La legge di Murphy
Oggi vi voglio parlare della legge di Murphy.
Certamente avete sentito parlare di questa legge.
La legge di Murphy dice: “Quando tutto può andare storto, lo farà”; oppure “se qualcosa può andar male andrà male”.
Questa legge prende il nome da Edward Aloysius Murphy, un ingegnere militare che lavorava su esperimenti con razzi per l’USAF nel 1949. Durante uno di questi esperimenti, Murphy notò che i sensori erano stati montati tutti nel modo sbagliato e pronunciò la frase che sarebbe diventata celebre.
Viene spesso citata in contesti di ingegneria, progettazione e gestione del rischio per sottolineare l'importanza di considerare tutti i possibili scenari negativi.
La Legge di Murphy è stata poi resa popolare da Arthur Bloch, che ha raccolto una serie di frasi umoristiche e sarcastiche nel suo libro "La legge di Murphy". Queste frasi descrivono situazioni frustranti e quotidiane in cui molti possono riconoscersi, spesso presentate in forma statistico-matematica per dare loro una parvenza di scientificità.
In poche parole, la Legge di Murphy è una regola non scritta che afferma che, se qualcosa può andare male, lo farà, e spesso nel modo più sfortunato possibile.
• Perché ha una risonanza universale
Tutti abbiamo sperimentato situazioni in cui sembra che la sfortuna ci perseguiti.
• Perché è umoristica
La legge di Murphy è spesso usata come una battuta o un modo per affrontare situazioni negative con leggerezza.
• Perché è rassicurante
Sapere che non siamo gli unici a sperimentare eventi sfortunati può essere confortante.
Possiamo fare alcuni esempi:
• Il tuo telefono si scarica proprio quando ne hai più bisogno.
• Perdi le chiavi proprio quando sei in ritardo per un appuntamento importante.
• Piove proprio il giorno del tuo picnic.
• Il pane cade sempre dal lato imburrato
• Quando sei in fila al supermercato, sembra sempre che la tua fila sia la più lenta rispetto a tutte le altre.
• Quando sei in ritardo, sembra che tutti i semafori lungo il tuo percorso diventino rossi.
• Quando hai bisogno urgente di una penna, quella che trovi non scrive mai.
• Il tuo computer decide di bloccarsi proprio quando stai per salvare un documento importante su cui hai lavorato per ore.
• Dopo aver lavato accuratamente la tua auto, inizia a piovere.
• Il telefono squilla con una chiamata importante proprio quando sei in bagno o non puoi rispondere.
Ora questi sono esempi non tanto drammatici, ma ci sono circostanze della vita davvero drammatici come, per esempio:
• Non tolleri l’unico farmaco che puoi prendere.
• Hai investito tutti i tuoi risparmi in un'azienda promettente, solo per vederla dichiarare bancarotta una settimana dopo.
E ancora:
• Firmi il contratto per l'acquisto della casa dei tuoi sogni, per poi scoprire gravi problemi strutturali nascosti subito dopo il trasloco.
• Arrivi all'aeroporto per una vacanza tanto attesa, solo per scoprire che il tuo passaporto è scaduto.
Oppure:
• Devi partire in aereo, ma rimani bloccato a casa per il maltempo.
O ancora:
• Il giorno dell'esame finale del tuo corso universitario, il tuo computer si blocca perdendo la tesi su cui hai lavorato per mesi.
Ora, come dobbiamo affrontare le tempeste della vita, quando la Legge di Murphy sembra colpire inesorabilmente, nella sua forma più severa mettendo alla prova la nostra fede, la nostra speranza e la nostra forza d'animo?
Quando la nostra vita è davvero provata dai problemi di salute, o dai problemi economici, o dai conflitti interpersonali, o da problemi di lavoro abbastanza seri, come dobbiamo reagire?
Tre passi per come reagire alla legge di Murphy come credenti:
I DOBBIAMO AVERE UNA VISIONE OLTRE LA CIRCOSTANZA
Lo Scozzese Sir Walter Scott (1771 –1832) è stato uno scrittore, poeta e romanziere scozzese, considerato il padre del moderno romanzo storico, per il suo capolavoro “Ivanhoe”.
