Luca 4:14-15: Dalla Galilea al mondo, il viaggio che illumina le vite
In un angolo remoto dell’Impero Romano, in una regione spesso disprezzata e considerata marginale, un giovane Ebreo iniziò un viaggio che avrebbe cambiato il corso della storia.
Gesù, il Figlio di Dio, scelse la Galilea come palcoscenico per il Suo ministero.
Immaginate un faro che illumina una costa buia e tempestosa, così fece Gesù, portando la luce della speranza e della verità in Galilea e zone limitrofe, immerse nelle tenebre.
Perché proprio lì? E qual è stato l'impatto del Suo insegnamento?
In questo messaggio, esploreremo il significato profondo del ritorno di Gesù in Galilea e come il Suo insegnamento continua a risuonare nelle nostre vite oggi.
I IL RITORNO (v.14)
Nel v.14 leggiamo:“Se ne tornò in Galilea”.
Ci aspetteremmo che un ministero messianico iniziasse a Gerusalemme, il centro dell’autorità e del potere religioso, ma l’opera di Gesù iniziò in un luogo disprezzato come la Galilea (Luca 23:5; Atti 10:37; 13:31), da coloro che erano influenti (cfr. per esempio Giovanni 1:46; 7:52).
Ed è proprio in Galilea che Gesù istruirà gli apostoli riguardo alla loro futura missione (Matteo 28:16-20) in un mondo tenebroso dovuto al peccato e al principe di questo mondo il diavolo (cfr. per esempio Giovanni 16:11), che tiene soggiogati a sé coloro che sono nel suo regno, cioè coloro che non fanno parte del regno di Dio (cfr. per esempio Atti 26:18; Colossesi 1:13-14; Ebrei 2:14-15).
Per Paul Beasley-Murray l’incarico di Gesù agli apostoli in Galilea ha un’importanza simbolica, è più di un semplice mandato missionario: “Forse non è senza significato che fu in Galilea che, secondo Matteo, Gesù emanò il suo Grande Mandato, aggiungendo ‘e io sono con voi tutti i giorni’ (Matteo 28:18–20 GNB). Da questo possiamo dedurre che Gesù ci precede nelle Galilee di questo mondo, quei luoghi ‘oscuri’ dove regna la ‘morte’.
Il pensiero di Beasley-Murray ci invita a riflettere sul profondo significato del mandato di Gesù in Galilea.
Questo evento non è solo un episodio storico, ma un invito permanente a partecipare alla missione di Dio nel mondo, portando la buona notizia a tutti gli uomini.
L'incarico di Gesù agli apostoli in Galilea ci indica la direzione da seguire: portare la buona notizia a tutti gli uomini, anche agli emarginati, ai disprezzati, agli ultimi come farà ancora Gesù (cfr. per esempio Matteo 8:2-3; 9:10-11; Luca 7:37-38; Giovanni 4:7-9).
Questo è il nostro compito come discepoli di Cristo anche oggi.
Perché Gesù ritorna in Galilea?
Ci possono essere almeno quattro motivi.
Il primo motivo è:
A) Perché era l’adempimento della profezia di Isaia
La presenza di Gesù in Galilea era l’adempimento della profezia di Isaia (Isaia 8:23-9:2; Matteo 4:12-17).
Il popolo che stava nelle tenebre ha visto una grande luce, cioè Gesù.
Questa profezia doveva avverarsi, perché ciò che Dio profetizza secondo i Suoi piani tramite i Suoi profeti così sarà (cfr. per esempio Isaia 14:27; 46:9-10; 55:10-11).
Le profezie non sono solo predizioni del passato, ma finestre attraverso cui vedere l’opera di Dio nel presente!
Le profezie bibliche ci offrono una mappa per orientarci nella storia e nella nostra vita; studiandole, possiamo riconoscere l’opera di Dio e comprendere il Suo piano per noi.
Ma ci sono anche di grande conforto, perché da queste vediamo che Dio realizza quanto ha profetizzato, è il Signore della storia!
Troviamo tre aspetti importanti riguardo l’adempimento delle profezie.
(1) L'adempimento delle profezie riguardo Gesù è una delle prove più convincenti dell’identità messianica di Gesù
Dimostra che Egli è colui che era stato annunciato dai profeti fin dai tempi antichi.
