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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

2 Cronache 30:10: “Da Gerusalemme a Zabulon – un viaggio di fede e persecuzione”

 2 Cronache 30:10:  “Da Gerusalemme a Zabulon – un viaggio di fede e persecuzione”
“Quei corrieri, dunque, passarono di città in città nel paese di Efraim e di Manasse, e fino a Zabulon; ma la gente si faceva beffe di loro e li derideva”.
Questo passo biblico ci trasporta in un periodo di profonda divisione e disobbedienza in Israele. 
Il regno d’Israele si era diviso in due regni quello del sud - Giuda e quello del nord – Israele, o Efraim.
Il re di Giuda, Ezechia, con un cuore rivolto a Dio, decide di ristabilire la celebrazione della Pasqua, un atto di rinnovato patto con il Signore, una festa che non veniva osservata da molti anni. 
Ezechia mandò messaggeri (corrieri) in tutta la terra di Israele con un messaggio che invitava le persone a pentirsi dalla loro infedeltà, a convertirsi al Signore e a venire a Gerusalemme per osservare la Pasqua (2 Cronache 30:1-9).
Il messaggio non solo non è stato accolto, ma quei messaggeri furono beffeggiati e derisi.
Il viaggio di questi messaggeri era molto più di una semplice missione diplomatica; era un'espressione di fede, di coraggio e di perseveranza di fronte all'ostilità e al rifiuto. 
Il loro cammino ci offre preziose lezioni sulla natura del servizio cristiano e sulle sfide che inevitabilmente incontriamo quando portiamo la Parola di Dio in un mondo spesso indifferente, oppure ostile.
In questa predicazione, ci concentreremo su tre aspetti chiave di questo racconto: il movimento dei messaggeri attraverso terre ostili, la loro meticolosità nel compiere la missione e la malvagità delle persone.
Prima di tutto vediamo:

Proverbi 1:5: La persona saggia

Proverbi 1:5: La persona saggia
“Il saggio ascolterà e accrescerà il suo sapere; l’uomo intelligente ne otterrà buone direttive”.
Il libro dei Proverbi fa parte della letteratura sapienziale dell’Antico Testamento. 
Nella cultura Ebraica, la saggezza era altamente valorizzata e considerata un dono divino. 
Questo versetto riflette l’importanza che la società attribuiva all’apprendimento continuo e alla crescita personale; racchiude in sé profonde verità sulla natura della saggezza e su come possiamo coltivarla nelle nostre vite.
In un mondo dominato da informazioni rapide, opinioni forti e la tendenza a parlare più che ad ascoltare, questo antico proverbio ci sfida a riconsiderare il nostro approccio all’apprendimento e alla crescita personale. 
Il nostro testo descrive una persona veramente saggia.
Il saggio (ḥākām) in questo versetto, è colui che ha capacità di comprensione e discernimento (cfr. per esempio Proverbi 10:8), è colui che è dotato di ragione e la usa, ma anche colui che è dotato di saggezza (cfr. per esempio Proverbi 24:5, 23; 29:8, 11; Ecclesiaste 2:14, 16, 19; 6:8; 7:4–5, 7, 19; 8:1, 17–9:1, 11, 17; 10:2, 12; 12:9, 11; Geremia 9:22).  
Troviamo tre caratteristiche dell’uomo veramente saggio.
Prima di tutto:

