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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Giosuè 14:12: Possiamo farcela!

 Giosuè 14:12: Possiamo farcela!
“C’è la possiamo fare!” racchiude in sé un messaggio di grande forza e positività. È un invito a non arrendersi mai.

Nello sport, gli atleti usano spesso questo motto per motivarsi a vicenda e a raggiungere la vittoria.

Nel mondo del lavoro, i gruppi utilizzano questo motto per incoraggiarsi a vicenda e a raggiungere gli obiettivi comuni.

Nel sociale, le persone usano questo motto per promuovere la giustizia, l'uguaglianza e un mondo migliore per tutti.

Ma io oggi voglio usare questo motto in relazione alla fede, considerando l’esempio di Caleb, il figlio di Gefunne, il Chenizeo.
In Giosuè 14:12 leggiamo le sue parole: “Dammi dunque questo monte del quale il SIGNORE parlò quel giorno, poiché tu udisti allora che vi stanno degli Anachiti e che vi sono delle città grandi e fortificate. Forse il SIGNORE sarà con me, e io li scaccerò, come disse il SIGNORE”.

Questo versetto fa parte del racconto della distribuzione della terra di Canaan tra le tribù di Israele dopo la conquista, sotto la guida di Giosuè. 

Caleb e Giosuè, unici tra gli esploratori inviati da Mosè, ritornarono dopo 40 giorni con un resoconto positivo sulla possibilità di conquistare Canaan.

Nonostante il pessimismo degli altri dieci esploratori, che enfatizzavano la forza dei nemici, le città fortificate e la presenza dei giganti Anac (Numeri 13-14), Caleb e Giosuè rimasero fermi nella loro convinzione, sostenendo che con l'aiuto di Dio, Israele avrebbe potuto trionfare.

Caleb dal v.6 si rivolge a Giosuè che stava con altri Giudei, raccontando proprio questa vicenda storica, e il giuramento che Mosè gli fece di ricevere in eredità lui e la sua famiglia, la terra che avrebbe calcato.

Caleb chiede a Giosuè “questo monte”, cioè il monte Ebron, una regione montuosa abitata dagli Anachiti, un popolo noto per la sua forza e ferocia.

Nel v.13 leggiamo che Giosuè lo benedisse e gli diede Ebron come eredità.

In primo luogo, vediamo:
I LA CARATTERISTICA DELLA RICHIESTA
“Dammi dunque questo monte del quale il SIGNORE parlò quel giorno”.

Tutto il discorso di Caleb (Giosuè 14:6-12) è caratterizzato da grande vivacità.

C’è anche impazienza, per tanti anni ha aspettato con ansia di compiere ciò che la generazione del deserto rifiutava: la conquista promessa dal Signore.

Per Caleb il tempo di quel compimento era arrivato.

Sono trascorsi quarantacinque anni da quando Caleb ha ricevuto la promessa di Dio, quando affermò: “Ma il mio servo Caleb, poiché è animato da un altro spirito e mi ha seguito pienamente, io lo farò entrare nel paese nel quale è andato; e la sua discendenza lo possederà” (Numeri 14:24).

Se a causa dell’incredulità degli altri esploratori non vedranno la terra che il Signore aveva promesso, solo Caleb e Giosuè (cfr. per esempio Deuteronomio 1:36-38; Giosuè 1:1-9) vi entreranno.

In Giosuè 14:10-11, Caleb loda il Signore suo Dio, che gli ha concesso il vigore benché abbia ottantacinque anni.

Nonostante il lungo e faticoso cammino di quarant’anni attraverso il deserto, Caleb afferma di essere ancora robusto tanto per combattere contro i nemici che per i doveri quotidiani (Giosuè 14:10-11).

Il suo nome “Caleb” ricorda il suo coraggio, infatti deriva dall'ebraico “keleb”, cioè “cane”, non usato in modo dispregiativo, ma pensato per designare coraggio, o tenacia.

La maggior parte delle persone a quest’età ha certamente perso molte delle proprie facoltà fisiche e mentali, ma non Caleb! 