Senza scendere nei particolari, perché la Bibbia contiene tantissime profezie relative alla nascita, alla vita, al ministero, alla morte, alla resurrezione e al futuro ritorno di Gesù Cristo, possiamo dire che Gesù fece riferimento agli insegnamenti della Scrittura per rivelare Se stesso ai Suoi discepoli (Luca 24:25–27) e insegnò che la profezia su Se stesso doveva essere adempiuta (Matteo 26:54, 56).
Affermò che l’intera Bibbia gli rendeva testimonianza (Luca 24:27; Giovanni 5:39).
Il secondo aspetto è:
(2) L'adempimento delle profezie riguardo Gesù sottolinea la continuità tra l’Antico e il Nuovo Testamento
Gesù non è venuto per abolire la “legge o i profeti”, ma a portarli a compimento (Matteo 5:17).
Le profezie, in modo particolare, quelle messianiche indicano già, nell'Antico Testamento, la necessità di un compimento più profondo della legge, un compimento che si realizza in Gesù Cristo (cfr. per esempio Luca 24:44; Giovanni 1:16-18; 5:46-47; Atti 10:43; Ebrei 1:1-3).
Non sono profezie isolate, ma fanno parte di un unico grande racconto della salvezza che culmina in Gesù Cristo (cfr. per esempio Galati 4:4; Efesini 1:9-10; Colossesi 1:19-20; 1 Pietro 1:10-12).
Dio ha rivelato il Suo piano di salvezza fin dall’inizio, attraverso i profeti, e questo piano si è compiuto pienamente in Gesù Cristo.
L’adempimento di queste profezie dimostra che la storia della salvezza è unitaria e che l'Antico Testamento è preliminare, o ci prepara al Nuovo.
Il terzo aspetto è:
(3) L’adempimento delle profezie riguardo a Gesù rivela un Dio che agisce secondo un piano ben preciso, che si svolge nel corso della storia
L’adempimento delle profezie dimostra che la storia della salvezza non è una serie di eventi casuali, ma il frutto di un disegno divino coerente e unitario.
L’Antico Testamento è la prima tappa di questo percorso, mentre il Nuovo Testamento ne rappresenta il culmine.
Dio si rivela all’umanità in modo graduale e progressivo.
L'Antico Testamento prepara il terreno per la piena rivelazione di Dio in Gesù Cristo.
Il secondo motivo perché Gesù ritorna in Galilea è:
B) Per evitare una crisi prematura
Gesù, dopo il battesimo e le tentazioni nel deserto, era pronto a iniziare il Suo ministero pubblico.
Tuttavia, era consapevole che un confronto immediato con le autorità religiose di Gerusalemme avrebbe potuto portare a un conflitto prematuro e violento (cfr. per esempio Matteo 4:12; Giovanni 7:1-10).
Quando sarebbe stato il momento, secondo la Sua tabella di marcia, lo farà (cfr. per esempio Luca 9:51).
Il terzo motivo perché Gesù ritorna in Galilea è:
C) Perché era il Suo luogo di origine
La Galilea era la regione dove Gesù era cresciuto e dove era conosciuto (cfr. per esempio Matteo 13:53-58; Luca 4:22).
Tornare lì era un modo per iniziare la Sua predicazione nel luogo dove aveva le Sue radici.
Il ritorno in Galilea, sua terra natale, indica l’inizio di una nuova fase della Sua vita, caratterizzata da un’intensa attività di predicazione e guarigione.
Il quarto motivo perché Gesù ritorna in Galilea è:
D) Perché la popolazione era trascurata e disprezzata dai capi religiosi di Gerusalemme
Il Signore sceglie spesso i luoghi più improbabili, più bui per manifestare la Sua gloria più evidente!
Gesù sceglie la Galilea, una regione marginale e spesso disprezzata, per iniziare il Suo ministero.
Questo ci insegna che Dio agisce spesso dove meno ce lo aspettiamo.
La Galilea era un’area a nord della Giudea, era di circa ottanta chilometri da nord a sud, e di circa quaranta chilometri da est a ovest.
Era la parte meno conservatrice di Israele.
