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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Luca 1:77-79: La lode profetica di Zaccaria (5)

 Luca 1:77-79: La lode profetica di Zaccaria (5)
Vi siete mai sentiti completamente soli, avvolti da un'oscurità che sembrava non finire mai?
Se non ti è mai capitato, immagina di essere immerso in un buio totale, così denso che puoi quasi toccarlo. 
Un'oscurità che non è solo assenza di luce, ma un peso che schiaccia l'anima, un vuoto che grida disperazione. 
Poi, improvvisamente, un bagliore. Non un lampo che acceca e sparisce, ma una luce gentile e persistente che inizia a sciogliere le tenebre, a dissipare le ombre, a riempire gli spazi più bui della tua esistenza.
Questa è l'essenza del messaggio di Zaccaria, un messaggio di speranza. 
È la storia di come Dio, nella Sua infinita misericordia, non ci ha abbandonato nell'oscurità del peccato e dell’ombra della morte, ma ha mandato Gesù Cristo, la luce del mondo per guidarci verso la pace. 
Una luce che non solo illumina, ma che trasforma. 
Una luce che non danneggia, ma risana. 
Una luce che non condanna, ma redime.
Stiamo ancora meditando sulla lode profetica di Zaccaria.
Zaccaria dai vv.76-79 si concentra profeticamente sulla missione del figlio Giovanni.
L’ultima volta abbiamo visto che Giovanni Battista sarà chiamato profeta dell’Altissimo perché andrà davanti a Lui per preparare le Sue vie.
Dai vv.77-79 vediamo altri tre scopi della missione di Giovanni
Cominciamo a vedere il primo scopo:
I PER FAR CONOSCERE (vv.77-78) 
I vv.77-78 ci dicono: “Per dare al suo popolo conoscenza della salvezza mediante il perdono dei loro peccati, grazie ai sentimenti di misericordia del nostro Dio; per i quali l'Aurora dall'alto ci visiterà”.
Le parole di Zaccaria definiscono la vita di Giovanni in relazione alla vita e alla missione di Gesù, un esempio di consacrazione e servizio che noi dobbiamo certamente seguire, secondo i doni spirituali che Dio ci ha dato.
Questa sarà il nostro onore e la nostra grandezza: servire il Signore completamente e umilmente come ha fatto Giovanni Battista!
Il pastore e scrittore Thabiti Anyabwile afferma: “La grandezza deriva dal servire il Signore, non dal servire noi stessi. La grandezza deriva quando noi, come Giovanni, diciamo: ‘Dobbiamo diminuire; Gesù deve crescere’ (vedi Giovanni 3:30). Il profeta della salvezza non sostituisce mai il portatore di salvezza”.
La vera grandezza non abita nel successo personale, ma nell'umiltà di servire Dio nei luoghi e nei modi che Lui sceglie per noi!
Nei vv.77-78 vediamo prima di tutto:
A) La donazione
Philip Graham Ryken parlando della necessità di preparare le persone ad accogliere la giusta salvezza secondo il piano di Dio scrive: “In linea di massima, le persone del tempo di Giovanni cercavano il tipo di salvezza sbagliato. Pensavano principalmente in termini politici. Volevano un'economia migliore, con più libertà personale. Ma questo non era il tipo di salvezza che Dio aveva in mente. Quindi, prima ancora che arrivasse il Salvatore, qualcun altro doveva preparare le persone”. 
Era necessario che Giovanni, il precursore di Gesù Cristo, facesse capire loro che la salvezza era morale e spirituale, e non politico! Questo dovevano capire.
Anche oggi molte volte ci sbagliano sulla vera natura dei nostri bisogni e della società, ci concentriamo su aspetti esteriori senza andare al nocciolo del problema!
Ancora Philip Graham Ryken dice: “Come il popolo d’Israele, di solito ci sbagliamo su ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Tendiamo a guardare prima le nostre circostanze esteriori. Vogliamo che Dio ci salvi da cose come una brutta situazione lavorativa, una battuta d'arresto finanziaria, o un matrimonio travagliato. Naturalmente Dio è in grado di risolvere questi problemi, ed è giusto che preghiamo per avere il suo aiuto. Ma la prima cosa con cui deve fare i conti è il nostro peccato. Alla fine, la salvezza cambia la società, ma non è da lì che inizia. Non ci può essere trasformazione sociale senza rigenerazione spirituale. La salvezza inizia quando lo Spirito Santo cambia il cuore di un peccatore”.
Ciò di cui noi abbiamo bisogno personalmente e la società, è avere una giusta relazione con Dio, e questo può avvenire solo attraverso il perdono dei nostri peccati.
