1 Samuele 15:24: La disobbedienza di Saul - lezioni sulla fedeltà a Dio
“Allora Saul disse a Samuele: ‘Ho peccato, perché ho trasgredito il comandamento del SIGNORE e le tue parole, perché ho temuto il popolo, e ho dato ascolto alla sua voce’”.
Cosa spinge un uomo scelto da Dio a disobbedire così apertamente come Saul?
Cosa possiamo imparare da questa storia millenaria?
Cercherò di dare delle risposte a queste domande.
Intanto vediamo il contesto di questo versetto.
Gli Amalechiti caddero sotto la stessa maledizione di quelle nazioni Cananee che dovevano essere distrutte (1 Samuele 15:1–3; cfr. Esodo 17:8–16; Deuteronomio 20:16–18; 25:17–19).
L’obbedienza di Saul fu messa alla prova ancora una volta e ancora una volta fallì.
Il suo potere regale non gli dava il diritto di modificare le istruzioni date da Dio per adattarle a se stesso, Saul disobbedì agli ordini del Signore degli eserciti (1 Samuele 15:4–9).
Dio comunicò a Saul tramite Samuele le conseguenze della sua disobbedienza (1 Samuele 15:10–16; cfr. 1 Samuele 13:13–14).
I sacrifici religiosi e le vittorie militari non potevano sostituire l’obbedienza!
Samuele aveva dato a Saul le istruzioni di Dio, ma Saul, agendo indipendentemente da tali istruzioni, si era ribellato a Dio, dimostrando così di essere inadatto a essere re del popolo di Dio (1 Samuel 15:17–23).
Nessun appello da parte di Saul avrebbe potuto alterare il fatto che Dio lo avrebbe sostituito come re d'Israele (1 Samuele 15:24–29).
Certamente 1 Samuele 15:24 rivela la complessità della natura umana di fronte la volontà di Dio e le pressioni sociali, ma questa non può essere una giustificazione alla disobbedienza!
I L’IDENTITÀ DEL PECCATO DI SAUL
Nell’identità del peccato vediamo:
A) La confessione del peccato
“Ho peccato”.
Ora Saul e il suo esercito, avevano certamente peccato, avevano disobbedito agli ordini del Signore degli eserciti perché non avevano sterminato tutto ciò che apparteneva agli Amalechiti; infatti, Saul aveva risparmiato Agag probabilmente per esporlo come trofeo di guerra, il che si adatta alla sua successiva creazione di un "monumento in suo onore" a Carmel (1 Samuele 15:12), e il meglio delle pecore e dei buoi, per un ritorno economico, votarono allo sterminio solo le cose senza valore e inutili (1 Samuele 15:4–9).
La parola Ebraica per “peccato” (ḥāṭāʾtî) indica “mancare il bersaglio” (cfr. Giudici 20:16; Proverbi 19:2), evidentemente il bersaglio della legge di Dio.
O.J. Gibson elenca cinque concezioni popolari riguardo il peccato:
1. Il peccato non esiste.
2. Il peccato è ciò che noce a qualcun altro.
3. Il peccato sono le cattive abitudini.
4. Il peccato è un pensiero sbagliato o un cattivo giudizio.
5. Il peccato dispiace a Dio, ma non è una cosa grave.
Ma c’è un’altra concezione:
6. Dare un nome diverso al peccato
Molti non chiamerebbero peccato le azioni di Saul, ma le chiamerebbero opportunismo, intelligenza pragmatica, oppure un’obbedienza a metà, o parziale.
La società contemporanea, con i suoi eufemismi (espressioni più delicate, meno dirette o più piacevoli, per indicare qualcosa di sgradevole, doloroso o semplicemente troppo crudo), rischia di offuscare la chiarezza morale.