Il nome "Galilea" (Galilaía) significa "un cerchio" e deriva da una parola Ebraica (galiyl), era così chiamata perché era circondata da nazioni pagane, che l’avevano influenzata negativamente.
Molti degli abitanti di questa regione densamente popolata, erano pagani, per questo motivo era nota come "Galilea dei Gentili", il che suggerisce una popolazione mista di Ebrei e non Ebrei; era descritta come una "terra oscura di morte".
Nelle Galilee della vita, nei luoghi più oscuri e disprezzati, lì si può incontrare Cristo!
La Galilea era un luogo strategico per Gesù perché ospitava una popolazione numerosa e variegata, di culture diverse.
Gesù, scegliendo di iniziare il Suo ministero lì, dimostrava la sua volontà di raggiungere tutti i tipi di persona.
Era dunque, una terra di missione anche perché la Galilea era una regione fertile e ricca di attività commerciali, con molte persone di transito, ma anche di povertà e di aspettative messianiche.
Era dunque un terreno fertile per la predicazione del Regno di Dio.
Così riepilogando, sebbene il contesto storico del ministero di Gesù in Galilea sia importante, il Suo significato va ben oltre il primo secolo.
La Galilea, un luogo oscuro e spesso trascurato, può rappresentare il cuore umano, pieno di paure, dubbi, delusioni e ferite.
Gesù viene a illuminare le nostre tenebre interiori e a portare la speranza.
Lascia entrare Gesù nella “tua Galilea”!
E ancora, come la Galilea era circondata da pagani, così anche noi discepoli di Gesù, viviamo in un mondo che spesso non conosce Dio.
Come la Galilea era un crocevia di culture, così siamo chiamati a portare il Vangelo in ogni contesto a ogni tipo di persone, anche agli emarginati.
La Galilea ci serve da modello, ad avere uno spirito missionario; quindi, a comprendere che la nostra fede è destinata a essere condivisa con gli altri e a fidarci della capacità di Dio di agire in luoghi inaspettati.
Consideriamo ora:
II I RISULTATI (vv.14-15)
Luca non riporta qui i dettagli di ciò che Gesù dice e fa, ma riassume invece l’estensione e l’effetto del Suo ministero in Galilea.
Troviamo due reazioni alla manifestazione della potenza di Gesù riguardo il Suo insegnamento nelle sinagoghe.
Il primo risultato del ministero di Gesù in Galilea è:
A) La reputazione
Nel v.14 è scritto: “E la sua fama si sparse per tutta la regione”.
“Fama” (phḗmē) è la notizia che si diffuse rapidamente su Gesù, accompagnata da un certo grado di eccitazione, o meraviglia; si riferisce alla reputazione di Gesù (Matteo 9:26).
La fama di Gesù si sparse rapidamente in tutta la Galilea e alle zone circostanti, come indicato dalla parola greca qui per “regione” (perichōrou - cfr. per esempio Matteo 14:35; Marco 1:28; 6:55; Luca 3:3; 4:14, 37; 7:17; 8:37; Atti 14:6).
L'opera di Gesù ha ricevuto, dunque, molta attenzione (cfr. per esempio Atti 26:26).
Come detto precedentemente, in un’altra predicazione sempre da Luca 4:14, Gesù predicava e faceva miracoli nella potenza dello Spirito Santo.
La missione di Gesù era caratterizzata dalla pienezza dello Spirito Santo per compiere la volontà di Dio.
L'efficacia del ministero di Gesù fluiva dalla potenza dello Spirito Santo (cfr. per esempio Luca 4:18-19; Atti 10:37-38); questo è il segreto di ogni ministero efficace per la diffusione del regno di Dio!
Possiamo solo predicare con potenza il Vangelo, per l’influenza dello Spirito Santo!
La predicazione influenzata dallo Spirito Santo è un’abilitazione soprannaturale che permette al predicatore di compiere un’opera divina, trascendendo i limiti umani.
L’unzione dello Spirito Santo nel ministero di Gesù simboleggia la Sua abilitazione e autorizzazione divina per la Sua missione messianica; quindi, per l’inaugurazione di una nuova era.
Questa unzione avvenne visibilmente al battesimo di Gesù, dove lo Spirito discese su di Lui sotto forma di colomba (cfr. per esempio Luca 3:21-22).
