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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Osea 3:4: Un amore che sa disciplinare

 Osea 3:4: Un amore che sa disciplinare
Avete mai ricevuto un regalo che inizialmente vi ha deluso, ma che poi si è rivelato essere esattamente ciò di cui avevate bisogno? 
A volte, l'amore più profondo e vero si manifesta in modi che non comprendiamo subito. 
Oggi esploreremo un tipo di amore simile: l'amore di Dio che sa disciplinare.
L’amore di Dio è un amore così profondo, così vero, che è disposto a fare qualsiasi cosa per renderci migliori, anche se significa farci attraversare momenti di dolore. 
Questo è l'amore di Dio che troviamo in Osea 3:4. 
L'amore di Dio, come un fuoco purificatore, a volte ci spoglia di ciò che per noi è importante per rivestirci della Sua gloria, trasformando le nostre privazioni in opportunità di rinascita spirituale e di intimità più profonda con Lui.
In questa predicazione vedremo insieme un passo che potrebbe sembrare duro a prima vista, ma che in realtà rivela il cuore di un Padre che ama così intensamente da essere disposto a disciplinare pur di purificare, a togliere per poi restituire il meglio. 
Attraverso le parole del profeta Osea, vedremo come Dio usa persino i momenti di privazione come strumenti del Suo amore, per risvegliare i cuori assopiti per purificarli. 
Nella predicazione precedente abbiamo visto un amore che sa aspettare fedelmente, cioè senza tradire il proprio partner: Gomer con il marito Osea e viceversa; questo è il simbolo tra Israele e Dio.
Oggi vediamo un amore che sa disciplinare.
Cominciamo con:
I L’ESPLICAZIONE (v.4)
“I figli d’Israele, infatti” (v.4).
“Infatti” (kî – congiunzione esplicativa) all'inizio di Osea 3:4 collega logicamente questo versetto con quanto affermato in Osea 3:3 riguardo al periodo di separazione - esilio che Israele affronterà.
Osea sta spiegando gli aspetti concreti, dettagliati e le implicazioni di questo periodo di prova ed esilio, di separazione, a cui fa riferimento la frase "per parecchio tempo", cioè molti giorni (rabbîm āymîm) di Osea 3:3.
“Infatti”, sottolinea la conseguenza inevitabile delle azioni d’Israele. 
Il popolo si era allontanato da Dio, adorando altri idoli, e come conseguenza di questa infedeltà, Dio agirà per farli riflettere togliendo a loro ciò che reputano importante, per fargli riconoscere il proprio errore e spingerlo a tornare a Lui.
C.S. Lewis scriveva: “Dio sussurra nei nostri piaceri, parla nelle nostre coscienze, ma grida nelle nostre sofferenze; il dolore è il Suo megafono per svegliare un mondo sordo”.
La metafora del megafono suggerisce che Dio usa la sofferenza come un modo per attirare la nostra attenzione verso di Lui, quando altri metodi non hanno avuto successo. 
In un certo senso, Lewis suggerisce una progressione nell'intensità della comunicazione di Dio con noi: dal sussurro nei piaceri, alla voce nella coscienza, fino al grido nella sofferenza.
L'esilio sarà un “grido di Dio” per risvegliare Israele dal torpore idolatrico, un periodo di prova, di purificazione e rinnovamento spirituale, durante il quale Israele dovrà imparare a riconoscere la propria dipendenza da Dio e a ritornare a Lui con un cuore sincero.
Nel v.4, per sei volte viene ripetuto “senza” (ʾên'), e denota un periodo di intensa indigenza sia per quanto riguarda la coesione politica che l'osservanza religiosa. 
Questa ripetizione negativa “senza” serve a sottolineare la futura privazione storica di Israele.
Per un po' Israele sarà privo delle istituzioni sociopolitiche e religiose che definiscono uno stato. 
La loro assenza è per il giudizio di Dio, e contribuisce a un periodo di purificazione per gl’Israeliti in preparazione di un tempo migliore a venire; sarà una strada da percorrere lungo la via della restaurazione.
Il giudizio di Dio è purificatorio! (cfr. per esempio Isaia 1:25; Malachia 3:2-3).
