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"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Ecclesiaste 1:12-13: Alla ricerca del senso della vita

 Ecclesiaste 1:12-13: Alla ricerca del senso della vita
Il 14 marzo 2004, Daniel Tammet ha battuto il record europeo per la recitazione di π (pi) a memoria. Il “pi” greco è la costante matematica che è il rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro. Per cinque ore e nove minuti, recitò 22.514 cifre (3,14 e il resto) senza errori.
Tammet "soffre" (se questa è la frase appropriata) della sindrome di Asperger. Questa condizione gli permette di essere straordinario in attività come memorizzare i numeri e imparare le lingue. Ha imparato l'islandese in una settimana! Tale brillantezza, tuttavia, ha i suoi svantaggi. Nel suo libro di memorie (Born on a Blue Day: Inside the Extraordinary Mind of an Autistic Savant) scrive: “Ricordo ancora vividamente l'esperienza che ho avuto da adolescente sdraiato sul pavimento della mia stanza a fissare il soffitto. Stavo cercando di immaginare l'universo nella mia testa, di avere una comprensione concreta di cosa fosse ‘tutto’. Nella mia mente ho viaggiato fino ai confini dell'esistenza e li ho guardati, chiedendomi cosa avrei trovato. In quell'istante mi sentii davvero male e sentii il cuore battere forte dentro di me, perché per la prima volta mi ero reso conto che il pensiero e la logica avevano dei limiti e potevano portare una persona solo fino a un certo punto. Questa consapevolezza mi ha spaventato e mi ci è voluto molto tempo per venire a patti con essa”.
Anche la più grande mente umana ha i suoi limiti!
Non so se l’Ecclesiaste fosse sdraiato sul pavimento, o sotto un albero, o sul balcone a contemplare le stelle, ma in Ecclesiaste 1:12-18, assistiamo alla sua frustrazione per la spaventosa consapevolezza dei limiti della saggezza umana.
Nei vv.1-11 aveva scritto della vanità della fatica sotto il sole, non c’è nessun profitto. 
Facendo l’esempio del ritmo incessante del creato (vv.4-11), cioè del corso infinito delle generazioni umane (v. 4), dei i cicli del sole (v. 5), del giro continuo del vento (v.6) e i corsi d'acqua (v.7), l’ecclesiaste parla di movimenti costanti senza risultati, o cambiamenti.
Questi cicli rispecchiano l'incapacità dell'umanità di raggiungere qualcosa che sia in definitiva nuovo, duraturo, o soddisfacente (vv. 8–11).
L’ecclesiaste è un re d’Israele a Gerusalemme come vediamo nel v.12, ed è molto probabile, come visto in una precedente predicazione sia il re Salomone, figlio di Davide (cfr. per esempio 1 Samuele 23:17; 2 Samuele 5:2-5, 11, 17; 1 Re 1:34; 3:28).
Salomone nella sua ricerca, da un punto di vista umano, cerca di capire il senso, o il significato della vita.
Possiamo dire che rappresenti tutti coloro che cercano di trovare il senso della vita senza Dio.
Ci concentreremo sul v. 13, è il tema è l’applicazione.
I È UN’APPLICAZIONE DEL CUORE 
Nel v.13 leggiamo: “E ho applicato il cuore a cercare e a investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo: occupazione penosa, che Dio ha data ai figli degli uomini perché vi si affatichino”. 
“Ho applicato” del v.13 (nāṯǎtʹtî – qal perfetto attivo) è “mettere”, cioè “collocare un oggetto in un luogo” (Genesi 1:17; 9:13; Levitico 22:22; 1 Samuele 6:8), in questo caso il cuore.
Il “cuore” (libbî) è la sede intellettuale (cfr. per esempio Deuteronomio 8:5; 1 Re 3:9; Giovanni 12:40); la sede della volontà (cfr. per esempio 1 Re 8:17; 2 Tessalonicesi 3:5); la sede emotiva (cfr. per esempio 1 Samuele 1:8; Esodo 4:14), della conoscenza del bene e del male (coscienza – cfr. per esempio Deuteronomio 30:14,17; 1 Re 8:37; Giobbe 27:6; Geremia 31:33; Ezechiele 36:26-27).