A differenza di altri nell’Antico Testamento che ricevettero unzioni limitate, Gesù ricevette lo Spirito Santo senza misura (cfr. per esempio Giovanni 3:34), riflettendo il Suo stato unico di Figlio di Dio.
Grazie a questa potenza dello Spirito Santo insieme alla potenza del messaggio (cfr. per esempio Isaia 55:11; Geremia 23:29; Romani 1:16; Ebrei 4:12), la fama di Gesù si diffuse rapidamente in tutta la Galilea e nelle circostanze.
Così in questo senso Alexander MacLaren disse: “Chi ha lo Spirito Santo nel cuore e le Scritture nelle mani ha tutto ciò di cui ha bisogno”.
Alcuni studiosi associano la potenza ai miracoli, e quindi questi possono aver contribuito alla Sua fama, ma altri studiosi dicono che Luca qui non li cita come altrove (Luca 5:17; 6:19; 8:46), e quindi si riferisce alla guida.
Altri pensano che si riferisca all’insegnamento.
In questo senso, la fonte dell’interesse del pubblico, in questo contesto (Luca 4:18-19, 21-22, 24-25, 31-32, 43-44) sembra in modo particolare il Suo insegnamento nella sinagoga, anche se Luca 4:23 lascia intendere che l’uditorio aveva sentito dire dei miracoli che aveva fatto.
Anch’essi attirano l’attenzione, ma è l'insegnamento che qui Luca desidera sottolineare.
Il Vangelo di Luca dà risalto al ministero di Gesù nell’insegnamento (Luca 4:31; 5:3, 17; 6:6; 11:1; 13:10, 22, 26; 19:47; 20:1, 21; 21:37; 23:5).
Bock scrive: “In Luca 4:14–15 Gesù arriva in Galilea e riceve immediatamente molta attenzione popolare. Il suo ministero di insegnante porta a un rapporto regionale su di lui. I galilei sono interessati a sapere di cosa si occupa questo insegnante ebreo. Possono essere circolate alcune notizie sui suoi miracoli, ma è il suo insegnamento che sta attirando la maggior parte dell’attenzione di Luca. Sta emergendo una figura significativa. Si suppone che il lettore provi questo senso di interesse ed eccitazione nei confronti di Gesù. Costui che ha resistito al diavolo ora si muove tra il popolo e porta il suo messaggio”.
La Sua reputazione cresce non solo per i miracoli, ma anche per l’autorità con cui parla e agisce, suscitando speranza e meraviglia tra le persone (cfr. per esempio Marco 1:21-22,27-28; 2:13; 4:1; Luca 4:22,32; 5:1; 7:28-29; 9:35-36; 13:1-2,54).
Le guardie che andarono ad arrestare Gesù ritornarono dai capi sacerdoti e dai farisei rispondendo loro che gli chiedevano perché non l’avessero portato: “Nessuno parlò mai come quest’uomo!” (Giovanni 7:46).
Spurgeon a riguardo diceva: “C’era una potenza meravigliosa nel suo insegnamento: ‘Mai nessuno ha parlato come quest’uomo’. Forse i suoi uditori non capirono quale fosse la potenza, ma glorificarono il nuovo Maestro che era venuto in mezzo a loro”.
In Matteo 7:28-29 leggiamo: “Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, la folla si stupiva del suo insegnamento, perché egli insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi”.
“Secondo i Vangeli, Gesù era un insegnante eccezionale. Le folle erano impressionate non solo dalla sua autorità, ma anche dalla sua abilità nell’insegnamento. La semplicità era uno dei suoi tratti distintivi. Raramente usava discorsi tecnici e teologici. A Gesù piaceva anche raccontare storie. Ma qui è necessaria una parola di avvertimento culturale: la semplicità e il racconto di storie non tradiscono una mancanza di profondità” dice Gary M. Burge.
Dunque, Gesù fu spesso riconosciuto per la Sua autorità, che lo distingueva dai tradizionali insegnanti della legge.
Questa autorità era riconosciuta un po' da tutti, tra cui un centurione Romano (Matteo 8:5-13) e dai capi religiosi Ebrei (Marco 11:27-33).
