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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Salmo 74:4-11: Fino a quando?

 Salmo 74:4-11: Fino a quando? 
Avete mai provato quella sensazione di essere sopraffatti da problemi che sembrano interminabili? O che i problemi non finiscono mai, che vengono uno dietro l’altro?
Quando la sofferenza si protrae e le risposte tardano ad arrivare, è naturale rivolgersi a Dio con domande tipo: “Perché non interviene”, oppure “Fino a quando, Signore?”
È proprio questo il grido angosciato del salmista Asaf, che visse in un periodo in cui Gerusalemme, il cuore del culto Ebraico con il suo tempio, fu saccheggiata e profanata dai Babilonesi. 
In questo Salmo, Asaf dà voce al dolore e alla confusione di un popolo che si sente abbandonato da Dio. 
Ma la sua storia, scritta centinaia di anni fa, risuona ancora oggi nelle nostre vite, quando ci troviamo di fronte a sfide che sembrano insormontabili. 
Nella precedente predicazione di questo salmo (vv.1-3) abbiamo visto la perplessità del salmista Asaf riguardo la situazione drammatica in cui si trovava Gerusalemme e il tempio.
Asaf supplica Dio a ricordarsi del Suo popolo e della Sua dimora devastati.
Oggi, insieme, esploreremo alcuni versetti vv.4-11 di questo salmo concentrandoci sulla particolarità dei problemi e sulla preghiera per i problemi.
Il salmista si rivolge a Dio come se non fosse a conoscenza degli eventi che si erano verificati! 
Asaf sta raccontando a Dio tutte le cose incredibilmente orribili che sono accadute nel tempio; il suo scopo non è, ovviamente, informare il Signore di ciò che è accaduto, ma spingerlo all'azione (v.11,19,22-23).
Questo salmo non è solo un resoconto storico, ma un viaggio nell'anima umana di fronte all'apparente silenzio di Dio. 
Mentre esploriamo questi versetti, non troveremo solo il dolore di un uomo e di un popolo, ma anche un riflesso delle nostre lotte moderne, delle nostre domande senza risposta, e soprattutto, un'indicazione di come mantenere la fede anche quando tutto sembra perduto.
Cominciamo a vedere:

Salmo 74:1-3: Perché?

 Salmo 74:1-3: Perché?
La tragedia umana continua a generare domande da sempre nella storia dell’umanità.
Davanti certe situazioni tragiche, credenti e non credenti si sono chiesti e si chiedono, il perché.
 
La vita cristiana, dunque è fatta anche di domande, come vediamo nei vv.1 e 10-11.
Di solito le domande che facciamo a Dio non sono fatte quando le cose vanno bene, ma quando abbiamo problemi, quando soffriamo, quando non vediamo vie di uscite e Dio non risponde alle nostre preghiere.

Allora chiediamo a Dio: “Perché sta capitando tutto questo a me? Perché non rispondi? Perché mi hai abbandonato?”

Oppure chiediamo al Signore: “Fino a quando durerà questa storia? Fino a quando mi farai soffrire?”

Ora come diceva Timothy Keller: "La fede non elimina le domande. Ma la fede sa a Chi rivolgerle".

La fede non implica una rinuncia al pensiero critico, o alla ricerca di risposte, ma consapevoli che li possa dare solo Dio, ci rivolgiamo a Lui.

Il Salmo 74 è un potente lamento, un grido di dolore rivolto a Dio in un momento di profonda crisi e sofferenza.
È un canto che esprime la desolazione di un popolo che ha visto il suo santuario profanato e la sua terra devastata.

Come vediamo in tanti salmi nella Bibbia, il lamento è un aspetto normale del rapporto con Dio.
Permette ai credenti di esprimere le loro emozioni più profonde a Dio, anche quando sono confuse e angosciate.

2 Cronache 20:12: Dalla debolezza alla forza, come la preghiera di Giosafat può ispirarci

 2 Cronache 20:12: Dalla debolezza alla forza, come la preghiera di Giosafat può ispirarci
“Dio nostro, non vorrai giudicarli? Poiché noi siamo senza forza, di fronte a questa gran moltitudine che avanza contro di noi; e non sappiamo che fare, ma gli occhi nostri sono su di te!”

Questa è una parte della preghiera del re Giosafat di Giuda.

La cosa vitale da fare quando ti senti sopraffatto da qualche problema, è cercare l'aiuto sempre pronto del Signore senza temere le brutte circostanze! (Salmo 46:1-3; 121)

Come ci insegna Giosafat, in tempi difficili, ai confini della disperazione, la prima cosa da fare è cercare il soccorso divino in preghiera, non come ultima risorsa, ma come atto di fede e di riconoscimento della Sua sovranità da cui dipende la tua storia, la tua vita!

In questo passaggio, il re Giosafat sta pregando Dio mentre affronta una grande coalizione di nemici (Moabiti, Ammoniti, Edomiti) che minacciano il suo regno. 
Questa alleanza rappresentava una minaccia senza precedenti, mettendo alla prova non solo la forza militare di Giuda, ma anche la fede del suo popolo nel Dio d'Israele.

Giosafat, riconosce che Dio è l'unico vero Dio e che solo Lui ha il potere di proteggere e salvare il Suo popolo in un momento di grave pericolo.