“Per dare” (dounai – aoristo attivo infinito) è la stessa parola che abbiamo visto al v.74 dov’è scritto: “Per concederci” in riferimento alla liberazione dai nemici.
Come abbiamo visto era in riferimento a un beneficio per grazia del Signore (cfr. per esempio Matteo 6:11; 7:11; 19:21; Luca 11:13; Romani 12:3,6; 1 Corinzi 3:10; Efesini 3:8; Giacomo 4:6).
Ma è chiaro che qui il riferimento è alla generosità del Battista di servire il Signore e il popolo senza scopo di lucro, cosa che dovevano fare anche i dodici apostoli secondo l’ordine di Gesù quando gli disse: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Matteo 10:8).
La stessa cosa farà anche l’apostolo Paolo e lo insegnerà alle chiese (cfr. per esempio Atti 20:33-35; 1 Corinzi 9:12; 1 Tessalonicesi 2:9; 2 Tessalonicesi 3:8-9).
“Conoscenza” (gnōsin) è avere informazioni su qualcosa, o comprensione intellettuale, è un’appropriazione interiore (cfr. per esempio Matteo 25:13; Romani 8:35; 1 Corinzi 12:31; 13:2; Efesini 3:19), conoscere il contenuto (cfr. per esempio Luca 16:15; 1 Giovanni 3:20).
Commentando il v.77 parlando dell’importanza del conoscere il peccato, William Hendriksen scriveva: “Tutto ciò era importante, assolutamente necessario, perché è attraverso la conoscenza del peccato che si ottiene la salvezza; cioè, la coscienza della colpa e della contaminazione precede la fede in Cristo come Salvatore completo e perfetto”.
Prima di poter accettare la salvezza di Gesù Cristo, è necessario riconoscere di essere peccatori e di aver bisogno di un perdono che solo Dio può offrire. 
La consapevolezza del peccato porta a comprendere la propria incapacità di salvarsi da soli e accettare per fede Gesù come nostro unico Salvatore.
Il Signore tramite i Suoi messaggeri, in questo caso Giovanni Battista, fa conoscere la Sua volontà e permette che venga conosciuta (cfr. per esempio Matteo 10:26; Atti 2:36; Romani 6:6; Efesini 5:5; Apocalisse 2:23; 3:9), in questo caso è in relazione alla salvezza.
Giovanni Battista non sarà il Salvatore di nessuno, nessuna persona lo poteva e lo può fare! 
Ma sarà colui che prepara la strada al Salvatore facendo conoscere alla popolazione la via della salvezza. 
Sempre Thabiti Anyabwile dice: “Giovanni sarà un indice gigante che indica la via per la salvezza di Dio dal peccato”.
Giovanni sarà lo strumento scelto da Dio per impartire al popolo la conoscenza della salvezza attraverso il perdono dei peccati, chiamerà le persone al ravvedimento e parlerà loro chi li poteva salvare. 
Sarebbe stato in grado di farlo grazie alla potenza dello Spirito Santo che era in lui (cfr. per esempio Luca 1:15).
“Salvezza” (sōtērias) già ne abbiamo parlato quando abbiamo meditato i vv.69 e 71.
Quando parliamo di essere "salvati", dovremmo chiederci: "Salvati da cosa?" 
La risposta della Bibbia è: "Salvati da Dio". 
Dobbiamo essere salvati dal giudizio di Dio che verrà contro il mondo. 
A meno che non siamo salvati, subiremo la punizione all'inferno per sempre.
Dunque, la salvezza è lo stato di essere liberati, o preservati dai peccati (cfr. per esempio Matteo 1:21; 1 Timoteo 1:15), e dal giudizio di Dio (cfr. per esempio Giovanni 3:15-16, 5:24); a causa dei nostri peccati, e comporta, un rifugio sicuro in cielo (cfr. per esempio 2 Corinzi 5:1; Filippesi 3:20; 1 Pietro 1:4-5; Apocalisse 21:3-4).
John MacArthur scrive: “Il problema più basilare che le persone devono affrontare non è psicologico o sociale. Non è il modo in cui agiscono, pensano o parlano. Queste cose riflettono semplicemente (cfr. Luca 6:45) il vero problema; cioè, che tutti sono peccatori (Romani 3:23), con cuori malvagi e contaminati dal peccato (Geremia 17:9)”.
Siamo dunque tutti peccatori, non c’è nessun giusto, tutti sono sviati (Romani 3:9-12), senza Gesù siamo schiavi del peccato (cfr. per esempio Giovanni 8:34-36; Romani 7:23-25); se diciamo di non aver peccato siamo bugiardi e facciamo Dio bugiardo perché Dio dice che siamo peccatori (1 Giovanni 1:8-10).