Il mondo ha l'abitudine di chiamare il peccato con altri nomi per far sembrare l'azione meno malvagia, come per esempio i peccati sessuali sono chiamati libertà di scelta, o autodeterminazione, o relazioni fluide; l’aborto come un diritto delle donne; l’inganno e la manipolazione come "strategie comunicative", o "tecniche di persuasione"; l’invidia e la gelosia, vengono spesso mascherati da "ammirazione", o "competitività sana"; l’avarizia, viene spesso giustificato come "ambizione", o "successo"; l’orgoglio, viene spesso travestito da "autostima", o "fiducia in se stessi"; questi sono solo alcuni esempi.
Minimizzare il peccato è come cercare di spegnere un incendio con un soffio!
Ma il peccato di Saul, per Dio era disobbedienza! (1 Samuele 15:10,22-23).
Questo perché il comando di Dio era chiaro e inequivocabile: sterminare tutto!
Questo ci insegna che la disobbedienza, anche parziale, è disobbedienza!
Le conseguenze della disobbedienza di Saul furono gravi: la perdita del regno e la condanna divina (1 Samuele 15:10,23).
Questo ci mostra che Dio prende sul serio la nostra obbedienza e che le nostre azioni hanno delle conseguenze.
Certo in questo versetto (v.24) poteva esserci una nota positiva se Saul avesse ammesso il suo peccato sinceramente, molto probabilmente non lo fu, comunque la disobbedienza al Signore, gli costò il regno (1 Samuele 15:23).
Robert Chisholm scrive: “La disobbedienza può privare di un privilegio speciale concesso da Dio. Questo principio è già apparso nella storia di Eli e dei suoi figli (1 Samuele 2:12-36), che hanno perso la loro speciale posizione sacerdotale e la dinastia a causa della disobbedienza, e nel capitolo 13, dove Saul ha perso la sua dinastia a causa della disobbedienza. Il Signore si aspetta che i suoi servi gli siano fedeli, perché lui è fedele a loro. Una chiamata speciale da parte di Dio non rende esenti dalla disciplina di Dio. A chi molto è stato dato, molto è richiesto (Amos 3:2; Luca 12:48)”.
La parola di Dio è degna di fiducia e deve essere presa sul serio!
Il peccato è una questione seria agli occhi di Dio e che non può essere minimizzato o ridefinito secondo le convenzioni umane.
Donald McCullough parlando della banalizzazione di Dio dice: “Il fuoco della santità, mentre brucia contro l'empietà, prima purifica. La grazia dell'impegno di Dio a non essere separati include il giudizio dell'opposizione di Dio contro tutto ciò che crea la separazione. Il giudizio non è una nozione popolare oggi, specialmente il pensiero del giudizio di Dio. Preferiamo immaginare una divinità che lascia felicemente il passato alle spalle, che strizza l’occhio ai fallimenti e ci dà una pacca sulla spalla per costruire la nostra autostima. Ma secondo la Scrittura, ‘Dio è amore’. E l'amore privo di giudizio è solo gentilezza annacquata.
Inoltre, vediamo anche l'importanza di una confessione sincera e di un vero pentimento, che si manifesta in un cambiamento concreto di comportamento.
Tutte le persone hanno bisogno di confessare i propri peccati a Dio, questo perché siamo tutti peccatori (cfr. per esempio Ecclesiaste 7:20; Isaia 53:6; Romani 3:9-23; 1 Giovanni 1:8,10).
Tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro cultura, religione, o posizione sociale, sono peccatori!
Il peccato non è solo un atto isolato, ma una condizione intrinseca della natura umana, separata da Dio (cfr. per esempio Salmo 51:5; Isaia 59:1-2; Romani 6:23), e come scriveva Agostino d'Ippona: "Il peccato è amare se stessi fino al disprezzo di Dio".
Karl Barth affermava: "Il peccato è l'atto, l'atteggiamento e lo stato in cui l'uomo si oppone a Dio".
Ma c’è il perdono di Dio quando gli confessiamo sinceramente i nostri peccati come troviamo scritto in 1 Giovanni 1:9 dice: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (cfr. per esempio Proverbi 28:13).
Per confessare i nostri peccati, dobbiamo ammetterli prima, dobbiamo riconoscere che li abbiamo commessi e saremo perdonati da Dio!