In questo senso: “applicare il cuore” indicherebbe che la sua ricerca era molto più di un semplice esercizio mentale; si diede con tutto se stesso in questo studio con un enorme entusiasmo.
Questa ricerca non è stata una semplice raccolta di dati, ma un’analisi attenta e devota dei fatti esistenti. 
Salomone si è impegnato con tutto se stesso per comprendere il significato, la natura e il valore di tutto ciò che accade sotto il cielo.
La sua ricerca proveniva dal profondo del suo essere, era totalmente impegnato in questo.
Per che cosa era concentrato, o dedicato Salomone?
“A cercare e a investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo”.
Salomone è come un esploratore che si avventura in un territorio inesplorato, mappando ogni valle (la profondità della ricerca) e ogni catena montuosa (l'ampiezza dell'indagine), determinato a non lasciare nessun angolo inesplorato nella sua ricerca di comprensione.
“Cercare” e “investigare” sono due verbi uguali (infinito costrutto attivo), sottolineano che Salomone continuamente e approfonditamente si dava alla ricerca e all'indagine; come anche lo scopo dell’azione di applicare il cuore per capire tutto ciò che si fa sotto il sole.
Ora se i verbi “cercare” e “investigare” sono uguali, non lo sono le parole.
“Cercare” (drôš) si riferisce a cercare di ottenere, o raggiungere qualcosa che si desidera.
“Cercare” contiene un elemento di attività, azione, energia e interesse (cfr. per esempio Deuteronomio 23:6; Esdra 9:12; Ester 10:3; Salmo 119:45,94,155; Proverbi 11:27; Isaia 1:17; Isaia 16:5; Geremia 29:7; 38:4; Amos 5:14).
È usato molto frequentemente nell’Antico Testamento per indicare la ricerca di qualcosa di autorevole o normativo: Dio (cfr. per esempio 1 Cronache 10:14; 22:19; 2 Cronache 12:14; 14:3; Giobbe 5:8; Isaia 9:12; Osea 10:12; Esdra 6:21), gli oracoli (cfr. per esempio Genesi 25:22; Esodo 18:15; 1 Samuele 9:9; 1 Re 14:5; 22:8; 2 Re 1:2–3, 16; 22:18; 1 Cronache 21:30; Ezechiele 20:1), o la legge del Signore (Esdra 7:10).
“Investigare” (lātûr) ha il senso di esaminare attentamente, di esplorare un territorio nuovo, straniero; infatti, questa parola è usata per esplorare il paese, per esempio gl’ Israeliti che andarono a Canaan per esplorarlo (cfr. per esempio Numeri 10:33; 13:2,16-17,21,25, 32; 14:6-7,34,36,38).
La prima parola “cercare” (drôš) si riferisce alla profondità, ad arrivare al cuore di una questione.
La seconda parola “investigare” (lātûr) si riferisce all’ampiezza, all’esplorazione della sua ampiezza.
George Barton riguardo il significato di queste due parole scrive: “’Cercare’ significa indagare le radici di una questione, ed 'esplorare' indagare un argomento da tutti i lati". 
Anche Robert Gordis dice qualcosa del genere, e cioè che il primo verbo significa "penetrare fino alla radice della questione" e il secondo "investigarla da tutti i lati". 
L'intera frase sottolinea la completezza e la serietà della ricerca dell’Ecclesiaste.
Si riferisce non tanto alla raccolta di dati quanto a un'attenta analisi dei fatti esistenti.
Forse il punto è che la ricerca includeva sia il normativo (cercare - drôš) che il nuovo (investigare - lātûr), cioè i percorsi ben definiti e le vie inesplorate.
