Salmo 74:4-11: Fino a quando?
Avete mai provato quella sensazione di essere sopraffatti da problemi che sembrano interminabili? O che i problemi non finiscono mai, che vengono uno dietro l’altro?Quando la sofferenza si protrae e le risposte tardano ad arrivare, è naturale rivolgersi a Dio con domande tipo: “Perché non interviene”, oppure “Fino a quando, Signore?”
È proprio questo il grido angosciato del salmista Asaf, che visse in un periodo in cui Gerusalemme, il cuore del culto Ebraico con il suo tempio, fu saccheggiata e profanata dai Babilonesi.
In questo Salmo, Asaf dà voce al dolore e alla confusione di un popolo che si sente abbandonato da Dio.
Ma la sua storia, scritta centinaia di anni fa, risuona ancora oggi nelle nostre vite, quando ci troviamo di fronte a sfide che sembrano insormontabili.
Nella precedente predicazione di questo salmo (vv.1-3) abbiamo visto la perplessità del salmista Asaf riguardo la situazione drammatica in cui si trovava Gerusalemme e il tempio.
Asaf supplica Dio a ricordarsi del Suo popolo e della Sua dimora devastati.
Oggi, insieme, esploreremo alcuni versetti vv.4-11 di questo salmo concentrandoci sulla particolarità dei problemi e sulla preghiera per i problemi.
Il salmista si rivolge a Dio come se non fosse a conoscenza degli eventi che si erano verificati!
Asaf sta raccontando a Dio tutte le cose incredibilmente orribili che sono accadute nel tempio; il suo scopo non è, ovviamente, informare il Signore di ciò che è accaduto, ma spingerlo all'azione (v.11,19,22-23).
Questo salmo non è solo un resoconto storico, ma un viaggio nell'anima umana di fronte all'apparente silenzio di Dio.
Mentre esploriamo questi versetti, non troveremo solo il dolore di un uomo e di un popolo, ma anche un riflesso delle nostre lotte moderne, delle nostre domande senza risposta, e soprattutto, un'indicazione di come mantenere la fede anche quando tutto sembra perduto.
Cominciamo a vedere:
I LA PARTICOLARITÀ DEI PROBLEMI (vv.4-9)
I problemi che esistevano a Gerusalemme erano dovuti ai peccati e quindi al giudizio di Dio che ha usato i Babilonesi come braccio del Suo giudizio (cfr. per esempio 2 Cronache 36:11-21; Geremia 25:1-14; Lamentazioni 1-4; Ezechiele 33:30-33), in questi versetti Asaf ne parla in modo dettagliato.
Nella particolarità dei problemi vediamo:
A) La devastazione (vv.4-9)
Il nemico invase Gerusalemme, consideriamo allora:
(1) Il raid (v.4)
Nel v.4 leggiamo: “I tuoi avversari hanno ruggito nel luogo delle tue assemblee;
vi hanno posto le loro insegne per emblemi”.
Asaf parla di:
(a) Sonorità
“I tuoi avversari hanno ruggito nel luogo delle tue assemblee”.
La lode e la preghiera del tempio sono state sostituite dal ruggito di soldati pagani intenti a distruggere tutto.
L'incursione dei soldati nemici fu rumorosa come un leone che ruggisce e quindi spaventosa per il popolo di Gerusalemme.
Infatti, il ruggito del leone, rappresenta la forza bruta, la violenza e la minaccia incombente; ha un forte impatto psicologico; evoca paura, terrore e disorientamento.
In questo contesto, il ruggito dei nemici nel luogo santo sottolinea la profanazione e la violazione di uno spazio sacro; infatti “nel luogo delle tue assemblee” si riferisce al tempio, e a tutti i luoghi dove le persone s’incontravano a pregare.
La domanda è: se il tempio di Gerusalemme era l'unico luogo legittimo di adorazione nel periodo precedente all’esilio; quindi, a quali altri luoghi si riferisce il salmista?
È molto probabile che, mentre il tempio di Gerusalemme era l'unico luogo ufficiale di adorazione festiva e di sacrificio, c'erano altri luoghi in tutta Giuda dove il popolo di Dio si riuniva per la preghiera e l'adorazione non sacrificale che avveniva nel tempio a Gerusalemme, queste assemblee sarebbero state i precursori, o i prototipi della sinagoga.