2 Re 3:16-18: Oltre ogni aspettativa - la potenza della provvidenza del Signore

 2 Re 3:16-18: Oltre ogni aspettativa - la potenza della provvidenza del Signore
Cosa accadrebbe se, in un momento di disperazione totale, un miracolo trasformasse la vostra situazione più critica in una fonte di abbondanza? In una benedizione?
È proprio questo che accadde al popolo di Israele nel libro dei Re. 
In un deserto arido e inospitale, dove ogni speranza sembrava svanire, Dio interviene in modo miracoloso, trasformando una valle secca in un fiume in piena!
Ma vediamo il contesto.
Ieoram, figlio del re Acab, succedette al fratello di Acazia in Israele. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, ma non come suo padre perché tolse via la statua di Baal, che suo padre aveva costruito (2 Re 3:1-3).
Dopo la morte di Acab, Moab si era ribellata al dominio Israelita e si era rifiutata di pagare il tributo, ma Acazia non fece nulla al riguardo (2 Re 1:1). 
Ieoram cercò di recuperare questa preziosa fonte di reddito con un attacco militare in cui ebbe il sostegno di Giuda e di Edom, che avrebbero entrambi beneficiato se Moab fosse stata indebolita. 
L'esercito marciò intorno all'estremità meridionale del Mar Morto e si avvicinò a Moab dai deserti di Edom (2 Re 3:4-8).
Quando, dopo una settimana di marcia, l'esercito finì l’acqua, Ieoram si lamentò contro Dio. 
Giosafat aveva fede in Dio e gli chiese, tramite il profeta Eliseo, cosa avrebbero dovuto fare (2 Re 3:9-12). 
Eliseo non si sentì obbligato ad aiutare Ieoram, ma per amore di Giosafat annunciò che Dio avrebbe fornito acqua sufficiente in modo tale da soddisfare tutti i loro bisogni. 
Poi avrebbero attaccato e devastato Moab. Quella notte, dalle lontane colline di Edom, l'acqua scese nel letto del torrente asciutto accanto al quale l'esercito era accampato (2 Re 3:13-20).
Il giorno dopo gli alleati, rinfrancati, vinsero i Moabiti falsamente fiduciosi e devastarono le loro città, i loro campi e i loro alberi. 
Sembravano certi della completa conquista del territorio fino quando all'improvviso, mentre si avvicinavano all'ultima roccaforte, videro il re Moabita sacrificare suo figlio. 
Terrorizzato da questo atto crudele, gl’Israeliti e l'esercito alleato si ritirano e ritornarono finalmente a casa (2 Re 3:21-27). 
Così il racconto di 2 Re 3:16-18 ci offre una potente testimonianza della provvidenza di Dio. 
In un momento di estrema necessità, quando l'esercito d’Israele si trovava senza acqua nel deserto, Dio interviene in modo miracoloso, dimostrando che la Sua provvidenza supera ogni nostra aspettativa e comprensione.
Questo episodio non solo rivela la natura compassionevole di Dio che risponde ai bisogni del Suo popolo, ma anche la Sua onnipotenza che si manifesta in modi inaspettati e sorprendenti. 
Attraverso questo evento, siamo invitati a riflettere su tre aspetti fondamentali: le parole del Signore, la provvidenza del Signore, e infine la potenza del Signore.
Cominciamo a vedere che Eliseo sottolinea che quello che stava dicendo erano:

1 Samuele 7:9-10: Gli strumenti della vittoria

 1 Samuele 7:9-10: Gli strumenti della vittoria
“Samuele prese un agnello da latte e l'offrì intero in olocausto al SIGNORE; e gridò al SIGNORE per Israele, e il SIGNORE l'esaudì. Mentre Samuele offriva l'olocausto, i Filistei si avvicinarono per assalire Israele; ma il SIGNORE in quel giorno fece rimbombare dei tuoni con gran fragore contro i Filistei e li mise in rotta, tanto che essi furono sconfitti davanti a Israele”.
Seneca disse: "La speranza è il più grande bene che l'uomo possegga".
Seneca sottolineava come la speranza sia un bene inestimabile per l'essere umano.
Una forza che ci sostiene e ci motiva ad andare avanti, anche nelle situazioni più difficili. È l'antidoto alla disperazione. 
Ci permette di mantenere viva la fiamma dell'ottimismo, anche quando tutto sembra perduto come nella storia di questi versetti.
“Non si può vivere senza speranza. Vivere senza speranza significa cessare di vivere” diceva Fëdor Dostoevskij.
Perdere la speranza ha lo stesso effetto su di noi quando il nostro cuore smette di respirare, o quando non abbiamo l’aria.
Allora la speranza è un elemento essenziale per la nostra esistenza!
La perdita della speranza è una sorta di morte interiore. 
Quando perdiamo la speranza, perdiamo la voglia di vivere, la motivazione ad andare avanti, la capacità di sognare e di progettare il futuro.
La speranza è ciò che ci spinge a superare le difficoltà, a cercare soluzioni e a credere in un domani migliore.
Quanti di voi si sono mai sentiti come gl’Israeliti, circondati da nemici più forti e sopraffatti dalla paura? 
1 Samuele 7:9-10 ci ricorda che anche nei momenti più bui dobbiamo sempre sperare nel Signore.
In un'epoca in cui Israele era tormentato dalle continue incursioni dei Filistei, Samuele, offrì un agnello in sacrificio e pregò presso il Signore per il suo popolo.
Questa storia ci insegna che la preghiera, unita alla fede, ha il potere di muovere montagne e di trasformare le situazioni più disperate. 
Oggi, mentre affrontiamo le nostre personali battaglie, possiamo trovare conforto e incoraggiamento nell'esempio di Samuele. 

