2 Cronache 20:12: Dalla debolezza alla forza, come la preghiera di Giosafat può ispirarci
“Dio nostro, non vorrai giudicarli? Poiché noi siamo senza forza, di fronte a questa gran moltitudine che avanza contro di noi; e non sappiamo che fare, ma gli occhi nostri sono su di te!”
Questa è una parte della preghiera del re Giosafat di Giuda.
La cosa vitale da fare quando ti senti sopraffatto da qualche problema, è cercare l'aiuto sempre pronto del Signore senza temere le brutte circostanze! (Salmo 46:1-3; 121)
Come ci insegna Giosafat, in tempi difficili, ai confini della disperazione, la prima cosa da fare è cercare il soccorso divino in preghiera, non come ultima risorsa, ma come atto di fede e di riconoscimento della Sua sovranità da cui dipende la tua storia, la tua vita!
In questo passaggio, il re Giosafat sta pregando Dio mentre affronta una grande coalizione di nemici (Moabiti, Ammoniti, Edomiti) che minacciano il suo regno.
Questa alleanza rappresentava una minaccia senza precedenti, mettendo alla prova non solo la forza militare di Giuda, ma anche la fede del suo popolo nel Dio d'Israele.
Giosafat, riconosce che Dio è l'unico vero Dio e che solo Lui ha il potere di proteggere e salvare il Suo popolo in un momento di grave pericolo.
Ci ricorda che Dio è onnipotente e che nessun altro può offrire la protezione e la guida che Lui può dare ai Suoi fedeli seguaci.
Tre sono gli aspetti della preghiera di Giosafat che vengono fuori da questo versetto.
I GIOSAFAT CHIEDE AL SIGNORE DI GIUDICARE I NEMICI
“Dio nostro, non vorrai giudicarli?”
Il re chiede a Dio di giudicare i nemici, questo perché stavano agendo ingiustamente nei confronti d’Israele.
Questa richiesta si basa sulla fiducia nel giusto giudizio di Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 32:4; Salmo 89:14; 98:9; Isaia 30:18; Romani 2:5).
Con questa frase Giosafat sta implicitamente affermando che Dio è il giudice supremo e che la sua giustizia trionferà.
Il trionfo della giustizia di Dio significa che alla fine il bene vincerà sul male, la verità trionferà sulla menzogna e la giustizia prevarrà sull'ingiustizia.
Questo non significa che il male sarà immediatamente eliminato dalla terra (cfr. per esempio Apocalisse 6:10-11), ma che Dio ha un piano per il mondo e che alla fine tutti coloro che hanno creduto in Lui e si sono ravveduti saranno salvati e gli altri saranno giudicati, e il male definitivamente sconfitto (cfr. per esempio Salmo 103:6; Isaia 56:1; Giovanni 3:16; Atti 3:19; 20:21; Romani 3:25-26; 2 Tessalonicesi 1:6-10; Ebrei 9:27; Apocalisse 20:11-15).
Matthew Henry disse: "Il trionfo della giustizia divina è la speranza del credente e il terrore dell'empio".
Perché è importante credere nel trionfo della giustizia di Dio?
Credere nel trionfo della giustizia di Dio ci dà speranza e conforto, soprattutto nei momenti difficili.
Ci ricorda che non siamo soli e che Dio è sempre al nostro fianco.
Ci incoraggia a perseverare nel bene, anche quando le circostanze sembrano avverse.
E ci dà la certezza che alla fine la giustizia prevarrà.
“La giustizia di Dio è la nostra certezza in un mondo incerto. Egli giudicherà con equità e ristabilirà ciò che è giusto” disse Spurgeon.
“Dio nostro” esprime libertà di cercare l’aiuto di Dio e questo per varie ragioni.
Prima di tutto “Dio nostro”, implica:
A) Un legame relazionale e di appartenenza
“Dio nostro” indica un senso di appartenenza e di relazione personale.
Giosafat riconosce che lui e il popolo di Giuda appartengono a Dio e che Dio appartiene a loro.