Quando era giovane, il suo obiettivo era diventare un soldato, ma a causa del fatto che era zoppo, quel sogno dovette essere abbandonato.
I suoi primi anni di vita nella fattoria paterna di Sandyknowe, villaggio ubicato in una zona conosciuta come Border, al confine tra Inghilterra e Scozia, un'area piuttosto isolata, ma ricca di un grande repertorio di leggende e racconti di avventure, e leggendo le vecchie storie e romanzi scozzesi, suscitarono in lui interesse e lo plasmarono divenendo un grande scrittore.
Un vecchio disse di lui: "Si stava facendo valere a quel tempo; ma forse non sapeva cosa stesse facendo finché non passarono anni”.
I credenti non devono mai minimizzare ciò che Dio sta operando nella loro vita anche se non ne sono consapevoli!
Spesso non siamo in grado di comprendere appieno il significato degli eventi della nostra vita nel momento in cui si verificano, ma un giorno lo capiremo!
Come coloro che amano Dio, siamo chiamati a coltivare una visione che va oltre le circostanze immediate!
Dobbiamo avere una visione oltre la circostanza, radicata nella promessa di Dio come, per esempio, troviamo scritto in Romani 8:28-29: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli”.
La Legge di Murphy riflette spesso una prospettiva umana limitata, concentrata sugli eventi immediati e sulle apparenze, non tiene conto del quadro più ampio e dei piani di Dio, cosa che dovremmo fare noi.
Quelli che amano Dio, non devono vedere gli eventi nell’immediato, ma a lungo temine, e non in modo pessimistico come la Legge di Murphy.
Inoltre, se la Legge di Murphy è casuale, o per errori umani, Romani 8:28 ci fa capire che c’è il piano di Dio dietro ogni evento, che Dio controlla, un piano che mira alla nostra crescita spirituale per perfezionarsi secondo il carattere di Gesù, questo è il bene (agathon), cioè “un alto standard di qualità”, implica beneficio, vantaggio, utilità.
Dio non è un semplice spettatore della nostra vita, ma un regista che orchestra ogni dettaglio, trasformando anche le nostre più grandi sfide in trampolini di lancio verso una vita morale e spirituale più profonda e autentica.
In Romani 8:28, vediamo prima di tutto:
A) Le situazioni
Paolo evidenzia affinché poniamo la nostra attenzione dicendo: “Tutte le cose”.
Quindi sta parlando della totalità di tutte le situazioni!
“Tutte le cose” (panta) comprende tutto senza limiti, si riferisce a tutte le circostanze, nessuna esclusa: sia le gioie che le sofferenze, sia le circostanze favorevoli che quelle più avverse, sia quelle belle che quelle brutte.
Secondo alcuni studiosi, come indicato dal contesto sembra che Paolo, abbia di più in mente, o evidenzia di più la sofferenza (vv.18-27;35-39).
Dunque, Paolo non sta dicendo ai cristiani che sarà una vita facile e confortevole!
Non sta dicendo che i cristiani avranno una vita più piacevole, o più bella rispetto ai non credenti!
Avere fede in Dio non significa non avere problemi, o non soffrire!
Ci sono molti passi nella Bibbia che parlano della sofferenza del cristiano, e come discepoli di Gesù Cristo siamo chiamati a seguire il Suo stesso cammino di sofferenza su questa terra (cfr. Matteo 10:24-25, Filippesi 3:10).
Comunque sia, Paolo afferma che tutto coopera per il bene di quelli che lo amano secondo il disegno di Dio.
Ancora vediamo:
B) La sinergia
“Cooperano” (sunergei - presente attivo indicativo) indica che tutte le cose “lavorano insieme”.
Da questa parola greca (cooperano-sunergei) deriva la parola “sinergia”.
La sinergia può essere definita come la reazione, o l’azione, o la collaborazione di due, o più agenti, o elementi che lavorano insieme per perseguire un fine comune, per produrre un risultato non ottenibile singolarmente, o per produrre un risultato maggiore di quello che otterrebbero separatamente i singoli elementi.
Per esempio, in un progetto di sviluppo software, i programmatori, i designer e i tester lavorano insieme.
