”.
Israele doveva riconoscere di conseguenza, che il Signore, suo Dio, è Dio, il Dio fedele, che mantiene il Suo patto e la Sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i Suoi comandamenti.
In questo versetto vengono messe in evidenza la fedeltà e la bontà del Signore sulle generazioni future, ma non tutte! Solo coloro che lo amano e gli sono obbedienti!
Quindi, è importante notare che la questione non riguarda se qualcuno sia Israelita, piuttosto, si tratta di sapere se una persona ama, o non ama veramente Dio, se osserva, o non osserva i Suoi comandamenti.
Come afferma Gordon McConville: “In definitiva, la questione non è essere Israeliti, ma essere giusti davanti a Dio (cfr. Amos 5:24; Isaia 51:4–6; Proverbi 11:5)”.
Allora, Israele, i discendenti promessi ad Abraamo dovevano seguire anche loro un cammino consacrato e integro davanti a Dio come quello del patriarca (cfr. per esempio Genesi 17:1-2; 18:19; 26:4-5; Esodo 19:8; 24:3,7; Levitico 19:2).
Ed è la stessa cosa anche per i discepoli di Gesù, quindi per tutti i veri cristiani oggi: sono stati scelti, amati prima da Dio (cfr. per esempio Matteo 25:34; Giovanni 15:16; Efesini 1:3-10; 1 Giovanni 4:19) per vivere una vita santa (cfr. per esempio Romani 12:1-2; 1 Tessalonicesi 4:3-7; Ebrei 12:14) e consacrata a Dio con un servizio zelante! (cfr. per esempio Romani 6:3; 12:11; 2 Corinzi 5:15; 1 Pietro 2:9).
Se sei un servo, o una serva di Dio, ogni tua azione, parola e pensiero deve scaturire dall’amore che hai per Dio che si traduce in obbedienza! (cfr. per esempio Giovanni 14:15,21).
R. A. Torrey disse: "Il cristiano deve essere completamente dedicato a Dio in corpo, anima e spirito”.
Questa è una scelta! Non un semplice sentimento!
Molti vedono la relazione con Dio come una prigione.
Ma la consacrazione a Dio non è una gabbia che c’imprigiona, ma un'ala possente che ci solleva verso l'alto, che ci libera dalle catene del peccato e ci avvolge nel manto della santità! (Giovanni 8:31-32; 17:17).
Partecipe della natura divina (2 Pietro 1:4), il vero credente è trasformato in ambasciatore del Re dei cieli sulla terra! (2 Corinzi 5:17-20). Davvero un grande onore!
Lascia che la tua consacrazione si manifesti in ogni aspetto della tua vita!
Sii un esempio per tutti, dimostrando al mondo la bellezza di una vita vissuta nella verità, nella santità e nell'amore di Cristo!
Come cristiani, non dobbiamo temere di essere diversi!
La nostra diversità non è una debolezza, ma una forza! È il segno tangibile della nostra appartenenza a Dio in Cristo, un Dio che ci ama con un amore infinito e che ci ha scelto per un compito grandioso!
Chi fa parte del popolo di Dio in Cristo, è stato messo da parte per una missione gloriosa: essere il sale che insaporisce il mondo e la luce che illumina le tenebre! (Matteo 5:13-16).
Questo mondo ha bisogno della luce e del sale di Cristo in noi! Se siamo veri cristiani!
Dove vivi sei luce e sale attorno a te?
In secondo luogo vediamo:
II IL PATTO DEL SINAI HA DIMOSTRATO LA FEDELTÀ DI DIO LIBERANDO ISRAELE DALLA SCHIAVITÙ IN EGITTO (Esodo 20:1-2; Deuteronomio 6:20-24)
Questo patto seguì la redenzione d’Israele dalla schiavitù secondo il patto fatto ai patriarchi come detto prima (cfr. per esempio Esodo 2:24; 6:3–8; Deuteronomio 29:12-13).