Gesù è Colui che libera da questa situazione disperata, che ci salva e Giovanni doveva andare davanti a Lui per far conoscere la salvezza che avrebbe portato Gesù.
A differenza di Giovanni che è andato avanti in vista di Lui, noi siamo dopo Gesù e dobbiamo riportare le persone oggi a considerare l’opera che ha fatto Gesù in passato, per la salvezza e la speranza che è riservata in cielo ai credenti (cfr. per esempio Colossesi 1:5), la vita eterna (cfr. per esempio Giovanni 3:16; Tito 1:2).
La salvezza è possibile “mediante il perdono dei loro peccati, grazie ai sentimenti di misericordia del nostro Dio”.
C’era un veicolo sull'autostrada che esibiva un adesivo su un paraurti con la scritta: "Al diavolo il senso di colpa".
Questa scritta descrive un atteggiamento nella nostra società che è contrario al perdono dei peccati e al senso di colpa. 
Il senso di colpa non è ritenuto una cosa buona; quindi, le persone lo negano o lo ignorano, sottintendendo che sia solo una sensazione spiacevole e persistente che deve in qualche modo essere ignorata. 
Ma il senso di colpa è qualcosa che dobbiamo affrontare, e grazie a Dio ne possiamo essere liberati.
Quindi vediamo:
B) La connessione
“Mediante” (en - dativo di mezzo, o strumentale, cfr. per esempio Luca 14:31; Atti 7:53) indica che il perdono dei peccati è il processo attraverso cui la salvezza stessa si compie; la salvezza è attraverso il perdono dei peccati. 
Questo indica che il perdono dei peccati è un’azione fondamentale nel piano di salvezza di Dio.
Questo passo allora suggerisce una stretta connessione tra perdono e salvezza, e questo si trova solo nella fede in Gesù Cristo (cfr. per esempio Atti 10:43; Efesini 1:7; Colossesi 1:13-14) e nel ravvedimento (Luca 5:31-32; Atti 3:19) come indicato anche nel ministero del battesimo di Giovanni Battista (Matteo 3:3-12; Marco 1:2-5; Luca 3:3-8; 7:27; Atti 13:24).
Non è Giovanni che perdona i peccati per la salvezza, ma ha avuto il compito di annunciare al popolo la buona notizia della salvezza, che verrà realizzata attraverso il perdono dei peccati.
Ora consideriamo:
(1) Il significato del perdono dei peccati
Il perdono dei peccati è una caratteristica del Nuovo Patto (cfr. per esempio Geremia 31:31-34; Luca 24:45-47; Atti 5:31).
Durante la Grande Depressione, un agricoltore era sull'orlo del fallimento, con un debito che avrebbe potuto portarlo al tribunale.
Un vicino benestante, mosso a compassione, pagò interamente il suo debito, salvandolo dalla rovina economica e restituendogli dignità e speranza.
Così ha fatto Dio con noi, ci ha condonato il debito morale e spirituale che avevamo con Lui e che non eravamo e non siamo in grado di pagare!
Tutti noi siamo spiritualmente in bancarotta, incapaci di pagare il nostro debito.
“Perdono” (aphesei) indica appunto, una liberazione, o cancellazione formale da un obbligo, o da un debito; in questo caso il debito del peccato, quindi rimuovere la colpa derivante dal peccato (cfr. per esempio Matteo 26:28; Marco 1:4; Luca 3:3; 24:47; Atti 2:38; 5:31; 10:43; 13:38; 26:18; Colossesi 1:14).
Tutti noi siamo in debito con Dio perché abbiamo infranto la Sua legge e non siamo riusciti, o riusciamo a vivere secondo i Suoi standard (cfr. per esempio Matteo 6:12; 18:23-27; Luca 7:40–50; Romani 3:23). 
Già dall’Antico Testamento vediamo che il Signore è un Dio che perdona (cfr. per esempio Esodo 34:6-7; Salmo 130:4; Daniele 9:9); pronto a perdonare (Neemia 9:17). 
Com’è lontano l'oriente dall'occidente così Dio allontana le nostre colpe (Salmo 103:12), mette sotto i Suoi piedi le nostre colpe e getta in fondo al mare i nostri peccati (Michea 7:19), si mette dietro le spalle i nostri peccati (Isaia 38:17), cancella le nostre trasgressioni e non si ricorderà più dei nostri peccati (Isaia 43:25).