La sinergia si ottiene quando ciascun membro del gruppo di lavoro utilizza le proprie competenze specifiche per contribuire al successo del progetto, creando un prodotto finale migliore di quanto avrebbero potuto fare lavorando separatamente.
Oppure in un ospedale, i medici, gli infermieri e il personale amministrativo, e tutti gli altri collaborano per fornire cure ottimali ai pazienti.
La sinergia tra questi professionisti permette di migliorare l’efficienza e la qualità delle cure mediche.
In una scuola, insegnanti di diverse materie collaborano per aiutare gli studenti nella loro preparazione.
Questa sinergia permette agli studenti di apprendere e di prepararli per lo studio futuro in vista del lavoro che faranno.
O ancora, in una squadra di calcio, i giocatori con l’allenatore lavorano insieme per vincere le partite.
La sinergia si manifesta quando i giocatori combinano le loro abilità individuali per creare un gioco di squadra efficace, superando le prestazioni che avrebbero ottenuto giocando da soli.
Ora la sinergia di cui parla Paolo è che tutte le circostanze, sono sotto il controllo sovrano di Dio, e cooperano per il bene di coloro che lo amano.
Quindi tutte le cose lavorano a tuo vantaggio per azione saggia e sovrana di Dio!
Dio pensa per il bene del Suo popolo (Deuteronomio 8:15-16; Geremia 24:5-7), e a volte usa le maniere forti, come l’afflizione per il nostro bene! (Salmo 119:71; Ebrei 12:10).
Se mentre la legge di Murphy le cose finiscono male, per chi ama Dio le cose finiscono sempre bene, perché Dio sa trarre il bene anche dal male! (cfr. per esempio Genesi 50:20).
Allora come dobbiamo reagire alla legge di Murphy nella nostra vita?
Non dobbiamo lasciarci paralizzare dalla paura e dal pessimismo.
Coltiviamo una visione a lungo termine, sapendo che Dio sta tessendo una trama meravigliosa nella stoffa della nostra esistenza, anche nella e dalla sofferenza!
Accettiamo le sfide della vita con la consapevolezza che Dio è al timone. Anche quando le onde sembrano travolgerci, la Sua mano invisibile ci sostiene e ci guida!
Dobbiamo reagire serenamente consapevoli che non siamo nelle mani di un destino impersonale, o di incidenti accidentali, ma nelle mani dell’Altissimo che controlla la nostra storia come quella dell’umanità con saggezza, fedeltà e amore!
Il secondo passo per come reagire alla legge di Murphy:
II DOBBIAMO AVERE FEDE
Isaia 50:10 dice: “Chi di voi teme il SIGNORE e ascolta la voce del suo servo? Sebbene cammini nelle tenebre, privo di luce, confidi nel nome del SIGNORE e si appoggi al suo Dio!”
Quando ci imbattiamo nella Legge di Murphy, Isaia ci incoraggia a guardare al Signore a Dio!
Senza scendere nei dettagli Isaia sta parlando di:
A) Una persona consacrata a Dio
Il timore del Signore in questo contesto ha il significato positivo di profonda soggezione e profondo rispetto per il Signore (Genesi 22:12; 32:12; 42:18; 1 Re 18:3, 12; 2 Re 4:1; 17:32–34, 41; Neemia 7:2; Giobbe 1:1, 8; 2:3; Salmo 25:12; 112:1; 128:4; Proverbi 13:13; 14:2; 31:30; Ecclesiaste 7:18; 8:12–13; Geremia 26:19; Giona 1:9; Malachia 3:16,20), quindi il fare uno sforzo per camminare con Lui in una relazione equilibrata di leale devozione, di obbedienza, agire secondo la santità, verità e giustizia di Dio, allontanarsi dal male (Genesi 22:12; 42:18; Esodo 1:17,21; 18:21; Levitico 19:14, 32; 25:17; Deuteronomio 5:29; 6:2; 31:12; Giobbe 1:6; Salmo 119:63; Proverbi 3:7; 24:21; Ecclesiaste 12:13).
Il timore di Dio è il principio che anima e rafforza una vita santa e consacrata a Lui (cfr. per esempio 2 Corinzi 7:1; Colossesi 3:22).