“Confessare” (homologéō) è ammettere un'azione cattiva, o un peccato punibile; è ammettere a Dio il nostro peccato chiamandolo per nome e chiedergli perdono.
Ma la confessione non è solo informare Dio, Dio conosce i nostri peccati, la confessione è essere d'accordo con Dio, riconoscendo davanti a Lui che un atto, o un pensiero era sbagliato secondo la Sua natura, o standard morali.
Confessare significa piuttosto allinearsi al giudizio di Dio sul peccato; così confessare un peccato non è solo ammettere un errore, ma riconoscere la distanza che ci separa dalla santità divina (cfr. per esempio 1 Pietro 1:15-16).
È un atto di umiltà in cui riconosciamo che Dio ha ragione e noi abbiamo torto!
È un momento in cui accettiamo la Sua definizione del peccato e la Sua offerta di perdono.
In altre parole, nella vera confessione, non si elencano semplicemente i nostri peccati a Dio, cosa che dobbiamo fare chiamandoli per nome; entriamo piuttosto in un accordo profondo con Lui, riconoscendo la Sua santità e la nostra peccaminosità.
Inoltre, la confessione non è solo allora, un atto verbale, una confessione di solo parole, ma è intimamente legata al pentimento, o ravvedimento, ovvero al sincero desiderio di cambiare e allontanarsi dal peccato (cfr. per esempio Geremia 3:9-10; 24:7; Salmo 78:34-37).
Il ravvedimento è un cambiamento di mentalità che porta a un cambiamento di azione, o di direzione.
Il pentimento non è un rimpianto fugace, ma un cambiamento radicale di direzione.
Come diceva James Philips: “Il pentimento è, fondamentalmente, un cambiamento di direzione, un passaggio dal peccato a Dio”.
Il pentimento non si limita a chiedere scusa a Dio, comporta un sincero allontanamento dal peccato per servire Dio e include il dolore per il peccato (cfr. per esempio Salmo 51:17; Gioele 2:12-13; Luca 15:17), vergogna (cfr. per esempio Esdra 6:9-15; Romani 6:21), la confessione di esso e, dove possibile, la restituzione.
Il ravvedimento, lo vediamo illustrato nel ritorno al padre del figliol prodigo (Luca 15:11-21), o nella conversione di Zaccheo (Luca 19:1-10).
Se non c’è il frutto nella vita, non c'è alcuna prova della radice del pentimento nel cuore!
Ed è per questo motivo che J. C. Ryle ammoniva: “Guardiamoci da un pentimento senza prove”.
Quindi il pentimento, o ravvedimento, comporta un cambiamento di azione, dalla disobbedienza all’obbedienza (cfr. per esempio Ezechiele 18:21-23; Atti 3:19-20; 26:20).
Il vero pentimento non è un'idea, non sono solo parole, si manifesta nelle azioni come nelle emozioni!
Il pentimento implica quindi l'allontanamento da quelle azioni e atteggiamenti che sono offensivi per Dio e la sua natura (cfr. per esempio 1 Samuele 7:3; Geremia 4:1; Ezechiele 14:6).
Dunque, dovremmo dedicare del tempo regolarmente per esaminare le nostre azioni e pensieri alla luce degli standard di Dio, non quelli della società.
Quando preghiamo, dobbiamo essere specifici nel nominare i nostri peccati invece di usare termini generici o eufemismi.
Dobbiamo vedere il peccato come lo vede Dio, non come lo giustifica la cultura contemporanea.
Dopo aver confessato un peccato, identificare passi pratici per allontanarci da esso e avvicinarci a Dio.
Dobbiamo fare attenzione a come parliamo dei nostri errori e di quelli degli altri, evitando di minimizzarli, o giustificarli.
Dobbiamo accettare le conseguenze delle nostre azioni senza cercare scuse o scappatoie.