Nel Nuovo Testamento il perdono dei peccati è costantemente associato alla persona di Gesù Cristo (cfr. per esempio Matteo 9:6; Atti 5:31; 13:38; Efesini 4:32; Colossesi 1:14) e al Suo nome (1 Giovanni 2:12) e al Suo sangue (Matteo 26:28; Efesini 1:7; 1:19; Ebrei 9:14; 1 Giovanni 1:7; Apocalisse 1:5; 5:9).
Un sacrificio perfetto per l'espiazione del popolo era necessario per creare una base per il perdono (Ebrei 9:11–28; 10:10–14,19-20). 
Solo l'abnegazione dell'eterno Gesù Cristo nella morte ci poteva fornire il perdono (Ebrei 10:5–10). 
Dio fece morire Cristo mentre ancora eravamo peccatori mostrando così il Suo amore per noi (Romani 5:8; 1 Giovanni 4:10).
Quindi, Gesù è venuto e ha pagato il debito per noi (cfr. per esempio Giovanni 1:29; Efesini 1:7; Colossesi 2:13-14).
Siamo salvati non per ciò che facciamo, ma per ciò che Gesù Cristo ha fatto per noi!
Ma affinché il perdono possa essere possibile, un peccatore deve convertirsi, credere, ravvedersi e confessare i propri peccati (cfr. per esempio Salmo 32:5; Luca 24:47; Atti 3:19,26; 20:21; 1 Giovanni 1:8-10). 
Il perdono del peccato stabilisce il fondamento per una normale relazione con Dio. 
Crea anche la base per la comunione con Lui (cfr. per esempio Salmo 32:1, 2; Romani 5:1–11; 2 Corinzi 5:19-21).
“Peccati” (hamartiōn) significa mancare il vero fine e scopo delle nostre vite, che è Dio e i Suoi ordinamenti. 
Il peccato è una violazione morale o trasgressione del comando divino (cfr. per esempio 1 Giovanni 3:4), o lo stato di colpa che deriva dal peccato e dall'illecito (cfr. per esempio 1 Giovanni 1:7).
Il peccato non è semplicemente una serie di azioni sbagliate, ma un atteggiamento di ribellione che separa l'uomo dalla sorgente della vita.
Come ha detto qualcuno: “Il peccato è la dichiarazione di indipendenza dell'uomo da Dio”.
È una sfida a Dio, il rifiutare la Sua Sovranità di Dio, disobbedire alla Sua volontà.
È un'offesa in relazione a Dio con enfasi sulla colpa.
Quindi “il perdono dei peccati “ si riferisce a perdonare i peccati di una persona, o a perdonare una persona che ha peccato, o perdonare una persona per quanto riguarda i suoi peccati.
Se qualcuno ancora dovesse pensare che in qualche modo, la radice, o la causa della salvezza si trovi, nell'uomo, nei propri meriti, il versetto successivo conferma ancora che non è così!
Dopo aver visto il significato del perdono dei peccati, vediamo:
(2) La spiegazione al perdono dei peccati
Nel v.78 leggiamo: “Grazie ai sentimenti di misericordia del nostro Dio”.
Il perdono di Dio è “un oceano infinito” di misericordia, pronto ad accogliere chiunque si getti tra “le sue acque calme”.
Il perdono di Dio è un abisso senza fondo della misericordia di Dio, pronto ad accogliere chiunque si rivolga a Lui con umiltà!
La salvezza avviene attraverso il perdono dei peccati, non attraverso l'accumulo di meriti personali!
Non i meriti, ma la misericordia è la chiave del perdono dei peccati e della salvezza. 
Dio ci ama non perché lo meritiamo, ma perché è nella Sua natura amare! (cfr. per esempio 1 Giovanni 4:8-9)
La salvezza non si compra con i meriti, si accoglie con l'umiltà: ogni cuore contrito è un candidato al perdono divino (cfr. per esempio Isaia 57:15; Luca 18:9-14).
Nessuno merita il perdono! È per la misericordia di Dio!
La salvezza è frutto della misericordia divina, di un atto d'amore gratuito di Dio verso l'umanità.
“Grazie” in realtà nella frase greca è “perché” (dia – preposizione di causa) e indica la causa, o la ragione del perdono dei peccati, e quindi della salvezza.
Questa causa sono i sentimenti di misericordia di Dio.
“Sentimenti” (splanchna – cfr. per esempio Filippesi 2:1; Colossesi 3:12) indica le viscere, l’interiorità, la sede dei sentimenti, delle emozioni più profonde; può essere intesto come “cuore” così la frase può essere “cuore misericordioso”, o “la misericordia che scaturisce dalle profondità interiori di Dio”, o “la misericordia delle Sue viscere”
“Misericordia” (eleos – genitivo descrittivo, o di qualità) descrive quali erano i sentimenti di Dio.
