Osea 3:5: Un amore che fa sperare
Nella vita, cerchiamo tutti un lieto fine, infatti ci commoviamo quando in un film drammatico vediamo che la storia finisce bene.
Conosciamo bene la famosa parabola del figlio prodigo raccontata da Gesù. Un giovane abbandona la casa paterna, sperpera la sua eredità, e si ritrova nel più profondo degrado.
Eppure, quando torna a casa pentito, il padre lo accoglie a braccia aperte, organizzando addirittura una festa (Luca 15:11-32).
Questa storia ci commuove perché vediamo l'amore trionfare sulla delusione, il perdono prevalere sul peccato e il giudizio. Una storia dal lieto fine.
In modo simile, la storia della famiglia di Osea ha finalmente trovato il suo lieto fine, ma solo dopo molte turbolenze e vergogne, e così è anche per il popolo d’Israele.
Questo versetto ci parla di un amore, quello del Signore, che fa sperare anche nelle peggio situazioni di fallimenti, o peccati.
Nessun cristiano dovrebbe mai mettere in dubbio l'amore di Dio, dal quale niente e nessuno ci separerà! (cfr. per esempio Giovanni 3:16; Romani 5:6-8; 8:35-39).
Osea sta guardando al futuro, a dopo il periodo cupo della disciplina correttiva amorevole del Signore, sta guardando alla restaurazione del popolo, al ristabilimento della relazione con il Dio del patto, come in Osea 1:10-2:1 e Osea 2:14-23.
In questo versetto troviamo un messaggio che risuona attraverso i secoli, parlando non solo al popolo dell'Antico Patto, ma anche a noi oggi.
Esploreremo il contesto di questa profezia, il suo significato per Israele e le sue implicazioni per la nostra vita di fede.
Vedremo come il Signore, nella Suo eterno amore, promette restaurazione e rinnovamento dopo periodi di idolatria del popolo infedele e della disciplina correttiva del Signore.
I IL CONTESTO FUTURO
“Poi” e “negli ultimi giorni” (v.5).
“Poi” significa che il terribile periodo di privazione giungerà al termine.
Dopo un periodo di disciplina, un periodo di recupero, ci sarà un rinnovamento, un ristabilimento d’Israele.
Il Signore rinnoverà il Suo popolo per una vera devozione verso di Lui.
Così il capitolo predice eventi che fanno parte dell'era della restaurazione, in accordo con la fine dei tempi rivelata a Israele (cfr. per esempio Levitico 26:42-45; Deuteronomio 4:27-31; 30:1-10).
Osea sta profetizzando riguardo ciò che accadrà che è la promessa di un futuro migliore, una nuova speranza negli ultimi giorni.
“Negli ultimi giorni” (bĕʾaḥărît haāyymîm) è un tempo futuro lontano in riferimento ai giorni a venire (cfr. per esempio Genesi 49:1; Numeri 24:14; Deuteronomio 31:29), è tipicamente profetico e si riferisce altrove al periodo della restaurazione (cfr. per esempio Deuteronomio 4:30; Isaia 2:2).
Alcuni studiosi interpretano “negli ultimi giorni” al futuro finale del regno di Dio, che inizia con la prima venuta del Messia, con la sua vita, morte, risurrezione e ascensione al cielo; quindi, secondo questa interpretazione siamo già negli ultimi giorni, negli ultimi tempi.
In questo senso, gli "ultimi giorni" di Osea 3:5 sono il periodo della storia in cui viviamo, quando il Vangelo si diffonde su tutta la terra e i peccatori sia Gentili che una parte dei Giudei si convertiranno al Dio vivente e vero.
Un punto di vista confermato dal modo in cui il Nuovo Testamento tratta Osea (cfr. per esempio Osea 2:23; Romani 9:25–26; 1 Pietro 2:10).
Avendo in mente questo, vediamo che la chiamata a Israele è la stessa chiamata che viene posta davanti a ogni peccatore.
Dobbiamo abbandonare i nostri idoli, che ci hanno tenuti lontani da Dio.