“Ascolta” (šōmēaʿ- qal participio attivo) è ascoltare ogni giorno la voce del servo.
Quindi “ascolta la voce del suo servo” è un ascolto quotidiano ed è quello che troviamo anche nei v.4-5 dove è scritto: “Il Signore, DIO, mi ha dato una lingua pronta, perché io sappia aiutare con la parola chi è stanco. Egli risveglia, ogni mattina, risveglia il mio orecchio, perché io ascolti, come ascoltano i discepoli. Il Signore, DIO, mi ha aperto l'orecchio e io non sono stato ribelle, non mi sono tirato indietro”.
Anche se “servo” può essere applicato alla vita del profeta, il servo del Signore come vediamo dal contesto, si riferisce a Gesù Cristo (v.6; cfr. Matteo 26:67; 27:26, 30), che nonostante lo deridevano, lo frustavano, gli sputavano addosso e poi lo inchiodavano a una croce, ha ceduto il Suo corpo ai malvagi, non è stato ribelle alla volontà del Padre che era proprio quella di andare in croce (Luca 9:51; Giovanni 18: 1-11; Matteo 26:42); non si è tirato indietro!
Gesù, il servo del Signore sta dando la Sua testimonianza, la Sua esperienza di sottomissione e obbedienza.
Fin dal mattino, cioè ogni mattina regolarmente, il Signore Dio, gli risveglia l’orecchio con l’obbiettivo che ascolti per obbedire e non ribellarsi e così ha fatto il servo, Gesù!
Nonostante doveva soffrire (vv.5-6), Gesù è rimasto fermo e incrollabile nell'obbedienza completa!
Quindi “ascoltare” (shāmaʿ) è "obbedire"; ascoltare con molta attenzione rispondendo in modo conforme a ciò che gli viene detto, oppure prestare attenzione agendo, o mettendo in pratica ciò che gli è stato detto (cfr. per esempio Esodo 24:7; Levitico 26:14; Deuteronomio 11:27; 12:28; Giosuè 24:24; 1 Samuele 15:22; 2 Samuele 22:45; Isaia 1:10,19; 28:12; 30:9; Geremia 35:14).
Dire: "Ho ascoltato" è dire: "Ho obbedito"; e dire: "Non mi hai ascoltato" è dire: "Mi hai disobbedito".
La disobbedienza a Dio è un atto di ribellione e di arroganza (cfr. per esempio Deuteronomio 1:43; 1 Samuele 15:23; Neemia 9:29; Isaia 1:19–20; Geremia 3:13).
La preghiera di tutti i credenti dovrebbe essere che Dio apra le loro orecchie ogni mattina affinché possano obbedirgli anche se questa costa sofferenza!
Ma Isaia 50:10, dice di ascoltare la voce del suo servo, cioè il servo del Signore, cioè la parola di Gesù Cristo che Dio ha mandato e le Sue parole sono le parole di Dio (cfr. per esempio Giovanni 3:34; 5:23-24; 8:28-29; 14:10).
La parola del Servo del Signore, di Gesù è la parola di Dio e deve essere ascoltata anche nella sofferenza e non solo quando le cose vanno bene!
Dio nella trasfigurazione di Gesù esorta Pietro, Giacomo e Giovanni ad ascoltarlo!
In Matteo 17:5 è scritto: “Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: ‘Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo’”.
La seconda cosa che vediamo è:
B) Una persona consacrata a Dio può camminare nelle tenebre privo di luce!
Un servo di Dio, può sperimentare la Legge di Murphy!
Coloro che seguono il Signore senza riserve, possono trovarsi spesso in situazioni di oscurità profonda senza nemmeno un barlume di luce!
Ci possono essere momenti nella vita davvero difficili dove abbiamo la sensazione di essere nel buio più totale!
Questa è la verità che hanno sperimentato anche coloro che sono consacrati al Signore.
Se vogliamo, Isaia in questo versetto ci parla della Legge di Murphy parlando di “tenebre”, di essere in una condizione priva di luce.
La vita cristiana senza problemi non è quello che è scritto in Atti (cfr. per esempio Atti 5:17-43; 7:54-60; 12:1-2; 14:19,22; 16:16-24).