Nonostante la Sua significativa influenza, Gesù non scrisse alcun testo; invece, comunicò verbalmente, in modo simile ad altri studiosi rabbinici del Suo tempo.
L’autorità nell'Ebraismo era tipicamente conferita attraverso un rito formale chiamato “Semikah”, in cui un rabbino si "appoggiava" a un discepolo, a simboleggiare il trasferimento di autorità.
Questa tradizione risaliva a Mosè con Giosuè (Deuteronomio 34:9; cfr. Numeri 11:25).
Gesù, tuttavia, rivendicò l'autorità non attraverso l'ordinazione umana, ma direttamente da Dio (cfr. per esempio Giovanni 5:19; 7:16; 10:30; 14:10; 17:8), posizionandosi al di fuori della tradizione Ebraica che era ben consolidata.
Interpretò e talvolta infranse le leggi tradizionali farisaiche, suggerendo una nuova direzione di insegnamento, come per esempio riguardo il sabato (cfr. per esempio Marco 2:23-28).
In secondo luogo, vediamo il secondo risultato:
B) La glorificazione
Gesù in Galilea era onorato da tutti, infatti nel v.15 è scritto: “Glorificato da tutti”.
“Glorificato” (doxazomenos – presente passivo participio di risultato) è il risultato del ministero di Gesù.
Significa che Gesù riceveva la gloria, cioè la lode, l’onore, l’esaltazione, la celebrazione da tutti (pantōn).
È interessante che la stessa parola è usata per glorificare, quindi lodare Dio Padre (cfr. per esempio Matteo 5:16; 9:8; 15:31; Marco 2:12; Luca 2:20; 5:25-26; 7:16; 13:13; 17:15; 18:43; 23:47; Atti 4:21; 11:18; 21:20; Romani 15:6,9; Galati 1:24; 1 Pietro 2:12; 4:16).
A proposito Ceslas Spicq dice: “Dio è esaltato e lodato in vista delle manifestazioni della sua sovranità e potenza, specialmente nei miracoli il cui splendore suscita adorazione e gratitudine (Luca 7:16; 13:13; 17:15; 18:43)”.
Questo ci fa capire che per quelle persone che glorificavano Gesù lo riconoscevano come più di un semplice uomo!
Ed è quello che dovrebbe fare ogni persona quando sente le parole di Gesù.
Philip Graham Ryken dice: “Ciò che Gesù dice è emozionante per l’anima, e ogni volta che lo ascoltiamo, dovremmo dare gloria a Dio”.
Infine, vediamo:
III LA RESPONSABILITÀ (v.15)
Stiamo parlando della responsabilità di Gesù.
Nel v.15 leggiamo ancora: “E insegnava”.
Gesù, il Figlio di Dio (cfr. per esempio Matteo 3:17; Matteo 16:16; Giovanni 1:34; 20:32; Romani 1:1-7) è venuto nel mondo per compiere la missione di Dio Padre (cfr. per esempio Giovanni 4:34), cioè, a morire sulla croce, ma anche per predicare (cfr. per esempio Marco 1:14-15,38-39).
Luca non riporta qui cosa Gesù insegnasse, ma sottolinea che Gesù insegnava, questo ci porta a considerare che:
A) Gesù era un insegnante
Un insegnante che ha influenzato e influenza ancora tantissime persone come ci ricorda Mark Hopkins: “Certamente, nessuna rivoluzione mai avvenuta nella società può essere paragonata a quella prodotta dalle parole di Gesù Cristo”.
“Insegnava” (edidasken - imperfetto attivo indicativo) significa “istruire a voce”.
Il contesto qui indica che il verbo “insegnava” può essere considerata una dichiarazione riassuntiva, ma nello stesso tempo indica che era continuato, o un’attività ricorrente, un insegnamento continuo di Gesù di sinagoga in sinagoga.
In tutto il vangelo di Luca, Gesù è costantemente ritratto che insegnava (cfr. Luca 4:31; 5:3, 17; 6:6; 11:1; 13:10, 22; 19:47; 20:1; 21:37; 23:5).