Il salmista parla ancora di:
(b) Segni
“Vi hanno posto le loro insegne per emblemi”.
Il ruggito arrogante dei nemici è stato accompagnato dalle loro insolenti insegne.
Proprio nel luogo in cui Dio incontrava il Suo popolo, i Babilonesi innalzarono i loro stendardi e commisero atrocità, tra cui omicidi (2 Cronache 36:17).
“Nel luogo delle Tue assemblee” i nemici hanno posto le loro insegne per emblemi.
“Insegne” ed “emblemi” sono la stessa parola (ʾôṯ), e si riferisce ai segni distintivi degli invasori, cioè i loro stendardi militari che i conquistatori mettevano nella zona che conquistavano, probabilmente avevano una statuetta su un’asta, sottolineando così la natura idolatrica del culto praticato dai nemici.
I simboli e i riti del culto Giudaico sono stati sostituiti da equivalenti pagani!
Con la parola ripetuta, Asaf vuole evidenziare l’entità della devastazione nel tempio, oppure se “insegne” può avere il significato di stendardo (cfr. per esempio Numeri 2:2), “emblemi” può avere una connotazione di dare un segnale forte (cfr. per esempio Ezechiele 14:8) di sfida, forza e vittoria in un luogo importante come il tempio, e quindi di disprezzo contaminando così il luogo sacro di Dio.
I nemici con i loro déi dichiarano apertamente la loro superiorità e la loro intenzione di dominare.
Dopo il raid Asaf parla di:
(2) Rovine (vv.5-8)
Il nemico portò la rovina a Gerusalemme.
Prima di tutto vediamo:
(a) La forza nelle rovine (vv.5-6)
Nei vv.5-6 leggiamo: “Come chi agita in alto la scure nel folto d'un bosco, con l'ascia e con il martello, hanno spezzato tutte le sculture della tua casa”.
Con asce e martelli hanno infranto la bellezza della casa di Dio, lasciando dietro di sé un santuario in frantumi e un popolo affranto.
La profanazione del tempio comportò la rottura degli arredi di legno rivestiti d’oro scolpiti del santuario interno.
Con le loro asce e martelli hanno fracassato le sculture (pittûḥeyhā) opere scolpite, o pannelli dove vi erano delle incisioni, il legno intagliato delle pareti interne e sugli arredi del tempio che lo abbellivano ricoperti di oro (cfr. per esempio 1 Re 6:16-29) come quelle persone che brandivano le loro asce e martelli in una foresta per abbattere gli alberi.
Ora ai giorni nostri le persone armate (metaforicamente parlando) di asce e martelli che vogliono distruggere la chiesa di Gesù, sono i critici che mettono in dubbio la Bibbia come parola di Dio dicendo che è un insieme di favole, di invenzioni umane.
Poi troviamo un secondo problema:
(b) Il fuoco nelle rovine (vv.7-8)
Nei vv. 7-8 è scritto: “Hanno appiccato il fuoco al tuo santuario, hanno abbattuto e profanato la dimora del tuo nome. Hanno detto in cuor loro: ‘Distruggiamo tutto!’ Hanno arso tutti i luoghi delle assemblee divine nel paese”.
Il luogo dove la presenza del Signore era un tempo percepita è ora pieno del fetore della distruzione.
Anche Lamentazioni 4:11 e Isaia 64:10 parlano di fuoco e macerie del tempio.
Jackie A. Naudé scrive: "L'incendio di una città era un principio fondamentale dell'antica guerra totale, e alla fine la stessa sorte toccò a Gerusalemme, come aveva tristemente profetizzato Geremia (Geremia 17:27; 21:10; 22:7; 32:39)"
Come culmine della loro distruzione di Gerusalemme, i Babilonesi bruciarono il tempio (cfr. per esempio 2 Re 25:9), un mese dopo che avevano violato le mura di Gerusalemme (2 Re 25:2–12).
Il simbolo visibile della presenza di Dio sulla terra era stato distrutto!