Come un orafo, o un fabbro purifica il minerale d'oro riscaldandolo in una fornace ardente (cfr. per esempio 1 Pietro 1:6–7), dopodiché lo immerge in acqua fredda e raschia via le scorie, così farà il Signore con il Suo giudizio correttivo perché ama il Suo popolo, i Suoi figli! 
Ebrei 12:4-11 dice: “Voi non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato, e avete dimenticato l'esortazione rivolta a voi come a figli: ‘Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d'animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli’. Sopportate queste cose per la vostra correzione. Dio vi tratta come figli; infatti, qual è il figlio che il padre non corregga? Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli. Inoltre, abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo forse molto di più al Padre degli spiriti per avere la vita? Essi, infatti, ci correggevano per pochi giorni come sembrava loro opportuno, ma egli lo fa per il nostro bene, affinché siamo partecipi della sua santità. È vero che qualunque correzione sul momento non sembra recare gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa”.
(cfr. per esempio Deuteronomio 8:2-5).
Secondo questi versetti di Ebrei, la disciplina di Dio verso il Suo popolo, è paragonata a quella di un padre verso i suoi figli.
Sottolinea che la correzione è un segno dell'amore di Dio e del riconoscimento come figli legittimi.
Confronta la disciplina dei padri terreni con quella di Dio, sottolineando che quest'ultima è superiore e finalizzata alla santificazione.
Riconosce che la correzione può essere dolorosa nel momento, ma produce frutti positivi a lungo termine.
Il messaggio centrale è che le difficoltà e le prove della vita possono essere viste come una forma di disciplina divina, finalizzata alla crescita spirituale e al perfezionamento del credente. 
L'autore incoraggia i lettori ad accettare queste prove come segni dell'amore di Dio e opportunità di crescita, piuttosto che motivi di scoraggiamento.
L'amore di Dio priverà gl’Israeliti delle istituzioni a causa della loro infedeltà.
Molto spesso Dio rimuove da noi quelle cose che ci fanno cadere nel peccato (cfr. per esempio Osea 2:17) e chiude la nostra strada verso quei nostri amori che ci allontanano dall'amore per Lui (cfr. per esempio Osea 2:6). 
Quella di Dio è una disciplina vigorosa nei nostri confronti, come la disciplina di un padre amorevole per i suoi figli.
L'amore di Dio è un amore che vuole che vada bene ai Suoi figli e ai loro figli  per sempre (cfr. per esempio Deuteronomio 5:29). 
E così il ringraziamento di ogni cristiano deve essere non solo per quello che Dio ci ha dato, ma anche per quello che Dio ci ha tolto!
Attraverso l'abbondanza o la privazione, Dio opera per il nostro bene nell'amore. 
In seguito, uscendo dal loro periodo di giudizio di Dio, gl’Israeliti ritorneranno e cercheranno il Signore (Osea 3:5), il loro rapporto sarà rinnovato (Osea 2:23). 
In secondo luogo, vediamo:
II LA DICHIARAZIONE (v.4)
“Staranno senza re, senza capo, senza sacrificio e senza statua, senza efod e senza idoli domestici” (v.4).
Questa frase ha un tono di solennità, un verdetto, o un decreto autorevole che profetizza ciò che inevitabilmente accadrà al popolo durante l'esilio Assiro imminente.
Facciamo dichiarazioni diverse nella nostra vita fin da bambini, per esempio quando promettiamo di non agire più in un certo modo quando abbiamo trasgredito una regola e diciamo: “Mamma non lo faccio più”.
Ci sono poi quelle dichiarazioni come il giuramento di un testimone in tribunale: "Giuro solennemente di dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità".
O la dichiarazione di un nuovo cittadino: "Prometto di essere fedele alla Repubblica Italiana e di osservare la sua Costituzione e le sue leggi".
O la promessa di matrimonio: "Prometto di amarti e onorarti nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, e di stare con te finché morte non ci separi".
O il discorso inaugurale di un Capo di Stato: "In fede al mio popolo, prometto di adempiere con dedizione e onestà al mio mandato".
Nel caso specifico di Osea 3:4, la dichiarazione solenne serve a comunicare con forza il giudizio correttivo imminente di Dio su Israele, enfatizzando la serietà della situazione e l'inevitabilità delle conseguenze delle azioni infedeli del popolo.