Non è quello che insegna Paolo, infatti ha parlato delle afflizioni come un dato di fatto per i cristiani (cfr. per esempio Romani 8:35; 12:12; 2 Corinzi 1:4; Colossesi 1:24)
Martyn Lloyd Jones diceva: “Il Nuovo Testamento, lungi dal prometterci una vita agiata, e una vita in cui non ci saranno difficoltà e problemi, fa piuttosto il contrario”.
Che dire poi delle afflizioni di Giuseppe (Genesi 39:20–23; Salmo 105:17–19); di Giobbe (Giobbe 1:20–22), di Paolo (Atti 20:22–24; 21:13; 2 Corinzi 11:16-27).
Spurgeon testimonia di aver più volte di essere stato nelle tenebre, diceva: “Personalmente ho attraversato spesso questa valle oscura; c'è una palude a destra e un profondo abisso a sinistra, e lungo tutta la torbida via, l'ululato dei cani dell'inferno e il sibilo degli spiriti maligni non sono mai fuori dalle orecchie e, cosa peggiore, i sussurri del demonio ti fanno pensare che i suoi ignobili suggerimenti siano i tuoi stessi pensieri. La spada in mano diventa inutile, perché nell'oscurità non si sa dove colpire, e non rimane altra arma che quella della preghiera di tutti. Camminare per tutta la notte, senza vedere un passo davanti a sé, è un lavoro angoscioso, eppure migliaia di pellegrini di Dio, che ora sono tra quelli splendenti, lodando e benedicendo il Suo santo nome, hanno percorso questa terribile strada. Signore, aiutaci quando anche noi penetreremo nelle sue tenebre!”
La forma plurale della parola Ebraica “tenebre” (ḥăšēkîm) indica "oscurità intensa", quindi un’oscurità tale che non c'è luce per vedere il percorso.
Il senso è che non vedi assolutamente niente!
Dal contesto è un’espressione figurativa che si riferisce alla sofferenza di Gesù (Isaia 50:5-6), e quindi anche dei Suoi discepoli (cfr. Giovanni 15:18-20; 16:33) come anche per i Giudei che vivono in esilio e poi sperimentano la salvezza (cfr. per esempio Isaia 8:22-9:1; 49:9).
Così l'espressione "cammini nelle tenebre privo di luce" indica un periodo in cui si vive sotto l'oppressione, nella difficoltà, nell’afflizione, nell’angoscia, nell’avversità (cfr. Giobbe 19:8; 23:17; Isaia 8:22; 9:1; 58:10; Lamentazioni 4:8).
Le tenebre indicano il vivere in un lungo periodo di sofferenza, di confusione, di smarrimento, d’impotenza, scoraggiamento, frustrazione, perplessità, dubbi, umiliazione, non vedere vie d’uscita e non sapere cosa fare: è camminare nelle tenebre senza luce!
“Camminare nelle tenebre senza luce” è anche il sentirsi abbandonati al nostro destino, o non avere alcun senso della presenza di Dio, quando sembra che nasconda il Suo volto.
Così la persona consacrata anche se cammina nelle tenebre privo di luce è chiamato a guardare al Signore, la nostra luce che ci guida nel nostro cammino (cfr. per esempio Esodo 13:21-22; Neemia 9:12; Salmo 27:1; 36:9; Isaia 58:8; Giovanni 8:12).
La terza cosa che vediamo è:
C) Una persona consacrata continua a fidarsi di Dio
“Confidi nel nome del SIGNORE e si appoggi al suo Dio!”
In qualsiasi circostanza ci troviamo è la volontà di Dio ed è nostra responsabilità servirlo in essa, anche se stiamo soffrendo!
Così Isaia incoraggia coloro che camminano nelle tenebre privi di luce a continuare a confidare in Dio e a non scoraggiarsi, a non lamentarsi per la loro circostanza, ma a sopportare il dolore.
Nella vita ci sono gioie e dolori, successi e delusioni, periodi facili e difficili, periodi di luce e di tenebre, ma Dio ne è in pieno controllo! (cfr. per esempio Romani 8:28-39).
Quando sei nelle tenebre e non hai luce, confida nel Signore e appoggiati completamente su Dio ci dice Isaia!