Dobbiamo ricordare che l'obbedienza parziale a Dio è ancora disobbedienza, e quindi dobbiamo impegnarci a seguire completamente i Suoi insegnamenti, e i Suoi comandamenti.
Dobbiamo coltivare un atteggiamento di umiltà, riconoscendo la nostra natura peccaminosa e il nostro bisogno costante della grazia di Dio.
Nell’identità del peccato troviamo:
B) Il carattere del peccato
“Perché ho trasgredito il comandamento del SIGNORE e le tue parole”.
Saul ha ammesso giustamente che il peccato è trasgressione contro il Signore; dice anche “le tue parole”, cioè le parole di Samuele, mediante il quale il Signore ha fatto da tramite (1 Samuele 15:1-3).
“Trasgressione” (ʿābartî) denota l'azione di muoversi da un luogo all'altro, porta con sé l'idea di "passare oltre", o "passare attraverso".
Questo versetto sottolinea l'idea di oltrepassare un limite, di violare una norma stabilita, è usato qui in riferimento all'obbedienza ai comandi del Signore.
Quindi, l'atto di andare oltre la parola del Signore era un atto di trasgressione (cfr. per esempio Numeri 14:41); come anche trasgredire il patto del Signore adorando altri dèi (cfr. per esempio Deuteronomio 17:2; Giosuè 7:11; 2 Re 18,2).
Isaia associò questo verbo al concetto di violazione degli statuti del Signore e di rottura del patto eterno (Isaia 24:5).
La trasgressione è l'atto di porre la nostra volontà al di sopra della volontà e sovranità di Dio!
La trasgressione è una ribellione contro Dio.
È l'arroganza dell'uomo che si erge al di sopra della legge divina, cercando di dettare le proprie regole.
Saul dice “il comandamento del Signore” letteralmente è “la bocca del Signore” (ʾet-pî-yĕhāwh) la funzione parlante della bocca che fornisce informazioni, esortazioni, o comandi, enfatizza l’autorità divina e la chiarezza del comando. (cfr. per esempio Genesi 41:40; Esodo 17:1; Numeri 14:41; 22:18; 24:13; Giosuè 15:13; 1 Cronache 12:24; Isaia 34:16; 62:2).
Saul disobbedì al comandamento di Dio e questo è peccato. Il peccato non si sottomette alle vie di Dio.
Il concetto di peccato, della trasgressione della legge di Dio e le sue conseguenze rimangono attuali anche oggi.
Il comandamento di Dio è la regola che determina cosa è giusto e cosa non lo è. Dio è Colui che decide se qualcosa è peccato o no.
La nostra cultura e la correttezza politica, le nostre tradizioni, non sono il fondamento delle nostre convinzioni giuste e sbagliate.
La nostra società, spesso incentrata sull'individuo e sul relativismo, tende a relativizzare la differenza tra bene e male.
In un mondo che relativizza tutto, il peccato rischia di diventare un concetto obsoleto.
Ma la verità è che il bene e il male esistono, indipendentemente dalle nostre opinioni.
Tuttavia, la Bibbia ci ricorda che esiste un'autorità morale assoluta quella di Dio, e che le nostre scelte hanno delle conseguenze.
La trasgressione alla legge di Dio, il peccato è come un boomerang: viene lanciato con leggerezza, ma torna con una forza inarrestabile, portando con sé le conseguenze dolorose delle nostre scelte, oppure come una tempesta, lascia sempre dietro di sé una scia di distruzione.
La cosa peggiore che può accadere a una persona peccatrice è che Dio si allontani completamente e rimanga a distanza, “avvolgendosi in una nuvola” in modo che nessuna preghiera possa raggiungerlo (Lamentazioni 3:43-44).
L'allontanamento di Dio e l'impossibilità di essere ascoltati sono alcune delle conseguenze più gravi del peccato.
Eppure, come ci ricorda Billy Graham: "La trasgressione inizia quando crediamo alla menzogna che possiamo disobbedire a Dio e sfuggire alle conseguenze".