In questo contesto evidentemente non è un territorio, ma “tutto ciò che si fa sotto il cielo”, per trovare una risposta alla domanda sul significato, la natura e il valore di tutto ciò che accade su questa terra.
In secondo luogo, è:
II UN’APPLICAZIONE FATTA CON SAGGEZZA
“A cercare e a investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo” (v.13).
“Con saggezza”, Salomone ci fa capire che ha intrapreso una ricerca che gli ha richiesto di impegnare tutte le sue risorse interiori.
Quindi la sua non è stata una ricerca superficiale, ma si è impegnato al massimo.
“Con saggezza” (baḥokĕmâ) indica il modo come ha applicato il cuore (cfr. per esempio “con” – “b” - 2 Samuele 6:12), oppure il mezzo, lo strumento (cfr. per esempio “con” – “b” - Proverbi 8:15), si potrebbe dire anche metodo, la metodologia della saggezza.
La parola Ebraica per “saggezza” (ḥokĕmâ) indica la conoscenza accumulata, l’erudizione, quindi l’esperienza, il buon senso.
Kidner in un modo molto profondo a riguardo scrive: "Possiamo presumere che la saggezza di cui parla sia... il miglior pensiero che l'uomo possa fare da solo.... Eppure, non ha risposta ai nostri dubbi sulla vita. Li affina solo con la sua chiarezza".
Nonostante il meglio che aveva accumulato, possiamo dire era ben preparato, Salomone da un punto di vista umano, nella sua ricerca non aveva risposte sul senso della vita, anzi rende più chiari i dubbi.
La saggezza è un processo di riflessione personale, un tentativo di dare un senso alla realtà e alle nostre esperienze.
Nonostante la sua importanza, la saggezza non è in grado di fornire risposte definitive ai grandi interrogativi esistenziali. 
Non può eliminare i dubbi, ma al più affinarli, rendendoli più chiari e precisi.
Quindi Salomone non stava cercando la saggezza, lo dirà dopo al v.17, che ha applicato il cuore per conoscerla, ma nel v.13, l'oggetto dell'indagine è “tutto ciò che si fa sotto il cielo”.
Quindi, il punto non è che Salomone cercasse la saggezza, ma che la applicava secondo quello che aveva già della saggezza (cfr. per esempio Ecclesiaste 2:3,9; 7:232) e la usa! 
Così, la saggezza dell’esploratore è un labirinto in espansione: ogni risposta trovata apre nuovi corridoi di domande, in un'esplorazione senza fine della condizione umana.
Era quella saggezza che aveva chiesto a Dio e Dio gli è l’aveva data anni prima (1 Re 3:9-12; 2 Cronache 1:10-12).
Vediamo che è:
III UN’APPLICAZIONE A 360 GRADI
La vita è un puzzle, ogni individuo cerca di comporre il puzzle della propria esistenza, alla ricerca del quadro completo.
Ed è quello che in certo senso stava cercando di fare Salomone.
Salomone, ci invita a comporre un quadro sempre più completo della vita, per poi farci capire che è tutto vanità senza Dio! 
Nel v.13 è scritto: “Tutto ciò che si fa sotto il cielo”, per alcuni si riferisce solo alle azioni degli uomini con le implicazioni, e non le cose materiali.
Secondo altri indica tutto ciò che avviene nel mondo terreno ovunque; non solo alle azioni delle persone, quindi, è uno studio completo, totale (cfr. per esempio Ecclesiaste 1:9,14; 4:3; 7:25,27; 8:9,17; 9:3,6) come indicato da “tutto” (kōl).