La casa di Dio, il tempio (cfr. per esempio 1 Cronache 22:19; 2 Cronache 29:21; Daniele 11:31) era un santuario (miqdāš), un luogo santo, messo da parte, o essere consacrato a Dio, è stato santificato, o messo da parte come sacro in contrapposizione al secolare, comune o profano.
Qui è dove risiedeva e dove venivano conservati oggetti sacri e si svolgeva il culto, era un luogo santo perché era il luogo dove Dio dimorava (Salmo 74:2; cfr. per esempio 1 Re 8:12-13; 27), dove era adorato e dove incontrava il Suo popolo; il punto d'incontro, il luogo di contatto tra il Signore e il Suo popolo (cfr. per esempio Esodo 25:8; 40:34–38; Levitico 16:2; 9:22–24; Numeri 9:15–23; 1 Re 8:10-13,30,46-50; 2 Cronache 7:1–3; Daniele 6:10).
Data l'importanza che Dio stesso aveva attribuito al tempio, è orribile che questi pagani lo abbiano profanato: hanno distrutto qualcosa di santo, consacrato appositamente a Dio solo.
Ora i nemici l’avevano non solo lo avevano fracassato, ma anche incendiato e quindi lo hanno profanato (ḥillĕlû), cioè dissacrato, contaminato, lo hanno reso impuro.
“Invece di mura fortificate attorno alla città di Dio che proteggono il popolo di Dio, vediamo mura diroccate. Invece dei suoni dell'adorazione del popolo di Dio, l'unica cosa che sentiamo dai cortili del tempio sono le urla di insulti dei nemici di Dio. Ci aspettiamo l'odore dell'incenso e del sacrificio quando ci avviciniamo al tempio, ma invece il santuario stesso sta bruciando (v. 7). Tutto è fuori posto. Il suono delle preghiere è stato sostituito da una cacofonia di vandalismo, distruzione e scherno. Asce che scatenano il caos. Cose sacre ridotte a braci ardenti” (Matt Mason).
Le azioni dei nemici sono una violazione dello spazio sacro di Dio e implicano un disprezzo per Lui.
Il tempio è stato profanato dai nemici, non era più un luogo santo, unico e riservato all'adorazione del Signore.
E lo hanno fatto di proposito secondo un piano, infatti è scritto: “Hanno detto in cuor loro”, e questo implica che hanno preso la loro decisione.
Daniel J. Estes scrive a riguardo: “Le loro parole registrate qui dimostrano che questa era una strategia deliberata calcolata per dimostrare il dominio totale di Babilonia sul popolo del Signore e, implicitamente, sul Signore stesso”.
Oltre a essere la sede intellettuale (cfr. per esempio Deuteronomio 8:5; 1 Re 3:9; Giovanni 12:40); la sede emotiva (cfr. per esempio 1 Samuele 1:8; Esodo 4:14), il cuore è la sede della volontà (cfr. per esempio 1 Re 8:17; 2 Tessalonicesi 3:5), il centro operativo, come la torre di controllo in un aeroporto che gestisce il traffico aereo, che determina il nostro comportamento e quindi il comportamento morale (cfr. per esempio Proverbi 4:23).
Le azioni dei nemici di Giuda non erano sconsiderate, o accidentali; non scaturivano dall’eccitazione del momento.
Avevano formulato un piano: distruggere tutto il tempio e tutti i luoghi di preghiera.
Infine, vediamo il terzo problema che affliggeva la Giudea:
(3) La rimozione (v.9)
Innanzitutto, Asaf parla della:
(a) Rimozione dei segni
“Noi non vediamo più nessun segno” (v.9).
Gli unici "segni" che il popolo vedeva erano gli stendardi militari dei Babilonesi!
La parola “segno” (ʾôṯ) è usata per i miracoli, i prodigi di Dio (cfr. per esempio Esodo 4:8,9,17,28,30; 7:3; 8:23; 10:1-2; Numeri 14:11, 22; Deuteronomio 4:34; 6:22; 7:19; 11:3; 26:8; 28:46; 34:11; Salmo 65:8; 74:9; 78:43; 105:27; 135:9).