Infine, nell’identità del peccato vediamo:
C) La causa del peccato
“Perché ho temuto il popolo, e ho dato ascolto alla sua voce”.
La confessione di Saul è accompagnata da una giustificazione che incolpa altri, come hanno fatto Adamo ed Eva (Genesi 3:12-13) che spiega la sua azione come dovuta alla paura del popolo.
Questo non sembra un pentimento sincero.
Robert Chisholm scrive: “La confessione di peccato di Saul non è del tutto sincera. Egli sottintende che la sua disobbedienza era dovuta alla pressione dei suoi uomini. Allo stesso tempo, le sue parole sono autoincriminatorie. Confessa di aver ‘ceduto’ a loro”.
Dello stesso parere è Richard D. Phillips: “In apparenza, potremmo essere soddisfatti di notare la maggior parte degli elementi essenziali del vero pentimento. Saul pronunciò le parole chiave, inclusa la confessione diretta: ‘Ho peccato’. Ammise di aver ‘trasgredito il comandamento del SIGNORE’ e implorò perdono e restaurazione. Tuttavia, nonostante tutti questi aspetti positivi, rimane un dubbio sulla sincerità del pentimento di Saul. Un indizio è che né Samuele né il Signore sembravano accettarlo come genuino. Agostino commentò: ‘Mentre all'orecchio umano le parole erano le stesse, l'occhio divino vedeva una differenza nel cuore’. 1 Giovanni 1:9 dice: "Se confessiamo i nostri peccati, [Dio] è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità". Ma la confessione di Saul non riceve né lode né perdono. Ciò suggerisce che il suo pentimento era superficiale e insincero.
Un altro brutto segno è che Saul non confessò il suo peccato finché le insistenti accuse di Samuele non gli lasciarono poca scelta. Confessò perché era stato colto in flagrante: le pecore belanti e il re Amalechita fornirono prove inconfutabili della sua disobbedienza. Questa circostanza non invalida necessariamente la confessione di Saul, dopotutto Davide confessò e fu perdonato dopo essere stato affrontato dal profeta Natan (2 Samuele 12:13), ma non è il miglior inizio per un vero pentimento. Quanto è migliore una confessione quando è spinta dalla convinzione interiore piuttosto che dall'esposizione pubblica”.
Nella causa giustificante del peccato troviamo:
(1) L’atteggiamento di Saul verso il popolo: ha temuto il popolo
Fondamentalmente si trattava del timore mal indirizzato: invece di temere il Signore come richiesto dalla legge (cfr. per esempio Levitico 19:14; 25:17; Deuteronomio 6:13, 24; 10:12,20), Saul aveva timore del popolo! (cfr. per esempio Marco 11:32; Giovanni 7:13).
Le persone erano più importanti di Dio per Saul, ciò significa che voleva l’approvazione del popolo e non quella del Signore!
Anche oggi per svariati motivi molte persone cercano l’approvazione delle persone e non quella di Dio.
Per esempio, ci possono essere motivazioni psicologiche, come il bisogno di appartenenza e accettazione, la paura del giudizio e del rifiuto, la paura di non essere accettati spinge a conformarsi alle aspettative sociali.
Oppure, per la bassa autostima, cercare l'approvazione degli altri può essere un modo per compensare la mancanza di fiducia in se stessi.
O ancora l'approvazione umana offre riscontro tangibile e immediato, a differenza della relazione con Dio.
Un altro motivo è la pressione sociale e il conformismo, la società ci spinge a conformarci alle norme e a cercare l'approvazione dei pari.
I media promuovono valori materiali e l'importanza dell'immagine sociale.
E ancora un'educazione focalizzata sul conformismo può limitare la ricerca di un'identità personale.
Infine, ci sono fattori spirituali, senza una relazione con Dio, l'approvazione divina può sembrare astratta o irrilevante.
Una scarsa comprensione del carattere e della volontà di Dio, può portare a sottovalutare l'importanza della Sua approvazione.