Gesù era un insegnante (didáskalos – cfr. per esempio Matteo 8:19; 9:11; 17:24; 23:8), che corrispondeva all’immagine di un maestro rabbinico (Rhabbí - cfr. per esempio Matteo 26:25; Luca 7:40; 8:49; 9:38; 10:25; 11:45; 12:13; 18:18; 19:39; 20:21, 28, 39; 21:7; 22:11; Giovanni 1:38; 3:2).
Gesù come luce, con il Suo insegnamento ancora oggi, illumina le menti e le anime degli uomini.
Come acqua viva, la Sua parola dissetava e disseta i cuori assetati.
Cosa aveva di particolare l’insegnamento di Gesù rispetto agli altri?
C’è da dire tanto, studiosi hanno scritto dei libri su questo tema!
Ma vediamo solo alcune caratteristiche del Suo insegnamento.
Cominciamo a dire che:
(1) Il metodo di insegnamento di Gesù non si limitava a contesti formali; insegnava in vari contesti, oltre che nelle sinagoghe
Per esempio:
• Insegnava durante i pasti (cfr. per esempio Marco 14:18)
• Nelle riunioni informali (cfr. per esempio Luca 10:25)
• In ambienti naturali (cfr. per esempio Marco 9:35)
• Nelle case delle persone (cfr. per esempio Luca 14:1)
• Lungo le strade (cfr. per esempio Giovanni 9:1-2)
In secondo luogo:
(2) Faceva spesso riferimento alle scritture dell'Antico Testamento, in particolare alla Genesi, trattandole come fatti storici a supporto dei suoi insegnamenti
Per esempio:
• Sul matrimonio e la creazione (Genesi 2:24; Matteo 19:4-5)
• Sull’origine dell’umanità (Genesi 1:27; Matteo 19:4)
• Sul diluvio universale (Genesi 6-9; Matteo 24:37)
• Sulla distruzione di Sodoma e Gomorra (Genesi 19; Luca 17:28-29)
In terzo luogo:
(3) Gesù non si limitava a insegnare principi astratti, ma li viveva in prima persona
Le Sue parole erano corroborate dalle Sue azioni, rendendo il Suo insegnamento credibile e convincente.
Per esempio:
• Il lavaggio dei piedi ai discepoli (Giovanni 13:5)
• La cura dei malati (Matteo 9:35)
• Il perdono dei peccati (Marco 2:5)
• L’amare i nemici (Matteo 5:43-44)
• Il servire gli altri (Matteo 20:28)
In quarto luogo:
(4) Gesù enfatizzava l’applicazione pratica aspettandosi che i Suoi discepoli imparassero sia dalle Sue parole che dalle Sue azioni
Per esempio:
• L’applicazione pratica dalle parabole (Matteo 13:18-19)
• L’applicazione pratica dei Suoi insegnamenti (Matteo 7:24)
• L’applicazione pratica dal Suo esempio di umiltà e servizio dato ai discepoli (Giovanni 13:15)
• L’applicazione pratica nel portare frutto con la propria vita (Giovanni 15:4)
In quinti luogo:
(5) Gesù utilizzava un linguaggio chiaro e comprensibile, spesso ricorrendo a parabole e metafore per illustrare concetti complessi, rendendoli accessibili a tutti, dai bambini ai dotti
Queste parabole erano spesso scioccanti e paradossali, il che le distingueva dagli altri insegnamenti Ebraici contemporanei.
Per esempio:
• La parabola del seminatore (Matteo 13:3-4)
• La parabola della pecora smarrita (Matteo 18:12)
• L’utilizzo di metafore (Matteo 5:13; Giovanni 15:5)
• La parabola del “Buon Samaritano” (Luca 10:25-37), o del “Fattore infedele” (Luca 16:1-8)
E ancora:
(6) Gesù amava tutti, senza distinzione, e insegnava ai Suoi discepoli a fare lo stesso
Per esempio:
• Accoglieva i bambini (Luca 18:16)
• Mangiava con i peccatori (Matteo 9:11)
• Perdonava i nemici (Luca 23:34)
Infine:
(7) Gesù non si perdeva in dettagli inutili, ma si concentrava sui principi fondamentali della vita, come l’amore per Dio e per il prossimo
Per esempio:
• Si è concentrato sulla legge e i profeti (Matteo 7:12)
• Si è concentrato sull’amore per Dio e il prossimo (Matteo 22:36-39)
• Si è concentrato sulla religiosità ipocrita (Matteo 23:23)
• Si è concentrato sulla vera purezza (Matteo 15:18)
• Si è concentrato sulla priorità del servizio (Matteo 20:28)
Nel testo di oggi vediamo che:
B) Gesù insegnava nelle sinagoghe
Nel v. 15 leggiamo: “E insegnava nelle loro sinagoghe”.