Come anche per la promessa da ricordare (cfr. per esempio Genesi 17:11; Deuteronomio 6:8; Giosuè 2:12; 4:6); a un evento che si verificherà in futuro (cfr. per esempio Isaia 20:3; 38:7-8; Geremia 44:29; Ezechiele 4:3).
Non ci sono segni profetici che diano speranza per il future!
Quindi la mancanza di "segni", si riferirebbe al silenzio di Dio in risposta alla caduta di Gerusalemme, il senso del lamento è: "Abbiamo sofferto così tanto, eppure tu resti in silenzio!"
Quindi, la mancanza di segni è:
• Simbolo dell’assenza di Dio
La scomparsa dei segni rappresenta la perdita di un’identità distintiva, di un riferimento visibile alla presenza di Dio nel santuario.
È come se il popolo fosse stato privato di un punto fermo, di un’ancora a cui aggrapparsi.
La mancanza di segni è:
• Simbolo della sconfitta
L'assenza dei segni è un chiaro indicatore della vittoria dei nemici e della sconfitta del popolo di Dio.
I segni erano infatti un simbolo della protezione divina e della presenza di Dio tra il Suo popolo.
In secondo luogo nella rimozione vediamo:
(b) La rimozione dei profeti
“Non c'è più profeta” (v.9).
Nessun segno della presenza di Dio, nessuna parola attraverso i Suoi profeti: questo è soprattutto ciò che il salmista disapprova.
Allen P. Ross parlando della mancanza di segni e dei profeti ci fa capire che sono collegati, scrive: “L'assenza dei segni è chiaramente legata al dilemma di non avere più un profeta. Cercavano qualche segno di adempimento per la parola profetica che aveva promesso loro un futuro e dato loro la speranza della liberazione”.
Il salmista lamenta l'assenza della Parola di Dio tra il popolo.
La rimozione dei profeti ci parla del:
• Silenzio di Dio
Era un silenzio assordante!!
Come già detto, ma è qui confermato, la mancanza di profeti indica un periodo di silenzio divino dovuto al Suo giudizio a causa dei peccati (cfr. per esempio 1 Samuele 28:6; Isaia 59:1-2; Ezechiele 7:26; Amos 8:11-14).
Il peccato è un ostacolo tra noi e Dio, e molte volte è alla base dei silenzi del Signore, o perché ci nasconde la Sua faccia.
Se pensiamo di essere in questa condizione chiediamo al Signore di rivelarci quale peccato ci impedisce di avere una piena comunione con Lui, affinché possiamo pentirci, vincerlo e da quel momento in poi abbandonarlo.
Il popolo non riceve più messaggi diretti da Dio attraverso i suoi profeti, e ciò genera grande incertezza e disorientamento.
Sempre Daniel J. Estes commenta così: “Come in Lamentazioni 2:9, dopo la distruzione di Gerusalemme i profeti non ricevettero più visioni dal Signore; e coloro a cui egli parlò, come Ezechiele e Geremia, erano fuori dal paese (Ezechiele 1; Geremia 43–44). Senza una parola divina, il popolo si ritrova con solo un consiglio umano imperfetto. Per il momento potevano vedere solo un disastro e non riuscivano a percepire alcuna speranza per il futuro”.
La rimozione dei profeti ci parla anche della:
• Perdita della guida di Dio
I profeti erano i portavoce di Dio e offrivano guida e direzione al popolo.
La loro assenza lascia il popolo senza una figura di riferimento spirituale.
Infine:
(c) La rimozione della conoscenza
“Né chi tra noi sappia fino a quando...” (v.9).
Non c'era nessuno che poteva rispondere a tutto quello che stava avvenendo riguardo gli invasori e a come sarebbe andata a finire.
Questa frase esprime la profonda incertezza riguardo al futuro.
Il popolo non ha più la capacità di prevedere gli eventi futuri, o di comprendere i piani di Dio.
Questa mancanza di conoscenza genera un senso di disperazione e di impotenza.
Questa mancanza di conoscenza è legata alla rimozione dei profeti, come anche alla mancanza di persone spirituali, alle persone devote che sono a conoscenza della rivelazione di Dio, che discernono i tempi profetici di Dio.
Questa sta diventando la situazione dei nostri giorni.