Questa non è una divinità distante, o generica, ma un Dio con cui il popolo di Giuda ha un rapporto intimo e personale.
Inoltre, ricorda il patto con cui i Giudei erano legati a cominciare da quello di Abraamo fino a quello tramite Mosè (2 Cronache 20:7, 9, 10; cfr. per esempio Genesi 12:1-3; 15:18; Esodo 19:5-6).
Attraverso questi patti, Dio ha promesso di essere il Dio del Suo popolo e li ha presi come Suo speciale possesso.
Giosafat sta facendo appello a questa relazione di alleanza.
Allora quando Giosafat diceva: “Dio nostro”, stava affermando la sua identità insieme alla sua gente, come popolo dell'alleanza.
E ancora, “Dio nostro” suggerisce anche:
B) Una fede condivisa
Giosafat sta parlando non solo per se stesso, ma per tutto il popolo di Giuda che condivide la stessa fede e devozione al Dio d'Israele.
Definendo il Signore come “Dio nostro”, Giosafat sta evidenziando che non hanno altre divinità se non il Signore.
Sta distinguendo il Dio d’Israele da tutti gli altri dèi adorati dalle nazioni circostanti.
Sta affermando l'unicità e la supremazia del Dio d'Israele.
Infine, “Dio nostro” esprime:
C) Un senso di fiducia e di dipendenza
Giosafat sta riconoscendo che lui e il suo popolo dipendono da Dio e confidano in Lui per la loro protezione e provvidenza.
In sintesi, quando Giosafat dice “Dio nostro”, sta esprimendo la profonda relazione personale, l'alleanza, la fede condivisa, l'unicità e la fiducia che caratterizzano il rapporto tra il popolo di Giuda e il loro Dio.
Sta affermando che, in mezzo alla crisi, l’unico e vero sostegno d’Israele è il Dio a cui appartengono e di cui si fidano.
Anche la chiesa oggi ha una relazione con Dio grazie a Gesù Cristo (cfr. per esempio Giovanni 14:6; 1 Timoteo 2:5) che ha istituito un Nuovo Patto rappresentato dalla Santa Cena con il pane e il vino (cfr. per esempio Matteo 26:26-28).
Consapevoli che Dio si prenderà cura di noi (cfr. per esempio 1 Pietro 5:6-7), siamo chiamati a confidare nella giustizia divina, anche quando le circostanze sembrano disperate, dobbiamo avere fiducia che Dio farà giustizia.
Siamo chiamati ad affidare le nostre cause a Dio invece di vendicarci!
Paolo ci esorta a non fare le nostre vendette, ma di mettere tutto nelle mani di Dio! (Romani 12:19).
Dobbiamo vivere in attesa del giorno in cui Dio metterà tutte le cose a posto e farà trionfare la giustizia.
Ora che abbiamo visto come Giosafat si rivolge a Dio per il giudizio, esploriamo come riconosce la propria impotenza di fronte alla minaccia dei nemici.
Quindi vediamo il secondo aspetto della preghiera di Giosafat:
II L’IMPOTENZA
“Poiché noi siamo senza forza, di fronte a questa gran moltitudine che avanza contro di noi; e non sappiamo che fare, ma gli occhi nostri sono su di te!”
Ti è mai capitato di trovarti davanti a una situazione e ti sei sentito impotente?
Stavi affrontando una situazione che era più grande di te e non avevi i mezzi per affrontarla e vincerla, e non sapevi cosa fare?
Allora saprai cosa stava provando Giosafat in quel momento!
Davanti la coalizione potente, Giosafat umilmente riconosce che la coalizione è più forte.
Noi vediamo due aspetti di Giosafat:
A) Giosafat era consapevole della propria debolezza
È consapevole della propria debolezza, quando dice: “Noi siamo senza forza”.
La profonda affermazione di Billy Graham: "La debolezza dell'uomo più l'onnipotenza di Dio equivalgono a una forza invincibile", racchiude un paradosso fondamentale della fede cristiana.
Potrebbe sembrare assurdo che aggiungere qualcosa di debole a qualcosa di forte si tradurrebbe in una forza ancora maggiore!