E, in effetti, è così in forma che vuole andare a combattere e a conquistare ciò che il Signore gli aveva promesso!

Warren Wiersbe scrive a riguardo: “Non siamo mai troppo vecchi per fare nuove conquiste di fede nella potenza del Signore. Come Caleb, possiamo conquistare montagne e conquistare giganti se seguiamo totalmente il Signore. Non importa quanti anni abbiamo, non dobbiamo mai ritirarci dal confidare e dal servire il Signore”.

Una cosa interessante che vediamo è che Caleb chiede a Giosuè - il capo che ha sostituito Mosè (Giosuè 1:1-2) - che gli venga data la sfida più grande che ci sia nonostante abbia ottantacinque anni!

Kenneth O. Gangel dice: “Anche dopo ottantacinque anni difficili, Caleb aveva un grande atteggiamento nel servire Dio e nel combattere per Lui. Non era stanco, anzi, si stava solo esaltando. Non si avvicinò al suo vecchio amico Giosuè per chiedere una casa senza manutenzione e a risparmio energetico. Preferibilmente una con un ampio portico per la sua sedia a dondolo preferita. No, chiese la campagna collinare ancora abitata dai giganti. Voleva proprio la zona che aveva intimorito le altre dieci spie - e il resto degli Israeliti fu probabilmente felice di lasciargliela.
È come entrare in una partita di basket con una squadra di professionisti e voler fare la guardia al più grande in campo. 
Sarebbe come entrare in un edificio che ha bisogno di essere pulito e offrirsi come volontario per occupare la stanza più sporca e più grande. 
Come uno studente che sceglie il corso più difficile offerto da un'università e poi chiede al professore più difficile di dargli l'esame più difficile.
Ma Caleb aveva una tale fiducia e un tale atteggiamento positivo nei confronti di questa conquista che voleva la sfida più grande disponibile”.

Molti, quando hanno la possibilità di scegliere, scelgono le cose più facili e non quelle più difficili, ma Caleb ha scelto quella più difficile!

Quindi, la caratteristica principale di questa richiesta è la sua difficoltà. 

Ce ne sono almeno tre.
C’è:
A) La difficoltà geografica
“Dammi dunque questo monte”. 
Qualcuno, in epoca passata, disse: "Le montagne sono fatte per essere conquistate, non per essere ammirate da lontano".

Quest’affermazione riflette una filosofia molto diffusa tra gli alpinisti e gli esploratori di epoche passate, che vedevano le montagne come sfide da superare piuttosto che come paesaggi da contemplare.

Una montagna, dunque, ci parla di difficoltà; simboleggia le sfide che si affrontano quando si perseguono obiettivi ambiziosi.

Caleb ha chiesto una montagna dove si trovava la città di Ebron (Giosuè 15:13) a 930 metri di altezza, 1026 metri è il punto più alto della montagna.

Le pianure sono più facili e a tutti piace affrontarle, ma le montagne sono aspre e alte, impegnative e pochi si preoccupano di avventurarvisi perché richiede coraggio, maggiore sforzo e forza.

La scelta di Caleb rappresenta un monito per tutti coloro che aspirano a fare grandi cose per Dio. 

Non si tratta di accontentarsi delle sfide più semplici, ma di abbracciare con coraggio anche le imprese più ardue, quelle che richiedono il massimo sforzo, tanta fatica e la massima determinazione.

Proprio come Caleb, che era pronto ad affrontare la sfida del monte Ebron, se vuoi compiere grandi opere per Dio devi essere pronto ad affrontare non solo le “pianure”, ma anche le “montagne”, non solo le sfide più piccole, ma anche quelle più grandi.

La richiesta di Caleb ci invita a non aver paura delle difficoltà, ma ad affrontarle con coraggio e determinazione, certi che con l'aiuto di Dio possiamo superare ogni ostacolo e conquistare anche “le vette più alte!”

C’è poi:
B) La difficoltà dei giganti
“Poiché tu udisti allora che vi stanno degli Anachiti”.

Gli Anachiti erano giganti e abitavano a Ebron (Numeri 13:22,28,33).