1 Re 4:29-34: “Dio diede a Salomone sapienza, una grandissima intelligenza e una mente vasta com'è la sabbia che sta sulla riva del mare. La saggezza di Salomone superò la saggezza di tutti gli orientali e tutta la saggezza degli Egiziani. Era più saggio di ogni altro uomo; più di Etan l'Ezraita, più di Eman, di Calcol e di Darda, figli di Maol; e la sua fama si sparse per tutte le nazioni circostanti. Pronunciò tremila massime e i suoi inni furono millecinque. Parlò degli alberi, dal cedro del Libano all'issopo che spunta dalla muraglia; parlò pure degli animali, degli uccelli, dei rettili, dei pesci. Da tutti i popoli veniva gente per udire la saggezza di Salomone, da parte di tutti i re della terra che avevano sentito parlare della sua saggezza”.
Questi versetti di 1 Re descrivono in modo vivido la straordinaria saggezza di Salomone, presentandolo come un uomo dotato di una conoscenza vastissima e profonda che Dio gli aveva dato.
È Dio che ha donato a Salomone, una "mente vasta come la sabbia del mare", un dono che lo distingue da tutti gli altri uomini del suo tempo.
La saggezza di Salomone non si limitava a un singolo campo del sapere, ma abbracciava un'infinità di discipline; aveva una conoscenza enciclopedica, che spaziava dal mondo vegetale (alberi, piante) a quello animale (uccelli, rettili, pesci), dalla natura alla società. 
Nella sua ricerca non ha lasciato intatto alcun campo; si è occupato di tutto.
La saggezza di Salomone si manifestava attraverso diverse forme espressive: "massime", "inni”.
La fama di Salomone si diffuse ben oltre i confini del suo regno, raggiungendo tutte le nazioni circostanti e attirando tutti i re della terra che avevano sentito parlare della sua saggezza. 
Attraverso l'osservazione critica e la riflessione, Salomone ha cercato di comprendere tutti i fenomeni mondani, sia umani che naturali, in modo unificato, cercando di capire le questioni ultime, come il significato, o il senso della vita, ma solo da un punto di vista terreno, infatti dice “sotto il cielo”.
L’ecclesiaste, Salomone, cercava con saggezza il senso della vita, che è temere Dio e obbedirgli!
Salomone cercò con saggezza in ogni campo il senso della vita, ma alla fine riconobbe che il vero senso della vita si trova solo in Dio, come dirà alla fine del libro (Ecclesiaste 12:15-16), per adesso sta preparando questa conclusione facendo capire che dal solo punto di vista terreno, la vita senza Dio è vanità! (Ecclesiaste 1:2).
Salomone, con tutta la sua saggezza, riconobbe che senza Dio, la vita è vanità.
Allora il senso, o il significato della vita si trova oltre i confini terreni!
Infine, vediamo che è:
IV UN’APPLICAZIONE PENOSA
Nel v.13 è scritto: “Occupazione penosa, che Dio ha data ai figli degli uomini perché vi si affatichino”.
Immagina di scalare una montagna altissima, con la speranza di raggiungere la vetta e godere del panorama. 
Più sali, più ti rendi conto che la cima sembra allontanarsi sempre di più. 
Ogni passo richiede uno sforzo enorme, e la fatica aumenta, ma la vetta rimane irraggiungibile e addio al panorama che rimane sfuggente. 
La ricerca della conoscenza può essere simile: più ci sforziamo di capire, più ci rendiamo conto di quanto ancora ci sia da scoprire.
La vetta del capire la realtà ultima della vita è come un miraggio: più ci avviciniamo, più si allontana.
Salomone ci invita a riflettere sulla natura della nostra esistenza. 
Come scalatori infaticabili, cerchiamo di conquistare le vette della conoscenza, ma scopriamo presto che la vetta è un'illusione, un miraggio che si allontana sempre più. 
La fatica del cammino ci logora, e la frustrazione cresce con la consapevolezza dei nostri limiti.
Vediamo due aspetti di quest’applicazione penosa secondo Salomone; il primo aspetto è:
A) Il significato di occupazione penosa
Più a lungo cercava risposte e più si sforzava di capire la vita, più questa ricerca a 360 gradi diventava penosa.
Più cerchiamo di conoscere, più ci sentiamo frustrati dalla vita e da tutte le sue domande senza risposta.