Greg Laurie commentando l’armatura del cristiano di Efesini 6:16 dello scudo della fede scrive: “Frecce infuocate arriveranno sulla nostra strada durante i periodi di prova e di difficoltà. È durante questi tempi che sollevi lo scudo della fede, non lo scudo dei sentimenti, non lo scudo delle emozioni, ma lo scudo della fede. Basa la tua fede su ciò che Dio ha fatto per te, non su come ti senti in un dato momento. Le emozioni vanno e vengono. A volte ti senti benissimo, e a volte non senti niente. È allora che impari a usare lo scudo della fede".
Prima di tutto con il verbo “confidi” (yibṭaḥ - qal imperfetto giussivo attivo) viene evidenziata la volontà, esprime ciò che dovrebbe essere fatto, cioè: “Devi confidare nel nome del Signore”.
“Confidare” (bāṭaḥ) è fidarsi, riporre la speranza e una forte fiducia in qualcuno, nel nostro caso nel nome Signore.
In Ebraico, esprime quel senso di benessere e sicurezza che deriva dall'avere qualcosa, o qualcuno in cui riporre fiducia.
Come per “confidi” vi è un appello alla volontà, quindi ciò che dovrebbe essere fatto, così lo è anche per “appoggi”.
Il significato della parola Ebraica “appoggi” (yiššāʿēn – nifal imperfetto giussivo passivo), è quello di dipendere da Dio, essere sostenuti da Dio, cioè caricare su Dio il peso della situazione pesante che si sta affrontando mantenendo la fiducia che Dio è disponibile e capace di affrontare i problemi che ci affliggono.
La stessa parola Ebraica la troviamo in una situazione di guerra, quando Asa, il re di Giuda, in un momento davvero difficile, un momento di tenebre possiamo dire, invocò il soccorso del Signore quando Zera, l’Etiope marciò con il suo esercito di un milione di uomini e di trecento carri contro l’esercito di Giuda e Beniamino di quasi seicento mila uomini (580.000).
Gli Etiopi persero perché il Signore li sconfisse; in 2 Cronache 14:10-11 leggiamo: “Allora Asa invocò il suo Dio, e disse: ‘SIGNORE, per te non c'è differenza tra il dare soccorso a chi è in gran numero, e il darlo a chi è senza forza; soccorrici, SIGNORE nostro Dio! Poiché su di te noi ci appoggiamo, e nel tuo nome siamo venuti contro questa moltitudine. Tu sei il SIGNORE nostro Dio; non vinca l'uomo contro di te!’ E il SIGNORE sconfisse gli Etiopi davanti ad Asa e davanti a Giuda, e gli Etiopi si diedero alla fuga”.
(Altri esempi 2 Corinzi 13:18; 14:10; 16:7-8; Isaia 10:20; 30:12; 31:1; Michea 3:11; Giobbe 24:23; Proverbi 3:5).
Il Signore viene invocato come Colui che può aiutare gli impotenti contro i potenti perché sanno di dipendere da Lui ecco perché Asa si è affidato al Signore!
Sia i forti che i deboli hanno bisogno dell'assistenza del Signore per ottenere la vittoria!
La vittoria dipende dal Signore! (cfr. anche per esempio Salmo 20:7-8; Proverbi 21:31).
Isaia dice: “Suo Dio” e questo indica la relazione, una relazione in cui la persona fa parte del popolo di Dio, è sottomessa e adora Dio (cfr. per esempio Esodo 19:4-6; 20:3-5; Levitico 26:1-12; Deuteronomio 27:7-10; Geremia 7:23; 11:4; 31:33; 32:23), e Dio si prende cura di questa persona (cfr. per esempio Deuteronomio 32:37; Salmo 42:3; 79:10; 115:2; Gioele 2:17; Michea 7:10).
E infine, alla legge di Murphy:
III Dobbiamo gioire!
Avete capito bene! Dobbiamo gioire!
In Giacomo 1:2-4 è scritto: “Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia pienamente l'opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti”.
Prima di tutto consideriamo:
A) La realtà della prova
Giacomo sta parlando di prova come qualcosa di certa; in questo senso allora possiamo dire che la legge di Murphy è anche per noi credenti!
