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Bibbia

"La Bibbia, l'intera Bibbia e nient'altro che la Bibbia è la religione della chiesa di Cristo".
C. H. Spurgeon

Romani 8:11: Le garanzie della nostra resurrezione

 Romani 8:11: Le garanzie della nostra resurrezione
Come un raggio di luce che squarcia improvviso la notte più profonda, la resurrezione di Cristo irrompe nella storia umana, illuminando il sentiero oltre la tomba. 
Non un semplice evento confinato nei libri di storia, ma un’alba trasformativa che rivela un orizzonte nuovo dove sembrava esserci solo il muro invalicabile della morte.
Nel silenzio della tomba vuota, risuona ancora l’eco di una promessa: la speranza della nostra resurrezione garantita da quella di Gesù.
Mentre il mondo attorno a noi credenti, è avvolto nella nebbia dell’incredulità, o dell’amnesia spirituale che il peccato genera, noi custodiamo lucidamente la verità del vero significato della Pasqua, che la tomba non è la nostra destinazione finale! 
Questo perché lo stesso Spirito che frantumò le catene della morte di Gesù pulsa già dentro di noi, operando silenziosamente la medesima potenza.
Le nostre lacrime, le nostre ferite, le nostre malattie, persino la morte non saranno per sempre!
Ecco, oggi voglio parlarvi di resurrezione! Non di una teoria teologica, ma di un potere esplosivo che ha frantumato i sigilli della tomba e che vuole frantumare ogni catena nella vostra vita! 
Paolo, in Romani 8:11, ci offre una delle riflessioni più profonde della resurrezione:“Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”.
In questo versetto, Paolo ci rivela tre stupende verità sulla resurrezione che oggi voglio condividere con voi tre “P”: la primizia, la presenza e la promessa. Esploriamole insieme.
Cominciamo con la prima “P”:

Ebrei 4:15: Il nostro Sommo Sacerdote nella passione

 Ebrei 4:15: Il nostro Sommo Sacerdote nella passione
La traduzione Nuova riveduta 2020 dice: “Perché non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, ma ne abbiamo uno che in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare”.
Immaginate di trovarvi in una sala d’attesa di un ospedale. Entra un medico che vi dice: “So esattamente come ti senti". La vostra prima reazione potrebbe essere di irritazione. “Come puoi saperlo? Hai mai provato questo dolore?" Ma se poi scopriste che quel medico ha attraversato la stessa malattia, improvvisamente le sue parole assumerebbero un peso diverso. Un conto è la conoscenza teorica, un altro è l’esperienza vissuta che insieme alle sue competenze e bravura professionali ci sono di grande conforto.
Oggi, in questo Venerdì Santo ci troviamo ai piedi della croce, contempliamo il mistero toccante della nostra fede: il Figlio di Dio che soffre e muore. 
Mentre meditiamo sulla Passione di Cristo, in Ebrei 4:15 troviamo un aspetto prezioso per comprenderne il significato più profondo.
Il Sommo Sacerdote era il mediatore principale tra Dio e il popolo. 
Una volta all’anno, nel Giorno dell’Espiazione, entrava nel luogo Santissimo per offrire il sangue sacrificale per i peccati del popolo. 
Nella lettera agli Ebrei, Gesù è presentato come il Sommo Sacerdote definitivo che supera tutti quelli precedenti perché il Suo sacrificio è stato fatto una volta per tutte, ed è eternamente efficace.
Questo versetto, che parla del nostro Sommo Sacerdote compassionevole, può sembrare a prima vista lontano dalle scene drammatiche del Golgota. 
Eppure, proprio oggi, nel giorno in cui si commemora la crocifissione, queste parole assumono una risonanza particolare.
Sulla croce vediamo la massima espressione di un Dio che empatizza con le nostre debolezze.
Oggi esploreremo come la croce ci rivela il Sommo Sacerdote descritto in Ebrei 4:15, un Sommo Sacerdote che non solo conosce teoricamente le nostre sofferenze, ma le ha sperimentate fino all’estremo limite.
Prima di tutto vediamo:

Colossesi 3:13: Quando qualcuno ti fa male (2)

 Colossesi 3:13: Quando qualcuno ti fa male (2)
Stiamo meditando su Colossesi 3:13. Nella predicazione precedente abbiamo visto che, se siamo persone rigenerate e se Cristo è tutto e in tutti, allora sopporteremo e perdoneremo gli altri.

La sopportazione e il perdono sono qualcosa di gloriosamente nobile, appropriati per tutti i veri credenti se abbiamo sperimentato la grazia di Dio.

Paolo in questa seconda parte del v.13, va più nei dettagli al riguardo il perdono, infatti dice enfaticamente: “Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi”.

Il perdono è al centro del Vangelo, infatti la nostra esperienza cristiana di salvezza si fonda sull’accettazione del perdono di Dio donato tramite Gesù Cristo.