La dichiarazione profetica di Osea, non è una semplice descrizione di fatti, ma un annuncio profetico autorevole rispetto a quella che sarà la cruda realtà futura di Israele come giusta conseguenza della sua infedeltà verso Dio.
Quindi, pur nella sua apparente semplicità, Osea 3:4 ha il peso di una dichiarazione profetica che in tono solenne e con piena autorità da parte di Dio preannuncia ciò che dolorosamente attende la nazione a causa della sua condotta peccaminosa.
Viene evidenziato ancora “parecchio tempo” (rabbîm āymîm) riferendosi che i figli d’Israele staranno (yēšbû – qal imperfetto attivo) senza guide, sacrifici e idoli, riferendosi agli anni dell'esilio di Israele.
Osea sta quindi profetizzando una realtà che si concretizzerà per Israele in un prossimo futuro, durante l'esilio Assiro, e lo fa anche per prepararli, come ci ricorda A.W. Tozer: "La profezia non è mai stata data per soddisfare la nostra curiosità sul futuro; è stata data per preparare i cuori degli uomini per il futuro".
Infine vediamo:
III LA SPECIFICAZIONE (v.4)
Osea specifica profeticamente, ciò che verrà a mancare a Israele.
Nel v.4 leggiamo: “Staranno senza re, senza capo, senza sacrificio e senza statua, senza efod e senza idoli domestici”.
 
Le cose di cui Israele non vivrà sono cose che vorrebbe avere e che gli mancheranno.
Il punto è che si troveranno a dover fare a meno di queste cose che gli sembrano indispensabili per vivere. 
Sono tre le forme specificate dal profeta Osea che cesseranno:
A) Cesseranno tutte le forme di governo umano (v.4)
“Staranno senza re, senza capo” (v.4). 
Israele sarà costretto a esistere in esilio, senza legittimi segni di identità e coesione come forza politica.
Non ci saranno più re (meleḵ) e nemmeno capi; una punizione secondo il patto Mosaico (Deuteronomio 28:36).
La preferenza per un governo di re e di capi può riflettere il rifiuto della guida del Signore (1 Samuele 8:7), ma è anche vero che l'idea di una monarchia sul popolo di Dio riceve l'approvazione finale nel patto Davidico (2 Samuele 7:8-16).  
La parola “capo” (śar) era associata ai funzionari della corte reale (2 Samuele 3:38), ai funzionari religiosi (1 Re 4:2), ai capi militari (1 Re 11:24), o anche come termine generico per “condottiero" (1 Cronache 22:17). 
La monarchia, apice del regno, secondo Osea era particolarmente caratterizzata dall’infedeltà verso il Signore (Osea 5:1; 8:4,10; 10:15; 13:10-11). 
I capi erano similmente corrotti, sono menzionati più volte (Osea 7:3,16; 8:4, 10; 13:10).
In pratica l'insieme era così completamente corrotto che la sua privazione sarà sicura.
 
Dal peccato primario dell'idolatria, così strettamente simboleggiato dall'adulterio della moglie di Osea, il cancro del declino morale aveva infettato l'intero regno (cfr. per esempio Osea 4:1-2).
Il peccato di allontanarsi da Dio porta altri peccati! 
Ci può essere un effetto a cascata, infatti l'allontanamento da Dio spesso innesca una serie di conseguenze spirituali e morali, portando a ulteriori trasgressioni.
Ci porta un vuoto spirituale; quando ci si allontana da Dio, si tende a cercare di riempire quel vuoto con altre cose, che spesso portano al peccato.
Smarriamo la direzione morale; Dio è la fonte, come anche lo standard ultimo della moralità. Allontanandosi da Lui, perdiamo la bussola etica.
Proverbio yiddish dice così: “Quando un popolo perde la via di Dio, perde tutto”.
B) Cesseranno tutte le forme di culto collettivo (v.4)
Per tutto il periodo previsto a Israele non sarà permesso di impegnarsi pienamente nell'adorazione del Signore, né parteciperà all'adorazione pagana.
(1) Cesserà il sacrificio (v.4)
“Senza sacrificio” (v.4).