Nella causa giustificante del peccato troviamo:
(2) La sua arrendevolezza al popolo: ha dato ascolto alla voce del popolo
A causa del fatto che Saul temeva il popolo, ascoltò il popolo, cioè si arrese alla volontà del popolo (ascoltare indica obbedire, sottomettersi - Genesi 3:17; 22:18; Esodo 24:7; 2 Re 14:11; 1 Samuele 12:14; 2 Samuele 22:45; Isaia 1:19; 50:10) che era quello di risparmiare pecore e buoi per farne dei sacrifici al Signore (1 Samuele 15:21), in questo modo Saul cerco di giustificarsi, ma fu ripreso da Samuele con queste parole:” Il SIGNORE gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l'ubbidire alla sua voce? No, l'ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni; infatti la ribellione è come il peccato della divinazione, e l'ostinatezza è come l'adorazione degli idoli e degli dèi domestici. Poiché tu hai rigettato la parola del SIGNORE, anch'egli ti rigetta come re”(1 Samuele 15:22-23).
Dunque, ciò che è messo in enfasi è:
(1) La priorità dell'obbedienza
Il profeta Samuele sottolinea chiaramente che Dio preferisce l'obbedienza ai suoi comandi rispetto ai sacrifici.
(2) Il pericolo dell'opinione pubblica
Il timore della disapprovazione delle persone può portare a compromessi con i propri principi e con la volontà divina.
Quando si dà più peso all'opinione della gente che alla voce di Dio, si rischia di cadere nel peccato e di allontanarsi dalla retta via.
(3) La preclusione di servire due padroni
Dobbiamo escludere l’idea, o la possibilità di servire contemporaneamente Dio e il mondo.
La fedeltà a Dio richiede una scelta radicale e una rinuncia a tutto ciò che potrebbe distogliere il cuore dall'amore per Lui.
Quando ci preoccupiamo di ciò che pensa la gente e se siamo più o meno popolari tra la gente, finiremo per fare ciò che ci dicono di fare invece di ciò che Dio ci dice di fare!
E ciò che ci dicono di fare è raramente ciò che Dio ci dice di fare!
Non possiamo temere il popolo e obbedire alla sua voce e allo stesso tempo temere Dio e obbedire alla Sua voce!
II L’INSEGNAMENTO DEL PECCATO DI SAUL
Si dice anche che il drammaturgo Romano Publio Sirio abbia detto: "L'errore altrui sia tuo ammaestramento".
Si dice che: “Una persona saggia, impara dai propri errori, ma quella più saggia impara dagli errori altri”.
Allora cosa impariamo da Saul? Vediamo prima di tutto:
A) Il laccio della paura delle persone
Ora questo versetto ci fa capire che, quando siamo sotto pressione, è facile sbagliare, peccare, e ci sono diverse ragioni: ansia, stress, mancanza di sonno, e altro, ma per il re Saul è stato il timore del popolo e di conseguenza ha ascoltato la sua voce.
Proverbi 29:25 ci ricorda che: “La paura degli uomini è una trappola, ma chi confida nel SIGNORE è al sicuro”.
Una volta la regina scozzese Mary chiese al predicatore John Knox di venire da lei in privato se avesse fatto qualcosa che lui non approvava. Sapendo che questo avrebbe impedito la sua libertà di predicare, Knox fece notare che era chiamato a un ministero pubblico, non ad aspettare alle porte dei principi per sussurrare alle loro orecchie. Se lei desiderava ascoltare il suo punto di vista su una qualsiasi questione, poteva farlo partecipando alle funzioni a Saint Giles.
Quando lasciò la corte reale, alcuni furono sorpresi dalla sua mancanza di paura. La sua risposta: “Ho guardato in faccia molti uomini arrabbiati, eppure non ho avuto paura più di tanto”.
Appropriato l'epitaffio sulla tomba di John Knox: "Qui giace l'uomo che non ha mai temuto il volto dell'argilla", per indicare le persone che nella sua generazione erano potenti e che lui non temeva.
La paura degli uomini diventa una trappola, quando si arriva al punto di lasciare che gli altri controllino la nostra vita!