È sbagliato pensare che i credenti non soffrano e non debbano soffrire!
Nella Bibbia e nella vita vediamo che i credenti soffrono: malattie, solitudine, persecuzioni, fame; per esempio, Paolo fa un elenco di sofferenze che ha dovuto sopportare (1 Corinzi 4:11-13; 2 Corinzi 6:4-10;11:23-27; cfr. anche altri passi Giovanni 16:33; Romani 5:3; 8:17; Filippesi 1:29).
Dunque, possiamo dire con John Blanchard che: “Dio promette il paradiso cristiano dopo la morte, non prima”.
Le prove fanno parte del vero cristianesimo!
Consideriamo:
(1) Il significato di “prova”
La parola “prova” (peirasmois) indica sottoporre a un test per vedere la qualità, o il valore di qualcuno, o qualcosa.
Tra i greci, questa parola era usata per indicare i test di medicina per vedere il loro effetto in certe malattie.
Le prove, a cui si riferisce Giacomo, vengono dall’esterno a noi, ma sono sotto controllo di Dio.
Abbiamo visto che Dio non ha promesso una vita cristiana senza problemi o sofferenze, ma guida e controlla ogni circostanza della vita, anzi tutte le circostanze della vita sono sotto il Suo controllo per un Suo piano prestabilito.
Tra questo piano c’è la tua crescita spirituale!!
La prova si riferisce alla difficoltà che viene dall’esterno, e che mettono alla prova la nostra fede, sottoponendola a una verifica.
Mentre la Legge di Murphy ci spinge a prevedere il peggio, Giacomo come Paolo, ci invita a vedere il meglio anche nelle situazioni più difficili.
Tuttavia, entrambi i concetti condividono un presupposto comune: l'imprevedibilità della vita.
“Venite a trovarvi” (peripesēte - aoristo attivo congiuntivo) indica: 1) il carattere esterno della prova, 2) la rapidità come può avvenire e quindi caderci dentro e 3) l'incapacità, o l’impotenza di uscirne fuori con i propri mezzi.
“Venite a trovarvi” è cadere intorno, o dentro, come la nave dentro l’acqua, quindi anche “incappare in…” “imbattersi”, “subire”.
“Venite a trovarvi” è cadere dentro una circostanza non proprio bella, è l’arrivo di un evento increscioso, doloroso, a volte imprevedibile.
La parola era usata fra i greci per indicare un castigo, miseria e bisogno, pericoli, cattività e schiavitù, imbattersi in serpenti e scorpioni, nei mali più diversi, malattie.
Nel Nuovo Testamento è usata solo altre due volte quando Paolo ha fatto naufragio in Atti 27:41, dove dice che la barca si era arenata perché erano incappati in un luogo che aveva il mare da due lati.
Poi è usata in Luca 10:30 nella parabola del Samaritano, quando quell’uomo si è imbattuto nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e lo lasciarono mezzo morto.
Quindi è una difficoltà che viene dall’esterno, qualcosa che non è cercata, un qualcosa di inatteso, che ti prende di sorpresa, dove ci si trova impreparati, una brusca circostanza nella quale ci si intoppa, qualcosa di spiacevole che ci disorienta, che sconvolge perché non te lo aspetti.
Questo può portare anche a una crisi di fede, per questo Giacomo scrive queste parole, per incoraggiare i credenti!
Vediamo ora:
(2) Le sfaccettature varie della prova
Giacomo dice: “Svariate prove”.
Così anche Pietro dice: “Afflitti da svariate prove” (1 Pietro 1:6).
Le prove che vediamo dal contesto sembrano le persecuzioni (1 Pietro 4:12), o che i cristiani poveri erano sfruttati dai cristiani ricchi, o dai ricchi non cristiani (Giacomo 1:9-11; 2:1-7,15-17; 4:7-10; 5:1-6), la maggior parte della chiesa forse era povera; quindi erano prove sociali, economiche e fisiche.
Ma Giacomo usa la parola “svariate” in senso generale, infatti la parola greca “per svariate” (poikilois) indica multicolore, variegato, di tutti i colori, varietà di via e di forme, quindi diversità d’intensità e di enfasi.