La pratica dei sacrifici era antica e non si applicava solo ai sacrifici al vero Dio di Israele (cfr. per esempio Esodo 23:18; Levitico 3:1; 2 Cronache 29:31; 30:17,22), ma anche a divinità pagane (cfr. per esempio Esodo 34:15; Numeri 25:2; 2 Re 10:19, 24; Osea 11:2). 
La sospensione del “sacrificio” si applica a tutti i sacrifici, sia offerti al Signore che ad altri dèi.
Il sacrificio (zeḇaḥ), è l'atto di uccidere un animale come atto di adorazione, o espiazione nei confronti di una divinità (cfr. per esempio Genesi 31:54).
Il sacrificio poteva essere buono, o cattivo, a seconda di chi e con quale atteggiamento veniva offerto. 
Sacrificare al Signore con il cuore spezzato e contrito è buono (Salmo 51:17), ma sacrificare a Baal è sempre cattivo (cfr. per esempio Levitico 17:1; Deuteronomio 18:9-12; 1 Re 18:21-40; Geremia 2:23; Osea 2:8), e anche sacrificare al Signore senza obbedienza non è accettato (cfr. per esempio 1 Samuele 15:22; Isaia 1:10-20; Michea 6:6-8).
I profeti, tra cui Osea, smascherarono l'ipocrisia di coloro che utilizzavano i sacrifici per coprire i loro peccati e la loro ingiustizia.  
Isaia 1:11 e Osea 4:13-14, ad esempio, denunciano questa pratica vana, sottolineando che Dio desidera piuttosto bontà e conoscenza di Dio (Osea 6:6).
Così anche Amos 4:4 in modo sarcastico e provocatorio, sottolinea questa pratica ipocrita, e la denuncia.
I sacrifici del popolo, infatti, non erano espressione di vera devozione a Dio, ma piuttosto un tentativo di compiacere Dio con riti esteriori, senza un reale cambiamento del cuore.
Jerry Hwang scrive a riguardo: “L'ipocrisia del sistema sacrificale deve essere distrutta in modo che Israele non possa più usare la religione sontuosa come copertura per la bancarotta morale”.
I profeti denunciavano la falsa sicurezza data dai soli riti esteriori senza un reale ravvedimento interiore.
Osea 3:4, quindi, non decreta la fine della religione, ma piuttosto la fine di una religione ipocrita basata su riti vuoti e privi di significato. 
Il vero rapporto con Dio, secondo Osea, si basa sulla verità, sulla misericordia, e sulla conoscenza di Dio (Osea 4:1), su un cambiamento autentico del cuore (cfr. per esempio Deuteronomio 4:29-31; 1 Samuele 16:7; 2 Cronache 28:9; Matteo 5:8).
Dio desidera una relazione autentica con noi che parta dal profondo del nostro essere, e non dai riti e dai gesti esteriori. 
È il cuore rinnovato e devoto che gli è gradito.
(2) Cesserà la statua (v.4)
“E senza statua” (v.4).
Nelle giungle africane, qua e là, si trovano grandi pietre che sono state sfregate dagli elefanti. Conosciute come "pietre di sfregamento", gli elefanti le hanno sfregate semplicemente perché gli prudevano i fianchi. Sembra che sappiano dove si trovano le pietre migliori e vi si recano spesso, mettendosi in fila per aspettare il proprio turno per strofinarsi.
In un modo certamente diverso, anche gli umani usano le grandi pietre, come dice qui il testo: statua che non ci sarà più!
 
“Statua” (maṣṣēḇāh), era un pilastro, un blocco in pietra eretto come monumento commemorativo (cfr. per esempio Genesi 35:14; Isaia 19:19), o religioso.
Dopo una potente esperienza del Signore in sogno, Giacobbe eresse a pilastro la pietra su cui aveva posato il capo, in ricordo dell'evento (Genesi 28:18,22).
Mosè eresse un altare e anche dodici pilastri alla base del Monte Sinai per rappresentare le dodici tribù di Israele (Esodo 24:4). 
Più comunemente questi pilastri venivano fatti in onore delle divinità pagane (cfr. per esempio Esodo 23:24; Deuteronomio 7:5; 1 Re 14:23; Michea 5:12-13), spesso negli “alti luoghi” (cfr. per esempio 1 Re 14:23; 2 Re 17:9-10).