Come persone perdonate da Dio in Cristo dobbiamo sempre perdonare, come ci ricorda John MacArthur: “Il perdono è parte integrante della nuova natura del cristiano. Un cristiano che non perdona è una contraddizione in termini. Quando vedi un cristiano professante che si rifiuta ostinatamente di rinunciare a un rancore, c’è una buona ragione per mettere in dubbio la genuinità della fede di quella persona”.

È nella natura di una persona trasformata rispondere al male con il bene.
Il perdono non si affronta intellettualmente e nemmeno con sforzi superficiali, o meccanici per modificare i comportamenti esteriori, ma scaturisce dall’opera di Dio che agisce interiormente nella persona. 

I cambiamenti comportamentali autentici e duraturi sono sempre la conseguenza naturale di un cuore che è stato prima trasformato spiritualmente. 

Questo riferimento al perdono divino serve sia come modello e sia come motivazione per il nostro perdono verso gli altri. 

Oggi ci concentreremo sul modello.

Crisostomo disse: “Niente ci fa assomigliare così tanto a Dio come il perdono delle offese”.

Allora il modello del nostro perdono è il Signore.
Vediamo le caratteristiche di questo modello in modo da seguirlo. 

Colossesi 3:13: Quando qualcuno ti fa male (1)

 Colossesi 3:13: Quando qualcuno ti fa male (1) 
Come dobbiamo reagire quando qualcuno ci fa del male? Come dice questo versetto: con la sopportazione e il perdono. 
Nel contesto di questo versetto vediamo che i cristiani, non sono più quello che erano prima, si sono spogliati del vecchio uomo con le sue opere peccaminose, per rivestire quello nuovo che si va rinnovando giorno dopo giorno in conoscenza a immagine di Colui che lo ha creato.
Allora, i dovrebbero sbarazzarsi delle vecchie abitudini peccaminose come si sbarazzerebbero dei vestiti sporchi. 
Dovrebbero indossare nuove buone abitudini come si indosserebbero di vestiti puliti e freschi, quelli di Dio.
Chi è stato salvato da Gesù Cristo, lo dimostra spiritualmente, moralmente ed eticamente.
Crisostomo, importante Padre della Chiesa primitiva, utilizzò un’analogia dell’Arca di Noè per illustrare la trasformazione cristiana: gli animali uscirono dall'Arca immutati (il corvo restò corvo, la volpe restò volpe, l’istrice mantenne i suoi aculei), mentre chi entra in Gesù Cristo, l’arca della salvezza, ne esce completamente trasformato.
Quando una persona è stata salvata veramente da Gesù Cristo, sperimenta una vera trasformazione, una rigenerazione, una nuova vita con un nuovo modo di vedere, con nuovi desideri e nuovi comportamenti caratterizzati da uno stile di vita che Dio desidera.
La vecchia natura in Adamo è caratterizzata dall’orgoglio, dall’egoismo, dai rancori e così via, la nuova natura in Cristo è caratterizata dall’umiltà, dall’amore e dal perdono (Efesini 4:22–24; Colossesi 3:9–10).
Paolo sta parlando a una chiesa, i cui cristiani provengono da diversi contesti religiosi, sociali, razziali, culturali, ma in Cristo sono uno!

Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (2)

 Romani 4:18: Credere nel Dio che rende possibile l’impossibile (2)
Nel cammino di fede cristiana, ci troviamo spesso di fronte a situazioni che sembrano umanamente impossibili. 
Momenti in cui la logica, le circostanze e persino la scienza ci dicono che non c’è più speranza. 

È proprio in questi frangenti cruciali che la storia di Abramo illumina il nostro sentiero spirituale con una verità sconvolgente: quando la speranza umana si esaurisce, la speranza divina inizia a manifestarsi.

Nella nostra precedente riflessione, abbiamo esplorato come la fede di Abramo fungesse da telescopio spirituale, capace di rivelare le promesse divine al di là delle limitazioni terrene. 
Abbiamo visto come, di fronte all’impossibilità biologica di generare un figlio alla sua età avanzata e a quella della moglie sterile, Abramo scelse di aggrapparsi non alle evidenze tangibili, ma alla promessa del Dio immutabile di diventare il padre di una moltitudine di nazioni.

Questa fede straordinaria ci insegna a distinguere tra due tipi di speranza: quella umana, limitata dalle circostanze visibili e dalle possibilità naturali, e quella divina, fondata sull’affidabilità e sulla potenza senza limiti di un Dio che trascende ogni vincolo materiale. 
Mentre la prima può esaurirsi, la seconda non conosce confini.

Oggi approfondiremo ulteriormente questa dimensione della speranza divina, quella che opera quando ogni calcolo umano dice: “Impossibile!”. 

Vedremo come questa stessa qualità di speranza sia disponibile per ciascuno di noi oggi, permettendoci di affrontare le nostre sfide apparentemente insormontabili con la certezza che, come per Abramo, Dio è sempre fedele alle Sue promesse.

Romani 8:11: Le garanzie della nostra resurrezione

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