Vediamo ora:
B) La reazione alla prova
“Considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate”.
Il verbo “considerate” (hēgēsasthe aoristo imperativo) indica che ogni caso particolare di prova è da considerarsi un'occasione di gioia, è un imperativo, perciò quando ci saranno le prove, dobbiamo gioire!
Il verbo “considerate” ha il significato di tener presente (Atti 26:2; 2 Corinzi 9:5); giudicare (Atti 15:22); stimare (Filippesi 2:3; 1 Tessalonicesi 5:13; 1 Timoteo 1:12; 6:1); ritenere (Filippesi 2:25; 3:8; 1 Pietro 2:13); calcolare (Ebrei 10:29; 11:26), perciò “considerate”, indica un esercizio, una funzione mentale.
Quindi la gioia non è qualcosa di emotivo, o di sentimentale, è intenzionale, e viene da un accurato ragionamento basato sul fatto che Dio è all’opera e guida la storia per un progetto ben preciso: il mio bene spirituale, la maturità spirituale.
Allora Giacomo ci sta dicendo di affrontare le nostre prove con grande gioia!
“Grande” (pasan) è ogni, tutto, indica la piena e completa gioia (1 Pietro 2:18), oppure pura, genuina e intera gioia.
“Grande” indica che non deve essere mescolata con altre reazioni: tipo rancori, lamentele.
Quindi la prova deve essere solo occasione di gioia!
“Gioia” (charan) nel Nuovo Testamento la troviamo quando si descrive la gioia che c’è in cielo per la salvezza di un peccatore (Luca 15:7); o quando Zaccheo accolse Gesù in casa (Luca 19:6); le donne quando seppero della resurrezione di Gesù (Matteo 28:8); quando Filippo fece molte liberazioni dai demoni in Samaria, la città era gioiosa (Atti 8:6-8); l’eunuco convertito (Atti 8:39); la gioia della serva nel sentire la voce di Pietro libero dal carcere (Atti 12:14); gli apostoli gioiscono per la conversione dei gentili (Atti 13:52; 15:3).
Certo la fede non è masochista, non è che desideriamo subire pressioni, soffrire, avere problemi, ma quando, questo accade, non dovrebbe turbarci, le prove dovrebbero essere occasione di gioia genuina, il motivo Giacomo lo spiegherà dopo.
Non è un atteggiamento normale, della nostra natura umana gioire nelle difficoltà, nelle sofferenze.
La nostra tendenza è, quella di essere turbati e scoraggiati per le prove e non di certo gioire.
La gioia di cui parla Giacomo, è una reazione innaturale di profonda, ferma e inalterata fiducia riconoscente in Dio anche nelle situazioni più difficili che affrontiamo.
Questa gioia non deve essere confusa con la felicità, o con il piacere che dipende dalle circostanze.
Giacomo sapeva a che cosa conduce la prova ecco perché dice di gioire.
Come si può reagire con gioia nelle difficoltà? Con gli eventi difficili? Nella sofferenza? Solo chi ha fede può farlo!
La gioia non è per la prova in sé, ma in quello che produce la prova: la crescita spirituale ed anche che sono superabili, infatti questo dice Giacomo nei vv.3-4.
Perciò non ci può essere questa gioia se non c’è una relazione sincera con Dio!
(La gioia è compatibile con la sofferenza, Giovanni 16:20-22; 2 Corinzi 7:4; 1 Tessalonicesi 7:4; 1:6; Ebrei 10:34).
CONCLUSIONE
Nella legge di Murphy possono incappare anche le persone consacrate a Dio, ma come abbiamo visto è sotto il controllo di Dio che guida la storia, e la dobbiamo affrontare con questa consapevolezza, questo farà la differenza nelle brute circostanze che viviamo.
Il Signore ci darà la forza di affrontare tutte le sfide, come ha detto Paolo ai Filippesi: “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica” (Filippesi 4:13).
Questa frase si riferisce ad affrontare con il sostegno di Dio, tutte le situazioni, anche quelle difficili come la povertà, la fame, la ristrettezza economica! E possiamo dire ancora la legge di Murphy!