L’Ecclesiaste sottolinea ciò che Dio ha dato all’umanità, ed è interessante che non dice “grazia”, “pace”, “misericordia”, “libertà”, “felicità”, ma occupazione penosa!
“Occupazione” (ʿinyan) si riferisce a impegnarsi in qualcosa, essere attivo nel fare qualcosa.
Si riferisce a un lavoro che richiede un dispendio di energia considerevole, implicando uno sforzo faticoso (Ecclesiaste 2:23, 26; 8:16), ma può avere anche una sfumatura di qualcosa che provoca inquietudine, ansia, preoccupazioni, problemi, cioè ciò che è percepito come una sfortuna, o un peso in una data situazione (Ecclesiaste 3:10; 4:8). 
Choon Leon Seow parlando di questa parola “occupazione” (ʿinyan) in Ecclesiaste scrive che: “È associato all'irrequietezza, all'ossessione, alla preoccupazione e all'incapacità umana di trovare piacere. Qui si tratta di sforzi per comprendere con saggezza tutto ciò che sta accadendo nel mondo”.
La parola Ebraica tradotta qui con “penosa” (rāʿ) è usata in vari modi nell’Antico Testamento come per indicare “povero”, “non benefico” (cfr. per esempio Genesi 47:9); “triste”, cioè relativo a un'apparizione del volto che comunica dolore o sentimenti turbati (cfr. per esempio Genesi 40:7); o “essere turbato”, “infelice”, “angosciato”, cioè relativo a un atteggiamento, o “ansia”, preoccupazione” (cfr. per esempio Salmo 94:13); o “afflizione” (cfr. per esempio Ecclesiaste 6:2); o anche “brutto”, “sconveniente”, cioè fisicamente indesiderabile nell'aspetto come caratteristica di un oggetto (cfr. per esempio Genesi 41:3-4).
Può anche descrivere qualcuno che ha il “cuore pesante” (Proverbi 25:20).
L'occupazione penosa di cui parla Salomone è come un peso che grava sulle nostre spalle. Più cerchiamo di comprenderla, più ci sentiamo schiacciati dalla sua gravità.
Nella sua ricerca per la comprensione profonda della realtà, Salomone ha scoperto che il suo studio non era l'esercizio piacevole che immaginava che sarebbe stato, ma era un doloroso travaglio, qualcosa di dolente, sgradevole, angosciante, infelice.
Un compito senza speranza e frustrante, irresoluto, anche se intrapreso con saggezza e da saggi (cfr. per esempio Ecclesiaste 1:12, 16; 8:16-17).
La ricerca porta alla frustrazione piuttosto che alla soluzione!
Qualcuno potrebbe dire: “Salomone era così negativo, parlava così perché non aveva gli strumenti che abbiamo oggi!”
In realtà oggi è peggio! Perché si conosce di più! E conoscendo di più si ha più frustrazione perché questa non porta ugualmente da nessuna parte!
Più sappiamo, più ci rendiamo conto della complessità e dell'interconnessione di tutto ciò che ci circonda, e più ci sentiamo piccoli e incapaci di comprendere appieno la realtà. 
È vero che abbiamo a disposizione una quantità di informazioni immensa, ma è altrettanto vero che questa mole di dati non si traduce in una comprensione più profonda della realtà ultima. 
Anzi, spesso ci troviamo sommersi da informazioni contraddittorie e frammentate, che ci impediscono di costruire un quadro coerente del mondo.
Dunque, questo sovraccarico informativo può effettivamente portare a una maggiore frustrazione. 
Ci rendiamo conto che, nonostante tutti i progressi scientifici e tecnologici, molte domande fondamentali sull'esistenza, sul senso della vita, e sulla natura dell'universo rimangono senza risposta definitiva.
Certamente non siamo contrari alla conoscenza, non siamo per l’oscurantismo, ma questo secondo il ragionamento dell’ecclesiaste, non ci aiuta a comprendere appieno la realtà ultima, e questo può generare un senso di smarrimento e di insoddisfazione, frustrazione, non dà un vero significato, o un vero senso alla nostra vita!