Efesini 3:20: Un’infinita potenza dentro di noi

Efesini 3:20: Un’infinita potenza dentro di noi
Hai mai provato lo stupore di fronte una circostanza inaspettata, o davanti un’opera d’arte, o la nascita di un bambino, o davanti fenomeni naturali? Momenti in cui la natura, o la vita stessa ti lasciano senza parole?
Io ho due ricordi ancora molto forti nella mia mente sulla bellezza della natura che mi hanno lasciato senza parole nonostante siano passati tanti anni.
Il primo ricordo risale quando mi trovavo per la prima volta, nelle saline in provincia di Trapani (Sicilia).
Siamo in estate, in mezzo alle vasche di sale dove si stagliavano dei mulini a vento, fui rapito dal sole che tramontava con un rosso infuocato che sembrava sciogliersi nell’acqua all’orizzonte del mare. Che spettacolo!!!
Poi, un altro stupore della forza della natura, sempre in Sicilia, stavolta nella parte orientale. Mi trovavo di sera da un amico in provincia di Catania, e si vedeva in lontananza la lingua rosso fuoco dell’eruzione dell’Etna che scendeva dalle sue pendici. Che spettacolo! Che stupore anche questo!
Eppure, c'è una forza ancora più sorprendente e potente che opera all'interno di noi, credenti in Cristo: la potenza infinita di Dio!
Efesini 3:20 ci incoraggia dicendo che questa potenza risiede nei veri cristiani.
In questa meditazione, esploreremo come questa realtà, spesso trascurata, possa trasformare radicalmente la nostra vita.
La potenza di Dio è un tema centrale nella fede cristiana, spesso discussa, ma non sempre pienamente compresa, o sperimentata dai cristiani. 
In questa meditazione, esploreremo il concetto dell'immanenza di Dio e della Sua efficienza attiva nella vita dei credenti.
Nelle altre predicazioni su questo versetto ci siamo concentrati sulla consapevolezza che ha il credente riguardo Dio, cioè della Sua costante onnipotenza, che può fare infinitamente di più della nostra preghiera, o immaginazione, questa è la Sua consuetudine nell’agire. 
Oggi mediteremo sulla frase che la traduzione Nuova Riveduta traduce: “Che opera in noi”; mentre la CEI traduce: “Che già opera in noi”.
Partiremo dall'idea che la potenza di Dio non è una forza distante, o astratta, ma una realtà dinamica e attiva che opera direttamente ed efficacemente nella vita dei cristiani; quindi, vedremo l’immanenza di Dio, cioè che è presente e non assente, e l’efficienza attiva di questa immanenza.
Cominciamo con:

2 Cronache 30:10: “Da Gerusalemme a Zabulon – un viaggio di fede e persecuzione”

 2 Cronache 30:10:  “Da Gerusalemme a Zabulon – un viaggio di fede e persecuzione” “Quei corrieri, dunque, passarono di città in città nel p...

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