Per esempio, in 2 Re, il termine si riferisce a un pilastro sacro che aiutava il popolo nel culto di divinità pagane, in particolare del dio cananeo Baal. 
Nella maggior parte di questi passaggi, le colonne sacre erano utilizzate dagl’Israeliti, contrariamente al divieto del Signore di adorare qualsiasi altro dio (2 Re 3:2; 10:26-27; 18:4; 23:14; cfr. per esempio Osea 10:1-2; Michea 5:12-13).
Mosè aveva messo in guardia il popolo d’Israele da queste statue diffuse tra i Cananei, li doveva spezzare (Esodo 23:24; Deuteronomio 7:5; 12:3; 16:22), invece li ha adorati!  
Anche oggi molte persone hanno le loro statue materiali, anche in ambienti cristiani, che adorano e che usano come oggetti portafortuna, veri e propri idoli, ma che secondo la Bibbia farebbero bene a privarsene (cfr. per esempio Esodo 20:3-4).
E ancora:
(3) Cesseranno tutte le forme di culto privato (v.4)
“Senza efod e senza idoli domestici” (v.4).
Infine, vengono eliminati i modi consueti di cercare e capire la volontà di Dio, o  la Sua guida e il Suo aiuto.
 
L’efod e gli idoli domestici erano componenti dell'arredamento standard di un santuario privato, questi scompariranno.
Si distinguono tre tipi di efod (ʾēp̱ōḏ).
(a) Un semplice indumento di lino indossato dai sacerdoti (cfr. per esempio Esodo 25:7; 28:4-31; 29:5; 35:9,27; 39:2-22).
(b) Poi un indumento sacerdotale sacrale del sommo sacerdote
L'efod del sommo sacerdote Israelita è un indumento particolare, fatto di lana, lino e filo d'oro; la lana è colorata di blu, porpora e scarlatto.
La forma esatta dell'efod, tuttavia, è sconosciuta. 
La presenza di due pezzi di spalline indica che pendeva dalle spalle; inoltre, l'uso della fascia indica che si estendeva sotto la vita.
I due pezzi di spalline contenevano due pietre di onice su cui erano incisi i nomi dei figli di Israele (sei nomi su ogni pietra). 
Le pietre di onice erano incastonate in filigrana d'oro su cui erano poste catene d'oro attorcigliate. 
Il sommo sacerdote indossava l'efod sopra una tunica di lino. 
Il pettorale d'oro, ingioiellato, che conteneva l'Urim e Thummim, era attaccato all'efod (Esodo 28:6-14,30; Levitico 8:8; Numeri 27:21; 1 Samuele 14:41; 23:9-12; Giudici 17:5).
L'urim e il tummim erano strumenti utilizzati dal sommo sacerdote nell'antico Israele per discernere la volontà divina in particolari situazioni. 
La loro natura esatta rimane un mistero.
(c) Oggetto di culto indipendente
Il terzo tipo è stato talvolta considerato di tipo diverso, forse un idolo, l'indumento di un idolo, una scatola, o qualche altro oggetto. (cfr. per esempio Giudici 8:24–28; 1 Samuele 21:9; 23:6,9; 30:7-8).
In questi passi, come anche in Osea 3:4, l'efod sembra essere trattato come un oggetto distinto, utilizzato per scopi profetici, o divinatori, come funzione cultuale, o profetica, piuttosto che come un indumento sacerdotale. 
Questa interpretazione è supportata da diversi studiosi.
Alcuni accademici ipotizzano che questo “efod divinatorio” potesse essere una specie di statuetta, o idolo utilizzato nella pratica della divinazione insieme agli Urim e Tummim. 
Rappresenterebbe quindi una forma di idolatria proibita in Israele.
In sintesi, mentre l'efod era principalmente un capo di abbigliamento sacerdotale, alcune menzioni bibliche sembrano riferirsi anche ad altro, a un utilizzo distorto dello stesso come oggetto di culto pagano e pratica superstiziosa, ben descrivendo il suo abbandono profetico annunciato in Osea 3:4 come cessazione di forme idolatriche.