Troviamo ancora:
B) Lo scopo dell’occupazione penosa
Questa occupazione penosa Dio l’ha data all’umanità, non solo a Salomone, con uno scopo: “Che Dio ha data ai figli degli uomini, perché vi si affatichino”.
Dio ha progettato gli esseri umani con una spinta naturale e la curiosità di capire come e perché le cose accadono in un certo modo. 
Le domande rimangono lì, assillandoci, anche quando cerchiamo di evitarle.
Nello scopo vediamo:
(1) La sovranità del donatore
“Dio” (Elohim) è associato in diversi passi con la creazione (cfr. per esempio Genesi 1:1; Isaia 45:18; Giona 1:9), quindi al fatto che Dio è il Creatore (cfr. per esempio Isaia 40:28; Apocalisse 4:11) che ha creato ogni cosa dal nulla.
Dio non solo è il Creatore, Dio è anche il Sovrano di tutta la creazione (per esempio Genesi 24:3,7; Deuteronomio 4:39; 10:17; Giosuè 2:11; 1 Re 20:28; 2 Cronache 36:23; Neemia 2:4,20; Isaia 37:16; 54:5; Geremia 32:27).
Con il nome “Dio”, troviamo l'idea di onnipotenza, o potere creativo e governativo.
Questo nome ci ricorda che Dio è il Dio della storia, dell’universo, e non c’è nessun altro (cfr. per esempio Deuteronomio 4:34-35,39).
La domanda è: “Perché ‘Dio’ e non ‘Signore’? 
Perché Salomone ha un obiettivo apologetico di parlare universalmente a tutti, soprattutto ai non credenti, e non solo al popolo del patto, di cui il nome “Signore” (Yawheh) ne è una caratteristica.
“Dio” (ʾĕlōhîm) è il termine universale per la divinità, il Dio dell'universo e di ogni persona. 
Lo scopo di questo libro è quello di esporre la condizione di tutti gli uomini, non solo del popolo dell'alleanza.
Douglas Sean O’Donnell scrive: “Il libro è stato scritto per fare appello a tutte le nazioni (non solo a Israele), in modo che tutte le persone, in ogni luogo, possano riconoscere e tornare all'unico Dio Creatore universale (Genesi 1:1; cfr. Ecclesiaste 12:1)”.
La frase: “Che Dio ha data ai figli degli uomini” si riferisce evidentemente al fatto che Salomone riconosce che Dio è il Creatore sovrano; qualsiasi cosa accade nel mondo è sotto il Suo controllo.
L’idea che Dio “ha dato” (āntan – qal perfetto attivo) questa occupazione agli uomini sottolinea la sovranità di Dio sulla vita umana (cfr. per esempio Levitico 26:4; Deuteronomio 11:14-15); implica che Dio decreta, stabilisce, ha un ruolo attivo nel determinare (cfr. per esempio come viene usata qui la stessa parola Genesi 17:5-6; Esodo 7:1; Geremia 1:5; Ecclesiaste 3:10), o permettere (cfr. per esempio come viene usata qui la stessa parola Genesi 20:6; 31:7; Esodo 3:19; Numeri 20:21; 21:23).
Comunque sia Dio ha voluto questa occupazione penosa! 
L’umanità vuole capire dove sta andando la sua vita, qual è il significato, il senso della vita, questo è quello che Dio gli ha dato di ricercare nella Sua sovranità; questo è il fardello voluto da Dio.
(2) La saggezza del donatore
“Affatichino” (ʿănôt) significa “essere attivamente”, o “pienamente impegnato”, oppure “occupato in compiti e attività della vita”, ma può avere anche una connotazione di afflizione, umiliazione, oppressione (cfr. per esempio Esodo 1:11)
Il Creatore ha messo in ogni essere umano il desiderio di conoscere le risposte alle domande esistenziali.