Le “viscere” della misericordia di Dio sono più profonde dei tuoi abissi peccaminosi, più larghe dei tuoi mari di colpa e vergogna!
“Del nostro Dio” (genitivo soggettivo) specifica che Dio compie l’azione di misericordia.
Della misericordia ne abbiamo già parlato in precedenti predicazioni (Luca 1:54, 58,72); indica avere compassione, il sentimento di chi è commosso dalla vista della sofferenza di un altro, il simpatizzare con questo e agire per aiutarlo (cfr. per esempio Ebrei 4:14-16). 
Ma qui si riferisce in modo particolare alla clemenza e alla compassione di Dio mostrate verso i trasgressori della Sua legge che meritano la Sua punizione (cfr. per esempio Matteo 9:13; 12:7). 
La misericordia di Dio è un oceano infinito dove persino un granello di pentimento può trasformare deserti di colpa in giardini di speranza.
La misericordia di Dio non si basa sul merito umano, ma è un riflesso della Sua natura, poiché Egli desidera salvare piuttosto che condannare!
La misericordia di Dio è mostrata in Cristo (cfr. per esempio Tito 3:5-6).
Non c’è niente di più meraviglioso per un peccatore di ricevere la misericordia di Dio.
Quanti di voi si sentono spesso persi e sopraffatti dal peso dei propri peccati? 
Ricordatevi: la misericordia di Dio è più grande di qualsiasi peccato! 
Più grande di qualsiasi grande colpa, in Lui, possiamo trovare perdono e salvezza.
Per chi è scoraggiato e disperato a causa dei propri peccati, la misericordia di Dio è vita!
Spurgeon diceva: “Un grande peccatore, molto ferito dalle frustate della coscienza, piegherà l'orecchio in questa direzione e griderà: 'Lasciami sentire ancora il dolce suono di queste parole, tenera misericordia'. Se pensate a questa tenerezza in relazione a Dio, vi colpirà con meraviglia, per un istante, che uno così grande possa essere così tenero; poiché siamo inclini ad attribuire all'Onnipotenza un'energia schiacciante, che difficilmente può tener conto di piccole, deboli e sofferenti cose. Eppure, se ci pensiamo ancora, la sorpresa scomparirà e vedremo, con una nuova meraviglia di ammirazione, che deve essere così”.
Anche Tozer espresse la meraviglia che tutti i redenti dovrebbero provare quando contemplano la misericordia di Dio verso di loro: “Quando, grazie al sangue dell'alleanza eterna, noi figli dell'ombra raggiungeremo finalmente la nostra dimora nella luce, avremo mille corde per le nostre arpe, ma la più dolce potrebbe essere quella accordata per far risuonare nel modo più perfetto la misericordia di Dio.... Noi che abbiamo meritato l'esilio godremo della comunione; noi che abbiamo meritato le pene dell'inferno conosceremo la beatitudine del cielo. E tutto ciò per la tenera misericordia del nostro Dio, per cui l’Aurora dall'alto ci ha visitati”. 
La frase "nostro Dio" si riferisce alla relazione intima tra Dio e il Suo popolo.
Non è un Dio lontano e astratto, ma un Dio che si fa vicino e che si prende cura del Suo popolo.
Infine, in questo secondo punto principale vediamo:
(3) La specificazione
Sempre nel v.78 è scritto: “Per i quali l'Aurora dall'alto ci visiterà”.
Immagina che durante una visita di un Capo di Stato, o di un ministro in una zona povera arriva circondato da una scorta imponente e da numerosi funzionari. Il paese è caratterizzato da un alto tasso di disoccupazione e da infrastrutture in pessimo stato.
Il politico percorre le strade principali in auto, si ferma brevemente per qualche foto con le autorità locali, ascolta un veloce rapporto dalla giunta comunale, ma non scende mai veramente tra la gente. 
Fa alcuni discorsi standardizzati parlando di "sviluppo" e "opportunità", senza però incontrare concretamente i cittadini, o visitare le zone più disagiate.
Dopo poche ore, riparte con il suo staff, lasciando quel luogo esattamente come lo aveva trovato. 
I residenti commentano sarcasticamente: "Sono venuti, hanno fatto vedere che ci sono stati, e se ne sono andati. Tutto come sempre, nulla è cambiato".
Non è così riguardo l’Aurora dall’alto!
“Per i quali” (en hois – dativo di causa) indica la ragione, o la causa (cfr. per esempio Giovanni 16:30; Atti 7:29).
Zaccaria specifica che a causa dei peccati, quindi per perdonarli e salvarci per i sentimenti di misericordia, l’Aurora dall'alto ci visiterà.