Oltre all’efod scompariranno gli idoli domestici (terāp̱iym), cioè piccoli oggetti sacri portatili di divinità (Genesi 31:19) che venivano tipicamente tenute in casa (Giudici 18:14-20), e usate nella divinazione (2 Re 23:24; Ezechiele 21:26; Zaccaria 10:2).
Anche in Giudici come in Osea 3:4, l’efod è associato agli idoli domestici, un sacerdote li aveva entrambi (Giudici 17:5; 18:14–20), facevano parte dell’armamentario cultuale corrotto del tempio di Gerusalemme che in seguito Giosia rimosse (2 Re 23:24). 
Questi idoli erano oggetti utilizzati per pratiche superstiziose, per proteggere la casa, per la divinazione e culti idolatrici privati, sono condannati nella Bibbia (cfr. per esempio Genesi 31:19, 34, 35; Giudici 17:5; 18:14, 17, 18, 20; 1 Samuele 15:23; 19:13,16; 2 Re 23:24; Ezechiele 21:26; Zaccaria 10:2).
Anche oggi in molte case, anche di persone che si professano cristiane, ci sono questi idoli.
Certo poi ci sono gli idoli che si hanno nel cuore che allontanano da Dio (Ezechiele 14:3-5), e come diceva il teologo Giovanni Calvino: "Il cuore umano è una fabbrica di idoli".
Questo tipo di idoli non si riferisce solo alle rappresentazioni di divinità, o a santi che sono venerati, ma a tutto ciò che prende il posto di Dio che amiamo, o in cui confidiamo!
Così sia l’efod che gli idoli domestici si riferiscono alla consultazione della divinità, cioè alla pratica di cercare da questi una guida, decisioni oppure oracoli.
In esilio, sia l’efod che gli idoli domestici saranno rimossi da tutte le degradate pratiche di adorazione pagane d’Israele. 
La natura composita di questa lista forse è un riflesso del caos religioso in Israele, ma come già detto l’esilio per parecchio tempo, sarà una fase di purificazione, ma anche di preparazione per una nuova comprensione e manifestazione della benedizione divina (Osea 3:5).
Dunque, né la guida, né l'adorazione, né la divinazione sarebbero più disponibili per i cittadini di Israele.
CONCLUSIONE
Mentre riflettiamo su questo potente messaggio di Osea, ricordiamoci che l'amore di Dio non è mai assente, nemmeno nei momenti più bui. 
Forse alcuni di voi stanno attraversando un periodo di "esilio" personale, un tempo in cui vi sentite privati, soli, lontani da ciò che un tempo vi dava conforto.
 
Ma proprio come per Israele, questi momenti possono essere l'anticamera di una rinascita spirituale. 
Dio, nel Suo infinito amore, a volte rimuove i nostri idoli, scuote le nostre false sicurezze, non per abbandonarci, ma per riportarci “a casa”, per prepararci a una relazione più profonda con Lui. 
Portiamo con noi questa verità: l'amore di Dio è all'opera in ogni stagione della nostra vita, modellando i nostri cuori, purificando le nostre anime, richiamandoci a una rinnovata comunione con Lui, e a volte usa una severa disciplina, una punizione correttiva.
Che possiamo rispondere a questo amore con cuori aperti, pronti a essere trasformati dalla Sua mano, che a volte è severa, ma agisce sempre con amore. 
Perché alla fine, è nel Suo abbraccio che troviamo la nostra vera casa, la nostra vera identità, il nostro vero scopo della vita!
Andiamo avanti con la certezza che anche nelle privazioni, ci vuol purificare, sta preparando per noi un futuro di speranza e di restaurazione, in virtù del Suo amore, un amore che sa disciplinare. 
Come un genitore che toglie il telefono a un adolescente per aiutarlo a concentrarsi sugli studi, Dio a volte ci priva di cose per aiutarci a concentrarci su ciò che è veramente importante.
Dio sa che a volte il modo migliore per farci tornare a Lui è toglierci le cose che ci allontanano da Lui. 
Se stai attraversando un periodo di difficoltà, puoi allora essere certo che Dio è con te e ti ama. 
Egli sta usando questo periodo per la Sua disciplina per farti crescere moralmente e spiritualmente.
In questo puoi trovare conforto e speranza!


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