Un’altra interpretazione vede un riferimento ai tempi messianici, o all'era del regno di Dio sulla terra per mille anni poco prima del ritorno di Gesù, o durante l’era millenaria dopo la seconda venuta di Gesù.
È la “fine dei tempi” (cfr. per esempio Isaia 2:1-5; Geremia 23:20; 30:24; 48:47; 49:39; Ezechiele 38:8,14-17; Daniele 2:28; 10:14; Michea 4:1-5) che inizia con il Nuovo Patto in Cristo, il figlio di Davide.
“Ultimi" (ʾaḥărît) è il tempo del compimento, quando si realizza l'esito finale del programma di Dio.
Questa parola crea una distanza tra l'età del compimento e l'età del profeta stesso ed è spesso associata alla speranza (cfr. per esempio Geremia 29:11; 31:17; Proverbi 23:18; 24:14).
“Implica che il popolo di Dio deve vivere nell'attesa della redenzione e della rivendicazione” (Duane Garrett).
Mentre per altri studiosi “negli ultimi giorni”, non è necessariamente escatologico, cioè che riguarda la fine dei tempi, segna un punto indeterminato nel futuro, ma non si riferisce alla fine dei tempi, alla fine della storia stessa.
Un approccio equilibrato, secondo altri, potrebbe riconoscere elementi di verità in ciascuna interpretazione.
La profezia di Osea potrebbe avere diversi livelli di compimento: un senso immediato per Israele, un compimento parziale nella prima venuta di Cristo e nella chiesa, e un aspetto futuro ancora da realizzarsi pienamente.
Nella profezia ci possono essere adempimenti multipli (cfr. per esempio Gioele 1:14-12; 2:1,18-32; 3:1-21; Atti 2:16-21. Isaia 7:14; Matteo 1:22-23. Isaia 11:11-12; Ezechiele 36:24-28; Matteo 24:31).
Comunque sia questo passo:
1)Riguardo la speranza: ci dà speranza nella fedeltà di Dio
(a) Incoraggia i credenti a mantenere la fiducia nel piano di Dio, anche in tempi difficili
(b) Riguardo le promesse: ricorda che Dio è fedele alle Sue promesse a lungo termine
2) Riguardo la prospettiva eterna:
(a) Aiuta a mantenere una visione a lungo termine della vita e della fede
(b) Incoraggia a vivere in modo coerente con la speranza futura
3) Riguardo l’unità del popolo di Dio:
(a) Sottolinea la continuità tra l'antico Israele e la chiesa
(b) Promuove una visione inclusiva del popolo di Dio secondo il piano di Dio
4) Riguardo la missione e l’evangelizzazione:
(a) Motiva a condividere il messaggio di speranza con altri
(b) Ricorda che il piano di Dio include persone di tutte le nazioni
5) Riguardo la pazienza e la perseveranza:
(a) Insegna a essere pazienti nel vedere il compimento dei piani di Dio
(b) Incoraggia a perseverare nella fede anche quando i risultati non sono immediatamente visibili
In questo testo troviamo:
II LA CONVERSIONE
Con una dichiarazione autorevole, Osea profetizza: “Poi i figli d’Israele torneranno a cercare il SIGNORE, loro Dio, e Davide, loro re, e ricorreranno tremanti al SIGNORE e alla sua bontà, negli ultimi giorni” (v.5).
Dalle ceneri dell'esilio e dell'idolatria, Israele risorgerà con fervore ardente, ritornando e cercando il Signore!
Prima di tutto vediamo:
A) Il punto
Osea 3 non menziona esplicitamente l'esilio in terra straniera, a differenza di altri passaggi profetici dell'Antico Testamento sulla punizione di Israele (cfr. per esempio Isaia 8:4; Osea 9:3; 11:5; Amos 4:2–3; 5:27; Michea 1:5–6).
Alla fine dell’esilio, la nazione castigata ritornerà cambiata dal Signore; ha imparato cosa significa vivere senza il Signore.