Ogni persona, credenti e non credenti, sente un profondo impulso interiore a capire la realtà, e quindi il significato, o il senso della vita.
Ma allo stesso tempo è in difficoltà per il fatto stesso che, come essere esseri umani, non riescono a dare il risultato desiderato.
A riguardo H. C. Leupold scrive: “È duro, difficile, non gratificante; è un cattivo affare. Vi impegnate per raggiungere obiettivi elevati, ma la vostra ricerca non produce risultati soddisfacenti”.
È doloroso e frustrante fallire quando sai di aver dato tutto e non raggiungi il risultato desiderato!
Qui Salomone non pensa solo a se stesso, come dato di fatto è categorico, per dirla con Edward M. Curtis: “Nessuna ricerca, o successo umano può produrre l'appagamento che le persone desiderano”.
Un'impresa così nobile alla fine risulta essere gravosa, è una ricerca infelice data da Dio che affligge tutti gli esseri umani quella di ricercare il senso, o il significato della vita.
L'Ecclesiaste presenta la ricerca della saggezza come un'impresa faticosa, quasi una maledizione divina. 
Come abbiamo visto, non si tratta solo di uno sforzo intellettuale, ma di un'esperienza emotivamente coinvolgente, che può portare a frustrazione e angoscia nel cercare di trovare il significato e lo scopo della vita.
Certamente Dio, nella Sua saggezza ha uno scopo più profondo secondo la Sua saggezza imperscrutabile (cfr. per esempio Isaia 40:28; Romani 11:33; Efesini 3:11) che sono al di sopra i nostri pensieri (cfr. per esempio Isaia 55:8-9), quindi che siamo limitati nel capire il tutto e che dipendiamo da Dio, e ci guida verso di Lui.
Come dice David Guzik: “Dio ha deliberatamente costruito un sistema in cui la vita sembra priva di significato e vuota senza la comprensione di un Dio vivente e attivo a cui dobbiamo rendere conto. Può sembrare crudele da parte di Dio escogitare un tale sistema, ma in realtà è la prova del Suo grande amore e della Sua misericordia. Egli ha messo in noi il desiderio e il bisogno di ciò che dà significato e pienezza alla vita. Come scriveva Agostino, il Creatore ha creato uno spazio a forma di Dio in ciascuno di noi, che può essere riempito solo con Lui”.
Dunque, riconoscere i limiti della nostra comprensione può portare a un'umiltà intellettuale e a un'apertura verso Dio.
Ma ci può essere altro:
(3) La severità del donatore
Derek Kidner riguardo il pensiero di Salomone scrive: “Vede l'inquietudine della vita che qualsiasi osservatore potrebbe riferire, ma la fa risalire alla volontà di Dio. È Lui che l'ha data ai figli degli uomini. Questo può sembrare più amarezza che fede, ma in realtà lascia cadere un indizio su qualcosa di positivo che verrà raccolto nei capitoli finali. Nel peggiore dei casi implicherebbe che dietro la nostra situazione c'è un senso, non l'assurdità del caso, anche se il senso fosse del tutto scoraggiante. Ma può ugualmente essere in sintonia con la disciplina intenzionale che Dio ci ha imposto come conseguenza della caduta”.
Quindi Derek Kidner vede qui che “ha dato” può avere un significato del giudizio di Dio a causa della caduta nel peccato di Adamo ed Eva (Genesi 3:16-19); effettivamente la parola Ebraica tradotta qui con “ha dato” è usata anche in contesto di giudizio di Dio (cfr. per esempio Deuteronomio 7:15; 1 Re 8:32; 13:26; 14:16; Isaia 34:2; Ezechiele 7:3-4,9; 9:10; 11:2; 17:19; 22:4; 26:19; 32,15; 33:29, Geremia 51:25). 
Perché l'atteggiamento dell’Ecclesiaste è così negativo? 