Ci ricorda che Dio è onnipotente e che nessun altro può offrire la protezione e la guida che Lui può dare ai Suoi fedeli seguaci.

Tre sono gli aspetti della preghiera di Giosafat che vengono fuori da questo versetto.

Il primo aspetto della preghiera è:

Marco 6:26: Una promessa avventata

 Marco 6:26: Una promessa avventata 
“Il re ne fu molto rattristato; ma, a motivo dei giuramenti fatti e dei commensali, non volle dirle di no”.

Promessa avventata
Passione e orgoglio accecano
Scelta malvagia

Questa poesia in stile Senryu sintetizza questa predicazione.

Vediamo il contesto di questo versetto.

Il re Erode organizzò una festa di compleanno che si concluse con una nota molto amara. 

Durante un ballo, Salomè (secondo lo storico Giuseppe Flavio), la figlia di Erodiada, moglie di Erode, che era stata sposata con il fratello di questo Filippo, dopo che Erode le disse con giuramento: “Chiedimi quello che vuoi e te lo darò” (Marco 6:22-23), lei consigliatasi con la madre, gli chiese la testa di Giovanni Battista in quel momento su un piatto (Marco 6:24-25). 

Il rancore è stato il motore principale di questa tragedia.

Come dice un proverbio italiano: “Chi di rancore è pieno mastica sempre veleno”; evidentemente Erodiada “masticava veleno” contro il profeta, perché non accettò l’accusa di Giovanni Battista a Erode che lo ammonì dicendogli che non gli era lecito tenere la moglie del fratello, appunto Erodiade (Marco 6:18-19).

I rancori posso portare a fare cose orribili! 
Il rancore è un veleno che avvelena l'anima di chi lo nutre, portandolo a compiere azioni distruttive fino a desiderare la morte della persona su cui si nutre rancore, come ci ricorda Nelson Mandela: "Provare rancore è come bere una bottiglia di veleno e sperare che uccida i tuoi nemici". 

La richiesta della ragazza influenzata dalla madre, sconvolse Erode, perché stimava Giovanni Battista, lo considerava uomo giusto e santo (Marco 6:20).

Ma nonostante questo, accolse la richiesta; fece tagliare la testa di Giovanni e la fece portare su un piatto, la diede alla ragazza e la ragazza alla madre (Marco 6:28-29).

C’è complessità delle motivazioni umane nelle decisioni difficili, ci possono essere travagli interiori, ma questa non deve essere una giustificazione per le azioni malvagie!

Giobbe 2:9: Un consiglio insensato!

 Giobbe 2:9: Un consiglio insensato!
 Kristin Armstrong scrive: “Spesso le circostanze della vita ci portano in luoghi in cui non avremmo mai avuto intenzione di andare. Visitiamo alcuni luoghi di bellezza, altri di dolore e desolazione”.
Cerchiamo di evitare a tutti i costi la sofferenza, passiamo tutta la nostra vita a cercare di evitarla, ma la sofferenza fa parte della condizione umana. 
Non esiste un uomo, o una donna di Dio, che non abbiamo sofferto!
Tutti noi abbiamo sofferto, stiamo soffrendo, o soffriremo, ma il punto è: come reagiamo alla sofferenza?
Tutto ci può essere portato via, ma abbiamo la libertà di scegliere come reagire alla sofferenza!
“Ma lascia stare Dio, e muori!” ci dice Giobbe 2:9.
Queste parole sono le parole della moglie di Giobbe rivolte proprio a lui.
Giobbe per attacco di Satana perde i suoi beni e la sua famiglia.
Satana pensava che Giobbe avrebbe rinnegato così il Signore (Giobbe 1:6-12).
Ma nonostante tutto questo, Giobbe benedice il Signore (Giobbe 1:13-21).
Non accettando la sconfitta, Satana affermò ancora che Giobbe era preoccupato solo per se stesso. 
Avrebbe sacrificato i suoi beni e persino la sua famiglia, ma non lui stesso, con la sofferenza, Giobbe avrebbe rinnegato il Signore (Giobbe 2:1–5). 
Dio accettò di nuovo la sfida di Satana, questa volta consentendogli di attaccare il corpo di Giobbe (Giobbe 2:6). 
Satana, quindi colpì Giobbe con una malattia dolorosa e ripugnante, con un’ulcera maligna che la grattava con un coccio mentre stava seduto sulla cenere, che secondo alcuni era la discarica fuori la città dove bruciavano i rifiuti!
Anche i suoi tre amici che lo andarono a trovare, talmente il dolore era molto forte, che per sette giorni e sette notti non dissero nulla (Giobbe 2:11-13). 
La reazione della moglie e la risposta di Giobbe stesso offrono spunti profondi per riflettere sulla natura della fede in tempi di avversità. 
Questo testo esplora in dettaglio le dinamiche di questa interazione, analizzando le motivazioni dietro le parole della moglie di Giobbe e la fermezza della fede di Giobbe di fronte a prove estreme.
Prima di tutto vediamo:

Salmo 74:4-11: Fino a quando?

 Salmo 74:4-11: Fino a quando?  Avete mai provato quella sensazione di essere sopraffatti da problemi che sembrano interminabili? O che i pr...

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