Il plurale “sinagoghe” (sunagōgais) indica un viaggio di predicazione.
La parola greca per “sinagoga” (synagōgē) significa "assemblea" e può riferirsi semplicemente alla riunione di persone in sé (Giacomo 2:2), o all’edificio in cui si riunivano (Luca 7:5).
Gesù insegnava nelle sinagoghe perché erano centrali nella vita della comunità Ebraica e fornivano una piattaforma pronta per condividere il Suo messaggio con tante persone, erano il luogo ideale per annunciare l’arrivo del Regno di Dio, un messaggio che coinvolgeva direttamente la vita e la fede del popolo Ebraico.
Inoltre, poteva entrare in contatto con gli scribi e i farisei con cui poteva confrontarsi.
Le sinagoghe erano i centri della vita religiosa Ebraica, luoghi di preghiera e di studio delle Sacre Scritture, e con certi poteri giudiziari (cfr. per esempio Matteo 10:17; 13:9; Luca 8:41; 12:11; 21:12; Atti 9:2; 13:42-43; 22:19; 26:11).
Le sinagoghe sembrano essere state introdotte per la prima volta durante l’esilio Babilonese quando il popolo fu privato dei suoi soliti riti di culto ed era solito riunirsi di sabato per ascoltare parti della legge lette e spiegate.
Quegli incontri informali alla fine si svilupparono nelle sinagoghe del tempo di Gesù. Gli Ebrei della diaspora (coloro che vivevano fuori da Israele) non avevano accesso immediato al tempio di Gerusalemme ricostruito.
Così anch’essi edificarono sinagoghe, come indica il libro degli Atti (Atti 9:2, 20; 13:5, 14; 14:1; 17:1, 10, 17; 18:4, 19).
L’apostolo Paolo, come Gesù, predicava spesso il Vangelo in quelle sinagoghe (Atti 17:17; 18:4,19; 19:8).
Al tempo del Nuovo Testamento, le sinagoghe si trovavano in tutto l’Impero Romano come centri locali per lo studio della legge e per il culto, quindi svolgevano un ruolo diverso nella vita del popolo Ebraico rispetto al tempio di Gerusalemme, dove si svolgeva il culto sacrificale che altrove non si praticava.
Le sinagoghe non avevano pastori, o insegnanti a tempo pieno; la politica nota come “libertà della sinagoga” permetteva a chiunque fosse approvato dal capo della sinagoga di insegnare.
Così, se un insegnante era disponibile, probabilmente sarebbe stato invitato a predicare, come lo fu Paolo (Atti 13:14-15).
In assenza di un insegnante ospite, tutti gli uomini presenti che erano stati approvati a farlo potevano insegnare.
Vi era un capo che amministrava la sinagoga (Marco 5:22; Luca 13:14; Atti 13:15; 18:8,17), che aveva la responsabilità di condurre il culto e approvare gli insegnanti.
Il capo della sinagoga era assistito da un funzionario esecutivo che gestiva i dettagli del servizio sinagogale come la responsabilità dei rotoli della Sacre Scritture (Luca 4:20).
Ai laici era consentito partecipare ai servizi, specialmente alla lettura delle preghiere e delle Sacre Scritture (Luca 4:16–20), e anche a tenere un messaggio (Luca 4:21; Atti 13:15).
Le sinagoghe erano frequentate sia da uomini che da donne, così come da gentili timorati di Dio che erano interessati a saperne di più sul Dio degli Ebrei (Atti 17:4, 12).
Nel Nuovo Testamento le sinagoghe servono spesso come luoghi dell’attività rivelatrice di Dio come in questo contesto di Luca 4.
In effetti, il racconto di Luca dell’incidente di Nazaret include un’auto-rivelazione programmatica da parte di Gesù della natura stessa del Suo ministero (Luca 4:16–21).