Allen R. Guenther scrive: “Il risultato finale è una profonda riverenza per Dio e la disponibilità a ricevere la sua bontà come i suoi doni. La storia dell'infedeltà di Israele è incentrata sul fatto che essi dimenticarono il Signore, rivendicando le sue promesse come immutabili e persino attribuendo i suoi doni a Baal. Quando Israele si pentirà, incontrerà di nuovo Dio in tutta la sua maestà. I loro atteggiamenti disinvolti si scioglieranno in soggezione davanti alla sua presenza. Quando riceveranno la bontà dal Signore, la accetteranno con gratitudine come dono”.
Con la loro idolatria ripudiata e ogni falsa fonte di fiducia rimossa, i figli di Israele si renderanno conto dell’importanza della loro piena fiducia nella bontà del Signore.
A riguardo, parlando d’Israele, Ortlund scrive: "Non adorerà più vitelli d'oro, ma tornerà tremante a Yahweh, umiliata per l'incredulità con cui un tempo respingeva la sua bontà più che sufficiente e ora pienamente convinta di essa e bramosa ardentemente".
La frase “torneranno a cercare”, in Ebraico è: “Torneranno” e “Cercheranno”.
entrambi i verbi indicano che Israele intende tornare alla piena lealtà del patto nei termini del pentimento, fiducia e obbedienza, che in quel periodo si rifiutava di avere (Osea 5:4; 7:10).
Vediamo prima di tutto il verbo:
(1) Torneranno
“Torneranno” (āyšubû – Qal imperfetto attivo) indica un'azione futura e continuativa, durativa o ripetuta nel futuro.
“Torneranno” può indicare il ritorno in Israele (cfr. per esempio Deuteronomio 30:3–5; Isaia 11:11-12; Ezechiele 36:24-28), ma Osea enfatizza il ritorno spirituale alla fede nel Signore (cfr. per esempio Osea 2:7; 5:4; 6:1; 7:10; 11:5; 12:7; 14:2), un tornare con vera fede al Signore in contrasto con il "volgersi ad altri dèi".
Si riferisce a una nuova direzione, quella che conduce al loro Signore, lasciare l'antica via, quella di seguire gli altri dèi, di inseguire i Baal, i suoi amanti.
Finalmente, un giorno, Israele tornerà in sé e dirà: “Tornerò al mio primo marito” (Osea 2:7).
Proprio come Gomer era tornata da suo marito, così il popolo un giorno tornerà al suo Signore.
Il fallimento di Israele e il suo successivo esilio sono anticipati come un doloroso preannuncio a un futuro ritorno al Signore in Deuteronomio 4:29-30 che presuppone che Israele sia stato portato in esilio: “Ma di là cercherai il SIGNORE, il tuo Dio, e lo troverai, se lo cercherai con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua. Nella tua angoscia, quando tutte queste cose ti saranno accadute, negli ultimi tempi, tornerai al SIGNORE, al tuo Dio, e darai ascolto alla sua voce”.
Il popolo esiliato, lontano dalla propria terra e da tutto ciò che comportava compresa la religione, si riconcilierà con Dio.
Vediamo ora il verbo:
(2) Cercheranno
“Cercheranno” (ûbiqŏšû – Piel weqatal perfetto attivo) sottolinea l'intensità e l'impegno della ricerca; indica un’azione completa, attiva e consapevole.
Non si tratta di un semplice ritorno passivo, ma di una ricerca diligente e appassionata del Signore, quindi di un sincero pentimento.
Albert Barnes, sulla natura del ritorno a Dio scriveva: "Questo 'cercare' non è una ricerca incerta, o esitante, ma un ritorno deciso e risoluto al Signore, riconosciuto nuovamente come loro unico vero Dio”.
Il popolo, segnato dall’esilio, ha imparato l’importanza della fede e ora desidera ardentemente ristabilire un rapporto profondo con Dio e con il Suo unto, il re Davide.
“Cercare” trasmette un devoto desiderio di consultare il Signore e conformarsi alla Sua volontà, proprio la risposta che si aspettava dal Suo popolo.
Quando gl’Israeliti torneranno al Signore, lo cercheranno.