Le persone che sono devote a Dio e che comprendono le Scritture stanno diventando sempre meno.
Come diceva qualche anno fa James Montgomery Boice: "Il nostro problema non è l'assenza della Parola di Dio, o degli insegnanti di Dio. Il nostro problema è che non diamo valore a questa Parola. Non la custodiamo e non la studiamo. Non memorizziamo i suoi passaggi importanti. Invece permettiamo a innumerevoli cose di minor valore (come la televisione) di prendere il posto della Bibbia".
Oggi possiamo dire lo smartphone, il computer, i social e così via, e non abbiamo tempo di leggere e meditare la Bibbia, la Parola di Dio!
Il nostro atteggiamento dovrebbe essere quello di John Wesley, il grande evangelista metodista inglese, che disse riguardo la Bibbia: "Datemi quel libro! A qualsiasi prezzo, datemi il libro di Dio!"
Dopo aver visto la devastazione, vediamo ora:
B) La confusione (v.10)
Nel v. 10 è scritto: “Fino a quando, o Dio, ci oltraggerà l'avversario?
Il nemico disprezzerà il tuo nome per sempre?” (v.10)
La domanda del salmista rivela un senso di confusione e di impotenza di fronte alla situazione.
Il popolo di Dio si trova in una condizione di sofferenza prolungata e non comprende perché Dio la permetta.
In un certo senso, la domanda del salmista è un tentativo di spingere Dio a rispondere favorevolmente a questa situazione disperata.
Inoltre, nonostante la sofferenza e la confusione, il salmista mantiene una profonda fiducia nella giustizia divina.
Egli crede che Dio interverrà e punirà i nemici, ripristinando l'onore del Suo nome.
Nella confusione vediamo:
(1) L’attesa del salmista
“Fino a quando, o Dio”.
Questa espressione ricorre frequentemente nella Bibbia (cfr. per esempio Salmo 6:3; 13:1-2; 35:17; 79:5; Abacuc 1:2) e indica un'attesa irrequieta, ansiosa e dolorosa,
Il salmista implora Dio, di porre fine alla sofferenza e di intervenire a favore del Suo popolo.
Asaf trova insopportabile la circostanza che stavano vivendo i Giudei, e vuole che Dio intervenga per trasformare quelle circostanze che sembrano non finire mai.
John Butler scrive a riguardo: “Tutti i castighi sembrano essere troppo lunghi e il pessimista conclude che non finirà mai, ma il giudizio non è per sempre. Tuttavia, la sua gravità può farlo sembrare un'eternità”.
L'espressione “fino a quando” rivela:
(a) La condizione umana
L'umanità non vuole soffrire, e in questi casi s’interroga sul senso della vita e sulla giustizia divina.
L'espressione “fino a quando” rivela:
(b) Il rapporto con Dio
Il salmista, pur nella sofferenza, mantiene un dialogo intimo con Dio, esprimendo le sue perplessità e le sue speranze.
E ancora, l'espressione “fino a quando” rivela:
(c) La natura della preghiera
La preghiera non è solo un atto di adorazione, ma anche un mezzo per esprimere il proprio dolore, perplessità e per chiedere aiuto.
Nella confusione vediamo:
(2) L’amore del salmista per l’onore di Dio
“Ci oltraggerà l'avversario? Il nemico disprezzerà il tuo nome per sempre?”
Il termine "oltraggerà" sottolinea l'arroganza e la disprezzo con cui i nemici trattano il popolo di Dio.
Abbiamo visto prima che la devastazione è diretta contro il Signore stesso, Asaf aveva detto: “Sono i tuoi avversari” (v.4), poi ha detto: “La tua casa” (v.6); “Il tuo santuario” (v.7) e infine: “La dimora del tuo nome” (v.7), quindi il nemico sta disprezzando Dio, distruggendo la Sua casa, il tempio di Gerusalemme.
La frase: “Il nemico disprezzerà il tuo nome per sempre?” sa come riepilogo, ed evidenzia il fatto che l'offesa non è solo rivolta al popolo di Dio, ma anche a Dio stesso.
I nemici stanno sfidando la Sua autorità e la Sua santità.