Erano noti per la loro statura imponente e la loro forza straordinaria, tanto da incutere terrore negli esploratori Israeliti inviati da Mosè per perlustrare la terra promessa.

In Numeri 13:33 quei esploratori dissero: "Vi abbiamo anche visto i giganti, figli di Anac, della razza dei giganti. Di fronte a loro ci sembrava di essere cavallette, e così dovevamo sembrare a loro" 

Questo linguaggio enfatizza non solo la loro statura fisica, ma simboleggia anche la percezione della grandezza della sfida. 

Ma questa visione spaventata di questi esploratori è in netto contrasto con la visione fiduciosa di Caleb. 

In Numeri 13:30, Caleb aveva detto: "Saliamo pure e conquistiamo il paese, perché possiamo riuscirci benissimo." 

La sua fede gli permette di vedere oltre i giganti e di focalizzarsi sulla promessa e sulla potenza di Dio!

A causa del rapporto negativo degli esploratori, gl’Israeliti si rifiutano di entrare nella terra promessa, e come risultato, Dio decretò che quella generazione tranne Caleb e Giosuè, morirà nel deserto. 

La lezione è: la paura e la mancanza di fede possono privarci delle benedizioni che Dio ha preparato per noi!

Non è che noi non dobbiamo sottovalutare la difficoltà, Caleb non lo fa, riconosce che la sfida è davvero grande! Ma ha fede nel Signore.

Siamo chiamati ad affrontare sfide di giganti davanti le quali ci sentiamo come delle cavallette, come si sentivano quegli esploratori.

Anche Davide, molti anni dopo, ci insegna che i giganti si possono vincere, anche se non abbiamo strumenti potenti. 
Infatti, nel nome del Signore, Davide ha vinto il gigante Golia con una fionda e un sasso! (1 Samuele 17:43-51).

Oggi dobbiamo affrontare tante sfide.

(1) Ci sono sfide spirituali ed esistenziali
Come:
(a) La secolarizzazione
In molte società, come la nostra la fede è in declino, i pochi credenti praticanti sono sotto pressione e devono andare contro corrente con tutte le difficoltà che ciò comporta.

(b) Le tentazioni moderne
Le tentazioni come il consumismo, la ricerca del piacere (edonismo) e la ricerca di gratificazione istantanea possono allontanare da valori più profondi.

(c) La crisi di fede
Eventi globali tragici, come le guerre, le pandemie, la violenza diffusa, crisi economica, ingiustizia sociale, possono far dubitare della bontà di Dio, o del senso della vita.

(d) L’intolleranza religiosa
Sia persecuzioni aperte in alcune parti del mondo, sia sottili pressioni sociali in altre, come anche in Italia, possono far sentire i credenti praticanti come “cavallette”.

Poi ci sono:
(2) Sfide per la chiesa e i credenti
(a) Difficoltà a comunicare il Vangelo
Ci sentiamo “cavallette” di fronte alle sfide dell'evangelizzazione, se pensiamo alla mole di lavoro che c’è di diffondere il Vangelo in una società secolare.

(b) La chiesa non è unita
È un altro gigante da affrontare.
Ci sono divisioni dottrinali e culturali, come anche conflitti interni caratteriali.

E ancora:
(c) L’imbarazzo per la mancanza di integrità
Sono come giganti quando dobbiamo affrontare e guarire da scandali di cristiani che hanno minato la fiducia.

Che dire ancora dei giganti personali che dobbiamo affrontare quindi: 
(3) Le sfide personali
Per esempio, problemi di salute, interpersonali, o finanziari, problemi al lavoro di vario genere, un lutto, per elencarne alcuni, possono essere considerati come giganti da noi.

Sebbene i "giganti" cambino forma, da guerrieri Anachiti a sfide moderne, la chiave per la vittoria rimane la stessa: una fede che riconosce la grandezza delle sfide, ma si fida ancora di più della grandezza di Dio!

Per fede e l’aiuto del Signore non ci sentiremo più “cavallette!”, ma coraggiosamente li affronteremo sapendo che con Dio, anche “le montagne più alte” e “i giganti più terribili” possono essere vinti!