“Cercare Dio” significa accostarsi a Lui nell’adorazione, desiderare ardentemente la Sua presenza nella propria vita, la Sua volontà e vivere la Sua giustizia, osservare le Sue prescrizioni (cfr. per esempio 2 Cronache 11:16; 15:15; Sofonia 2:3; Zaccaria 8:22; Malachia 3:1; Matteo 6:33).
B) Le persone che cercheranno
“Poi i figli d’Israele torneranno a cercare il SIGNORE, loro Dio” (v.5).
Come già detto, dopo un periodo di allontanamento, il popolo d'Israele si rivolgerà nuovamente al Signore, loro Dio e al Messia promesso negli “ultimi giorni” del piano di redenzione divino.
Dopo un periodo di sofferenza, Israele tornerà finalmente al Signore con pentimento sincero; abbandonerà i falsi dèi e si riunirà sotto il re Davide.
Prima di tutto, allora:
(1) I figli d’Israele cercheranno il Signore loro Dio
La loro precedente brama per l’adorazione degli idoli (cfr. per esempio Osea 2:7), sarà invertita attraverso la disciplina della privazione, e nel pentimento desidereranno ancora una volta la comunione con il Signore che riconosceranno come il loro Dio.
Questo ci parla di:
(a) Identità collettiva
L'espressione “figli d'Israele” si riferisce all’intero popolo, sottolineando la natura collettiva di questo ritorno a Dio.
Non si tratta di un’azione individuale, ma di un movimento nazionale verso la riconciliazione con il Signore (cfr. per esempio Isaia 59:20-21; Romani 11:25-26).
Adam Clarke, sull'unità nazionale nel cercare Dio, diceva: "Non è detto che alcuni torneranno, ma che i figli d'Israele torneranno. Questa è una promessa di restaurazione nazionale, di un risveglio spirituale che coinvolgerà tutto il popolo".
Ci parla ancora di:
(b) Relazione di patto
L'uso di "loro Dio" richiama il patto tra Dio e Israele (Osea 1:7; 2:23; 12:10; 13:4; cfr. per esempio Levitico 26:44-45).
Questa frase implica un ritorno alla relazione di patto che era stata interrotta dall'infedeltà di Israele.
Matthew Henry, sulla relazione di patto scriveva: “Il loro ritorno al Signore è descritto come un ritorno al 'loro Dio', ricordandoci che il patto, sebbene infranto da Israele, non è mai stato annullato dal Signore. Egli rimane il loro Dio, pronto ad accoglierli".
Infine vediamo ancora:
(c) Riconoscimento dell’autorità divina
Cercando “il Signore loro Dio”, il popolo riconosce nuovamente l'autorità suprema del Signore nella loro vita nazionale e personale.
Giovanni Calvino, sul riconoscimento dell'autorità divina diceva: "Cercando il Signore loro Dio, Israele riconosce non solo la Sua esistenza, ma anche la Sua sovranità su di loro. È un atto di sottomissione e di riconoscimento che Egli solo è degno della loro fedeltà".
In secondo luogo:
(2) I figli d’Israele cercheranno Davide
“E Davide, loro re”.
Ora, questa profezia dice che non solo cercheranno il Signore loro Dio, ma anche: “Davide, loro re”.
Jerry Hwang parlando delle istituzioni dei re e dei capi, scrive: “Dopo la rimozione di queste istituzioni in cancrena da parte di YHWH, YHWH ricostituirà l'intera famiglia di Israele e di Giuda come un popolo che ritorna al suo Dio e riceve ancora una volta il suo dono di un re davidico (3:5)”.
Dopo la morte di Salomone, sotto il figlio Roboamo, il regno si divise nel regno del sud - quello di Giuda - e nel regno del nord - quello d’Israele - con Geroboamo che portò il regno all’idolatria (1 Re 12:25-33).
Davide non rappresenta solo la discendenza dei re di Giuda, ma era il modello della regalità fedele prima di qualsiasi divisione.
“Davide, loro re” è considerata una profezia messianica nell'Antico Testamento.
È un riferimento alla loro futura ricerca e riscoperta della relazione con Dio e l'attesa del Messia venturo.