In primo luogo, perché sta sfidando l’idea ampiamente diffusa che la ricerca della conoscenza appaga la vita e conferisce a una persona un significato permanente. 
In secondo luogo, lo trova un compito senza speranza; le risposte che cerca non riesce a trovarle. 
In terzo luogo, vede tutta la vita come sotto il dominio di un Dio sovrano, e quindi qualsiasi ragionamento al di fuori di questo non ha senso.
In quarto luogo, potrebbe essere vista come una forma di disciplina, crescita, o persino redenzione, quello di farci capire che senza Dio la vita non ha senso.
Mentre gli elementi cosmici: il sole, il vento, i fiumi (Ecclesiaste 1:5-7) vanno avanti sempre allo stesso modo, gli esseri umani sono gravati dal frustrante compito di dare un senso alla vita.
Come scrisse una volta Francis Schaeffer: "Tutti gli uomini... hanno un profondo desiderio di significato, un desiderio di senso... nessun uomo, a prescindere dal suo sistema teorico, si accontenta di guardare a se stesso come a una macchina finalmente priva di senso che può essere e sarà scartata totalmente e per sempre". 
L'uomo, a differenza degli elementi cosmici, è condannato a interrogarsi senza mai trovare una risposta definitiva sul senso della vita.
Quale sia il senso della vita è una domanda che l'umanità si pone da millenni, e filosofi e studiosi di ogni epoca hanno cercato di fornire una risposta. 
Non esiste una risposta unica e definitiva, poiché il senso della vita è un concetto altamente personale e dipende da numerosi fattori, tra cui la cultura, la religione, le esperienze individuali e le prospettive filosofiche.
Per filosofi come Socrate, il senso della vita risiedeva nella ricerca della virtù e della conoscenza.
Platone, invece, lo associava alla ricerca della verità e alla contemplazione del mondo delle idee. 
Filosofi come Kierkegaard, Sartre e Camus hanno sottolineato l'assurdità dell'esistenza e la necessità per l'individuo di creare il proprio significato. 
I positivisti, come Comte e Mill, hanno cercato di trovare il senso della vita nella scienza e nel progresso sociale. 
Il nichilismo, al contrario, nega l'esistenza di un significato intrinseco della vita.
Ma come già detto alla fine l’ecclesiaste dirà che il senso della vita è temere Dio e osservare i Suoi comandamenti! (Ecclesiaste 12:15).
Dunque, l’ecclesiaste non si ferma a una visione pessimistica; nonostante descriva la ricerca del senso come penosa, alla fine arriva a una conclusione: il senso della vita risiede nel temere Dio e osservare i Suoi comandamenti. 
Questa prospettiva offre una risoluzione al dilemma esistenziale, suggerendo che il significato non si trova nella comprensione intellettuale del mondo, ma in una relazione di reverenza e obbedienza verso Dio!
Il senso della vita è: “Vivere per Dio!” (cfr. per esempio Romani 12:1; Filippesi 1:21) Per questo siamo stati creati!
In Romani 11:36 è scritto: “Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen”.
Dio è la sorgente (da), il sostenitore (per mezzo) e lo scopo finale (per lui) della creazione!
Tu per chi stai vivendo?
CONCLUSIONE
Il viaggio di Salomone alla ricerca del senso della vita ci ha mostrato che questa è una ricerca che ha affascinato l'umanità da sempre. 
È un percorso impegnativo e frustrante, ma è anche un'opportunità per trovare Dio, e quindi la pace interiore.
La saggezza umana, con tutti i suoi sforzi, non può trovare il vero senso della vita perché si può trovare solo in Colui che ci ha creato, e Colui che ci ha creato ci ha creato per la Sua gloria in Cristo!
Solo così troveremo la pace e il riposo che il nostro cuore desidera!”
Il Creatore ha creato uno spazio interiormente a forma di Dio in ciascuno di noi, che può essere riempito solo con Lui!
Se cerchi di riempirlo con altro non sarai mai appagato!



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