“Aurora” (anatolḗ) è l'evento quotidiano del sorgere del sole sopra l'orizzonte e tutti i fenomeni atmosferici che lo accompagnano, ma qui è usata solo in senso spirituale (cfr. per esempio Malachia 4:2; 2 Pietro 1:19; Apocalisse 22:16).
“Dall’alto” (ek hypsous – genitivo di origine) si riferisce all’origine da dove arriva l’aurora, cioè da un luogo elevato, al di sopra di tutti i cieli (Luca 24:49; Efesini 4:8-10) inteso come la Sua trascendente sublimità ed esaltazione.
È interessante la parola e il verbo “visiterà” (episkepsetai -futuro medio indicativo) perché implica una presenza certa che esprime interesse, cura, preoccupazione, in questo contesto significa salvare!
Il sole non sorge dall’alto, ma qui è un’immagine poetica, una metafora potente che rappresenta la venuta del Messia come luce che squarcia l’oscurità, si riferisce alla venuta di Gesù che porterà la luce della salvezza in un mondo avvolto dalle tenebre del peccato e del maligno (cfr. per esempio Matteo 4:12-17; Giovanni 1:4-9; 8:12; 2 Corinzi 4:5; 1 Giovanni 5:19).
Gesù si è incarnato, ha visitato il Suo popolo per fare del bene (cfr. per esempio Atti 10:36-38) soprattutto per morire in croce per il mondo! (cfr. per esempio Giovanni 3:16); per salvarci dai peccati (cfr. per esempio Matteo 1:21; Galati 3:13; 1 Timoteo 1:15; 1 Pietro 2:24)
“L’Aurora dall’alto, è un’immagine della nascita, del nuovo inizio, della speranza!
Comunica come conoscere la salvezza porta luce nell'oscurità personale e pace in mezzo al caos. 
Il secondo scopo della missione di Giovanni Battista era:
II PER RISPLENDERE (v.79) 
Nel v.79 leggiamo: “Per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte”.
Zaccaria descrive il Messia, Gesù, come una grande luce dal cielo, che farà risplendere la luce della salvezza su coloro che siedono nelle tenebre e nell'ombra della morte, immagini che troviamo anche nell’Antico Testamento in riferimento a coloro che sono oppressi spiritualmente e fisicamente, come Israele prima dell'esodo (cfr. per esempio Salmo 107:10,14; Isaia 9:1; 42:7; 49:9-10; 59:8-9; Michea 7:8). 
Questa era la situazione d’Israele durante i giorni bui prima della nascita di Gesù Cristo, ma è la situazione di tutti coloro che non hanno il perdono dei peccati da parte di Dio; quindi, che non sono ancora stati salvati!
Senza Gesù Cristo, si trovano nell’oscurità più nera. 
L'Aurora dall'Alto illuminerà i peccatori di cui si parla al v.77, sono le persone che siedono nelle tenebre e nell'ombra della morte.
L'Antico Testamento di solito raffigura Dio come una luce che risplende sul Suo popolo e lo illumina, metafora della Sua presenza, o della Sua salvezza (cfr. per esempio Esodo 13:21; Deuteronomio 33:2; Salmo 27:1; 36:9; 118:27; Isaia 9:1; 42:7; 60:1–3; Michea 7:8)
Anche Gesù dirà di Se Stesso che è la luce del mondo che porta la luce della vita per chi lo segue (Giovanni 8:12; cfr. per esempio Isaia 42:6–7; Giovanni 1:9; 3:19; 8:12; 9:5; 12:46).
“Per risplendere” (epiphanai - aoristo attivo infinito) indica “splendere su qualcosa”; “far risplendere la luce su un oggetto”, nel senso di illuminarlo (cfr. Atti 27:20).
Metaforicamente “per risplendere” indica il compimento messianico in cui la luce risplende su coloro che sono nelle tenebre e nell'ombra della morte. 
Gesù Cristo, il Messia, risplenderà con la Sua presenza, con il Suo insegnamento, con le Sue azioni di misericordia e potenza, riempirà i cuori dei Suoi discepoli con la gioia della salvezza, e non saranno più tormentati dalla tristezza e dalla disperazione.
“Giacciono” (kathēmenois – presente medio participio) indica “essere residente in un luogo”, “stare”, “vivere”, “abitare” (Matteo 4:16; Luca 21:35; Apocalisse 14:6).
Quindi non sta parlando di qualcuno che è in un luogo di passaggio!
“Tenebre” (skotei) come anche “ombra” (skia) indicano coloro che si trovano nel luogo di tenebre e di ombra (dativi di luogo), mentre “di morte” (thanatou - genitivo di qualità) descrive la caratteristica dell’ombra.