Dio strinse un legame speciale con Abraamo, promettendogli una discendenza numerosa e una terra (Genesi 12:1-3,7).
Questa promessa fu rinnovata con Isacco e Giacobbe, confermando la scelta divina d’Israele come Suo popolo (Genesi 26:24; 28:13-15).
La schiavitù in Egitto non annullò questa promessa, anzi ne preparò la realizzazione (Esodo 2:24) con la liberazione d’Israele e la promessa di una terra (cfr. per esempio Esodo 3:8; Deuteronomio 1:8; 6:22-23; 31:23).
L'esodo dall'Egitto non fu solo una liberazione fisica, ma un evento salvifico che dimostrò la fedeltà, la potenza e l'amore di Dio per il Suo popolo, Israele, combattendo per esso (cfr. per esempio Esodo 2:24-25; 14:13-14).
Dunque:
A) Il patto del Sinai era una formalizzazione di un rapporto già preesistente
Il patto non crea la relazione tra Dio e Israele, ma la consolida e la formalizza!
Con la liberazione d’Israele dalla schiavitù Egiziana, c’è la dimostrazione che Dio è fedele al Suo popolo e ratifica con il patto del Sinai il Suo rapporto, che già aveva con Israele.
Dunque, questo patto, non è il mezzo per creare una relazione, ma la ratifica di una relazione già stabilita, ora viene formalizzato tra due parti: il Signore e Israele.
In Esodo 20:1-2 leggiamo: “Allora Dio pronunciò tutte queste parole: ‘Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù’”.
Questi due versetti introduttivi pongono le basi per il resto del “decalogo”, i “dieci comandamenti”.
Questi versetti di Esodo, ricordano a Israele chi è il Signore, suo Dio e cosa ha fatto per loro: li ha liberarti dalla schiavitù Egiziana!
Quindi il rapporto già c’era, ora devono imparare a vivere una vita redenta seguendo la legge di Dio.
La legge è collegata alla grazia salvifica di Dio; si basa sull’atto misericordioso di Dio di salvare il Suo popolo; non è una condizione per diventare popolo di Dio, perché già lo era, la legge è data per vivere come vuole Dio.
Dio si presenta come il liberatore d’Israele e stabilisce un patto con il Suo popolo.
In quanto Signore e Salvatore, Dio ha l’autorità di definire come il Suo popolo dovrebbe vivere per manifestare il Suo carattere nel mondo.
La legge era una parte vitale del rapporto del patto di Dio con gl’Israeliti, perché insegnava loro come vivere come Suo popolo santo.
Quindi, l’obbedienza alla legge di Dio non era il mezzo per la loro liberazione!
Infatti, il Signore li aveva benevolmente liberati dalla schiavitù Egiziana prima di dare loro la legge.
Prima di dare il decalogo, il Signore mette in evidenza che li ha fatti uscire dall’Egitto, dalla schiavitù, quindi che li ha redenti senza osservanza di leggi (cfr. Geremia 34:13).
Gl’Israeliti dovevano vivere i principi morali stabiliti nei “dieci comandamenti” non per guadagnare la salvezza, già il Signore li aveva salvati per grazia, ma per vivere vite significative e per dimostrare di appartenere esclusivamente al Signore.
Christopher Wright scrive: “Le richieste della legge si basano su chi è Dio (‘il Signore, il tuo Dio’, cioè Yahweh in relazione di alleanza con il suo popolo) e su ciò che Dio ha fatto (‘che ti ho fatto uscire’, cioè l'atto storico di salvezza della grazia di Yahweh; Esodo 20:2). Ciò si oppone fermamente alla visione semplicistica, ma ancora popolare secondo cui nell’Antico Testamento la salvezza si otteneva osservando la legge, mentre nel Nuovo Testamento la salvezza avviene per grazia attraverso la fede. La prima frase del Decalogo impedisce questa falsa dicotomia. Dio diede le sue leggi a Israele, non perché forse potessero ottenere la salvezza osservandole, ma perché Dio li aveva già redenti, e questo era il modo in cui dovevano vivere alla luce di quel fatto… La priorità della grazia salvifica di Dio come base per l’obbedienza umana è un principio tanto dell’etica dell’Antico Testamento quanto della teologia del Nuovo Testamento”.