Forse in questo periodo della tua vita, stai affrontando diverse circostanze difficili, che ti portano altri giganti, come la paura, l’ansia, l'impazienza. 

Mentre affronti questi giganti con fede e obbedienza al Signore, la tua più grande vittoria potrebbe essere la trasformazione del tuo carattere!

Infatti, Dio a volte non cambia le nostre circostanze perché vuole cambiare noi per renderci simili a Gesù Cristo! (cfr. per esempio Romani 8:28-29; Efesini 4:13; Colossesi 1:28; Giacomo 1:2-4, 1 Pietro 1:6-7).

Allora i nostri "giganti" sono opportunità divine per sviluppare il carattere di Cristo in noi!

Per esempio, il gigante della paura può diventare coraggio, il gigante dell’ansia può diventare pace, il gigante dell’impazienza può diventare pazienza.

L’ultima difficoltà che doveva affrontare Caleb è:
C) La difficoltà delle grandi città fortificate
“E che vi sono delle città grandi e fortificate”.

“Grandi” (gĕdōlôt) indica la dimensione di queste città che occupano una grande superficie, o massa rispetto a una norma (cfr. per esempio Numeri 34:6; Deuteronomio 1:19; 25:14; 2 Samuele 18:17).

“Fortificate” (bĕṣurôt) si riferisce a città inaccessibili, inattaccabili, inespugnabili a causa della posizione e delle barriere che la circondano (cfr. per esempio Numeri 13:28; Deuteronomio 1:28; 3:5; 9:1; 2 Samuele 20:6; 2 Re 18:13; 19:25; Isaia 25:2; 27:10; 36:1; 37:26; Ezechiele 21:25).

Le città del monte Ebron, che Caleb voleva conquistare, erano circondate e protette da grandi e forti mura, e a quei tempi le mura erano la massima sicurezza di una comunità.

Eppure, Caleb credeva che con Dio, anche queste fortezze potevano cadere!

Queste città, protette da mura possenti e situate in posizioni strategiche, rappresentavano ostacoli insormontabili per qualsiasi conquistatore.

Caleb, di fronte a queste città del monte Ebron, non si scoraggia!
 
La sua fede in Dio era incrollabile! Era convinto che con l'aiuto del Signore, anche la sfida più ardua poteva essere superata. 

La sua fede si manifesta nella sua audacia e determinazione: non teme le difficoltà e non si arrende di fronte all'apparente impossibilità.

Le mura di queste città rappresentano metaforicamente gli ostacoli che possiamo incontrare nella nostra vita. 

Possono essere sfide personali, professionali, relazionali, o spirituali.

A volte, come le città del monte Ebron, possono sembrare insormontabili. 

Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che si vedono quando si distoglie lo sguardo dal Signore.

La fede di Caleb ci insegna che con l'aiuto del Signore, possiamo superare qualsiasi ostacolo.

Gli ostacoli possono essere opportunità non solo per la crescita spirituale, ma anche per sperimentare la potenza di Dio nella nostra vita.

E questo ci introduce al secondo e ultimo punto:
II LA FEDE NELLA RICHIESTA
La vita è una questione di prospettive.

Una prospettiva è legata al modo in cui vediamo qualcosa. 

La prospettiva è il punto di vista da cui consideriamo una situazione, può essere positiva, o negativa, ottimista, o pessimista.

La prospettiva influenza ciò che vediamo, come lo interpretiamo e, di conseguenza, come agiamo.

La storia che sto per raccontarvi ci fa capire questo.
Un'azienda di scarpe americana inviò un venditore in un paese straniero. Ma appena arrivato, telegrafò per chiedere soldi per ritornare a casa. La sua ragione: "Nessuno qui indossa scarpe!". 
L'azienda lo fece ritornare e mandò un altro venditore. Subito telegrafò: “Mandami tutte le scarpe che puoi produrre. Il mercato è assolutamente illimitato. Nessuno qui ha scarpe!”.