Osea non è certo l'unico profeta a parlare di un popolo unito sotto Davide (cfr. per esempio Isaia 9:7; 11:1; Geremia 23:5; 30:9; 33:17; Ezechiele 34:23-24; 37:24-25; Amos 9:11-12; Michea 5).
“Davide” qui significa la discendenza Davidica (cfr. per esempio Geremia 30:9; Ezechiele 34:23–24; 37:24–25), perché non può essere il re storico, morto da tempo, ma è il re messianico di cui Davide è una figura.
John Mackay a riguardo scrive: “L'enfasi su 'Davide loro re' è l'espressione messianica più chiara nella profezia di Osea. Per questo uso di 'Davide', confronta Geremia 30:9 ed Ezechiele 34:23–24. La frase anticipa l'apparizione di una figura specifica che funzionerà veramente come il re debitamente nominato dal Signore, il cui governo sarà stabilito da Dio per supplire a ciò che prima mancava alla vita del popolo”.
Un “re” davidico, messianico, un discendente eterno, regnerà eternamente (2 Samuele 7:12-16; Isaia 9:5–7; 11:1–2, 10; Geremia 23:5-6; 30:9; 33:17, 20–22, 26; Ezechiele 34:23–24; 37:22-24; Amos 9:11; Michea 5:1–2; Zaccaria 6:12–13).
Gesù, è il Messia della stirpe di Davide! (cfr. per esempio Matteo 1:1; Atti 2:29-36).
Chester scrive: “Gesù è Colui che alla fine pone fine a questo esilio... Gesù è il re promesso da Dio, il nuovo Davide, che ci conduce a casa da Dio”.
Infine, vediamo:
C) Il procedimento
“E ricorreranno tremanti al SIGNORE e alla sua bontà, negli ultimi giorni” (v.5).
Questo procedimento, ci parla di riverenza duratura che caratterizzerà la restaurazione di Israele dopo un tempo di disciplina.
"Ricorreranno tremanti al Signore e alla sua bontà" suggerisce che ritorneranno a Dio e alla Sua bontà con riverenza.
Il castigo inflitto dal Signore è stato così forte che il popolo ricorrerà a Lui e alla Sua bontà tremante.
Allora nel procedimento su come andranno i figli d’Israele (Osea descrive l’azione futura d’Israele come se fosse già accaduta) vediamo prima:
(1) Il timore
Gl’ Israeliti che "ricorreranno tremanti", significa che avranno timore del Signore negli ultimi giorni.
Niente di meno che un tale timore è appropriato per i figli d’Israele, che hanno imparato nella privazione sia chi è il Signore che chi non è Baal, sia l'importanza della lealtà al patto che il risultato terrificante della Sua assenza.
“Ricorreranno tremanti” (ûpoḥădû – qal weqatal perfetto consecutivo attivo) si riferisce alla conseguenza della disciplina del Signore.
Questo, è un atteggiamento completamente diverso rispetto alla precedente lontananza dal Signore, sottolineando la trasformazione interiore che accompagna il vero ritorno al Signore.
“Tremare” (pāḥad) è essere in uno stato di profondo timore e rispetto, così intenso che il corpo può reagire con tremori e scosse (cfr. per esempio Giobbe 3:25; 4:14; Salmo 119:161; Geremia 33:9; Michea 7:17).
È usato in riferimento al giudizio di Dio e descrive il profondo terrore di chi sperimenta l'ira di Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 28:66-67; Isaia 19:16-17; 33:14; 44:11; Michea 7:17).
È la conseguenza del giudizio del Signore a causa della loro infedeltà, quindi il tremare per la santità di Dio, nella coscienza della propria peccaminosità e indegnità, oppure per l'angoscia, nella consapevolezza della propria totale impotenza.
“Tremare”, può indicare anche una forte esperienza emotiva, come la gioia nel vedere il compimento della salvezza promessa da Dio (cfr. per esempio Isaia 60:5; Geremia 33:9).
Ed è per questo motivo che alcuni vedono qui in Osea, una natura positiva di questo ritorno al Signore, un timore reverenziale di ammirazione e di apprezzamento, come confermato dal fatto che ricercheranno la bontà del Signore.