La legge di Dio non è un mezzo per ottenere la salvezza, ma una guida per vivere una vita redenta, un segno di appartenenza a Dio (cfr. per esempio Esodo 19:5-16).
L'obbedienza alla legge era la risposta d’Israele al Signore che aveva dato quelle leggi!
L'obbedienza non è il prezzo della libertà, ma la risposta grata all'amore e alla fedeltà del Signore!
Ricordare ciò che il Signore aveva fatto per loro, cioè che li ha liberati dalla schiavitù d’Egitto, avrebbe dovuto motivare Israele a dimostrare amore per Lui obbedendo ai Suoi comandi (cfr. per esempio Giovanni 14:15).
Il Signore aveva redento Israele per una nuova vita come Suoi devoti servitori.
Allora vediamo un principio Biblico importante: Dio ci libera con la Sua grazia, donandoci una nuova vita, e poi ci chiama all'obbedienza alla Sua parola, questo vediamo anche nel Nuovo Testamento (cfr. per esempio Romani 6:1-11; 2 Corinzi 5:17; Efesini 2:8-10; Tito 2:11-13).
Quindi non è il desiderare fare la volontà di Dio per guadagnarsi la salvezza, ma desideriamo farla perché siamo stati salvati!
Il desiderio di fare la volontà di Dio non è la base per ottenere la salvezza, ma è il frutto della salvezza stessa!
Charles Spurgeon disse: "Le buone opere non sono la causa della nostra salvezza, ma sono l'evidenza della nostra salvezza".
In secondo luogo:
B) Il patto era un memoriale della fedeltà di Dio per le generazioni future
La liberazione dall'Egitto e il patto del Sinai diventano un memoriale per Israele della fedeltà del Signore.
Le future generazioni dovranno conoscere e ricordare la storia e le leggi del patto e il bene che sarebbe venuto dal metterli in pratica.
Questo è quello che vediamo in Deuteronomio 6:20-24 è scritto: “Quando in avvenire tuo figlio ti domanderà: ‘Che significano queste istruzioni, queste leggi e queste prescrizioni che il SIGNORE, il nostro Dio, vi ha date?’ Tu risponderai a tuo figlio: ‘Eravamo schiavi del faraone in Egitto e il SIGNORE ci fece uscire dall'Egitto con mano potente. Il SIGNORE operò sotto i nostri occhi miracoli e prodigi grandi e disastrosi contro l'Egitto, contro il faraone e contro tutta la sua casa, e ci fece uscire di là per condurci nel paese che aveva giurato ai nostri padri di darci. Il SIGNORE ci ordinò di mettere in pratica tutte queste leggi e di temere il SIGNORE, il nostro Dio, affinché venisse a noi del bene sempre ed egli ci conservasse in vita, come ha fatto finora’”.
Mosè parla come se uno scenario fosse destinato a manifestarsi quando gli adulti obbediranno alle leggi del patto, e i figli chiederanno ai genitori in cosa consistono queste leggi.
È degno di nota il fatto che alla domanda dei figli non si risponde con i dettagli della legge!
Non troviamo nemmeno un comandamento, ma la redenzione miracolosa dall’Egitto da parte del Signore!
La risposta, quindi, non si concentra sulle leggi stesse, ma sul Legislatore!
Viene messo al centro il Signore!
Il figlio deve conoscere e onorare il Signore come primo passo per comprendere la natura delle Sue leggi.
Così alla domanda del figlio si risponde con una sorta di credo storico che si riferisce alla terribile realtà della schiavitù di Israele in Egitto, sottolineando del faraone, e alla liberazione che è alla base della teologia motivazionale del Deuteronomio (Deuteronomio 4:20; 5:6.15; 6:12,21; 7:8; 8:14; 13:5,10; 15:15; 16:12; 24:18, 22; 26:5–9).