Quindi abbiamo la stessa realtà, ma prospettive diverse.
I due venditori osservano esattamente la stessa situazione: un paese dove nessuno indossa scarpe. Questo è un fatto oggettivo.
Ma la loro interpretazione di questo fatto è radicalmente diversa. 
Il primo vede un fallimento, il secondo un'opportunità senza precedenti.

In Numeri 13-14 tutti gli esploratori, incluso Caleb, vedono gli stessi fatti: giganti e città fortificate. 
Ma le loro interpretazioni divergono drasticamente.

Vediamo che la prospettiva plasma l'azione.
Il primo venditore, di fronte alla mancanza di scarpe, decide di arrendersi. 
La sua azione è stata la volontà di ritornare a casa, e scaturisce direttamente dalla sua prospettiva negativa.
Il secondo vede un mercato illimitato; la sua azione è stata quella di chiedere tutte le scarpe possibili, e deriva dalla sua prospettiva ottimista.

Così i colleghi esploratori di Caleb, spaventati dissero: “Noi non siamo capaci di salire contro questo popolo, perché è più forte di noi” (Numeri 13:31). 

Caleb invece disse: “Saliamo pure e conquistiamo il paese, perché possiamo riuscirci benissimo” (Numeri 13:30). 

Stessa situazione oggettiva, azioni opposte, basate su prospettive diverse.

La fede di Caleb non ignora le difficoltà, è riconosce che ci sono i giganti; ma la sua prospettiva è modellata dalla fiducia in Dio.

Caleb non nega le difficoltà, ma le vede attraverso la lente della fiducia in un Dio grande!

È come se Caleb dicesse: "Sì, ci sono giganti, ma il nostro Dio è più grande. Sì, le città sono fortificate, ma il nostro Dio fa cadere le mura. Andiamo! Possiamo farcela!"

La prospettiva di fede di Caleb è stata costante nel tempo e paziente, dopo quarantacinque anni non è cambiata!

Per molti credenti non è così! Perché la fede al posto di aumentare si assottiglia e la prospettiva cambia in senso negativo!

Se la prospettiva di Caleb aveva il focus sul Signore, sulla fiducia in Lui, quella degli esploratori era sulle circostanze e sulla paura, in base a queste si sentivano cavallette e li paralizzava! (Numeri 13:32-33).

Non è che Caleb era un ottimista mentre gli altri Israeliti erano realisti: Caleb era un uomo di fede, mentre gli altri Israeliti erano increduli!

Caleb sapeva e credeva che con Dio, ogni cosa è possibile! (cfr. per esempio Genesi 18:14; Isaia 41:10; Marco 10:27; Filippesi 4:13).

Con Dio a nostro fianco l’impossibile diventa possibile!

Qualcuno ha detto: “La fede è la forza che ci permette di credere in ciò che non vediamo e di realizzare ciò che sembra impossibile". 

E ancora: “La fede vede l'invisibile, crede l'incredibile e riceve l'impossibile".
 
Caleb aveva bisogno, dunque, di fede nel Signore per compiere quest'opera. 

La sua fede comportava tre aspetti importanti.

Il primo aspetto è:
A) La presenza del Signore
“Forse il SIGNORE sarà con me”.

Donald K. Campbell a riguardo scrive: “Era ansioso di combattere gli Anachiti a Ebron e di prendere quella città per suo possesso. Caleb scelse un compito vasto e inquietante. Non che fosse orgoglioso delle proprie capacità. Piuttosto credeva che Dio sarebbe stato con lui. Caleb aveva fede nella presenza di Dio”.

Caleb non era orgoglioso, Caleb credeva veramente in Dio e nella Sua presenza!

Gli uomini di fede, sono consapevoli che la presenza del Signore è determinante per avere grandi benedizioni.

Gli alpinisti raramente scalano da soli, è importante andare in compagnia per la sicurezza, per supporto, per efficienza.

Caleb per conquistare le città fortificate dei giganti sul monte Oreb aveva bisogno dell’aiuto del Signore.

Così anche per noi oggi, per affrontare le nostre sfide abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore.