La paura delle persone è un’insidia perché ci rende vulnerabili alla manipolazione, perché ci rende schiavi dell'opinione altrui, impedendoci di essere noi stessi e di esprimere la nostra individualità, e soprattutto perché ci possono allontanare da Dio, com’è accaduto a Saul.
Quando abbiamo paura di certe persone, loro opinioni e i loro atteggiamenti esercitano una sottile pressione su di noi, impedendoci persino di dire la verità, o di fare ciò che è giusto.
La paura degli uomini di essere giudicati, o esclusi ci può portare a conformarci alle opinioni e ai comportamenti della maggioranza, anche se non li condividiamo veramente.
Inoltre, la persona che ha paura degli altri non reagisce in modo ragionevole, o lucido.
La paura può farci agire in modo irrazionale!
Un uomo aveva paura dei ragni ne ha avvistato uno nella lavanderia della sua casa di West Seattle. Per liberarsene, ha preso un accendino e una bomboletta di vernice spray. Non ci sono notizie sulla sorte del ragno, ma la casa ha preso fuoco, causando danni per circa 60.000 dollari! È una cifra notevole per sbarazzarsi di un solo ragno!
Può portare a prendere decisioni basate sull'approvazione degli altri piuttosto che su ciò che è giusto e vero secondo la volontà di Dio, com’è accaduto al re Saul.
Può anche impedire di parlare e agire per ciò che è giusto per timore di essere giudicati, o rifiutati.
La liberazione da questa trappola avviene quando si ripone la propria fede solo nel Signore!
Qual è l’antidoto alla paura delle persone?
B) La libertà alla paura degli uomini
“Chi confida nel SIGNORE è al sicuro”.
Dunque, l’opposto e l’antidoto alla paura delle persone è la fede in Dio, che in quel momento Saul non ha dimostrato!
La storia di Saul è un esempio di come il desiderio di compiacere gli altri possa portarci a disobbedire a Dio.
Saul ascoltò la voce del popolo invece di ascoltare la voce di Dio!
Al posto di temere il Signore come richiesto dalla legge di Mosè (cfr. per esempio Levitico 19:14; 25:17; Deuteronomio 6:13, 24; 10:12, 20), Saul aveva timore del popolo (cfr. per esempio Marco 11:32; Giovanni 7:13).
A causa di questo timore mal indirizzato, Saul ascoltò la voce del popolo invece di ascoltare la voce del Signore come richiesto dalla legge di Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 27:10).
Saul non resistette alla tentazione di guadagnarsi il favore dei suoi uomini cedendo alla loro richiesta, non seppe resistere alla pressione sociale.
Temendo di perdere il loro appoggio e la sua stessa posizione di re, ha scelto di seguire la loro volontà piuttosto che obbedire agli ordini divini.
Disubbidendo a Dio per timore degli uomini, Saul ha dimostrato una mancanza di fede e fiducia totale nel Signore.
Non credeva che Dio lo avrebbe sostenuto e benedetto, e ha ceduto alle pressioni dei suoi soldati.
Ma come già detto, la disobbedienza a Dio cercando l’approvazione della società, delle persone e non di Dio, per Saul fu che Dio gli tolse il regno.
Dobbiamo cercare l’approvazione di Dio obbedendogli e non quella degli uomini (1 Samuele 15: Atti 4:19; 5:29; Ebrei 11:23,27).
Spesso ci troviamo di fronte a scelte difficili in cui dobbiamo decidere se seguire i nostri desideri, oppure obbedire alla volontà di Dio.
Noi dobbiamo fare la scelta tra una vita governata da ciò che gli altri pensano e fanno, e una basata su ciò che Dio è e ha promesso.
Non dobbiamo fare l’errore di Saul, perché la disobbedienza, oltre a non onorare Dio, ha brutte conseguenze.
La Bibbia sottolinea ripetutamente l'importanza di obbedire a Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 10:12-13; 1 Samuele 15:22, Isaia 1:19-20; Giovanni 14:15; 1 Giovanni 5:3).