Normalmente, aggiungere qualcosa di debole a qualcosa di forte non cambierebbe molto il risultato!
Tuttavia, questo è esattamente ciò che insegna la Bibbia.
La matematica di Dio è diversa da quella umana!
Questa citazione di Billy Graham, rispecchia la verità biblica, offre speranza a chi si sente sopraffatto, suggerendo che anche nelle situazioni più disperate, c'è la possibilità di una forza straordinaria, quella di Dio!
La citazione incarna il paradosso cristiano secondo cui la forza si trova nella debolezza, questo ha detto il Signore a Paolo quando più volte l’apostolo lo pregò di liberarlo da un problema fastidioso che aveva.
Ma il Signore gli rispose: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza” (2 Corinzi 12:9).
Oswald Chambers scrive: "La vera forza spirituale si trova nel riconoscimento della nostra debolezza".
Infatti, sempre Paolo in 2 Corinzi 12:9-10 scrive: ” Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché quando sono debole, allora sono forte”.
La debolezza ci libera dall'illusione dell'autosufficienza, permettendoci di attingere a una fonte di forza superiore, quella di Dio!
Quando riconosciamo la nostra debolezza, siamo più propensi a dipendere completamente da Dio.
Dunque, la nostra debolezza diventa il palcoscenico su cui si manifesta la potenza, la forza di Dio.
Questo ce lo ricorda anche Charles Stanley quando dice: "La nostra debolezza è un'opportunità per Dio di mostrare la Sua forza".
Allora fai come fece Giosafat, come fece Paolo, riconosci la tua debolezza perché, quando sei debole sei forte! Hai la forza di Dio!
Accettando i nostri limiti e arrendendoci al potere di Dio, diventiamo strumenti attraverso cui Dio può operare.
In secondo luogo:
B) Giosafat era consapevole dei limiti delle proprie capacità
Riconosce il limite delle proprie capacità, quando dice: “Non sappiamo che fare”
Giosafat ammette l'incapacità di trovare una soluzione autonoma al problema.
Paradossalmente, questa ammissione di limitatezza diventa una fonte di forza spirituale.
Nell'ammettere i nostri limiti, scopriamo l'illimitatezza di Dio!
Riconoscere i propri limiti apre la porta all'intervento divino, permettendo a Dio di operare potentemente nella situazione.
Questa è l’umiltà che Dio ricerca, come ci ricorda Giacomo 4:6: “Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili” (cfr. per esempio Proverbi 3:34; Isaia 57:15; Matteo 23:12; 1 Pietro 5:5).
Il “superbo” (hyperēphanos- Luca 1:51; Romani 1:30; 2 Timoteo 3:2; 1 Pietro 5:5) cammina in orgogliosa autosufficienza, nutre la propria indipendenza.
La superbia è come una barriera che ci separa da Dio!
Quando siamo superbi, cioè quando ci consideriamo autosufficienti e migliori degli altri, rifiutiamo implicitamente l'aiuto divino!
La nostra superbia ci impedisce di riconoscere i nostri limiti e di affidarci alla grazia di Dio!
Al contrario, l'umiltà ci apre le porte della grazia divina!
Quando riconosciamo i nostri limiti, i nostri peccati e la nostra dipendenza da Dio, siamo pronti a ricevere il Suo amore e la Sua misericordia.
L'umiltà è la disposizione del cuore che ci rende ricettivi all'azione di Dio nella nostra vita perché consapevoli che dipendiamo da Dio per tutto! Che da soli non possiamo fare nulla!
L'umiltà non è debolezza, ma piuttosto una forza che viene dal riconoscere la nostra dipendenza da Dio e dal sottometterci a Lui!
Quando riconosciamo la nostra debolezza e ci affidiamo alla Sua forza, Lui può operare in modi potenti per il nostro bene e per la Sua gloria.
Allora come diceva Charles Spurgeon: "L'umiltà è il segreto della forza del cristiano".
La grazia di Dio è un dono gratuito e immeritato; non la guadagniamo con le nostre opere, ma la riceviamo per fede.