Qualcuno potrebbe pensare che la parola “forse” (ʾûlay) potrebbe indicare incertezza, dubbio.
Certamente esprime una circostanza reale, o ipotetica effettiva, o contraria ai fatti (Genesi 18:24, 28, 29, 30, 31, 32; 24:5, 39; 27:12; Numeri 22:33; Osea 8:7).
In questo caso di Caleb, l’avverbio “forse” è un desiderio, un’aspettativa, una speranza sottomessa alla libera sovranità e volontà di Dio!

Quindi indica un umile sottomissione rispettosa nei riguardi del Signore.

Caleb non vede il Signore come “il suo fattorino” che deve seguire i suoi ordini, ma come il Dio libero e sovrano che fa tutto ciò che vuole, tutto ciò che gli piace (Salmo 115:3; 135:6). 

Il Dio di Israele non ha alcun vincolo a comportarsi nel modo come vogliamo! 

Caleb lo sapeva, ma questa è una questione completamente diversa dal dubitare della capacità di Dio, o della Sua volontà, perché tutto ciò che Caleb aveva visto di questo Dio nel corso della sua vita, lo rassicura e crede che è fedele alla Sua parola, e il suo “forse” non mina la sua fiducia.

A causa della promessa del Signore (cfr. per esempio Esodo 23:29–30; Numeri 14:24), Caleb si aspettava che il Signore caccerà via il nemico davanti a lui.
 
È fiducioso, ma non arrogante!
Aveva timore di Dio, ma si aspettava il Suo intervento!
Era umile, ma era certo che Dio lo avrebbe aiutato a vincere!

La fede di Caleb era in equilibrio: non dettava al Dio sovrano cosa doveva fare, né scriveva il suo copione per Lui, ma comunque si fidava della Sua presenza vittoriosa.

Il secondo aspetto importante di Caleb è:
B) La potenza del Signore
Caleb dice: “E io li scaccerò”.
Se il Signore fosse stato con Lui avrebbe scacciato i suoi nemici.

“Scaccerò” (yāraš) significa espropriare, in relazione all'idea di conquistare una terra, di prenderne possesso (cfr. per esempio Deuteronomio 4:1; 14, 26; 6:1; 8:1,11;11:8, 11).

Caleb, nonostante le difficoltà, nonostante la grande sfida che aveva davanti a se, credeva che con il Signore sarebbe stato in grado di conquistare la terra e possederla.

Dio avrebbe dato a Caleb una potenza superiore rispetto ai suoi nemici e di vincerli, per quanto grandi fossero agli occhi dell'uomo.

Paolo in Filippesi 4:13 dice: “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica”.

Il Signore ci dona la forza per affrontare ogni cosa!

Niente è impossibile che non possiamo fare insieme a Dio!

Noi dobbiamo avere fiducia che Dio mediante la potenza che opera in noi, può fare infinitamente di più di quello che domandiamo, o pensiamo! (Efesini 3:20).

Pertanto, la potenza del Signore è più che sufficiente per rafforzarci e sostenerci!

Infine, il terzo aspetto della fede di Caleb è:
C) Le promesse del Signore
“E io li scaccerò, come disse il SIGNORE”.

Le promesse di Dio sono dichiarazioni solenni fatte dal Signore stesso in cui si impegna ad agire in un certo modo a favore del Suo popolo. 

Le promesse che Dio ha fatto ai Suoi figli sono sicure e immutabili (cfr. per esempio 2 Corinzi 1:20; Ebrei 6:19)

Caleb era fiducioso secondo la promessa che il Signore gli aveva fatto (cfr. per esempio Numeri 14:24; 33:52–53; Deuteronomio 1:8, 21).

John Blanchard dice: “La provvidenza di Dio adempirà tutte le sue promesse”.

Dio, nella Sua provvidenza, ha il pieno controllo di ogni situazione e di ogni evento; pertanto, la userà per adempiere tutte le Sue promesse, in modi che potrebbero non essere sempre chiari a noi.