Quando le generazioni future chiederanno il significato delle istruzioni, delle leggi e delle prescrizioni del Signore, la risposta sarà racchiusa nella storia della liberazione miracolosa dalla schiavitù d'Egitto e nella promessa di una terra fertile e ricca.
Sarà evidenziato che quelle istruzioni, leggi e prescrizioni del Signore, Lui voleva che si mettessero in pratica perché così sarebbe venuto del bene su di loro e la loro conservazione in vita.
Questo Dio potente, di amore e fedele, che ha fatto e detto cose così uniche, è sempre degno del servizio obbediente, leale e riconoscente del credente.
Così ciò che vediamo e che tanto ci fa riflettere, le generazioni future dovranno essere fornite di ragioni per obbedire, non solo esortarli, ma anche motivarli!
La stessa situazione abbiamo ancora oggi, quando i genitori cristiani insegnano la Parola di Dio ai loro figli e la vivono coerentemente davanti a loro.
Come facevano i figli in Israele, così anche oggi i figli di genitori devoti si chiedono perché il loro modo di vivere è così marcatamente diverso da quello degli altri.
Dobbiamo seguire ciò che insegna Deuteronomio 6:20-24 non solo di incoraggiare i nostri figli a seguire le vie del Signore, ma anche motivandoli con entusiasmo perché crediamo veramente nell’importanza di queste!
La coerenza e l’entusiasmo può essere contagioso per i figli.
Se un genitore mostra coerenza ed entusiasmo per il Signore, questa fede applicata di obbedienza gioiosa è un’influenza positiva per loro, saranno incoraggiati ad abbracciarla a loro volta.
Oppure rafforzerà la loro fede; infatti i figli dei credenti vedendo il buon esempio di fede, rafforzerà la loro fede in Dio e li stimolerà a mettere in pratica i Suoi insegnamenti.
Dunque, non basta solo esortare a sottomettersi al Signore, ma è necessario spiegare le ragioni, il valore e l’impatto positivo che avrà questo sulla loro vita!
Molti genitori ed educatori mancano in questo, esortano solamente, impongono obblighi e regole, senza dare giuste motivazioni!
CONCLUSIONE
Possiamo dire che il popolo di Dio è chiamato a ricordare la Sua bontà e fedeltà, rispondendogli con adorazione e ringraziamento per il rapporto speciale e intimo che ha con il Signore, ma anche con la consacrazione costante e fedele senza distrazioni!
Quindi, la sfida per noi oggi è: la scelta a essere fedeli a Dio in ogni aspetto della nostra vita ogni giorno!
Non permettiamo che il mondo con i suoi idoli ci distragga dalla verità e dalla bellezza della relazione che abbiamo con il Signore nostro Dio.
Non lasciamoci sedurre dalle false promesse del mondo!
La nostra vera gioia, la nostra vera pace si trovano solo in Dio grazie a Gesù!
Scegliamo di essere fedeli a Dio, con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta la nostra mente e con tutte le nostre forze!
Affidiamoci a Dio con fiducia e abbandoniamoci completamente a Lui!
Che la nostra scelta sia chiara e determinata: servire il Signore con tutto noi stessi e con tutto ciò che abbiamo!
Sia la nostra vita un riflesso della nostra fedeltà a Dio, manifestata attraverso le nostre azioni quotidiane e la nostra devozione sincera.
Sappiamo che non è sempre facile, ma Dio ci sarà sempre accanto, con la Sua fedeltà salda come le montagne, con la Sua grande misericordia e il Suo amore eterno.
Solo in Dio c’è la vera felicità, il vero scopo, significato e senso della vita!
Che la nostra preghiera costante sia: "Signore, aiutaci a essere fedeli a Te in ogni momento e in ogni circostanza della nostra vita dovunque ci troviamo e in tutto ciò che facciamo".