Consideriamo ora:
(2) La bontà
“E ricorreranno tremanti al SIGNORE e alla sua bontà”.
Il timore del Signore è associato a ricercare la Sua bontà.
“Bontà” (ṭûḇ) si riferisce alle benedizioni del Signore; all'abbondanza della provvidenza del Signore (cfr. per esempio Geremia 2:7; 31:12), al grano, il vino nuovo e l’olio (Osea 2:8,22; cfr. Genesi 45:18,20,23; Neemia 9:25,35; Isaia 1:19; Geremia 2:7; Esdra 9:12), ma anche tutti quei beni materiali che solo Dio può dare.
Da Dio vengono tutte le cose buone (cfr. per esempio Giacomo 1:17), la bontà eterna (1 Cronache 16:34; 106:1; 107:1; 118:1, 29; 136:1); appartiene a Lui (cfr. per esempio Esodo 33:19; Salmo 34:8; 100:5; 145:7; Romani 2:4), Dio è buono! (Salmo 107:1; 136).
Dio è buono e agisce di conseguenza!
Allora la bontà è la manifestazione esterna del fatto che Dio è buono.
Chi ha il Signore come suo Dio non mancherà di nulla di buono!
Non solo le benedizioni terrene, ma anche quelle benedizioni spirituali (cfr. per esempio Esodo 33:19; Efesini 1:3).
La bontà è grande per quelli che temono il Signore! (Salmo 31:19).
Non solo il timore, dobbiamo avere anche fede nel vedere la bontà del Signore su questa terra (Salmo 27:13), e lodarlo per questo (1 Cronache 16:34; 106:1; 107:1; 118:1, 29; 136:1;)
L'afflizione spingerà il popolo a cercare il Signore e la Sua bontà che è inseparabile da Lui.
CONCLUSIONE
Osea 3:5 offre un messaggio di speranza e di promessa; è un potente promemoria dell’amore e della fedeltà di Dio, che garantiscono che non abbandonerà mai il Suo popolo (cfr. per esempio Deuteronomio 31:6; Salmo 94:14; Isaia 41:10; Romani 8:35-39; Ebrei 13:5).
Anche nei momenti più bui, c'è sempre la possibilità di tornare a Lui e sperimentare la Sua bontà.
Tutti noi possiamo attraversare periodi di lontananza da Dio; ma nonostante i nostri fallimenti e le nostre infedeltà, Dio rimane costante nel Suo amore e nella Sua volontà di ristabilirci, a volte usa le afflizioni per riportarci a Lui! (cfr. per esempio Giobbe 36:8-10; Salmo 119:67,71; Ebrei 12:6-11).
Allora in questi momenti difficili, è importante ricordare che il Dio paziente ci ama ancora e desidera che ritorniamo a Lui per ristabilire il rapporto interrotto a causa del nostro peccato.
Se ci pentiamo e torniamo a Lui con timore, Egli ci accoglierà a braccia aperte come ci ricorda anche la parabola detta del “figliol prodigo”.
Osea 3:5; ci incoraggia a cercare il Signore con tutto il nostro cuore, a riconoscere la Sua autorità nelle nostre vite e a vivere in timore reverenziale considerando, la Sua santità, giustizia, ira e gelosia.
Coloro che cercano Dio sinceramente lo troveranno!
Geremia 29:13 dice: “Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore”.
Che possiamo, come il popolo d'Israele, tornare sempre al Signore, cercando la Sua bontà e vivendo nella Sua grazia.
Ricordiamoci che in Cristo, il vero "Davide" promesso, abbiamo la piena realizzazione di questa profezia con tutte le benedizioni.
Gesù ci ha riconciliati con Dio (Romani 5:9-11; 2 Corinzi 5:19-20), permettendoci di godere di una relazione intima con il nostro Creatore (cfr. per esempio Giovanni 14:6; Romani 8:15; Galati 4:6).
Che questa parola ci ispiri a vivere con speranza, pazienza e perseveranza, sapendo che Dio sta lavorando per compiere il Suo piano perfetto nella nostra vita e nella storia dell'umanità.