L’obbedienza a Dio nasce da una profonda fiducia in Lui (cfr. per esempio Ebrei 11), dall’amore per Lui (cfr. per esempio Giovanni 14:15,21,23) e dal timore per Lui (cfr. per esempio Deuteronomio 6:13-24; 10:12; Proverbi 9:10; 1 Pietro 1:13-17)
In tutta la Bibbia troviamo storie di persone che sono state benedette per aver obbedito a Dio e di persone che hanno sofferto per avergli disobbedito (cfr. per esempio Noè Genesi 6-9; Abraamo Genesi 12-25; Daniele 1-6).
Ancora un’ultima cosa su Saul, che ci fa capire come sia importante avere un contatto costante e profondo con la parola di Dio.
Saul passa dal dire che ha obbedito a Dio (1 Samuele 15:20) a dire che ha disobbedito a Dio perché ha obbedito al popolo.
David Toshio Tsumura scrive a riguardo: “Sembra però non comprendere la gravità della situazione. Purtroppo, una persona che ha perso il contatto con la parola di Dio non sarebbe in grado di percepire la propria condizione davanti a Dio. Per conoscere se stesso bisogna conoscere Dio”.
C’è una connessione vitale tra la conoscenza della parola di Dio e la percezione della propria condizione spirituale (cfr. per esempio Salmo 119:105; Giacomo 1:22-25).
Quando ci allontaniamo dalla parola di Dio, perdiamo di vista il giusto standard divino e la nostra capacità di discernere la nostra vera condizione davanti a Lui.
Diventiamo vulnerabili all'inganno e all'autogiustificazione, incapaci di riconoscere la gravità delle nostre trasgressioni.
Inoltre, la vera conoscenza di sé stessi deriva dalla conoscenza di Dio.
Solo quando ci specchiamo nella luce della santità e della giustizia di Dio possiamo comprendere appieno le nostre debolezze, i nostri fallimenti e la nostra urgente necessità di redenzione.
È attraverso la relazione con Dio che acquisiamo una prospettiva accurata di chi siamo veramente e del bisogno di trasformazione.
CONCLUSIONE
La caduta di Saul ci offre preziose lezioni sulla natura del peccato e sull'importanza dell'obbedienza a Dio; ci serve da monito e da sprone.
Ci ricorda che l'obbedienza a Dio deve avere la precedenza su qualsiasi pressione sociale o desiderio personale.
La disobbedienza a Dio può avere conseguenze serie e durature.
La storia di Saul serve come potente ammonimento sui pericoli del compromesso morale e del cercare l'approvazione umana a scapito della fedeltà divina.
Questo versetto ci ricorda che la vera confessione e il pentimento sincero vanno oltre le semplici parole, richiedendo un cambiamento di cuore e di azione.
Inoltre, sottolinea l'importanza di mantenere una relazione costante con Dio e la Sua parola come bussola morale nella nostra vita.
In un mondo che spesso relativizza il concetto di peccato e promuove il conformismo sociale, siamo chiamati a rimanere saldi nella nostra fede, cercando l'approvazione di Dio piuttosto che quella delle persone.
Questa riflessione ci invita a esaminare continuamente le nostre motivazioni, a riconoscere la gravità del peccato, e a perseguire un'obbedienza autentica e integrale alla volontà di Dio, consapevoli che solo in Lui possiamo trovare vera sicurezza e libertà.
Dobbiamo confidare in Dio e nella Sua guida, anche quando le circostanze sono difficili.
La vera sicurezza e benedizione si trovano nel confidare pienamente in Dio, non nel cercare l'approvazione degli altri.
Mantenere una relazione intima con Dio attraverso la Sua Parola è essenziale per discernere la Sua volontà e riconoscere la nostra vera condizione spirituale. Che possiamo imparare da Saul, scegliendo di onorare Dio con la nostra obbedienza e cercando sempre la Sua approvazione al di sopra di tutto.