“Tenebre” (skotei) si riferisce al regno dominato dal male, dalla peccaminosità e dall'ignoranza di Dio e delle Sue vie, quindi lo stato di miseria e oscurità spirituale, o morale dei non credenti e degli empi, intesa come assenza di luce. 
Qui nel senso figurato di una situazione difficile in cui non è visibile alcuna soluzione (cfr. per esempio Matteo 4:16; 6:23; Luca 22:53; Giovanni 3:19; Atti 26:18; Romani 2:19; 13:12; 2 Corinzi 6:14; Efesini 5:11; 6:12-13; Colossesi 1:13; 1 Tessalonicesi 5:4-5; 1 Pietro 2:9; 1 Giovanni 1:6).
Le tenebre" e "l'ombra della morte" rappresentano un'arena dell'esistenza governata da forze spirituali in opposizione a Dio (cfr. per esempio 2 Corinzi 4:5; Efesini 6:12-19; 1 Giovanni 5:19).
Le tenebre sono intensificate dall'espressione "l'ombra di morte" e questo descrive lo sconforto e la disperazione causate dalla morte che avvolgeva le persone.
Quando la Bibbia parla di morte, parla di morte fisica come giudizio di Dio (cfr. per esempio Luca 23:15; Giovanni 11:4,13; Romani 5:12; 8:38; Salmo 90:3-5).
Parla di morte spirituale, cioè la mancanza di comunione con Dio (cfr. per esempio Isaia 59:1-2; Giovanni 5:24; 1 Giovanni 3:14).
Parla di morte eterna, o seconda, l’eterna separazione da Dio, e implica una punizione eterna (cfr. per esempio Romani 6:16,21,23; 7:5; Giacomo 1:15; 5:20; 1 Giovanni 5:16-17; Apocalisse 2:11; 20:6,14; 21:8). 
Sapendo che l’ombra è la forma creata da un oggetto mentre blocca i raggi di luce, “ombra di morte” potrebbe riferirsi alla proiezione di quello che li aspetta dopo questa vita e cioè la morte eterna intesa come l’eterna separazione da Dio, oppure all’alienazione, la separazione spirituale da Dio dovuta al peccato. 
Senza Gesù Cristo il mondo è nelle tenebre e anche nell'ombra della morte.
Tutti per natura siamo nelle tenebre e nell’ombra della morte, finché non incontriamo Colui che è la Luce del mondo!
L'oscurità del peccato e della morte si dissipa come nebbia al sorgere della grazia divina in Cristo!
Da morte a vita, da disperazione a speranza: la luce di Gesù Cristo trasforma!
In questo senso questa condizione disperata non è un posto finale, ma un'ombra che Gesù trasforma in luce di resurrezione spirituale!
Dove regna la disperazione, la salvezza di Cristo accende una fiamma di speranza eterna.
Non rimanere nelle tenebre! Accendi la tua vita con la luce di Cristo!
Diventa tu stesso uno strumento della Luce per coloro che sono ancora nell'ombra. Porta la speranza di Cristo al mondo.
Infine, c’è un terzo scopo:
III PER GUIDARE I PASSI (v.79) 
E sempre nel v.79 troviamo scritto: “Per guidare i nostri passi verso la via della pace”.
“Per guidare” (kateuthynai - aoristo attivo infinito) indica un'azione vista nella sua totalità, come un evento compiuto e definitivo, senza soffermarsi sui dettagli processuali. 
È un tempo verbale che rappresenta un'azione puntuale, conclusa, completa vista nella sua interezza.
Indica un intervento divino definitivo, un movimento di redenzione che ha un inizio preciso, ma conseguenze durature.
La parola greca qui “guidare” significa “dirigere i passi”, cioè verso la via della pace.
È un modo di dire, letteralmente "guidare i piedi correttamente", quindi guidare, o dirigere il comportamento in modo appropriato, o “dirigere, o guidare nella giusta direzione”.
Il verbo "guidare" suggerisce un'azione dinamica e amorevole. 
Non si tratta di un semplice indicare una direzione, ma di un accompagnamento, di una guida premurosa che sostiene e illumina il cammino.
“Per guidare i nostri passi” può avere un collegamento con la metafora della luce.
Le persone che sono nelle tenebre e in ombra di morte scopriranno che il Messia, Gesù Cristo, è la luce attraverso la quale possono vedere la strada di Dio che porta alla vita.
Nelle profondità dell'oscurità, la Sua luce guida i nostri passi, conducendoci verso la pace duratura che solo Lui può donare.