Caleb credeva nelle promesse del Signore perché lo riteneva affidabile e degno di fiducia, in quanto il Signore è fedele (cfr. per esempio Numeri 23:19; 1 Timoteo 2:13; Tito 1:2); potente (cfr. per esempio Isaia 40:28, Matteo 19:26) e immutabile (cfr. per esempio Malachia 3:6, Ebrei 6:18).

Quindi è la natura del Signore che rende valide le Sue promesse!

Così in un mondo che fluttua tra incertezze e sfide, le promesse di Dio risuonano come un'eco tonante di forza e speranza. 

Non sono semplici parole sussurrate al vento che si disperdono in aria, ma pietre miliari scolpite nella roccia dell'eternità.

Le promesse del Signore sono cariche di potenza, pronte a scuotere le fondamenta dei dubbi e risvegliare la fede addormentata. 
Come un faro che illumina la notte buia, le promesse del Signore ci guidano verso un futuro radioso, dove ogni lacrima si trasforma in sorriso e ogni dolore in canto di vittoria.

Le promesse del Signore non sono vincolate dal tempo, ma si dispiegano nel Suo perfetto piano, con tempistiche che solo la Sua infinita saggezza può comprendere. 

Anche quando le nuvole dell'incertezza offuscano il cielo sopra di noi, le promesse del Signore brillano come stelle immancabili. 

Le promesse del Signore sono un'àncora che ci tiene saldi nei momenti di tempesta, una luce che squarcia le tenebre della disperazione.

Allora crediamo alle promesse del Signore perché significa abbracciare una vita ricca di significato, senso e scopo. 

Credere alle Sue promesse significa abbandonarsi all’amore infinito del Signore Dio che è nostro Padre che non delude mai, che conosce ogni nostro bisogno e desidera il nostro bene.

Ma le promesse del Signore non sono solo parole di speranza, conforto e forza in ogni circostanza della vita, che ci riempiono di fiducia in Lui, sono anche motivazioni potenti per agire con coraggio e determinazione come ha fatto Caleb.

Le promesse del Signore ci spingono “a scalare le montagne”, “a vincere i giganti” e “a conquistare le città fortificate”, a superare i nostri limiti e a realizzare ciò che sembra impossibile.

Ma come diceva Susanna Wesley: “Le promesse di Dio sono sigillate per noi, ma non le date”.

Sappiamo con certezza che le Sue promesse sono immutabili e che si avvereranno nel modo e nel tempo che Egli ritiene migliori, e anche se non conosciamo la data specifica, possiamo avere la certezza che si avvereranno (cfr. per esempio Isaia 46:9-10; 55:11; Ebrei 6:10; 2 Pietro 3:9).

Dio opera secondo il Suo piano perfetto, che potrebbe non coincidere con i nostri tempi, o le nostre aspettative! 
Ma dobbiamo avere fede e pazienza!

Caleb dovette attendere decenni prima di reclamare Ebron. 

Questo ci ricorda che l’adempimento delle promesse non sono sempre immediate, possono richiedere perseveranza a lungo termine.

CONCLUSIONE
La fede di Caleb è un esempio per tutti noi.

La fede di Caleb ci insegna a non lasciarci scoraggiare dalle difficoltà apparentemente insormontabili, ma ad affrontarle con coraggio e determinazione, certi che con l'aiuto del Signore tutto è possibile.

La fede di Caleb ci insegna a non ignorare la realtà delle sfide, ma ad affrontarle con occhi aperti.

La fede di Caleb ci insegna a non lasciarci intimidire dalla grandezza delle nostre sfide; ci sfida a non arretrare, ma ad affrontare le nostre difficoltà!
Questo perché il Signore ci “fa scalare le montagne”, ci fa vincere i giganti, “ci fa conquistare le città fortificate”.

La fede di Caleb ci ricorda che il Signore ci dà la forza di fare grandi cose per Lui, indipendentemente dalla nostra età, o dalle nostre circostanze.

La fede di Caleb ci insegna che il Signore mantiene le Sue promesse a coloro che lo servono fedelmente; infatti, Caleb ha seguito pienamente il Signore (Numeri 14:9,24; Giosuè 14:14), ma siamo chiamati ad attenderle con pazienza la realizzazione.








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