La reputazione del Signore è in gioco, e questa domanda serve a spingere il Signore ad agire.
In un certo senso oltraggiare il popolo di Dio, significa oltraggiare Dio stesso, e questo almeno per tre motivi.
Il primo motivo è:
(a) Perché Israele è il popolo eletto di Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 7:6; 14:2; Isaia 41:8; Salmo 135:4).
Questo significa che sono stati scelti da Dio per la Sua gloria (cfr. per esempio Isaia 43:7), per essere il Suo popolo e per rappresentare la Sua santità nel mondo (cfr. per esempio Esodo 19:5-6; Levitico 19:2).
Pertanto, qualsiasi offesa, oppure oltraggio rivolto al popolo di Dio è, di fatto, un'offesa diretta a Dio stesso.
Il secondo motivo è:
(b) Perché Israele è legato con un patto con Dio
Secondo questo patto: i nemici dell’uno sono nemici dell’altro (cfr. per esempio Esodo 23:22; Deuteronomio 30:7; Zaccaria 12:9; Salmo 139:21-22).
Il terzo motivo è:
(c) Perché il tempio è la dimora di Dio (cfr. per esempio 1 Re 8:29; Salmo 74:2; 132:13).
Il tempio di Gerusalemme era considerato la casa di Dio sulla terra; pertanto, profanarne la santità era un atto di sacrilegio, un oltraggio diretto alla maestà divina.
Infine, vediamo:
III LA PREGHIERA PER I PROBLEMI (v.11)
Prima di tutto troviamo:
A) L’interrogativo
Nel v. 11 è scritto: “Perché ritiri la tua mano, la tua destra?”
Asaf non riesce ancora a capire perché Dio non interviene e non cambia l'intera situazione; chiede perché Dio ritira la Sua mano, nel senso di “perché nascondi la Tua mano potente?", o “perché rifiuti di aiutarci?", oppure "perché guardi senza fare nulla?"
Allora il punto del versetto è il lamento per il fatto che Dio non interviene a favore del Suo popolo, e le domande sono pensate per spingerlo ad agire con potenza per distruggere i nemici.
“Asaf non perse la fiducia nel potere, o nella capacità di Dio. Sapeva che, se Dio avesse steso la sua mano di potere contro questi nemici, li avrebbe distrutti” (David Guzik).
La mano del Signore che in tante occasioni aveva agito a favore del Suo popolo, ora è ritirata!
Il potere di Dio come guerriero divino è spesso paragonato alla forza della mano destra di Dio.
La mano destra è un'immagine biblica per il potere, dei prodigi, di salvezza, di vittoria (cfr. per esempio Salmo 44:3; 60:5; 73:23; 78:54; 89:13; 118:15-16; Isaia 41:10), di sostegno e protezione (cfr. per esempio Salmo 18:35; 63:8; 139:10; Lamentazioni 2:3), ma inspiegabilmente Dio non è intervenuto con potenza per difendere il Suo popolo, o il Suo tempio.
“È la mano destra di Yhwh che è trattenuta, la mano che ha più potere, e invece di essere brandita, se ne sta lì nella tasca di Yhwh, trattenuta” (John Goldingay).
Invece, secondo Asaf, Dio ha adottato un approccio non interventista nei confronti del Suo popolo.
Se vista sullo sfondo dell'intervento del Signore all'esodo dall’Egitto con la sua potente mano destra (Esodo 15:6, 12), la Sua attuale inattività è difficile da comprendere per il salmista.
L'immagine del Signore che nasconde la Sua mano nelle pieghe della veste è l'esatto contrario della Sua attività nell'esodo (Esodo 15:6).
Ciò che fece quando il Suo popolo era schiavo in Egitto che ha visto, sentito ed è sceso a salvarli, il salmista gli chiede di farlo di nuovo.
La Sua mano destra che ha schiacciato i nemici per liberare il Suo popolo dalla schiavitù, ora il Signore rifiuta di stenderla per porre fine alla cattività Babilonese.
La consapevolezza di ciò che Dio ha fatto nel passato e non fa nel presente, “getta sale sulle ferite” dell’esperienza presente di Asaf e del popolo di Dio.