“I nostri passi” ci parlano di Zaccaria, come anche di comunità; quindi, non si riferisce solo a una persona, ma a un popolo, quindi implica un cammino collettivo, non individuale. 
Ogni persona è chiamata a questo percorso di pace, ma lo si compie insieme, in comunità.
Nell’oscurità di questo mondo, Dio ci dona una luce: Cristo, che illumina e dirige ogni passo del nostro cammino collettivo verso la pace.
La “via” (hodon) è una strada che conduce a un luogo, o a punto particolare, da un posto a un altro (genitivo oggettivo - cfr. per esempio Matteo 2:12; 21:8; Luca 8:5), in questo caso figurativamente è alla pace, oppure si riferisce al comportamento, al modo di vivere caratterizzato dalla pace (genitivo di qualità - cfr. per esempio Matteo 10:5; 21:32; 2 Pietro 2:21).
“Pace” (eirēnēs) è una benedizione o un favore da parte di Dio.
Indica la tranquillità, l’assenza di conflitti, di preoccupazioni.
È l'opposto della guerra e del dissenso (Luca 14:32; Atti degli Apostoli 12:20; Apocalisse 6:4).
Una condizione di tranquillità e sicurezza (cfr. per esempio Giudici 6:23; Isaia 14:30; 54:10; Ezechiele 38:8,11; Luca 2:29; 11:21; Giovanni 16:33; Atti degli Apostoli 9:31; 1 Corinzi 14:33; 1 Tessalonicesi 5:3), quindi la salvezza che Gesù Cristo porterà.
La pace è tutto ciò che contribuisce al nostro bene più alto.
È una condizione di benessere totale che dona Dio perché si è in armonia con Lui (cfr. per esempio Marco 5:34; Luca 7:50; 8:48; Atti 16:36; Romani 15:33; 16:20; Filippesi 4:9; 1 Tessalonicesi 5:23; 2 Tessalonicesi 3:16; Ebrei 13:20; Giacomo 2:16), in questo senso è l’equivalente di una parola Ebraica (šālôm - Geremia 14:13; Isaia 48:18; 54:10; Ezechiele 34:25-29) che indica appunto un benessere totale.
Gesù è il principe della pace (Isaia 9:6) che porta la pace (Giovanni 14:27).
La parola “pace” è anche la pace, la riconciliazione con Dio grazie a Gesù (cfr. per esempio Romani 5:1-11), il principe della pace che porterà una pace senza fine al trono di Davide (Isaia 9:6-7; cfr. per esempio Salmo 29:11; 37:11; 72:3,7), la pace di Dio (cfr. per esempio Giovanni 14:1,27; Filippesi 4:6-7) e la pace con gli altri (cfr. per esempio Matteo 10:34; Luca 14:32; Efesini 2:14-17; Efesini 4:3).
Giovanni proclamerà la salvezza, ma Gesù accoglierà le persone che si ravvedono in essa.
Come discepoli di Gesù Cristo possiamo seguire il Suo esempio per essere adoperatori di pace (cfr. per esempio Matteo 5:9), costruttori silenziosi di ponti dove altri vedono solo abissi.
La luce di Cristo non illumina solo il sentiero, ma trasforma il viandante. 
Non sei più colui che cammina nell'ombra, ma colui che riflette la luce stessa per aiutare gli altri a trovare la pace!
Con la luce di Gesù, siamo chiamati a essere fari di speranza e direzione per coloro che sono circondati dall'oscurità spirituale!
CONCLUSIONE
Gesù è la luce, quindi la domanda non è se la luce esista, ma se siamo pronti a permetterle di penetrare le nostre oscurità più profonde e a lasciarci usare da Lui per portare la Sua luce agli altri affinché abbiano pace con Dio e la pace di Dio.
Proprio come Giovanni Battista indicò le persone verso Gesù, anche noi siamo chiamati a condividere la buona notizia della salvezza che porta Gesù Cristo. 
Sia nelle nostre case, nei nostri luoghi di lavoro, o nelle nostre comunità, abbiamo l'opportunità di essere fari di speranza, guidando gli altri verso la luce di Cristo. 
Impegniamoci a vivere vite che riflettano la luce di Cristo, mostrando agli altri la via della salvezza e della pace. 
Preghiamo che Dio ci riempia del Suo Santo Spirito e ci dia il potere di essere testimoni fedeli.
Inoltre, se stai attraversando un periodo difficile nelle tenebre della notte, prega che il Signore ti venga a visitare!
Le visite di Dio sono come l'alba, perché pongono fine alle nostre tenebre.
Che la luce dell'Aurora dall'alto risplenda su di voi, dentro di voi, attraverso di voi.

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