In diversi punti i riassunti del ministero di Gesù fatti dagli autori del Vangelo includono la predicazione, o l’insegnamento "nelle loro sinagoghe" (Matteo 4:23; 9:35; Marco 1:39; Luca 4:15; cfr. Luca 4:44).
In particolare, Gesù insegna nelle sinagoghe di Nazaret (Matteo 13:53–58; Marco 6:1–6; Luca 4:16–30) e di Capernaum (Marco 1:21–22; Giovanni 6:59), scaccia uno spirito maligno da un uomo nella sinagoga di Capernaum (Marco 1:23–27), guarisce un uomo con una mano paralizzata in una non specificata sinagoga della Galilea (Matteo 12:9–14; Marco 3:1–6; Luca 6:6–11) e guarisce una donna paralizzata da diciotto anni in un’altra (Luca 13:10–17).
Tuttavia, nonostante questa dimostrazione di potenza divina e di insegnamento nelle sinagoghe, la risposta di coloro che incontrano Gesù è mista.
Di sicuro, coloro che si trovano nella sinagoga di Capernaum sono stupiti dalle azioni di Gesù, riconoscono la Sua autorità unica e diffondono notizie su di Lui (Marco 1:22, 27–28).
Ma nella sinagoga di Nazaret uno stupore iniziale si trasforma in offesa e nello stupore di Gesù stesso per la mancanza di fede delle persone (Matteo 13:54–58; Marco 6:2–6; Luca 4:22–23).
Nel racconto di Luca la gente diventa così furiosa con Gesù da volerlo gettare giù dal dirupo (Luca 4:28–29).
Il racconto di Giovanni del discorso di Gesù sul pane della vita nella sinagoga di Capernaum termina con un simile voltafaccia contro Gesù, anche se non con violenza (6:41–42, 52, 60–61, 66).
Le due guarigioni della sinagoga avvengono di sabato e sollevano quindi la questione della comprensione di Gesù del comandamento del sabato; dopo la prima guarigione il capo della sinagoga è indignato con Gesù (Luca 13:14), e come risultato dell’altra i farisei iniziano a complottare per uccidere Gesù (Matteo 12:14; Marco 3:6).
CONCLUSIONE
Dalla Galilea al mondo, l’insegnamento di Gesù continua a illuminare le nostre vite.
Le Sue parole, pronunciate in una zona di provincia, hanno risuonato attraverso i secoli, offrendoci una guida sicura e una speranza incrollabile.
Come discepoli di Cristo, siamo chiamati a portare avanti questa eredità, condividendo la Sua luce con tutti coloro che incontriamo anche in situazioni estreme e difficili.
L’evangelista Leighton Ford racconta di aver visitato Madre Teresa e le Sorelle della Misericordia, che si occupavano dei poveri di Calcutta, in India. Cercavano di dare voce e speranza agli emarginati, in questo caso ai poveri morenti. La trovarono in "un modesto edificio contrassegnato da una semplice insegna su una porta di legno marrone".
Quando finalmente Madre Teresa li incontrò, si scusò per averli fatti aspettare. Ford e sua moglie la coinvolsero in una conversazione sui "poveri morenti" nei loro ultimi giorni di vita, ai quali lei e le suore si rivolgevano. "Come fate ad andare avanti", chiese Ford, "con tanta povertà, morte e dolore intorno?".
Madre Teresa rispose: "Facciamo il nostro lavoro per Gesù, con Gesù e a Gesù, ... e questo è ciò che lo rende semplice".
Nel caso di Madre Teresa era un ministero di opere di misericordia, ma tutti gli altri ministeri, compresi quello dell’evangelizzazione, siamo chiamati a seguire il suo esempio di testimoniare per Gesù, con Gesù e a Gesù!
Proprio come Gesù insegnava nelle sinagoghe, anche noi siamo chiamati a condividere la nostra fede con gli altri.
Possiamo farlo attraverso le nostre parole, le nostre azioni e il nostro esempio seguendo quello di Gesù Cristo sia di carattere, che di servizio per gli altri e del Suo insegnamento, questo in un mondo spesso oscuro, sarà una luce molto forte.