Se Dio ha fatto cose più dure in passato a favore di una generazione precedente, perché non agirà ora a favore di questa generazione attuale?
È una domanda che pesa davvero tanto sul salmista, e anche oggi da cui deriva la perplessità e l'angoscia.
Anche noi ci chiediamo a volte come mai Dio interveniva così potentemente nella storia Biblica, e oggi molte volte non risponde alle nostre preghiere, sembra quasi che ci abbia abbandonati!
Questo pensiero è umano, ed è limitato dall’incomprensione dei piani divini.
Spesso, la sofferenza ci porta a mettere in discussione la bontà, la fedeltà, la giustizia, la santità e la potenza di Dio.
In secondo luogo, vediamo:
B) L’imperativo
C’è un’altra invocazione molto forte nel v.11: “Tirala fuori dal tuo seno, e distruggili!”
“Distruggili” (kallēh – piel imperativo attivo) è un imperativo, una preghiera impetuosa.
Questa è un’invocazione a Dio per portare la retribuzione su coloro che hanno portato tale rovina su Gerusalemme e quindi liberare il Suo popolo dall'oppressione.
Nonostante l’ira di Dio e la sofferenza del popolo, il salmista mantiene una flebile speranza nella liberazione.
Qui il salmista esorta Dio ad agire con forza e determinazione contro i nemici che hanno profanato il santuario; lo implora a intervenire e a distruggere i nemici.
E come se Asaf stesse dicendo a Dio: “Tira la mano destra dalla tua tasca e agisci distruggendoli!”
Il v.11 è un potente richiamo alla giustizia divina e un'espressione della fede in un Dio che interviene nella storia umana.
Ci ricorda che la sofferenza e l'oppressione non hanno l'ultima parola, e che la speranza nell’intervento di Dio a nostro favore, può sostenerci anche nei momenti più difficili.
Qualcuno ha detto: "E quando il cuore è stanco e l'anima afflitta, c'è un Dio che ascolta e una speranza che non svanisce".
CONCLUSIONE
Essere credenti non significa che tutto andrà bene senza sofferenza e senza confusione, dobbiamo essere preparati a questo.
Quali applicazioni possiamo fare?
1) Dobbiamo ricercare la comunione con Dio ogni giorno
Dobbiamo cercare la comunione con Dio quotidiana attraverso la preghiera, la meditazione e lo studio della Sua Parola (Bibbia), la contemplazione silenziosa di chi è Dio, la comunione fraterna.
2) Dobbiamo ricordare ciò che Dio ha operato nella nostra vita nel passato
Facendolo, avremo un cuore grato verso di Lui, e rafforzerà la nostra fede.
3) Dobbiamo persistere nella fede
Nonostante le difficoltà, il salmista mantiene la sua fede in Dio.
Questo ci esorta a rimanere saldi nella nostra fede anche nei momenti di prova, ricordando che c’è sempre un valido motivo di ciò che ci succede.
4) Dobbiamo essere pazienti
I tempi di Dio spesso non corrispondono ai nostri; questo ci incoraggia a coltivare la pazienza e la fiducia nel piano divino.
5) Dobbiamo pregare ed essere onesti nella preghiera
Di fronte alla devastazione, Asaf non si arrende, si rivolge a Dio con fede.
Questo ci insegna che la preghiera stessa è un atto di fede, resistenza, cioè di rimanere fermi nella fede nonostante le difficoltà, e di resilienza, cioè, cercare di superarla uscendone più forti nella fede.
Il salmo ci incoraggia anche essere onesti con Dio nelle nostre preghiere, esprimendo anche dubbi e frustrazioni.
Infine:
6) Dobbiamo affidarci alla giustizia di Dio
In circostanze simili a quella della Giudea con dei nemici che gli ha fatto tanto male, non siamo chiamati a fare le nostre vendette, ma a mettere tutto nelle mani di Dio come ci ricorda l’apostolo Paolo in Romani 12:19: “Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all'ira di Dio; poiché sta scritto: ‘A me la vendetta; io darò la retribuzione’, dice il Signore”.
Pertanto: anche quando le tenebre sembrano avvolgerci, la luce della giustizia e misericordia di Dio illumina il cammino verso la speranza.