Dio offre la Sua grazia a coloro che si avvicinano a Lui con un cuore umile e contrito (cfr. per esempio Salmo 34:18; 51:17; Isaia 57:15).
L’atteggiamento di Giosafat è una lezione importante anche per noi oggi.
Quando ci troviamo di fronte a sfide che ci sovrastano tipo: difficoltà personali, crisi familiari, o minacce su larga scala, la nostra risposta dovrebbe essere quella di volgerci a Dio in umile dipendenza con un cuore contrito!
Come Giosafat, dobbiamo riconoscere i nostri limiti e affidarci completamente a Dio.
Ammettere di essere deboli e impotenti davanti certe situazioni più grandi di noi, di non poter controllare tutto, e di non poter farcela da soli, ci apre alla possibilità di accogliere l'aiuto di Dio.
Ricorda, la prossima volta che ti troverai di fronte a una sfida apparentemente insormontabile, rivolgiti a Dio con un cuore umile e contrito.
Affida a Dio le tue preoccupazioni e permettigli di operare nella tua vita.
Abbiamo visto come Giosafat riconosce la debolezza e i limiti delle capacità del suo regno.
Questo ci porta al cuore della sua preghiera e alla chiave della sua forza:
III LA DIPENDENZA DAL SIGNORE
“Ma gli occhi nostri sono su di te!”
Questa frase è una delle più toccanti espressioni di fiducia in Dio che troviamo nella Bibbia.
La fede non è un fragile filo, ma un'ancora salda in forti tempeste con acque profonde e onde molto agitate.
È forza viva che sposta le montagne!
È la consapevolezza che Dio è immanente, a fianco dei Suoi figli, e che la Sua potenza è infinita è più che sufficiente nel fortificarci, soccorrerci e sostenerci (Isaia 41:10).
Dipendiamo dal Signore, e quando riconosciamo questa dipendenza ci apriamo a ricevere la Sua forza.
Allora, riconoscere la propria dipendenza dal Signore con fede non è un segno di debolezza, ma la chiave per accedere alla forza superiore di Dio su tutto e tutti!
Paul K. Hooker scrive: “Per il Cronista la questione non è la forza militare, bensì la forza della fede; a liberare il popolo di Dio non è la forza delle sue armi, ma la forza di Dio in cui ripone la sua fiducia”.
Questa frase esprime la speranza e la fiducia nel potere di Dio, l'unica forza onnipotente che era in grado di salvarli.
Di fronte all'ignoto e alle sfide apparentemente insormontabili, la fede in Dio è la più grande grande risorsa!
In un’altra precedente situazione simile, di fronte una grande esercito di un milione di uomini ben equipaggiati, anche il re di Giuda Asa in una sua preghiera esprime esplicitamente lo stesso concetto, e anche in questa occasione, il Signore diede loro la vittoria, in 2 Cronache 14:10-11 leggiamo: “Allora Asa invocò il suo Dio, e disse: ‘SIGNORE, per te non c'è differenza tra il dare soccorso a chi è in gran numero, e il darlo a chi è senza forza; soccorrici, SIGNORE nostro Dio! Poiché su di te noi ci appoggiamo, e nel tuo nome siamo venuti contro questa moltitudine. Tu sei il SIGNORE nostro Dio; non vinca l'uomo contro di te!’ E il SIGNORE sconfisse gli Etiopi davanti ad Asa e davanti a Giuda, e gli Etiopi si diedero alla fuga”.
Dipendiamo dal Signore, confidiamo nel Signore, affidiamo a Lui i nostri passi.
Il Signore è la nostra roccia, il nostro rifugio, la nostra forza.
In Lui troviamo pace, gioia, e un amore eterno.
Riconoscere la propria debolezza e dipendenza dal Signore è la nostra grande forza (cfr. per esempio Giovanni 15:5; 2 Corinzi 12:9).
Noi vediamo:
A) La svolta scelta deliberata
La congiunzione avversativa “ma” dice tutto!
Il “ma” (kî) segna una svolta nella preghiera.
Invece di disperare, Giosafat sceglie di rivolgere gli occhi verso Dio!
La frase "ma gli occhi nostri sono su di te" suggerisce un cambio di prospettiva.
Invece di fissarsi sul problema, Giosafat sceglie di concentrarsi su Dio.
Questo spostamento di focus può trasformare il modo in cui affrontiamo le difficoltà.
Questa è un’espressione di fiducia in Dio, nonostante le circostanze terribili.
Il “ma” implica che, anche se la situazione sembra senza speranza dal punto di vista umano, Giosafat crede che Dio abbia il potere di intervenire e salvare il Suo popolo.
E questo significa che la fede in Dio include la fede nella Sua tempistica, nel Suo aiuto sempre pronto, sostegno e soccorso al momento giusto (cfr. per esempio Salmo 46:1-3; Isaia 41:10; Ebrei 4:14-16).
In secondo luogo, vediamo:
B) La scelta deliberata
Questo “ma” rappresenta una scelta deliberata di spostare l'attenzione dalle circostanze spaventose e di concentrarsi invece su Dio e sulla Sua capacità di fornire una via d'uscita.
In definitiva, il “ma” esprime la fede di Giosafat nel fatto che, nonostante la debolezza e l'impotenza umana, Dio è la vera fonte di forza, guida e liberazione per il Suo popolo.
La storia ci dirà che il Signore, mentre l’esercito lo adorava, sconfisse i nemici d’Israele (2 Cronache 20:22-25)
La preghiera di Giosafat rimane un modello di umile dipendenza, fiducia incrollabile e concentrazione su Dio di fronte a probabilità impossibili, un esempio che tutti noi faremmo bene a seguire.
CONCLUSIONE
Questo sermone, incentrato sulla preghiera di Giosafat in 2 Cronache 20:12, ci offre una potente lezione sulla fede e la dipendenza da Dio in tempi di crisi.
Attraverso l'analisi di questa preghiera, abbiamo esplorato tre aspetti fondamentali:
1) L'importanza di rivolgersi a Dio per il giudizio, e a non vendicarci, riconoscendo la Sua suprema giustizia
2) L'accettazione umile della nostra debolezza e dei nostri limiti di fronte alle sfide
3) La scelta deliberata di porre la nostra fiducia in Dio, concentrandoci su di Lui piuttosto che sulle circostanze avverse
Il sermone ci ricorda che la vera forza non risiede nelle nostre capacità, ma nella nostra dipendenza da Dio.
Riconoscere la nostra debolezza non è un segno di fallimento, ma un'opportunità per permettere alla potenza di Dio di manifestarsi pienamente nella nostra vita.
La storia di Giosafat ci incoraggia ad affrontare le nostre sfide con fede, umiltà e fiducia in Dio.
Ci insegna che, anche quando ci sentiamo sopraffatti e impotenti, possiamo trovare forza e guida rivolgendo i nostri occhi al Signore.
Questo sermone allora ci esorta a coltivare una relazione profonda con Dio, a confidare nella Sua tempistica e nel Suo aiuto, e a ricordare che, come disse l'apostolo Paolo: "Quando sono debole, allora sono forte" (2 Corinzi 12:10).
Questa prospettiva trasforma il nostro approccio alle difficoltà, permettendoci di affrontarle non con paura, ma con la certezza dell'amore e della potenza di Dio che opera in noi e attraverso di noi.
Preghiamo:
Ti adoriamo Signore perché sei il Sovrano Onnipotente fedele che non tradisci mai il Tuo popolo.
Grazie Dio! Grazie, perché sei un aiuto sempre pronto nelle nostre difficoltà!
Che non possiamo mai disperare anche in quelle situazioni che umanamente parlando possono essere considerate tali.
Aiutaci sempre a ricordare che senza di TE non posso fare nulla, e quando sono debole in Te sono forte come diceva l’apostolo Paolo!
Aiutaci a curare la nostra relazione, che non ti possiamo mai tradire con nessun altro idolo!
Nel nome di Gesù. Amen.